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Autore: Yuki Delleran    18/11/2018    3 recensioni
Keith è il principe di Marmora, ha perso la sua famiglia, la sua casa e la sua patria in un modo inaspettato, violento e tragico.
Lance è un cecchino della resistenza, non ha mai avuto davvero una patria e ha rinuciato alla sua famiglia per scelta obbligata.
La Resistenza è in lotta con l'Impero da secoli per liberare l'universo dal giogo dell'oppressione e la profezia che designa colei che metterà fine al dominio galra è l'unica luce a illuminare un cammino oscuro.
Ma non tutto ciò che è stato rivelato dalle stelle è eterno e immutabile. A volte può essere riscritto.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 3

 

« Ricordami perché sto facendo tutto questo. »
Hunk si concesse uno sbuffo esasperato nella trasmittente.
« Credo sia la terza volta che me lo chiedi, Lance, e la risposta non cambierà. Perché ti sei offerto volontario per recuperare l'antidoto per il principe Keith dalla base nemica. E non una base qualunque, il palazzo reale occupato di Altea. Sei un cavolo di eroe che si batte per i begl'occhi del principino in difficoltà. »
Dall'altro capo del ricevitore giunse un ringhio irritato.
« Sai benissimo che di quello stupido nobile da strapazzo non m'importa niente. » brontolò Lance.
Hunk ghignò tra sé.
Già, Lance era così disinteressato da essere piombato nell'infermeria, quella mattina, affermando che, in quanto ex membro dell'esercito galra di stanza su Altea, conosceva il palazzo reale come le sue tasche e sapeva esattamente dove recuperare un antidoto. Sarebbe stato un gioco da ragazzi, utilizzando la vecchia uniforme sarebbe passato inosservato e in un battibaleno avrebbe portato a termine quella missione. Zero rischi, massimo risultato.
Hunk era rimasto così sconcertato da trattenere a stento le mille obiezioni che gli erano balenate in mente.
Zero rischi, come no? Alla fine era solo un'incursione in campo nemico, il peggio che poteva succedere era morire per un colpo di blaster.
Hunk prese un respiro e tentò calmarsi, concentrandosi sul suo ruolo nella missione.
Voleva credere, aveva bisogno di credere, che Lance l'avesse fatto per un motivo serio e non semplicemente per accattivarsi le simpatie dei superiori.
« Sto entrando nell'ala adibita a reparto medico. » gli venne comunicato attraverso la trasmittente.
« Ti vedo. Fai attenzione, lo scanner indica una presenza davanti a te a ore dieci. » rispose esaminando la mappa che rivelava le fonti di calore attorno alla trasmittente indossata da Lance.
« Ricevuto. »
Seguirono alcuni minuti di silenzio, durante i quali Hunk poté vedere la figura del compagno spostarsi o rimanere immobile a seconda delle guardie che incontrava nei corridoi. Il gesto più consueto era un rigido “Vrepit sa!”, pronunciato sull'attenti.
L'elmetto lo proteggeva da eventuali riconoscimenti occasionali e di certo il personale di palazzo era cambiato da quando Lance era scappato dall'esercito, ma questo non rendeva la missione meno rischiosa.
Hunk non sapeva quasi nulla della vita dell'amico precedente al suo arrivo nella Ribellione: alcuni particolari gli erano stati accennati da Allura quando gli era stato assegnato come compagno, altri glieli aveva raccontati Lance stesso, ma non si trattava di nulla di troppo personale. Ad esempio non conosceva il vero motivo che lo aveva portato a disertare, con tutte le conseguenze del caso.
Il fatto poi che si fosse offerto per quell'incarico ad alto rischio gli era totalmente incomprensibile. Certo, scherzare sull'avvenenza del principe Keith poteva alleggerire la questione, ma non poteva essere tutto lì.
« Sono dentro! »
La voce nella trasmittente riportò Hunk alla realtà: Lance era riuscito a introdursi nel magazzino dei medicinali e lui, dalla navicella occultata poco lontano dal palazzo, doveva monitorare la situazione.
« Bene. Ora fai attenzione: ti invio direttamente il codice del principio attivo contenuto nel veleno. Dovrebbe essere indicato sulle boccette di antidoto. »
Hunk ticchettò alcuni numeri e sentì Lance mormorare un assenso.
Mentre monitorava i corridoi circostanti, controllando che non vi fossero sentinelle in avvicinamento, e ascoltava il tintinnio delle boccette spostate da Lance, il suo pensiero tornò ai dubbi di poco prima.
« Adesso me lo potresti dire il vero motivo per cui siamo qui. » commentò in modo apparentemente casuale a un certo punto.
« Ti sembra il momento di fare domande? » protestò Lance.
« Se mi darai delle risposte, sì. »
Un sospiro esasperato lo raggiunse.
« Sei un impiccione. »
« Quindi? »
« Ha perso tutto, Hunk: la casa, la madre, il regno. Sta per perdere anche la vita. Ho rivisto me stesso, ok? E ho pensato che non potevo lasciar correre. Non me ne importa niente della gloria o del fatto che sia un principe, chiunque merita di avere la possibilità di riconquistare ciò che è suo. Tutto qui. »
Hunk impiegò alcuni istanti ad assimilare quelle parole, dopodiché si lasciò sfuggire un leggero fischio.
« Wow, amico. Ti fa davvero onore. »
« Sciocchezze! »
Era tipico di Lance rispondere in quel modo, come se quello che aveva appena affermato non avesse importanza e si trovasse lì solo per una sorta di assurda prova di coraggio, non per salvare la vita di qualcuno chiuso in una cryo-pod.
Ogni considerazione venne messa a tacere dall'esclamazione di Lance stesso.
« L'ho trovato! »
Il tintinnio di vetro che seguì indicava che Lance stava infilando le boccette di antidoto nel contenitore che aveva portato con sé.
Hunk sentì la tensione sciogliersi un poco: era quasi fatta. Ora doveva solo riuscire a fare in modo che Lance uscisse di lì tutto intero e sarebbero potuti tornare a casa.
Quando riportò lo sguardo sul monitor si sentì gelare.
« Lance! Arriva gente, esci di lì! » esclamò frettolosamente.
Il tramestio che lo raggiunse chiarì che la situazione si stava facendo via via più pericolosa.
Era possibile evitare la sentinella di ronda nel deposito dei medicinali, ma era in arrivo un drappello lungo il corridoio e un altro dal piano superiore.
Riferì i dati con ansia crescente e vide la figura di Lance iniziare a muoversi più velocemente e in modo meno coordinato. Le lucine intermittenti che rappresentavano il primo drappello iniziarono a seguirlo sempre più da vicino.
« Hunk! Vieni sotto le finestre del lato est! Subito! »
La voce dell'amico gli giunse affannata per la corsa e coperta dagli inquietanti sibili delle armi laser.
« Sto arrivando, tieni duro! »
Mentre compiva le manovre di avvicinamento della navicella, un gemito di dolore lo raggiunse, seguito da una colorita imprecazione e dai suoni di una risposta al fuoco.
« Andate all'inferno! »
« Lance! » lo chiamò Hunk, allarmato. « Che succede? Stai bene? »
« Sono vivo. Dove sei? »
« Lato est, sotto le finestre, come hai detto. »
« Ottimo. Arrivo. »
Neanche un minuto dopo, un tonfo e un violento scossone colpirono la navicella e Hunk vide il compagno infilarsi nel portello superiore.
Dalla breve occhiata che gli rivolse, notò la manica sinistra sporca di sangue e il contenitore stretto al petto.
« Tutto a posto? » chiese.
Lance annuì appena.
« Leviamoci di qui prima di ritrovarci tutto l'esercito galra alle calcagna! »

Quando Keith aveva ripreso conoscenza, Lance era accanto a lui.
Non si era trattato di nulla di premeditato o di particolarmente romantico: semplicemente, dopo dodici ore di veglia, Coran aveva spedito Shiro a riposare e la principessa era impegnata in una riunione con gli altri comandanti.
Al rientro dall'incursione al palazzo di Altea, Lance era più arrabbiato che sofferente e della ferita che si era procurato non poteva importargliene di meno.
« Non è nemmeno il braccio con cui sparo. » l'aveva liquidata.
Molto più grave era il fatto che due delle tre boccette di antidoto che era riuscito a trafugare si fossero rotte durante la fuga. Questo lo aveva mandato su tutte le furie con sé stesso per la propria negligenza: ci era voluto Coran per tranquillizzarlo e spiegargli che una boccetta era più che sufficiente.
Anche se la ferita era “solo un graffio”, come l'aveva definita lui stesso, rifiutando una seduta nella cryo-pod, Lance era ancora convalescente. Coran aveva preferito tenerlo in osservazione, approfittandone per fargli controllare l'altro paziente in loro assenza.
Per questo aveva avuto modo di impiegare il tempo del riposo forzato, osservando Keith e controllando che l'antidoto stesse effettivamente facendo effetto.
Il suo colorito era migliorato da quando aveva lasciato la cryo-pod in favore di una delle brande e il respiro era più regolare. In effetti, aveva notato Lance, sembrava molto più “vivo” disteso su un letto che dietro il vetro azzurrino di una capsula.
Mentre lo fissava, fingendo di annoiarsi a morte, la sua mente era tornata ancora e ancora sulle mille ipotesi riguardanti quel ragazzo: chissà che tipo era?
Sarebbe stato insopportabile come tutti i nobili che aveva avuto occasione d'incontrare?
Se così fosse stato, però, Shiro non l'avrebbe avuto così a cuore. Magari qualcosa del suo carattere si salvava.
Era strano sapere che fosse Galra per metà, considerando quanto poco fosse evidente.
Probabilmente la peluria lilla sulle sue orecchie era morbida, magari poteva azzardarsi a toccarla mentre ancora dormiva.
E di nuovo i suoi occhi. Sarebbero stati gialli come quelli dei Galra purosangue, o avrebbero avuto l'iride azzurra, come alcuni dei mezzosangue che aveva visto?
Proprio mentre formulava quel pensiero, vide le orecchie feline del giovane fremere leggermente, le dita della mano sinistra contrarsi e le palpebre sollevarsi lentamente.
Lance rimase imbambolato a fissarlo per un istante.
Erano blu.
I suoi occhi erano blu. Il blu più scuro e intenso che avesse mai visto, che sfumava nel nero profondo, come la sera che lascia spazio alla notte.
« Color del cielo stellato... » si ritrovò a mormorare tra sé.
La sua voce attirò l'attenzione di Keith, che si voltò lentamente verso di lui. Aveva lo sguardo appannato, l'espressione confusa di chi si sveglia dopo un sonno troppo lungo.
Batté le palpebre un paio di volte e finalmente sembrò realizzare di non essere solo nella stanza.
Anche Lance si riscosse e accennò un sorriso.
« Ben svegliato, bell'addormentato. » esclamò, badando di non alzare troppo la voce. « Come ti senti? »
Keith spostò lo sguardo da lui alla stanza, per tornare poi a scrutarlo e corrugare le sopracciglia.
« Dov'è Shiro? »
Una domanda semplice e banale che però azzerò l'entusiasmo di Lance.
Avrebbe potuto chiedere qualunque cosa: cos'è successo, dove siamo, chi sei tu...
Invece aveva chiesto subito di Shiro e Lance si sentì stupido per il fatto di essere deluso da questo, stupido perché non aveva nessun motivo per avere delle aspettative. Keith non aveva idea di cosa fosse accaduto, quindi era una domanda più che legittima.
« È stato qui fino a poco fa. Coran l'ha mandato a riposare ma tornerà presto. » rispose quindi.
« Coran? »
Il principe era ovviamente confuso.
« È la persona più vicina a un medico che abbiamo. Anzi, ora vado a dirgli che ti sei svegliato. »
Lance si alzò e mosse alcuni passi verso la porta, prima di ricordare il suo proposito del giorno prima.
Si voltò e accennò un sorriso.
« Sei al sicuro qui, non preoccuparti. Shiro non ti ha mai tradito, vedrai che ti spiegherà tutto. »

Poco dopo l’uscita del ragazzo con il braccio al collo, un uomo con dei vistosi baffi rossi aveva fatto il suo ingresso, sorridendo a Keith in modo rassicurante.
Si era presentato come Coran e aveva ribadito che si trovava al sicuro.
Per quanto ancora vagamente stordito, Keith era già stanco di chi gli diceva di stare tranquillo. Voleva parlare con Shiro, capire dove si trovasse, uscire di lì e andare a salvare sua madre.
Non fece in tempo ad articolare nemmeno una di queste pretese.
« Qualunque cosa tu stia per dire, » lo prevenne Coran. « le risposte sono rispettivamente: lo so, te lo spiegheranno Shiro e la principessa e dopo che ti avrò visitato. »
Per questo motivo non gli restò altro da fare che sottoporsi al check up senza protestare.
La ferita alla spalla si era rimarginata grazie al potere di guarigione della cryo-pod, ma la cicatrice era rimasta. Keith ricordava vagamente Shiro parlare di una medicazione e dei punti, ma quanto accaduto da un certo momento in poi era talmente confuso che non avrebbe saputo dire se fosse successo davvero. In ogni caso aveva poca importanza: quel segno indicava che era riuscito a proteggere una persona a cui voleva bene e ne era fiero.
Coran lo informò anche del veleno, del rischio che aveva corso e del fatto che qualcuno ne avesse corso uno altrettanto enorme per procurargli l'antidoto.
« Shiro? » chiese, speranzoso.
« Avrebbe voluto, ma no. Si tratta di Lance, che era qui poco fa. È uno dei piloti di punta della flotta ribelle e un ex militare. Un cecchino invidiabile. Ha recuperato l'antidoto infiltrandosi nel palazzo reale occupato di Altea. »
Quella frase, invece che suscitare in lui la gratitudine verso lo sconosciuto, scatenò un'istintiva rabbia.
Anche casa sua ora era chiamata “palazzo reale occupato”? Da chi? E perché?
Se non erano stati i ribelli, visto che, a quanto sembrava, si trovava presso una delle loro basi e si erano presi cura di lui, chi erano i veri responsabili dell'attentato? Cosa speravano di ottenere?
In ogni caso, non avrebbe scoperto nulla rimanendo fermo in un letto a farsi misurare la pressione.
« Sto bene. » disse quindi, alzandosi a sedere e spostando le gambe oltre il materasso, fino a toccare terra con i piedi. « Devo andare a salvare mia madre. Tutto questo non è necessario, io non... »
Le parole gli morirono in gola quando un violento capogiro lo colse nel tentativo di alzarsi in piedi.
Coran lo afferrò per le spalle e lo indusse a stendersi nuovamente.
« È necessario eccome. Hai perso molto sangue e il tuo fisico è debilitato dal veleno. I parametri si stanno riallineando ma finché non saranno normali e stabili, non andrai da nessuna parte. »
Un ringhio frustrato nacque nel profondo del suo petto ma, proprio in quel momento, la porta dell’infermeria si aprì e Shiro fece il suo ingresso, seguito da una fanciulla dalla carnagione scura.
Keith sentì il cuore accelerare i battiti e una vampata di calore salirgli alle guance.
« Per favore, non agitate il paziente, è già troppo nervoso. » li ammonì Coran e la ragazza fece un passo indietro.
« Se non si è ancora ristabilito, le questioni politiche possono aspettare. Tornerò più tardi. » disse, voltandosi per lasciare la stanza.
Keith non vi badò minimamente, l’attenzione concentrata solo su Shiro. Se fosse stato abbastanza in forze gli sarebbe corso incontro, ma anche così tese una mano verso di lui, che venne prontamente stratta dal capitano.
« Sono venuto appena ho saputo che eravate sveglio. Sono felice di vedere che vi sentite meglio. »
La voce di Shiro era così familiare, così rassicurante, che Keith si sentì scioccamente commosso, come se solo grazie alla sua presenza tutto potesse aggiustarsi.
Ovviamente non era così, non c’era proprio nulla di giusto in quella situazione, ma anche solo sapere che la persona su cui più contava al mondo non era un traditore e non l’aveva venduto al nemico era un sollievo immenso.
« Raccontami cos’è successo. » chiese, reprimendo a forza l’istinto di gettargli le braccia al collo. Era pur sempre un principe, doveva mantenere un contegno. « Ho bisogno di sapere tutto, da quando è crollato il soffitto della sala del trono a quando siamo arrivati qui. E, soprattutto, che ne è stato di mia madre. »
Shiro si sedette su uno sgabello accanto al letto, senza lasciare la sua mano.
« Ci vorrà un po’, ma il tempo non ci manca. » disse e iniziò a raccontare.

 

 

Yuki - Fairy Circles

   
 
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