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Autore: NPC_Stories    16/11/2018    2 recensioni
Gym e Luthien sono avventurieri di ritorno da una lunga spedizione nel lontano est. Tornando alla Grande Foresta, la patria dell'elfo dei boschi, fanno strani incontri... o sono loro gli strani incontri?
Una storia di moralità grigia, incantesimi e gente morta molto volgare.
***
Rating giallo per il linguaggio.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1375 DR: Senza motivo


La Grande Foresta, quel mattino d’estate, risuonava di allegri cinguettii, del fruscio carezzevole delle fronde, e… di uno strano sferragliare metallico.
Gym Naral, elfo dei boschi orgogliosamente bardato in armatura completa, sapeva di non essere silenzioso. Né, con quella roba addosso, particolarmente aggraziato. Accarezzò con una mano la criniera bianca del suo pegaso, che procedeva tranquillamente accanto a lui. Sulla sua sinistra, la sua amica Luthien camminava con passo felpato. Anche se era per metà umana, sembrava aver ereditato tutta quella proverbiale agilità elfica che a Gym mancava.
“Non riesco a sentire se ci sono nemici in avvicinamento.” Sbuffò lei, non per la prima volta. “Quand’è che darai un po’ di grasso alla tua armatura? Stai sempre a lucidare la spada, ma non è quella a farti fare il rumore di un golem di ferro!”
L’elfo girò la testa per guardare la ragazza, e dovette farlo da dietro la fessura della celata. Poi, lentamente, sollevò le spalle, un gesto che fu accompagnato dal rumore di metallo che stride su metallo.
“Fa così perché sono caduto in un torrente.” Spiegò.
“Non sei caduto, ti ci sei buttato per lavarti. Dimenticando di toglierti l’armatura.”
“È la mia armatura,” si difese, “sono troppo abituato ad averla indosso.”
La sottile mezzelfa alzò gli occhi al cielo, ma non commentò. Non si poteva discutere con Gym.
“Allora vado avanti in avanscoperta un po’. Per il tuo villaggio, sempre a sud?” attese il cenno di conferma di Gym, ma non aveva bisogno di vederlo; dal rumore che faceva muovendo la testa, ormai era in grado di dire se stesse annuendo.

Prima di sera raggiunsero un villaggio di elfi dei boschi. Non era il villaggio in cui Gym era cresciuto, erano ancora troppo a nord, ma lui credette di riconoscere almeno un paio di quelle persone. C’era un’aria strana al villaggio, tesa. Per di più, molte case sembravano costruite da poco.
I due avventurieri si accamparono nel villaggio, troppo piccolo e isolato per pretendere che ci fosse una locanda. Gli elfi però dimostrarono la loro ospitalità condividendo cibo e storie.
“Ma come, non sapete della guerra?” Un giovane elfo dei boschi che era vestito come un guerriero leggero, forse una guardia in servizio, spalancò gli occhi per lo stupore. “Sì, il villaggio è stato appena ricostruito, ma per forza… dopo il passaggio di quelle schiere demoniache! Non hanno lasciato in piedi nemmeno il tempio.”
“Accidenti.” Commentò Gym, grattandosi l’elmo perché non riusciva ad arrivare alla testa. “Quale esercito demoniaco?”
Il giovane guerriero lo guardò come se non trovasse le parole per commentare quella domanda assurda, poi spostò gli occhi su Luthien, che si strinse nelle spalle come in un gesto di scuse.
“Nell’ultimo anno e mezzo siamo stati impegnati, molto lontano da qui. Ci siamo spinti fino al Mulhorand, a molti mesi di cammino. Temo che le notizie non siano arrivate fin lì…” la sua voce si spense lentamente mentre metteva a confronto quelle giustificazioni con la disgrazia che aveva spazzato la foresta natia di Gym.
“Posso capire… posso capire che la vita dell’avventuriero non lasci spazio alla fedeltà verso il proprio popolo.” Disse infine l’elfo, senza curarsi di nascondere l’amarezza del suo tono mentre guardava fisso Gym. “Be’, bentornato a casa, nobile guerriero.” Recitò in tono che grondava acredine, poi si allontanò per andare a svolgere il suo lavoro.
Seguì un momento di silenzio. Luthien si avvicinò discretamente all’amico, ma l’elfo non la guardava. Alla fine lei gli diede un piccolo colpetto di gomito.
“Su, non te la prendere. Non potevi saperlo.” Sussurrò.
Gym rimase in silenzio ancora per un lungo momento.
“Non aveva il diritto di parlarmi in quel modo.” Sbottò infine, sottovoce. Luthien si era preparata a doverlo sollevare dal senso di colpa, ma si accorse che in realtà l’amico non sembrava covare simili pensieri. “La gente del mio villaggio mi ha consigliato di lasciare la foresta e fare esperienza del mondo, lo sai perché? Perché per loro ero strano. L’elfo che ama le armature complete e l’alcol a pinte. Strano. Non… conforme. E la cosa non mi ha mai dato fastidio.” In effetti, Luthien ricordava di avergli già sentito fare quel discorso, ma in modo più gioviale. “Adesso però mi rimproverano perché non ero qui? Al diavolo.” Estrasse una fiaschetta dal suo zaino e bevve un lungo sorso. Luthien sapeva che lì dentro c’era qualcosa che gli elfi normali avrebbero bevuto in un ditale. Poi passò la fiaschetta al pegaso, inclinandola per farlo bere, e alla fine la offrì a Luthien.
La ragazza declinò con fredda cortesia.
“Non si sono mai considerati la mia gente.” Continuò Gym. “Mi trovo meglio con te e gli altri ragazzi.”
“Quali altri ragazzi?” Luthien sollevò un angolo della bocca in una piega amara, poi scosse la testa per togliersi i riccioli castani da davanti al volto. “Stasios è rimasto nelle terre dell’est per aiutare quel suo vecchio amico. La loro fede in Kelemvor li spinge a voler distruggere i non morti e a preservare la sacralità delle tombe, ma non è una grande idea, in un regno dove la gente usa le mummie per proteggere le tombe. Ricordi la sua faccia quando siamo stati arrestati con l’accusa di vilipendio di mausoleo?” la mezzelfa ridacchiò apertamente. “Lui non aveva idea che quella specie di piccolo dungeon fosse una tomba! E Aske che gli aveva mentito per potersi intascare il tesoro!”
Stavolta riuscì a strappare un risolino anche a Gym.
“Alla fine è riuscita a fregarsi il tesoro, no?”
Luthien sorrise sorniona. “Ovvio, ma anche io ho sgraffignato qualcosa, proprio sotto il suo naso!” estrasse dalla tasca un piccolo rubino a forma di scarabeo, lo gettò in aria e lo riprese al volo. “È così che funziona, fra ladre.”
Gym sospirò, e l’armatura seguì i movimenti del suo torace con un flebile e delicato tintinnio.
“Non ho capito perché non sei rimasta ad Everlund con lei. Avresti avuto tutte le comodità di una locanda, e ti saresti risparmiata questo viaggio. E poi, la tua famiglia non vive da quelle parti?”
La giovane mezzelfa annuì e sorrise, ma era un sorriso triste.
La verità era che negli ultimi due anni il loro gruppo si era pericolosamente disgregato, e anche se lei non sempre rispettava l’intelligenza di Gym, gli era comunque affezionata. Aveva paura che se l’avesse lasciato tornare al suo villaggio da solo, poi lui avrebbe deciso di fermarsi lì e di non tornare più da loro.
Luthien però non era mai stata molto brava ad affrontare discorsi profondi, tantomeno con uno come Gym. Si limitò a tacere.

Il mattino dopo si rimisero in marcia di buon’ora, perché il villaggio di Rheitheillathor distava ancora molti giorni di cammino, in quel terreno irregolare e collinare. A guardar bene, il territorio mostrava chiaramente i segni della guerra che c’era stata, anche se la vegetazione aveva ricominciato a crescere e la foresta, come sempre, stava guarendo sé stessa.
Una decina di giorni dopo arrivarono ad un altro insediamento elfico e qui ricevettero una notizia che li colpì come una mazzata: Rheitheillathor non esisteva più.
Era uno dei villaggi più vicini al bordo orientale della foresta ed era stato il primo ad essere attaccato, gli elfi avevano opposto una strenua resistenza ma alla fine avevano dovuto ritirarsi.
Gym cercò di chiedere spiegazioni, informazioni, qualsiasi cosa.
I caduti? Certo che c’erano stati dei caduti. Nessuno sapeva bene quanti. I civili si erano salvati? Nessuno lo sapeva. E che fine avevano fatto gli abitanti di Rheitheillathor dopo che si erano ritirati?
A questa domanda, gli elfi della cittadina si scambiarono un giro di sguardi. Poi ammisero che c’erano solo delle voci, nulla di certo. Probabilmente si erano spostati verso ovest, verso il centro della foresta. Nessuno sapeva se fossero ancora tutti insieme.
Gym reagì… in un certo senso, come Luthien aveva previsto: decise che dovevano smettere di spingersi a sud-est e puntare dritti verso ovest.
“La foresta è immensa.” La ragazza provò a farlo ragionare. “Sarebbe meglio raggiungere il tuo villaggio e lì cercare delle tracce. Non lo sappiamo, potrebbero anche essere tornati lì.”
La testa di Gym era dura quasi quanto il suo elmo, ma alla fine si lasciò convincere, con riluttanza.

Qualche giorno dopo, Luthien smise di preoccuparsi di come gestire un guerriero affranto dal lutto; aveva scoperto Gym che era tutto sommato sempre lo stesso.
E lui era… strano. Forse avevano ragione i suoi familiari, era semplicemente strano. Era sempre difficile stabilire quanto gli importasse delle persone, e quanto invece gli importasse solo di fare la cosa giusta secondo il suo schema mentale del mondo. Era il tipo di persona che avrebbe pianto ad un funerale non per vero dolore ma perché ai funerali si piange, senza accorgersi della differenza. Era il tipo di persona che avrebbe ucciso un orco non perché era malvagio, ma perché era un orco.

O anche uno gnoll. , pensò Luthien mentre guardava quella creatura riversa a terra e coperta di sangue. Anche uno gnoll.
Gym pulì con cura lo spadone a due mani prima di rinfoderarlo, e la giovane ladra abbassò lentamente l’arco magico: nonostante la sua vista acuta, non scorgeva altri gnoll nelle vicinanze, e questo era strano… di solito quelle vili creature si spostavano in branchi.
Dopo qualche secondo, l’istinto da ladra prese il sopravvento: ripose l’arco e andò a frugare il cadavere. Tecnicamente l’uccisione era di Gym, lei non era riuscita a scoccare nemmeno una freccia. Il guerriero aveva visto quel grosso umanoide simile a una iena ed era partito alla carica, come al solito. Un solo colpo turbinante aveva quasi tagliato a metà la creatura, che non aveva nemmeno estratto le armi in tempo. Quindi, secondo il galateo degli avventurieri, quello che gli avrebbe trovato addosso apparteneva di diritto a Gym, ma lui sapeva che era meglio lasciare le ispezioni a lei.
Frugando il cadavere, Luthien cominciò a notare qualche particolare un po’ strano. Tanto per cominciare, lo gnoll era pulito, o almeno era pulito per gli standard di uno gnoll. Non puzzava più di tanto e il suo pelo non era appiccicoso e pieno di pulci come al solito.
Aske se lo mangerebbe volentieri, questo qui, pensò, allontanando il pensiero di quella stranezza.
Poi però vide che lo gnoll era anche vestito in modo quasi civile, e portava armi che non sembravano robaccia di recupero.
“Deve averle rubate a qualche elfo che ha ucciso.” Ipotizzò Gym, scuro in volto.
“Non sono armi elfiche.” Obiettò Luthien, studiando con ammirazione le due spade corte che sembravano uscite da una fucina umana. Ad Aske sarebbero piaciute, forse, se erano magiche. Altrimenti le avrebbero vendute, c’erano sempre acquirenti per buone armi in quei tempi tumultuosi.
Lo gnoll non aveva denaro, ma aveva al dito un anello di legno, con un’incisione strana. Luthien lo avvicinò agli occhi per guardarlo meglio. Sembrava uno stemma…

Il colpo del ramo giunse del tutto inaspettato e la prese in pieno petto, scagliandola indietro di tre metri buoni.
Gym non fu altrettanto fortunato: un ramo molto più elastico, ma forte come il braccio di un gigante, gli si chiuse intorno alla vita e gli si arrotolò intorno con forza.
L’elfo era molto forzuto rispetto alla media, ma sarebbe servito davvero un gigante per sciogliere quell’abbraccio di legno. Si divincolò, ma il ramo strinse più forte, e fu solo grazie all’armatura se Gym non si ruppe qualche costola.
“Voi!” Una voce crepitante frusciò fra le foglie, così roca che i due non furono sicuri di aver davvero sentito una voce, e non il rumore delle fronde mosse dal vento.
“Voi, che cosa avete fatto?!” Oh, sì, era una voce, senza dubbio. Questa volta risuonò più vicina, ma aveva sempre una nota… scricchiolante.
Una creatura dalla sagoma umanoide sembrò spuntare dagli alberi per magia, o forse era solo mimetizzata incredibilmente bene. Aveva la forma di un elfo, o al massimo di un umano molto magro, ma era composta di legno, ramoscelli e foglie.
Oddèi… un… un Guardiano Verde o qualcosa del genere? Luthien cercò di riportare alla memoria le poche lezioni che aveva ascoltato sulle creature dei boschi, ma sembravano nozioni di mille anni prima, storie che suo padre le aveva raccontato per renderla consapevole del suo retaggio elfico. Non vi aveva mai badato molto, anche perché all’epoca viveva in città.
“Sei un… protettore della foresta?”
La creatura girò il viso verso di lei. Probabilmente. Non è che si capisse molto dei suoi lineamenti.
“Proteggo la foresta e i suoi abitanti” rispose con astio, indicando il cadavere dello gnoll.
Be’, non stai facendo un gran lavoro, pensò la mezzelfa. Un tempo lo avrebbe detto. Un tempo, quando era più giovane e ribelle. Poi la vita dura dell’avventuriera l’aveva cambiata.
“Che cosa ha fatto questa creatura per meritare una morte improvvisa e ingiusta?” Continuò quello strano tizio.
Non è un Guardiano Verde. Quelli sono stupidi. Ricordò Luthien all’improvviso, mentre si alzava lentamente e senza movimenti minacciosi. Allora che roba è?
“È uno gnoll.” La lapidaria risposta arrivò da Gym. Il suo tono innocente e sorpreso era solo in parte mitigato dalla rabbia di essere stato immobilizzato; per adesso era ancora soltanto sorpreso.
“Vuoi dire che era uno gnoll.” Lo corresse il nuovo arrivato. “Chi di voi due l’ha ucciso?”
La sua domanda cadde nel silenzio. Luthien finalmente si riscosse dal suo torpore, afferrò l’arco, pizzicò la corda che sembrava fatta di luce e una freccia di energia luminosa comparve nella sua mano, già incoccata.
La creatura le lanciò appena un’occhiata e indicò Gym con un cenno del mento.
“Fai partire quella freccia e il tuo amico muore, signorina.”
“Non se ti uccido prima io.” Minacciò la ladra, mostrando più spavalderia e sicurezza di quanta ne avesse davvero.
“Non con quello, giovane. Sono una creatura vegetale, non ho punti vitali che tu possa colpire. Oh, certo, puoi punzecchiarmi, ma non mi ucciderai con una freccia e nemmeno con dieci.”
“Forse queste frecce sono incantate con la magia del fuoco!” Bluffò lei.
“Forse conosco quell’arco e so esattamente a chi l’hai rubato.” Fu la risposta, stranamente tranquilla.
È un bluff anche il suo, stabilì Luthien, cercando di tenere i nervi saldi.
“Non è incantato con la magia del fuoco, ed è un’arma sacra. Un’arma che dovrebbe essere impugnata per difendere il popolo elfico.”
Luthien cominciava a stancarsi di quella paternale.
“Uccidere uno gnoll non difende il popolo elfico? È una bestia, un nemico della nostra gente!”
“Oppure per voi è soltanto un sacco di carne che vi piace uccidere” la accusò la creatura. “Gli gnoll vanno in giro in branchi, mentre lui era solo. Indossava vesti da ranger, aveva spade forgiate, non aveva neanche sfoderato le armi.” Ogni sua parola vibrava come una sferzata. “Mettiti il cuore in pace, giovane mezz'umana, vedo bene che il povero Gimli è stato ucciso da una lama molto grande. So che è stato il tuo amico.”
“Io l'avrei aiutato se fosse stato necessario!” Sbottò Luthien a muso duro.
La creatura arborea rimase in silenzio per un lungo momento, sempre sotto tiro dell’arco di Luthien. Alla fine fece un gesto con la mano e la presa del ramo su Gym si allentò un pochino, quel tanto che bastava perché non fosse più dolorosa.
Proprio quando Luthien cominciava a sperare che la cosa si potesse risolvere senza altre morti, una liana che si era avvicinata strisciando ai suoi piedi si avvolse attorno alle sue caviglie con la rapidità di un serpente e tiró verso l'alto per appenderla a testa in giù. Luthien cercò di saltare fuori da quel calappio improvvisato, ma riuscì a liberare soltanto un piede.
“La tua lealtà verso un amico è ammirevole.” Commentò quell’essere, mentre un’altra liana strappava l’arco di mano a Luthien. “Ma anche io devo essere fedele ai miei amici.”
Così dicendo li lasciò lì appesi a fare da spettatori, e si concentrò sul cadavere dello gnoll.
Luthien aspettò finché non fu certa che lui non la stesse più guardando, e cominciò a frugare nel reggiseno. C’era una tasca interna, da qualche parte, che… sì!
Estrasse la mano, che ora reggeva una sorta di fazzoletto bucherellato. In realtà, un centrino di pizzo. La ragazza dalle mille risorse sussurrò una parola magica e il centrino si stirò fino a rendersi perfettamente liscio e divenne rigido come adamantio. Ora aveva in mano un chakram. Tirare a testa in giù non era facile, ma… se si concentrava bene e prendeva la mira…
“Non è proprio il caso che tu disturbi il mio amico.” Le sussurrò una voce suadente. “Specialmente mentre cerca di porre rimedio al vostro crimine.”
Luthien girò il capo verso la fonte di quella voce, e si ritrovò faccia a faccia (anche se sottosopra) con una splendida fanciulla, dalle delicate fattezze elfiche, la pelle che sembrava legno levigato.
Le parole che seguirono avevano la forza di un incantesimo ammaliante. “Rilassati, mezz'umana. Non attaccare, e vedrai che tutto andrà bene.”
All’improvviso il suggerimento della driade le sembrò un’ottima idea. Non era il caso di far arrabbiare ancora di più quel tizio che comandava le piante. Tutto sarebbe andato bene. Il chakram le cadde dalla mano, ma non se ne accorse.
Luthien fissò con sguardo vacuo il bel volto della driade, che aveva un’aria quasi… sofferente. Che cosa stava facendo soffrire quella creatura stupenda? Pensò confusamente che avrebbe voluto aiutarla.
Dopo un po’ di tempo, non avrebbe saputo dire quanto, l’incantatore finì di spalmare una strana sostanza oleosa sul corpo dello gnoll e cominciò a salmodiare più forte.
La mezzelfa non aveva idea di cosa stesse facendo, ma presto quel corpo cominciò a… cambiare. La terribile ferita si richiuse, la sua intera figura si… accartocciò. I peli si staccarono dal corpo e caddero, e il cadavere si rimpicciolì tanto che scomparve nei suoi stessi vestiti.
Alla fine, il fagotto si mosse. Una testa fece capolino dalla veste ora enorme, ed era la testa di uno gnomo.
“Oh, cielo.” Mormorò lo gnomo con voce un po’ nasale, tastandosi la faccia incredulo. “Oh, per la merda sotto le scarpe di Corellon Larethian dopo che ha preso a calci Gruumsh! Perché sono così basso?”
Duvainion si chinò su di lui con aria di voler condividere un segreto. “Perché ora sei uno gnomo, Gimli.”
Gimli lo guardò con un’aria sconvolta nei suoi nuovi occhi da gnomo.
“No… no! Ma che cazzo! Sono un fottuto ornamento da giardino?!” Sbottò, allargando le braccia nella veste enorme. Anche l’armatura di cuoio gli ballava addosso, anzi per la verità lo faceva sembrare un bambino in un barile.
Poi si ricordò di Gym e Luthien, e scoccò un’occhiata di fuoco al guerriero.
“Questa è tutta colpa tua, brutto stronzo. Tutta quella fatica per conciliare la mia natura di gnoll con i miei pensieri da… da… creatura senziente, e maledizione, adesso quegli istinti non li sento neanche più. Il bisogno di un clan, il legame che avevo con loro, non lo sento più. Mi hai… mi hai tolto la mia famiglia.” Realizzò, mentre la rabbia lasciava il posto ad una vuota disperazione. “Mi hai tolto la mia identità. Oh, dèi, non so più chi sono.” Si sfregò il viso con le sue nuove manine glabre, e le guardò come se appartenessero a qualcun altro.
Gym provò a bofonchiare qualcosa, ma un ramo gli aveva chiuso anche la bocca.
La driade si avvicinò all’amico e gli posò una mano sulla testa. “Io ti trovo adorabile… piccolo gnomo ex-gnoll con i ricordi di una quercia.” Ridacchiò.
Gimli non la trovò divertente.
“Vaffanculo. Sul serio. Vaffanculo a voi che mi avete ucciso senza motivo, vaffanculo a te che non conosci incantesimi di resurrezione come gli dèi comandano” recriminò, parlando con il suo amico dall’aspetto vegetale, “e vaffanculo anche a te che mi prendi in giro.” Concluse, guardando la driade. “Vi prenderei a calci nel culo tutti e quattro, ma ora i vostri culi sono troppo in alto per queste gambette da tappo! La prossima volta che muoio mi dovranno seppellire scavando all’insù!”
“E allora tu non morire.” Gli consigliò Duvainion, che sembrava aver accettato quello sfogo con tutta la tranquillità del mondo. “Che cosa dovremmo farcene, di loro?”
“A me lo chiedi? Io non decido se la gente vive o muore.” Lo gnomo incrociò le braccia, con qualche difficoltà perché era ancora aggrovigliato nei vestiti. “Ma perché quella stronza ha il mio arco?”
“Non è mai stato il tuo arco.” Lo corresse Duvainion. “Quello è un ricordo della quercia, non tuo.”
“Oh, giusto.” Mormorò lo gnomo, picchiettandosi la testa con una mano. “Perché quella stronza ha il suo arco?”
“Suppongo che sia perché… be’... non è un dono che si dovrebbe cedere ad altri, se capisci cosa intendo.” Gli sussurrò Duvainion in tono da cospiratore. Entrambi spostarono gli occhi sulla ragazza ancora affascinata dall’incantesimo della driade.
Alla fine lo gnomo scrollò le spalle.
“La decisione non è mia. Lo hanno ucciso e sono ancora vivi. Ci deve essere un motivo, no? Lasciamoli vivi.”
“Vuoi che li lasci andare… e basta?” L’incantatore dalla forma arborea spalancò gli occhi, o quel che aveva al posto degli occhi. Il suo viso era meno espressivo di un tempo, ma le emozioni più forti erano ancora distinguibili.
“Non ho detto e basta, ho detto vivi.” Chiarì l’ex-gnoll.

Alcuni minuti più tardi, una Luthien ancora confusa e scarmigliata per il tempo passato a testa in giù lasciò il luogo del misfatto con ancora tutto il suo equipaggiamento, il pegaso di Gym, ed in più un coniglio bianco in braccio e una lettera in mano.
La lettera era scritta in elfico ed era destinata agli occhi di qualsiasi altro druido della foresta. Recava la data di quel giorno ed una breve frase:
Liberissimi di farlo tornare alla sua forma originale quando volete. Ha ucciso senza motivo.
Luthien non era esperta di filosofia druidica, ma ricordava qualcosa sul fatto che credessero nella sacralità della vita e nel non infliggere la morte inutilmente.
Forse avrebbero trovato aiuto dai parenti di Gym.
Forse sarebbe stato meglio tornare in una città umana.
   
 
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