Film > Animali fantastici e dove trovarli
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Autore: padme83    15/11/2018    17 recensioni
{Young!AlbusxGellert}
"Avevo un conto in sospeso con Albus – il livido violaceo con il quale mi aveva marchiato l'incavo del collo ne era solo la prova più evidente –, ed io non vedevo l'ora di poter riscuotere il mio credito (con i dovuti interessi, ovviamente) – e lui lo sapeva, lo sapeva dannazione, lo sapeva e mi costringeva ad aspettare."
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'We were closer than brothers'
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– Fear the Fever 


 


 


 

Forse l'amore si può vivere così, 
in un modo spaventoso.
(Marguerite Duras – Occhi blu capelli neri)



 

"I fear the fever deep in my bones,
it runs electric, it draws me home.
It knows the weakness deep in my soul;

it keeps me hostage, I'm never alone.
Maybe you should go?
Baby can't control..."

 

 

 

Era in ritardo.
Di nuovo.

Imprecai fra i denti, esasperato, mentre con un brusco gesto della bacchetta cercavo di ridar vita alle braci agonizzanti del focolare. Faceva un freddo d'inferno nella mia camera – fuori, una leggera spruzzata di neve aveva un poco ingentilito il profilo irregolare dei tetti, a malapena visibili oltre i vetri opachi della finestra –, ma io neanche me ne rendevo conto, intento com'ero a maledire mentalmente il diretto artefice del mio ormai prossimo collasso nervoso.
Mia zia Bathilda dormiva già da un pezzo al piano inferiore, e il suo russare fastidioso mi giungeva alle orecchie anche attraverso le spesse assi di legno del pavimento. Per mia fortuna la vecchia non soffriva d'insonnia, altrimenti pensare ogni sera al modo di levarmela dai piedi sarebbe stata l'ennesima scocciatura della quale preoccuparsi – non che propinare, ad una donna di così fragile costituzione, un potente filtro soporifero avrebbe acceso in me un qualche barlume d'esitazione, sia chiaro.
Diamine, non mi sarei fatto alcuno scrupolo nemmeno a versarne qualche goccia nel latte e miele di quella mocciosa inopportuna, se solo ne avessi avuta la possibilità. Peccato che Albus non mi permettesse di avere il benché minimo contatto con lei (e quanto mi faceva imbestialire il pervicace impegno con cui si prodigava per mantenere saldo tale proposito!). Ancora non avevo capito se questo suo modo d'agire fosse dettato dalla paura, dalla vergogna, o da il diavolo sa che altro. Sospettavo che Ariana fosse molto di più rispetto alla maganò della quale tutti a Godric's Hollow andavano cianciando – aveva il sangue dei Silente, dopotutto –, ma la cruda verità era che di lei mi importava ben poco, e se fossi riuscito a trovare un pretesto qualsiasi per liberarmene all'insaputa di Albus lo avrei messo in pratica seduta stante, e senza stare a rimuginarci troppo.
Non avrei mai creduto di rimpiangere a tal punto la presenza di Aberforth, tornato a Hogwarts dopo la breve vacanza di Ognissanti: quel ragazzino aveva un carattere terribile e nemmeno un quarto dell'intelligenza del fratello – per tacer della sua incomprensibile ossessione per le capre –, ma almeno con lui a occuparsi di Ariana non ero tenuto a tollerare certi spiacevoli inconvenienti.
Avevo un conto in sospeso con Albus – il livido violaceo con il quale mi aveva marchiato l'incavo del collo ne era solo la prova più evidente –, e io non vedevo l'ora di poter riscuotere il mio credito (con i dovuti interessi, ovviamente) – e lui lo sapeva, lo sapeva dannazione, lo sapeva e mi costringeva ad aspettare.
Sembrava che aspettarlo fosse diventata la costante della mia vita: c'era sempre qualcos'altro da fare, aveva sempre qualcun altro di cui occuparsi. E io, semplicemente, non lo sopportavo – non lo sopportavo perché lo volevo per me, tutto per me, esclusivamente per me. Mente, corpo e anima. Carne, ossa e sangue.
Lui ed io. L'Alfa e l'Omega. Il principio e la fine di ogni cosa.
Ero convinto che, se non fosse stato per Aberforth e Ariana, saremmo partiti da tempo alla ricerca dei Doni della Morte: sarebbe stata senza tema di smentita un'impresa degna del nostro ingegno e delle nostre straordinarie capacità, ma, per quanto fosse innegabile il suo desiderio di intraprendere questo viaggio insieme a me, Albus ancora si tratteneva, tergiversava, rimandava il da farsi, e lo sa il cielo quanta rabbia mi provocasse osservare in silenzio il suo intelletto impareggiabile continuamente umiliato da una situazione famigliare che, in buona sostanza, gli impediva di spiccare il volo. Albus era nato per risplendere, per conquistare il mondo e dominarlo – come me, del resto – non per fare da governante a due insopportabili marmocchi.
Raggiunsi il letto con passi pesanti, bestemmiando ad alta voce. Non feci nulla per moderarmi, né mi sarei dato un maggior contegno se la strega che rantolava in salotto avesse goduto di un udito perfetto, invece di essere sorda come una campana.
Ero quasi tentato di circondare la casa con i più efficaci incantesimi di protezione dei quali potessi disporre, ma, alla fine, riconobbi mio malgrado che, nonostante tutto, non gli avrei proibito di entrare, né tantomeno avrei smesso di aspettarlo.
Per tutta la notte, se necessario.

 

 

 

"It wants to kill you,
it wants to tear you apart.
It wants to thrill you
this vengeful love that I've got.
Wants to consume you,
then spit you out.
I fear the fever, fear the fever,

can you feel it now?"

 

 

 

Fu un lieve crepitio alle mie spalle ad avvertirmi della sua presenza.
Giacevo immobile fra i cuscini, girato sopra un fianco, gli occhi fissi sulla carta da parati incollata al muro: ridotta a brandelli in più punti, annerita da anni di fumo e ostinata incuria, creava sulla parete un complicato arabesco, al quale tentavo invano di dare la parvenza di un senso.
Scostò con cautela le coperte, forse credendomi addormentato, ma io non gli lasciai neppure il tempo di sdraiarsi al mio fianco. Mi voltai di scatto verso di lui e me lo tirai addosso, reclamando con bramosia il bacio che tanto a lungo avevo atteso. Non ci fu bisogno di parlare: la frustrazione e l'amarezza dei suoi pensieri mi investirono come l'onda d'urto di un colpo di cannone, graffiandomi il cuore con gli artigli letali di una belva braccata e furiosa. Anche per lui era dilaniante restarmi lontano, non avevo dubbi a riguardo. Ma, per una volta soltanto, avrei voluto che trovasse il coraggio di dirmelo davvero.
Liberai la sua pelle diafana dalla stoffa ruvida della camicia, e sussultai di piacere nel momento in cui, con deliberata lentezza, riservò alla mia la medesima premura. Un battito di ciglia, e più nulla rimase a dividerci.
Era caldo, Albus, caldissimo, sempre: abbandonarsi al tocco sapiente delle sue mani equivaleva a lasciarsi andare ad un'eccitante danza fra le fiamme. Bruciava come la Fenice che dava forma e vigore al suo Patronus – creatura rara e preziosa, scudo invincibile contro le paure più oscure e segrete del suo animo. Il fuoco ardeva inestinguibile dentro di lui – dentro di noi, quando, dopo aver ceduto alle mie suppliche, diventava finalmente parte di me –, era una febbre che arroventava il sangue, inceneriva le ossa, ustionava la carne. Ed io non ne avevo mai abbastanzaNon ne ero mai sazio. Mi nutrivo del suo calore come un mendicante affamato ad un banchetto di nozze.
Era bello, Albus, bello al pari dell'aurora alabastrina[1] che portava racchiusa nel nome. Aveva il viso e il corpo di un Arcangelo al comando delle armate celesti, le labbra rosse come petali di rosa, e gli occhi – mio Dio, quegli occhi! – erano incanti d'onde scivolanti ai bordi delle sere[2]. Brillavano, i suoi occhi, simili a raggi di luna sull'acqua, animati da una luce vibrante, seducente, fulgida, una luce che, ne ero certo, non poteva che esser propria di uno spirito nobile e antico. Azzurri come oceani in tempesta, sapevano sia ispirare fiducia e rispetto che incutere timore; amavo trascorrere ore intere smarrito nelle loro profondità insondabili, cullato da un languore malinconico che scioglieva le viscere, inebriato dalla certezza di essere io, io e nessun altro, a risvegliare in lui la dirompente scintilla di passione che trasformava quelle iridi di cielo in un abisso nero dal quale era impossibile riemergere.
Quella notte i nostri baci furono da subito esigenti, lascivi, famelici: le bocche si rincorrevano audaci e smaniavano per avere di più, molto di più, e cosa avremmo potuto mai fare, noi, se non assecondare pienamente l'impulso primordiale che ruscellava con indomito slancio tra i nostri corpi avvinghiati?
Imprigionai il suo mento fra le dita, per poi impossessarmi con avidità della sua gola, mordendo e succhiando l'epidermide sottile, candida come spuma di mare, laddove sapevo che le avrei rubato i brividi più intensi.
Non trattenerti, pensai, raccogliendo i suoi sospiri. Lascia che ti divori. Lascia che ti consumi.
Soffocò un gemito, e con un improvviso movimento del bacino invertì le parti, sovrastandomi. Mi schiacciò contro il materasso afferrandomi i polsi, che bloccò con decisione ai lati della mia testa: li tenne stretti in una morsa, implacabile come l'acciaio, irresistibile e delicato come la carezza vellutata di una falena dalle ali di cristallo. Sorrisi beffardo – voleva la guerra? Ebbene, ero impaziente di accontentarlo; allargai le gambe, intrecciandole alle sue, inarcandomi appena sotto di lui, e il lampo d'incontenibile desiderio che in quell'istante gli attraversò lo sguardo per poco non mi lasciò inerme e senza fiato fra le sue braccia. Impazzivo quando perdeva il controllo.
Schiusi le labbra con intenzione, concedendo al suo respiro di fondersi completamente con il mio.
Gli appartenevo. Mi apparteneva.
Dopo, non ci fu spazio nemmeno per i pensieri.

 

 

 

"You know you're not safe here,
I'll only bring you down.
The end is almost near,

my love, it's too late now."

 

 

 

 

[1] Licenza poetica ottenuta unendo il significato di "Alba" con quello proprio di "Albus" (= bianco).
[2] Parafrasando indegnamente "Orfeo ed Euridice", di Roberto Vecchioni (era da un sacco che volevo inserire questa strofa da qualche parte).


 


 


 


 

{Words Count: 1370}

 

 

 


 


 

Nota:

Tutto sommato, oggi è stata una delle giornate più difficili della mia vita, e il fatto che, in fondo, me lo aspettassi, non ne alleggerisce di certo il peso. Questa storia però era già pronta – in tempo per l'uscita di "Fantastic Beasts – I crimini di Grindelwald" –, di conseguenza ho deciso di pubblicarla lo stesso, sia mai che riesca a distrarmi un poco.

La OS segue la timeline che avevo immaginato per Meet me after dark again, per cui diciamo che questo incontro notturno avviene più o meno verso fine novembre-inizio dicembre 1899 (ho in pratica spostato l'epilogo della faccenda dalle vacanze estive a quelle di Natale).

Prosegue la mia esplorazione del rapporto Gellert-Albus, e, anche se è stato senza dubbio divertente entrare nella testa di Gellert (o almeno provarci), ammetto che il giovane Grindelwald si è rivelato assai più ostico da gestire rispetto alla sua controparte. Immagino che saprò se ci ho preso o meno solo dopo aver visto il film.

Non penso sia un azzardo ritenere che sia Albus che Gellert fossero entrambi abili Legilimens.

SoundtrackFear the feverDigital Daggers.

Vi ringrazio come sempre se avrete voglia di scrivermi cosa pensate di questa OS, e se vorrete aggiungerla in una delle liste messe a disposizione da EFP.
Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi che si faranno un giro da queste parti.

Grazie ancora alle ragazze del gruppo fb Boys Love – Fanart & Fanfic's World, per essere semplicemente fantastiche <3

Vi aspetto sulla mia pagina fb, Lost Fantasy :)

A questo punto, non so sinceramente quando e se riuscirò a scrivere ancora, ma la speranza è sempre l'ultima a morire, per cui... a presto.

 

Vostra,


padme


 

 

P.S: sono tornata al conteggio di parole che più mi è consono. Meno male, mi stavo preoccupando.

   
 
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