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Autore: PurpleBlast    15/11/2018    0 recensioni
E se, in futuro...
Un nuovo pericolo all'orizzonte mina la velata pace nelle esistenze degli Avengers.
Specialmente per il Soldato d'Inverno, al quale finalmente la vita sembra aver donato una "parentesi di normalità", il ritorno alle armi potrebbe sembrare una scelta complicata e detestabile, ma comunque obbligata.
(Questa storia potrebbe collocarsi qualche anno dopo Infinity war).
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sam Wilson/Falcon, Steve Rogers, Tony Stark
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Quella sera Tommy non voleva saperne di dormire.
Gli aveva raccontato già due storie su Iron Man, il suo supereroe preferito, accompagnando le parole con tanta camomilla al miele. Gli aveva fatto una serie di teneri grattini sulla schiena, tra le scapole e si era pure cimentata in una ninna nanna di quelle lente e soporifere. Si stava per addormentare lei stessa, dopo tutto questo!
Quasi arresa, sospirò,

- Vuoi spiegare alla mamma perché non ti addormenti? -

Una domanda forse un po' pretenziosa, fatta ad un bambino neanche quattro anni.
Ma Tommy era sveglio.

- Ci sono "i brutti", di là, con papà -

Lei si accigliò, continuando a guardare il bambino.
I sensi del piccolo erano molto più sviluppati di quelli di qualsiasi altro infante.
Ed anche di un qualsiasi altro adulto.
La sua percezione della realtà era amplificata. 
Una capacità derivata probabilmente dalla combinazione di dna speciale. 
Una delle tante capacità.

- Ok. Resta qui e non muoverti per nessun motivo – gli mise in mano il telefono con un numero già pronto, - chiama zio Steve, digli "dei brutti", ma parla a bassa voce. -

- Mamma, stai qui... - cercò di afferrarla lui. Lei avvicinò il volto a quello del piccolo, quasi a strofinare i due nasi,

- Tommy, ce lo siamo detti tante volte, di avere fiducia. Ora devi dimostrami di averlo capito. Resta qui e chiama Steve. -

Lo baciò sulla fronte, spettinando la folta chioma corvina e lentamente sgusciò fuori dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.
Spostandosi verso il salotto fece una veloce tappa in camera da letto, dove afferrò la sua katana. Poi, lentamente raggiunse l'altra stanza.

Sbirciò il suo interno.

Tre uomini davanti alla porta, scassinata probabilmente. Altri sei lungo il perimetro. Tutti armati.
Scorse Bucky, al centro della stanza. 

- Signor Burnes, non abbiamo interesse nei suoi confronti. Non per il momento, almeno. Necessitiamo della signorina O' Connor. Lei ce la porti qui e noi la lasceremo in pace. -

L'accento dell'uomo che parlava, di età indicativa intorno ai cinquanta, era chiaramente tedesco.
Il soldato d'inverno taceva, fissando l'uomo con gelido e fermo disinteresse nell'obbedire.

- Signor Burnes - riprese quello, - davvero desidera vedere la sua abitazione distrutta? Stia certo che quando "noi" vogliamo qualcosa, la otteniamo sempre e comunque. -

- Fareste un torto al mio padrone di casa. Non certo a me – rispose il moro, iniziando a sgranchire il braccio in metallo.

- Le conviene restare tranquillo, Signor Burnes. Lo dico per l'incolumità delle persone a lei care – continuò l'europeo, inarcando un angolo delle labbra e facendo un cenno ad uno dei suoi sottoposti.

Quest'ultimo estrasse da sotto la giacca nera un libretto dalla copertina purtroppo famigliare a Bucky. 
Un altro di quei quaderni? Possibile?
Alek sentì chiaramente l'accelerare del battito del cuore e persino l'aumentare della pressione nel sangue dell'uomo.
Il soldato digrignò i denti, cercando di controllare l'ansia.
Con il passare degli anni, quell'incubo si era assopito. Il terrore di trasformarsi in una marionetta letale nelle mani di uomini assetati di potere, non era più stato un pensiero fisso.
Aveva fatto grandi passi avanti, ritrovando un nuovo equilibrio. 
Non avrebbe permesso che qualcuno potesse minare ogni sua fatica.
Allungò in avanti il braccio destro, 

- Datemi quel quaderno. -

- Non scherziamo, signor Barnes: lei è il nostro asso nella manica per ottenere "la cura". -

Dopo aver fissato il suo ospite con chiaro disprezzo, gli rispose con fermezza.

- Impossibile. Lei non è merce di scambio. Vi ripeto di darmi quel quaderno. -

Il tedesco scosse la testa e fece segno al sottoposto con in mano il volume di aprirlo.Buck si mosse nervoso per raggiungerlo: non sarebbe successo di nuovo, lo aveva giurato a se stesso!Tutti gli uomini caricarono le armi che avevano tra le mani, puntandole verso di lui. 
Il soldato d'inverno osservò i vari puntini di luce rossa divisi tra la sua testa ed il suo petto. Sbuffò, pronto a scattare contro il capo, ma improvvisamente il quaderno s'incendiò, sbriciolandosi immediatamente in mille petali di cenere, sotto lo sguardo sbigottito dei presenti.
Non di tutti. Bucky voltò appena il capo, alla ricerca della "colpevole". Poi, sfruttando lo stupore degli ospiti indesiderati, si mosse, iniziando a colpirne uno dopo l'altro. Fermò i proiettili che gli spararono contro con il braccio in vibranio e li atterrò tutti. Tranne uno, che, alle sue spalle, gli puntò la bocca di un mitra proprio al centro della testa.

- Bastardo! L'ordine per te era "vivo o morto"... aaagghhh... -

Bucky sentì un tonfo e quando si voltò scoprì Alek che gli stava sorridendo, con il manico della katana, con il quale aveva colpito il malcapitato, ancora stretto tra le mani.

- Ti avevo detto di non esporti! – ringhiò lui contrariato,

- Prego, non c'è di che! – rispose lei soffiandosi via dal volto una ciocca di capelli rosso fuoco e fingendosi imbronciata.

Udirono in quel momento un rumore provenire dalle scale al di fuori dell'appartamento. Probabilmente erano i rinforzi dei nemici appena atterrati.

- Leviamoci di torno. – sentenziò il moro, spostando senza fatica il pianoforte nero, che si trovava nel salotto, davanti alla porta d'entrata. 

Alek era già scattata nella cameretta di Tommy. 
Un secondo dopo entrò anche il soldato d'inverno.
Il bambino lo accolse sorridendo, con già il suo zainetto sulle spalle,
- Dove andiamo, papà? -
Bucky ed Alek si scambiarono uno sguardo d'intesa.
- Direi in un bellissimo hotel, dove questa sera avrai il permesso di mangiare una coppa gigante di gelato al cioccolato, Tommy. – ripose l'uomo, abbassandosi a terra, per guardarlo negli occhi e prendendolo poi subito tra le braccia, 

- Con la panna montata? – domandò l'infante con lo sguardo sognante,

- Certo, e con una pioggia di codette color arcobaleno. – concluse la donna, afferrando uno zaino che doveva essere stato preparato molto prima, per le evenienze - Ora però attaccati a papà: dobbiamo saltare fuori dalla tua finestra. -

- Se ci fosse Iron Man potevamo VOLARE fuori dalla finestra! – rispose con entusiasmo Tommy.

I due adulti su scambiarono un fugace sguardo eloquente, evitando di fare commenti.
Furono veloci. 
Quando la porta d'entrata venne distrutta, l'appartamento era ormai vuoto.
In strada, Bucky indossò un berretto, legò i capelli dietro la nuca in uno scompigliato codino e coprì il volto con un paio di occhiali da sole.
Alek si era infilata la lunga chioma color fuoco dentro ad un voluminoso berretto in morbida lana ed alzò una sciarpa, dello stesso tessuto, fin sopra il naso. 
Entrambi stringevano una mano del piccolo Tommy, che rideva gioioso incurante del pericolo scampato.
Presero un taxi. 
Poi la metro. 
Si mossero continuamente, fino ad essere lontani almeno una ventina di chilometri dalla loro stessa abitazione.

   
 
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