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Autore: Tera_Saki    18/11/2018    4 recensioni
Yurio ha ventun anni e una casa ormai vuota in cui non entra da mesi.
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–Cazzo, Otabek.– soffia Yurio con la voce che stride in bocca mentre porta una mano a sfiorare il portachiavi appeso al collo di un orso di peluche sul comodino di fianco al letto. Il nodo alla gola si intensifica fino a togliergli il fiato al ricordo del fiero sorriso con cui Otabek gli si era presentato davanti tenendo in mano un pacchetto blu. [...]
"Non piangere, Tigre."
Storia partecipante a "La challenge capricciosa" indetta da MissChiara sul forum di EFP
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A scarred tiger

 

 

Il freddo che si specchia nello sguardo di Yurio è paragonabile alla patina bianca sul vetro della finestra, e sfida ad avvicinarsi più del necessario. Un braccio magro è pigramente lasciato andare sul bordo del bancone, le dita lunghe dell'altra mano, invece, stringono con forza il bordo della felpa.

–Perché non hai indossato il costume, Yuri?–

Il tono di Lilia Barranovskaya è aspro come al solito, Yurio si volta soffiando uno sbuffo di gelida indifferenza, –me ne sto andando.–

La donna fa schioccare la lingua, arricciando le labbra fino a renderle livide, –stupido ragazzino.–

Yurio si lascia alle spalle la sala da ballo, riservando occhiate infastidite ai passanti fuori dal palazzo. Il passo è elegante, l'irruenza che lo caratterizzava anni prima mitigata dalla feroce eleganza, tuttavia non è cambiato niente.

 

Se scopro che è un'altra delle tue scemenze mi arrabbio sul serio, Otabek.”

...va bene, puoi aprire gli occhi adesso.”

 

Il tintinnio metallico della chiave abbandonata con inaspettata delicatezza sul tavolo accompagna il denso silenzio che trasmette la penombra in cui è immerso l'ingresso. I granelli di polvere si sollevano al passaggio di Yurio e galleggiano nella poca luce che filtra dalle imposte chiuse, rimarcando una lunghissima assenza.

Yurio inspira con teso disagio – la paura gli brucia la gola e il dolore si insinua negli occhi azzurri non appena lo sguardo si sofferma sulla cucina.

Otabek gli aveva comprato un grembiule ricamato solo per dargli fastidio.

 

... hai un senso dell'umorismo del cazzo.”

 

Entra nel soggiorno ed è la rabbia a stringere i polmoni – non riesce neanche a respirare, adesso – fluisce nelle vene gli fa contrarre le dita sul divano mentre il buio nasconde gli occhi arrossati. Yurio sente un ringhio premere sui denti per uscire, vorrebbe insultare Otabek per aver anche solo pensato di comprare dei cuscini viola.

Arriva di fronte alla loro camera da letto, ma uno spasmo di lacerante agonia blocca le dita sul pomello della porta. Riesce quasi a sentire il profumo del suo compagno.

 

Ti vedo, piccola tigre.”

 

Avanza con le gambe che si fanno pietra e il cuore che si stringe. È rimasto tutto uguale al giorno in cui ha lasciato l'appartamento, in un modo che fa male e distrugge gli ultimi brandelli di freddezza rimasti. Nel suono di un singhiozzo si consuma anche la rabbia, lasciando solo vivido e lancinante vuoto.

–Cazzo, Otabek.– soffia Yurio con la voce che stride in bocca mentre porta una mano a sfiorare il portachiavi appeso al collo di un orso di peluche sul comodino di fianco al letto. Il nodo alla gola si intensifica fino a togliergli il fiato al ricordo del fiero sorriso con cui Otabek gli si era presentato davanti tenendo in mano un pacchetto blu.

“Sei dannatamente banale,” e Yurio aveva sbuffato, nascondendo in uno sguardo di affilato fastidio un'intima commozione di fronte a quel gesto. Inclinando il collo, aveva invitato Otabek ad avvicinarsi “cos'è?”

L'incarto recava il marchio del museo in cui si trovavano, in cui era stata da poco allestita una mostra sulla Guerra Fredda. Otabek aveva allungato la mano per porgergli il pacchetto, e schiudendo le labbra per mostrare i denti in un sorriso aveva risposto “Un regalo. Aprilo.”

Yurio aveva scartato la piccola scatola di carta con veloce ma inaspettata delicatezza, una parola che anni prima gli sarebbe stata storta e poco azzeccata, poi aveva sollevato per la corta catenella un piccolo carro armato di metallo.

Aveva rivolto al fidanzato un'occhiata di graffiante perplessità, inarcando le sopracciglia “Cosa dovrebbe significare?”

Otabek aveva soffiato uno sbuffo divertito, dandogli le spalle e iniziando a dirigersi verso l'uscita “Al mio coraggioso piccolo soldato.” Suonava come una presa in giro, a Otabek era costata un ringhio infastidito, ma Yurio aveva iniziato a portare quel portachiavi quasi sempre con sé.

Si accorge adesso, stringendolo nel palmo della mano, quanto continui a fare male anche dopo mesi, quanto si stato ingiusto. Otabek ha sottinteso tantissimo – non arretrare mai, tigre... dai, non piangere. Yurio indietreggia, i denti che stridono tanta è la forza con cui li stringe, e soffia un sibilo di gola.

Sofferma ancora una breve attimo gli occhi arrossati sulla stanza in penombra, poi si volta ed esce con lunghe falcate dalla stanza, afferra ferocemente le chiavi e si sbatte la porta alle spalle. Respira velocemente, riesce quasi a sentire il rumore della propria gola che raschia mentre si lascia andare con la schiena contro il muro accanto alla porta. Il pavimento è gelido e Yurio raccoglie le ginocchia al petto e vi nasconde il viso, conficcando le unghie nella stoffa morbida delle maniche della felpa.

Rimane in quella posizione per troppo tempo, ignora il rumore della porta d'ingresso al palazzo e anche quello di passi che si avvicinano.

–Yur- Oh...–

Alza il viso solo perché è stato Viktor a parlare, con una nota di preoccupazione e pietà che a Yurio fa venire la nausea. Si trascina in piedi e punta gli occhi in quelli del più grande sfidandolo ad avvicinarsi di più.

–Cosa vuoi?– il tono è aspro ma le parole spezzate, mentre fa scattare o sguardo anche sul ragazzo al fianco del coach. Yuuri fa un passo nella sua direzione, evidentemente troppo stupido per cogliere l'avvertimento nella sua voce, e nasconde negli occhi così tanta compassione da strappare un soffio tra i denti a Yurio.

–Lilia ci ha detto che hai lasciato la pista un'ora fa, siamo venuti a cercarti a casa ma non ti abbiamo trovato...–

Casa è un termine fuori luogo, la casa di Yurio è sempre stata quella che ha comprato insieme ad Otabek, non l'appartamento in cui si è rinchiuso dopo essere stato brutalmente lasciato da solo. Viktor capisce soffermandosi sulla sua postura e sulla rigida stanchezza negli occhi, che Yurio non ha tempo per loro, né voglia di parlare in questo momento. Sfortunatamente per lui, Viktor e Yuuri non hanno intenzione di lasciare andare anche questa occasione.

–Perché sei tornato qui dopo tutto questo tempo, Yurio?–

Yuuri si volta palesando sorpresa ad una domanda così diretta e priva di cautela, Yurio invece si irrigidisce all'istante. Lo sguardo che gli rivolge è di famelica sofferenza, non c'è niente ad alleviare il vuoto se non bruciante rabbia.

–Non sono affari tuoi.–

–Sono passati quattro mesi.– rimarca ancora Viktor più freddamente di prima, e Yurio è stanco di tutto questo, non gli interessa la preoccupazione nei loro occhi né quel patetico tentativo di riavvicinamento. Risponde come un animale ferito con la gola scoperta.

–Vaffanculo, Victor.–

Solo che entrambi i pattinatori più grandi riescono a vedere le lacrime che velano i suoi occhi, Yurio se ne accorge e distoglie lo sguardo, stringendo tra le dita le chiavi di metallo. –Vattene,– ritorce –e porta con te quel lardoso porcellino, mi date noia.–

Yuuri, dopo alcuni istanti di teso silenzio, sente Viktor vacillare, come se avesse intenzione di obbedire, ma entrambi sono troppo disperati, è passato troppo tempo e Yurio sta troppo male. Così, mentre il ragazzo russo gli passa di fianco per dirigersi alla porta, Yuuri lo afferra per una spalla e lo intrappola in un solido abbraccio.

–Ma che...– Yurio tenta di liberarsi, ma lui stringe la presa fino a che la resistenza cessa del tutto. Sente il corpo del più piccolo vibrare in un tremito e capisce di aver fatto la mossa giusta quando un singhiozzo esplode vicino al suo orecchio.

Viktor si avvicina cautamente –Mi dispiace per Otabek.–

Yurio continua a non reagire all'abbraccio, non sta piangendo e Yuuri teme che siano arrivati in ritardo, forse ormai è solo più esausto e basta. Passano alcuni minuti, Yurio sta pensando al ciondolo a forma di carro armato quando confessa senza particolare inflessione nella voce –Io e Otabek ci eravamo sposati.–

Yuuri prende fiato e spalanca gli occhi, spera di aver capito male. Incrocia lo sguardo di Viktor e vede riflesso il suo stesso sgomento.

–Ve l'avremmo detto,– continua Yurio, –erano passati solo due mesi e volevamo prima finire di sistemare la casa... ma poi quel cazzo di idiota è morto.–

Yuuri riesce a sentire il cuore di Yurio che si spacca, proprio in quel momento mentre pronuncia l'ultima parola e tutto il suo mondo crolla di nuovo come quel giorno in cui, dopo gli allenamenti, era arrivata la telefonata dall'ospedale. Nessuno sa cosa dire, ma poi Yurio stringe le braccia contro di Yuuri e seppellisce il viso nel suo collo.

–Puoi stare da me e Yuuri per un po'.– offre Viktor, allungando una mano e passandogli le dita fra i capelli proprio come faceva Otabek. Yurio non risponde ma scrolla appena le spalle, ed è come se accettasse perché stare da solo fa molto più male, e anche se ora ha ventun anni, è come se ne avesse ancora quindici.

 

Non piangere, Tigre.

 

Yurio, invece, piange contro la spalla di Yuuri, piange sul cuscino in un letto vuoto, ma lascia che col tempo il dolore si allevi e diventi in qualche modo sopportabile. Appende le chiavi della loro casa al ciondolo con il carro armato e le porta sempre con sé, anche quando si trasferisce qualche anno in Giappone, vicino a Viktor e quel maialino che gli ha rubato il nome.

 

Mi hai comprato un grembiule come regalo di matrimonio?”

Adesso puoi fare la casalinga, tesoro.”

... hai un senso dell'umorismo del cazzo, Otabek.”

 

  
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