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Autore: mattmary15    18/11/2018    4 recensioni
James T.Kirk è diventato il capitano dell’Enterprise quando ha salvato la federazione stellare dall’attacco di Nero. Per il nuovo capitano non c’è pace. Un guasto sulla nave e una scoperta di Bones innescheranno una serie di eventi inaspettati. Riuscirà Jim a sventare la nuova minaccia soprattutto ora che non è più solo ma ha stretto molti legami importanti?
Genere: Azione, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Montgomery Scott, Nyota Uhura, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Prologo

Spazio: Ultima frontiera.

 

‘L’oscurità è un posto come tanti altri.’

Questo gli aveva detto Pike prima di dirgli che per lui c’era ancora speranza, che non doveva finire in una specie di riformatorio per colpa di quel suo carattere irrequieto e ribelle.

Ora, mentre le apparecchiature elettroniche si spegnevano una dopo l’altra, mentre il sangue dalla ferita al fianco saliva verso la paratia superiore del piccolo incrociatore invece che colare verso il basso, Jim guardò fuori e si rese conto che non appena anche la luce dell’indicatore del carburante si fosse spenta, si sarebbe ritrovato in quella stessa oscurità dalla quale aveva cercato di fuggire.

Il respiro si fece lento. A dispetto di ciò che dava a vedere a tutti e di ciò che tutti pensavano di lui, aveva paura di morire. La luce del segnalatore del carburante si spense. 

Il buio lo avvolse. Allungò una mano verso il vetro del grande oblò di prua senza raggiungerlo.

L’oscurità non era un posto come tutti gli altri.

Era il posto dove tutto finiva.

Si sentì esausto. Cosa doveva fare? Chiudere gli occhi e arrendersi? Aveva altra scelta?

La navicella se lo stava portando alla deriva. Chiuse gli occhi. L’oscurità non era sua nemica. Forse la sua ultima amante.

Si lasciò cullare dall’assenza di gravità e di rimpianti e sorrise.

 

Capitolo I

Scambi

 

Bones sollevò gli occhi al cielo.

“Per l’amore del cielo. Volete prendere questa cosa seriamente?” James continuava a ridere mentre Spock cercava di rimanere impassibile. Leonard invece agitava entrambe le mani.

“Dottore si calmi. La capacità del capitano di tendere i nervi dei suoi sottoposti è proverbiale ma ha capito perfettamente, mi creda.” Spock si sforzava di tranquillizzare Bones.

“Quando avrai finito di ridere, ne riparliamo Jim.” Disse il dottore sedendosi alla sua scrivania e versandosi da bere. Kirk si asciugò l’angolo di un occhio che aveva lacrimato per le forti risate e prese un lungo respiro. 

“Ok, Bones, sono serio. Ripeti tutto daccapo.”

“Due settimane fa sono stato al laboratorio della confederazione per fare analizzare alcuni campioni raccolti durante l’ultimo viaggio della Enterprise. Devo averli invertiti con quelli di un’altra nave. Me ne sono accorto solo quando sono tornato a bordo. Nei campioni c’è qualcosa che non va. Nelle provette c’è una sostanza che rigenera le cellule in modo anormale.” 

“Dottore,” intervenne Spock “a parte l’esempio già illustrato che tanto ha fatto ridere il nostro capitano su piselli giganteschi e su piante che crescono incontrollate, in che senso i campioni sono anormali?”

“Qualcuno che mi prende sul serio! Le cellule originali sono resistenti alle radiazioni e, anche se sottoposte a pesanti traumi, si ricompongono sempre. Ed erano fagioli, non piselli.”

“A quale genia appartengono? Sono terrestri?” Lo incalzò Spock mentre Kirk congiungeva le mani sotto al mento dimostrando di avere compreso il peso delle parole dell’amico.

“Di base. C’è però qualcosa che non é, come dire, umano. Una forza cellulare di quel tipo é più vulcaniana o romulana che terrestre. Un uomo con quel sangue sarebbe, come posso spiegare, un super uomo. E per di più è chiaramente un prodotto sintetizzato. Qualcuno sta creando super uomini.”

“O super soldati.” Intervenne per la prima volta Kirk.

“É esattamente quello che mi preoccupa.” Fece McCoy bevendo l’ultimo sorso del suo drink. Kirk batté entrambi i palmi sul tavolo e scattò in piedi energico come al suo solito.

“Dobbiamo darci da fare, allora. Scopriremo da dove vengono i campioni. Leonard, noi due torneremo al laboratorio e scopriremo da quale nave venivano.”

“Dissento.” Intervenne Spock. “Se la confederazione sta facendo degli esperimenti con del materiale sintetico, avrà le sue buone ragioni. Probabilmente, dottore, lei ha alterato esperimenti importanti e magari top secret. Non dovreste interferire oltre.” Bones schizzò in piedi allargando le braccia.

“Non mi sembra che fare degli esperimenti sugli esseri umani sia mai stato reso un affare legale. Su alcuna specie!”

“Questo è vero ma ogni logica porta a pensare che la federazione non eseguirebbe mai test illegali su esseri umani o umanoidi. Che interesse ne trarrebbe?”

“Stiamo perdendo tempo.” Jim era risoluto come suo solito. “Torneremo ai laboratori e metteremo i campioni a posto così lei sarà contento, Spock. Nel frattempo prenderemo tutte le informazioni che possiamo sulla loro provenienza. Così sarà contento anche lei, dottore. Ora posso bere il mio drink in pace?” Stava per portare il bicchiere alle labbra che il cicalino sulla scrivania di Bones trillò.

“Dottore, qui Scott. C’è il capitano da lei?” Jim sospirò e rispose.

“Qui Kirk, che c’é Scotty?”

“Devi venire subito. Hanno scambiato le bobine del propulsore dell’Enterprise. La bimba non si muoverà di un millimetro con quelle che hanno portato. Chi è il responsabile di questo pasticcio?” La voce alterata del capo della divisione ingegneria della USS Enterprise grattò nell’interfono.

“Stia calmo, Scotty, arrivo.” Kirk si alzò e sospirò di nuovo. 

“Se questa é la licenza, non vedo l’ora che ricominci il servizio attivo!” Kirk lasciò la stanza di McCoy. Se avesse potuto far sbattere la porta, lo avrebbe fatto. Il sibilo provocato dallo scorrimento del freddo metallo, non rese lo stato d’animo di Jim.

“Non mi piace quando dice queste cose.” Tagliò corto Leonard.

“Il disappunto di Jim è illogico. Il suo compito é quello di supervisionare ogni cosa sulla nave. Dovrebbe delegare di più. Non spetta al capitano di una nave verificarne l’equipaggiamento. Il signor Scott non dovrebbe chiamarlo per questo genere di cose.”

“E a chi dovrebbe delegare?  Provi lei a fare ragionare Scotty.”

“Io sono il responsabile del comparto scientifico. Ci sono molti ingegneri sulla nave, dottore.”

“Nessuno dotato di ciò che serve per tenere a bada Scott.” Spock piegò appena la testa di lato con fare interrogativo. Bones precisò.

“Amicizia. Ne ha mai sentito parlare, signor Spock?”

“La risposta, suo malgrado, é sì.” Il vulcaniano fece un cenno col capo e uscì dalla stanza.

 

La faccenda era più grave del previsto. Scotty era furioso. Quando Kirk lo raggiunse, aveva già cacciato mezza dozzina di magliette rosse dal ponte motori.

“Incompetenti. Qui nessuno sa niente di niente. Come si fa a sbagliare il modello di bobina per il propulsore? E il nucleo di curvatura! Sembra settato da un dilettante! Equazioni sbagliate! C’é qualcuno su questo dannato ponte che abbia mai aperto un libro di fisica?”

“Signor Scott, mi aggiorni! Qual é il problema?” Esclamò Jim cercando di distrarlo dal ritornello che probabilmente ripeteva da ore.

“Eccolo il problema!” Esclamò indicando due grossi contenitori metallici in cui facevano bella mostra di sé due pezzi identici di un motore.

“Non vanno bene per l’Enterprise?” Scott alzò gli occhi al cielo.

“No che non vanno bene. Non si vede?” Urlò facendo spallucce. Jim sorrise e avrebbe voluto confessargli che in effetti era così. Non tutti lo avrebbero capito ad occhio. Per fortuna non fece commenti perché sul lato superiore del contenitore c’era un numero di matricola che, chiaramente, non era quello dell’Enterprise.

“Va bene.” Fece Jim mettendo entrambe le mani sui fianchi. “Diamoci da fare. É inutile recriminare. Informerò il personale di terra che c’è stato un errore nella consegna.”

“Un errore! Sai quanto tempo ci farà perdere questo ‘errore’ come lo chiami tu?” Il capitano scosse la testa e stavolta azzardò una risposta.

“Due giorni?” La faccia di Scott divenne tutto un programma. Kirk pensò di averla fatta grossa. Probabilmente un inconveniente del genere avrebbe ritardato la partenza della nave di settimane. Scotty rise fragorosamente.

“Con chi pensi di avere a che fare? Se me le consegnano in serata, domattina saremo pronti.” Jim avrebbe voluto urlare che era stato un pazzo a far scoppiare un casino come quello per una cosa ridicola ma tacque. Prese il pad con la bolla di consegna e si girò rassegnato per tornare di sopra ma, nel farlo, finì addosso a Spock. Il primo ufficiale lo trattenne per le braccia evitandogli una caduta. Fu in quel momento che Jim lo sentì. Come una specie di brivido salirgli dai gomiti fino alla fronte. La sensazione gli diede un capogiro che gli fece cedere le gambe. Spock, stavolta, non lo resse. Come se anche il comandante avesse preso la scossa, lasciò andare gli avambracci di Jim che rovinò al suolo. Il vulcaniano lo guardò a terra con gli occhi sbarrati e chiese scusa.

“Mi perdoni, capitano. Riesce ad alzarsi?” Jim sollevò il capo e fissò i suoi occhi blu in quelli scuri di Spock.

“Ma che diavolo, Spock!”

“Chiedo scusa. Necessita di ausilio per alzarsi?” Jim scosse il capo rimettendosi in piedi.

“Scusi lei, andavo di fretta.”

“Dia a me quel pad. Mi occuperò io dell’increscioso inconveniente del reparto ingegneria. In fondo sono più idoneo di lei a risolvere questa situazione. Lei dovrebbe usare le poche ore di licenza che le rimangono per riposare.”

“Ho riposato a sufficienza, Spock.”

“Quando? Siamo arrivati sulla Terra cinque giorni fa. Dopo la festa a casa dell’ammiraglio Pike, c’è stata la questione dei rapporti arretrati, poi è stato impegnato con l’inventario, poi ha risolto il problema del passaporto della famiglia del signor Sulu, ieri ha presenziato ad una lezione dei nuovi cadetti dell’Accademia spaziale, contro il mio parere peraltro, e oggi questo. Non aveva detto che voleva andare a pescare?”

“Lo farò la prossima volta.”

“La prossima volta. Lo ha detto anche l’ultima volta che siamo stati qui. Si prenda la giornata libera. Mi occupo io del signor Scott.” L’idea che qualcuno si prendesse la rogna che aveva per le mani sembrava a Jim un dono del cielo. Allungò il pad e lo lasciò nelle mani di Spock. Nel farlo, sfiorò involontariamente il polso del comandante e la sua mente si riempì dell’immagine di un deserto battuto da forti venti. Rimase immobile a contemplare la bellezza di quel luogo fino a che la voce di Spock non lo scosse.

“Jim.” Non capitava spesso che Spock lo chiamasse per nome. Lui si era preso spesso quella libertà ma l’altro non ricambiava la cortesia quasi mai. Il tempo aveva insegnato a Kirk che quel comportamento faceva parte del retaggio degli insegnamenti di Vulcano.

“Spock, é strano.”

“Cosa é strano?” Jim parve sul punto di dire qualcosa, le labbra carnose appena aperte nell’atto di pronunciare una parola.

“Niente.” Disse soltanto. “Forse hai ragione. Occupati tu della sostituzione. Io prendo congedo per il resto della giornata.”

Spock lo seguì con lo sguardo fino all’elevatore con più preoccupazione nello sguardo di quella che lo aveva portato a seguirlo fino a quel momento.

 

Jim si buttò sul prato dell’Accademia della confederazione con le mani dietro la testa, la giacca dell’uniforme sbottonata. Guardò il cielo riempirsi per qualche istante di nuvole poi trascinate via dal vento. Il cielo era lo stesso che solcava con l’Enterprise eppure sembrava così diverso. Carico di promesse. Spesso, a bordo della sua nave, si era scoperto a pensare che la profondità del cosmo, affascinante e gelida, un po’ gli faceva paura. Era oscura come la soffitta della casa da cui scappava in cerca di libertà ogni volta che ne aveva l’occasione.

In quel momento invece, la luce del sole conferiva a quel cielo uno splendore strepitoso. Jim sentiva il calore sul volto e sorrise chiudendo gli occhi. Un momento di pace. Fu per quello che le voci aggressive che provenivano dal viale principale lo infastidirono. Si tirò sui gomiti e vide tre cadetti accerchiare un uomo alto e magro che sembrava non avere alcuna intenzione di attaccare briga con loro.

“Sparisci amico!” Lo minacciò uno.

“Non sono tuo amico.” Rispose l’uomo alzando entrambe le mani. Jim si alzò ma non si mosse.

“Allora sparisci, straniero.” A queste parole, pronunciate dall’altro cadetto, Jim prese a camminare.

“Il mio obiettivo é la biblioteca. Non ci sono restrizioni agli studenti, giusto?” Fece quello, mantenendo sempre le mani alzate, i palmi aperti verso i suoi interlocutori.

“Forse ci sono restrizioni per quelli come te. Sei romulano, vero?” Chiese il terzo cadetto. James capì. La ferita aperta da Nero in seno ai membri della confederazione era ancora troppo dolorosa per non comprendere le emozioni e la rabbia di quegli studenti. James però non poteva sopportare l’intolleranza. L’esperienza gli aveva insegnato che l’intolleranza era la prima e più feroce forma d’odio. Non si sbagliava neppure questa volta. Vide uno dei cadetti prendere qualcosa dalla sua borsa. Gli fu addosso prima che l’uomo con le mani alzate si voltasse.

“Non farlo, non ti conviene.” La voce di Kirk era sfrontata come il suo sorriso. Il cadetto lo riconobbe subito.

“Capitano Kirk!” A sentire il nome di Kirk, gli altri due studenti fecero un passo indietro. L’uomo alto e magro si voltò e abbassò le mani.

“Capitano, gliene dica lei a questo romulano!” Esclamò il ragazzo che sembrava il più giovane dei tre.

“Mi chiamate capitano. Sapete perciò che sono un capitano della confederazione e Romulus fa parte della confederazione. Ha tutto il diritto di accedere alla biblioteca.”

“Quindi è accorso in suo aiuto, capitano?” Disse sprezzante l’altro cadetto. Kirk rise. Una di quelle risate gioiose e calde che tanto lo avevano reso famoso.

“Sono venuto in vostro aiuto.”

“Ma se si era arreso!”

“Sbagliate a credere che avesse le mani alzate in segno di resa. Un altro affronto e vi avrebbe stesi. Tutti e tre.” Jim notò che l’uomo al centro della diatriba aveva accennato un sorriso malizioso. “Sparite adesso. Prima che vi faccia rapporto.” I tre cadetti non se lo fecero ripetere due volte.

“Credevo che lei non amasse ‘fare rapporto’.” Disse l’uomo facendo un cenno col capo in segno di ringraziamento.

“Questo lo ha letto nei rapporti su di me?” Chiese Jim sinceramente incuriosito infilando le mani in tasca.

“La sua fama la precede, capitano Kirk.”

“Ma non mi dica! E lei sarebbe?”

“John Harrison, piacere.”

“E, mi faccia indovinare, non è romulano.” John sorrise.

“Ha indovinato.”

“Mi dispiace per l’atteggiamento dei cadetti.”

“Sono conscio del mio aspetto, capitano. Somiglio più ad un romulano o ad un vulcaniano che ad un terrestre.”

“Non si butti via così!” Scherzò Jim facendogli un occhiolino e prendendo a camminar al suo fianco. John rise.

“Se gli standard umani sono i suoi, Kirk, sono semplicemente obiettivo.” Kirk, non seppe esattamente perché, si sentì arrossire. Era abituato a ricevere complimenti sul suo aspetto fisico eppure si sentì in difficoltà. L’altro se ne rese conto. “Non é comunque il suo aspetto quello che la distingue, capitano.” Stavolta Jim rispose di getto.

“Ah no?” L’uomo scosse il capo.

“É il suo carisma. Quei cadetti non hanno messo in dubbio la sua parola neppure per un momento. Un uomo come lei si ama o si odia, temo.”

“Non sa quanto ha ragione, signor Harrison. Anche se suscito l’odio più facilmente.” L’uomo si fermò costringendo Jim a fare altrettanto.

“Amore e odio sono due facce della stessa moneta. Lo ricordi prima di lasciarsi andare con troppa intensità ad uno dei due sentimenti.”

“Anche lei deve essere un tipo interessante, vero?”

“Appartengo alla schiera dei dimenticabili, credo. Io devo andare da quella parte. Ci rivedremo.”

“Davvero?” 

“Temo di sì.” Jim rise.

“Allora mi odia anche lei! E mi ha visto solo una volta.” John Harrison gli tese una mano.

“Non mi sbaglio quando classifico una persona e lei è uno che porta guai, capitano Kirk. Non se la prenda per il mio giudizio. E si ricordi delle due facce della moneta.” Jim strinse la sua mano un po’ titubante. L’ultima volta che aveva toccato Spock aveva preso una specie di scossa. Non accadde niente di simile.

L’uomo si girò e camminò fino a sparire dietro l’edificio delle federazione. Jim scosse il capo.

“Che razza di individuo!” Disse dando voce ai suoi pensieri. Prese la direzione degli hangar deciso a tornare a bordo dell’Enterprise. Se voleva aiutare Bones a rimettere a posto quei campioni per cui il dottore era tanto preoccupato, doveva farlo quella stessa sera. La licenza era quasi finita.

 

Spock si disse che non era niente. Che quello strano formicolio che sentiva sulla punta delle dita delle mani era del tutto naturale. Quello che non riusciva a considerare naturale e tantomeno logico era che, toccando Jim, aveva visto un deserto. Non il suo. Era un deserto spezzato da profondi canyon. Scosse la testa. Doveva essere il riflesso di un suo ricordo tornato improvvisamente nei suoi pensieri. Si sforzò di ricordare dove fosse. Quale parte del deserto vulcaniano era intervallato da quei profondi squarci nel terreno. La voce di McCoy lo riportò al presente.

“Signor Spock che ci fa nel mio ufficio?”

“Ho pensato che lei e il capitano avreste tentato di introdurvi nel laboratorio della federazione stanotte e, poiché sono convinto che senza un’adeguata supervisione finireste per mettere voi e tutto l’equipaggio dell’Enterprise in quelli che voi definireste grossi guai, è mia intenzione fare quanto mi è possibile per evitarlo.”

“Poi dicono che sono io il pessimista.”

“Si tratta di mero calcolo delle probabilità dottore.”

“Non stento a crederlo! Comunque Jim non è ancora arrivato e non so se ha risolto i problemi di Scott.”

“Riguardo a quelli, li ho risolti io stesso.” Bones sollevò un sopracciglio.

“Sul serio?”

“Perché non avrei dovuto?”

“Perché, e cito testualmente, ‘non sono problemi degli ufficiali della nave. Ci sono ottimi ingegneri sull’Enterprise!’”

“Questa argomentazione non ha avuto alcuna efficacia sul capitano pertanto me ne sono occupato io stesso. Questo è stato più convincente. Ha idea di dove sia adesso?” Bones scosse il capo e tirò un lungo sospiro lasciandosi cadere sulla sua poltrona.

“Forse non avrei dovuto parlare a Jim dei campioni.”

“Questa sua affermazione non ha alcun senso. Ha riscontrato un errore nelle procedure di esame dei campioni e ha avvisato il capitano come previsto dal regolamento della nave.”

“É stato ingenuo da parte mia parlargliene sperando che non reagisse senza infrangere le regole della federazione. E se ci scoprono?”

“Per questo motivo sono qui. Conosco i laboratori meglio di lei, McCoy.” Mentre ancora discutevano, la porta si aprì e Jim entrò con il suo solito passo deciso. La presenza di Spock non lo sorprese.

“Se é qui per farci desistere, sappia che ho già in mente un piano.” Spock con un passo gli fu di fronte.

“Non sono qui per questo.” Jim fece un’espressione incredula che costrinse Spock a continuare. “Ritengo di essere la persona più adatta ad entrare ed uscire dal laboratorio non visto e con i dati che lei ritiene indispensabile acquisire, capitano.” Jim incrociò le braccia sul petto e mise su un sorrisetto malizioso.

“Lei infrangerà la legge, Spock?”

“Lo farò.”

“Non le importa cosa potrebbero pensare di lei se ci scoprissero?”

“Dirò che ho eseguito gli ordini del mio capitano.” Jim lo guardò dritto negli occhi e se non avesse saputo che i vulcaniani non si perdono in dispute verbali, avrebbe detto che l’espressione di Spock era di pura soddisfazione.

“Mi sta bene. Bones prendi i campioni. Andiamo.”

Uscirono dall’hangar della Enterprise e raggiunsero i tornelli elettronici dell’edificio della confederazione. Spock digitò qualcosa su uno dei pad esterni e uno dei tornelli si aprì per farli passare. Jim li guidò lungo un corridoio laterale e poi su per una scala di emergenza che li condusse fino ad una balconata prospiciente ai laboratori. 

“Come entreremo nei laboratori da qui?” Chiese Bones che soffriva l’altezza.

“C’é un sensore lassù che comanda l’apertura di emergenza delle finestre.” Rispose Kirk indicando un punto parecchio più in alto che lanciava un segnale intermittente rosso e blu.

“E come pensi di arrivare lì, Jim?” Bones si portò le mani al viso. Kirk sorrise afferrando una struttura tubolare che partiva dalla balconata e si diramava fino al tetto dell’edificio. Con un’agilità invidiabile e col solito sprezzo del pericolo, Jim raggiunse il sensore e lo mise fuori uso. Le porte si aprirono tutte assieme. 

Bones si fiondò verso le macchine dalle quali aveva estratto i campioni sbagliati per rimetterli al loro posto. Spock invece entrò nei file di archivio per sapere da quale nave provenivano e verificare se ci fossero esperimenti in corso sugli stessi. Trovò tre file ma erano criptati così si limitò a copiarli e a far sparire le tracce del suo passaggio.

Una volta fuori diedero il segnale a Jim che rimise in funzione il sensore facendo richiudere tutte le finestre.

“Visto?” Li richiamò Kirk. “É andato tutto bene!” Concluse alzandosi in equilibrio sulla struttura. Si accorse all’ultimo istante di una guardia di vedetta sulla torre opposta. D’istinto si abbassò ma perse l’equilibrio e scivolò di sotto lungo la parete cercando un appiglio qualsiasi. 

Quando erano rimasti solo pochi centimetri di metallo sotto le sue mani e sentiva già i piedi penzolare nel vuoto, avvertì qualcosa con una mano e ci si aggrappò con tutte le sue forze. 

E accadde.

Di nuovo il vasto deserto si aprì davanti a lui. Il vento gli riempì di aria caldissima le narici. Si sentì soffocare prima che tutto intorno a lui vorticasse e la luce diventasse opprimente. Chiuse gli occhi per schermarsi e quando li riaprì vide prima il tenente Uhura poi se stesso. Fece fatica a riconoscersi. Jim capì che la luce fortissima che lo aveva accecato veniva proprio dalla sua figura. Si muoveva sulla plancia dell’Enterprise con una sicurezza che non aveva mai avuto. Di questo era certo. Qualcuno lo chiamò con una voce profonda e quella singola parola, ‘Jim’, suonò carica di passione. Stava per voltarsi a cercare la persona a cui apparteneva quella voce quando si accorse che si stava allontanando da quella visione. Ebbe paura di cadere e gridò.

“Spock!” Sbatté le palpebre un paio di volte prima di rendersi conto che stava penzolando giù dalla balconata e Leonard stava facendo una fatica tremenda per tenerlo. 

“Spock, dannazione! Mi scivola!” Mentre Jim si sforzava di trovare un appiglio che non c’era, si accorse che Spock era a terra e si teneva una mano stretta al petto. Il vulcaniano si alzò ugualmente e si allungò oltre la paratia per aiutare il dottore a tirarlo su.

Quando fu al sicuro, McCoy gli diede uno schiaffo sul braccio.

“Dannato! Mai una volta che non ti si debba raccattare, ricucire o somministrare un farmaco salvavita. Tu sarai la mia morte! Sappi che in quel caso dovrai pagare tu gli alimenti alla mia ex moglie!” Jim gli fece cenno di abbassare la voce poi si girò a guardare Spock.

“Stai bene?” Spock sembrava aver subito un trauma.

“Sono funzionale.”

“Che tradotto nella mia lingua vorrebbe dire?”

“In modo approssimativo bene.”

“Me lo farò bastare. Si é fatto male ad una mano?”

“Deve essersi stirato il polso per afferrarti al volo mentre scivolavi giù. Gli darò un’occhiata in infermeria. Ce ne possiamo andare da qui?” Bones era sempre più teso.

“Avete preso i dati?” Spock annuì. “Allora filiamo.”

Tornarono all’hangar per la stessa strada che avevano fatto per entrare e non ci furono ulteriori intoppi.

 

Spock si infilò sotto il getto d’acqua che altri avrebbero definito ‘bollente’. Nonostante il calore più che sufficiente a scaldarlo, tremava.

Non aveva avuto esitazione alcuna quando aveva visto Jim scivolare lungo la parete dell’edificio. Era scattato in avanti e lo aveva afferrato al volo. Nell’istante in cui aveva stretto la mano intorno alla sua però, aveva perso coscienza di sé. Una vasta distesa di terra brulla gli aveva riempito gli occhi poi non aveva visto niente altro che il cielo. Prima azzurro, poi terribilmente oscuro e sconfinato. Aveva provato terrore e aveva chiuso gli occhi. Se mai avesse pensato che fossero ricordi suoi, l’immagine di Pike che gli tendeva una mano prima e quella di McCoy che lo prendeva in giro dopo, gli avevano rivelato subito che era in atto un transfer con i pensieri di Jim. La cosa non aveva influito immediatamente sul suo subconscio. Continuava a tenere stretta la mano del capitano in quanto sapeva che se avesse interrotto il contatto, Jim sarebbe caduto di sotto. Involontariamente, lo sforzo per concentrarsi su un pensiero logico lo aveva condotto più a fondo nella mente dell’altro e si era ritrovato nella grande sala delle conferenze della federazione dove non c’era nessun altro a parte lui. Eppure non era ‘lui’. Lui guardava un altro se stesso e lo faceva con ammirazione, rispetto, quasi invidia. Era letteralmente attratto da quello Spock. Ci mise una frazione di secondo a capire che era Il modo in cui Jim lo stava guardando. Era stato troppo. Aveva dovuto interrompere il contatto con il capitano. 

Se il dottore non fosse stato lì, Jim sarebbe precipitato nel vuoto. Sentì il respiro accelerare. Sforzò ogni muscolo del suo corpo per costringersi a respirare più lentamente e riprendere il controllo.

Spinse la testa all’indietro e lasciò che l’acqua gli colpisse il viso. Doveva calmarsi. Se non ci fosse riuscito, quelle emozioni sarebbero fuoriuscite da lui incontrollate con conseguenze imprevedibili.

Chiuse l’acqua e infilò un accappatoio. In quel momento il cicalino del suo appartamento suonò.

“Chi é?”

“Spock, sono Kirk. Posso entrare?”

“In effetti non sono presentabile, capitano.” Dall’altra parte della porta sentì il capitano sbuffare.

“Spock, avanti, siamo uomini. Il mio cuore reggerà se la vedo in mutande.” Spock era ancora in preda ad a quel fastidioso senso di illogico smarrimento. Non seppe individuare un solo motivo logico per non aprire la porta dei suoi alloggi.

Jim entrò spedito ma esitò guardando Spock e chiese il permesso di sedersi.

“Prego. Di cosa ha bisogno, capitano?”

“Hai decifrato i dati che abbiamo preso al laboratorio?” Spock si passò un asciugamano sulla testa e rispose.

“Non ancora. Contavo di farlo dopo l’aspersione.” 

“La sua mano come va? Le fa ancora male?” Spock si guardò il palmo della mano destra e scosse appena il capo.

“È funzionale. Non ho dolore fisico.”

“Spock,” chiese allora Jim, “sta bene? Mi sembra, ecco, pallido.”

“Deve essere la temperatura esterna. Noi vulcaniani non amiamo il freddo.” Spock notò un cambiamento nell’espressione di Jim. Sembrava essersi rattristato. Gli occhi blu si fecero dolci. Spock si chiese se non fosse tutto nella sua testa.

“Scusami, Spock. Non ho pensato che é molto tardi e che tu eri contrario a questa cosa sin dal principio. Riposati. Ci sarà tempo per i dati.”

“Jim, aspetti.” Il capitano si fermò sulla porta. “Non voglio che si preoccupi per me. È illogico.” Kirk sorrise ma non al solito modo. Era un sorriso appena abbozzato, malinconico.

“Stavolta ti sbagli, Spock, preoccuparmi per te è assolutamente logico per me. Ma è altrettanto logico che tu non lo capisca.” Sembrava che stesse per lasciare gli alloggi quando strinse un pugno a mezz’aria e aggiunse. “Spock, non ti ho mai chiesto scusa per quello che ti ho fatto sull’Enterprise. Non avrei mai dovuto usare la morte di tua madre per farti perdere il controllo sul ponte di comando. È stato sgradevole.” 

“So che lo ha fatto su richiesta dell’ambasciatore.” Il pugno di Kirk sfiorò la porta.

“Non per questo è stato meno sgradevole.”

“Ma ha portato al successo della missione. Non sarei il suo primo ufficiale se la cosa mi avesse oltremodo offeso.”

“Lieto di saperlo.”

“Pensavo che fosse assolutamente chiaro.”

“Lo é adesso che hai parlato Spock. Io non sono in grado di leggere la tua mente anche se a volte ho la fortissima sensazione di sapere cosa stai pensando.”

“Questo, Jim, è altamente...” Non riuscì a terminare la frase.

“Illogico.” La concluse Kirk. Stavolta il suo sorriso era luminoso. “Buonanotte Spock.”

“Buonanotte capitano.”

Il vulcaniano tornò in bagno e infilò abiti puliti. Si guardò allo specchio e ripensò alle parole di Kirk.

Chiuse gli occhi. Decise che dormire non era necessario. Tornò nella camera da letto e si sedette a terra con le gambe incrociate. Doveva meditare e ritrovare la sua calma abituale.

 

Jim non aveva sonno. Camminò fino al turboascensore e scese al ponte motori. Scotty era, come al solito, appisolato su una sedia con una rivista sugli occhi. Si appoggiò ad una delle transenne e parlò con voce ferma.

“Riposo, signor Scott!” Scotty fece volare la rivista e saltò sulla sedia.

“Dannazione, ragazzo! Volevi uccidermi?”

“Dormi in servizio, Scotty?”

“Per tua informazione, il mio turno è finito un turno fa.”

“Lo immaginavo. Per questo sono venuto. Volevo sapere se Spock ha risolto il tuo problema di stamattina.”

“Puoi giurarci che lo ha fatto. La bambina ha polmoni nuovi di zecca ed è pronta per il prossimo giro. Sappiamo già dove andremo?”

“Domani prenderò le consegne da Pike.”

“E non dovresti dormire un po’?”

“Non mi riesce.”

“C’è qualcosa che non va?”

“Non lo so Scotty. Forse è davvero solo mancanza di sonno.”

“Allora la persona adatta con cui parlare é il dottore, no?”

“Domani, Scotty, domani. Se io soffro d’insonnia, non devo imporla al resto dell’equipaggio.”

“Grazie! Allora a me tocca il trattamento speciale?” Jim rise.

“Tu dormi con un occhio solo da che ti conosco! Comunque me ne vado. Ve bene?”

“Jim, aspetta.”

“Che c’é?”

“Ho scoperto quale era la nave indicata dal codice sulle confezioni delle bobine. Saranno stati gli imbecilli di quella nave a sbagliare la commessa.”

“Hai detto che Spock ha risolto.”

“Sì, ma io sono un ficcanaso lo sai.”

“Ha importanza?”

“Si chiama USS Jupiter. E ufficialmente non esiste.” Jim si rabbuiò.

“Degli esperimenti sul dna e una nave fantasma nello stesso giorno? Tieni per te la cosa, Scotty.”

“Agli ordini, capitano.”

Jim ritornò all’ascensore e da lì ai suoi appartamenti. Si buttò sul letto senza riuscire a prendere sonno. Si sforzò di usare la logica per ricomporre gli eventi di quella giornata che apparentemente non avevano alcun legame. Finì per ridere di se stesso. Lui non era Spock. Lui adoperava l’istinto.  È tutto l’istinto che aveva lo stava mettendo in guardia. Si alzò e andò alla scrivania.

“Diario di bordo del capitano,” pronunciò e lo schermo si accese. Poi ci ripensò “Annulla.” Lo schermo si spense. “Chiama ambasciatore Spock”. Lo schermo si riaccese e, qualche istante dopo il volto dell’anziano alter ego del suo primo ufficiale comparve sul monitor.

 

  
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