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Autore: daphtrvnks_    19/11/2018    1 recensioni
- In pochi ancora lottavano, serravano i pugni ed in un tacito urlo invocavano e pretendavano la libertà su quel mondo oramai non più loro.-
- Tratto dal terzo capitolo:
'Che ti importa chi io sia, ne hai fatti fuori più di mille senza chiedere loro il nome.'
Come avesse fatto a distinguerlo da un terrestre qualunque potevano saperlo solo i sopravvissuti, l’odore della pelle di quei mercenari era percepibile a lunga distanza; aspro e metallico, si mischiava al sudore ed alla terra, una fraganza maschile forte, di quelle che ti fanno girare la testa assieme ad un bruciore alle narici che si espande fino ai polmoni riempendoti la testa ed il cuore di terrore.
I passi, pesanti come quelli di giganti e la voce scura, batteva nei timpani simile a tuoni.
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bardack, Bulma, Chichi, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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'Ai suoi ordini.' 

Sghignazzò creando un nuovo varco, questa volta senza combinare ulteriori danni come al padre. Non appena la ragazza fu uscita venne seguita dagli altri, tra la confusione fu facile scorgere la figura di due guardie pronte a rendere sicuro il palazzo e scacciare gli intrusi. 

Nell'ala est le due bionde, dopo aver seguito Radish, si erano ritrovate in una grande camera adibita per i soldati e i più grandi combattenti d'èlite. Ignare di ciò che da tutt'altra parte stesse accadendo riposavano ancora nel letto che il saiyan aveva concesso loro. Radish le aveva rassicurate raccontando che la turchina stesse lavorando per il principe e che per il momento fosse al sicuro, si erano abbracciate per la gioia e dopo una doccia veloce avevano deciso di passare qualche ora per riprendere le forze ed aspettare che il guerriero tornasse alle sue faccende per poter creare un piano e fuggire.

Il ragazzo aveva potuto godere solo di poche donne nella sua vita, molte delle quali solo per scaldare il suo letto, provenienti da mondi e galassie lontane che sicuramente non avrebbe mai più rivisto. Ora che aveva due esemplari di una specie simile alla sua, quasi identica se non per futili particolari, si era trovato a pensare con imbarazzo che prendere una compagna non sarebbe stata una cattiva idea. Eppure, conoscendo se stesso, poteva dire con certezza che non sarebbe stato un marito fedele e che, le donne Saiyan, non sarebbero potute essere al suo livello. Un pensiero egoista credere di poter rimanere per sempre da solo e di non aver bisogno di nessuno al suo fianco, quando invece, grande e forte com'era, covava il desidero immane di qualcuno che si prendesse cura di lui. Non aveva mai potuto sapere cosa significasse la parola amore ed era anche certo che nella sua lingua natia quell'idioma non esistesse. L'aveva sentita pronunciare per la prima volta anni addietro, o almeno a quella ne aveva dato il significato, durante una delle tante invasioni, più precisamente sul pianeta N-345: piccolo e lussureggiante di verde, con alieni di bassa statura e dalle orecchie a punta, eccellevano nelle arti magiche e possedevano vaste conoscenze nell'ambito scientifico, all'epoca uno dei gioielli del grande impero di Freezer. Ricordava, sfocatamente, per quanto quello stralcio di qualche secondo gli affiorasse costantemente prima di poter chiudere gli occhi e posare il capo sul cuscino.

Aveva appena nove anni e tra l’erba alta stava inseguendo due degli alieni scampati alla distruzione del loro vilaggio, avrebbe potuto ucciderli all'istante con un ki-blast ma la voglia di divertirsi, un gioco ai suoi occhi, e di poterli acciuffare e stritolare tra le mani superava di gran lunga quel semplice metodo. Alla fine ci era riuscito, tiradoli per i lunghi capelli bianchi e facendoli cadere tra la folta vegetazione; quella che pareva la femmina si stringeva contro il petto del maschio nascondendo il viso colmo di lacrime nell'incavo del suo collo. Ella continuava a singhiozzare e a emettere lamenti che iniziarono ad infastidirlo, non ci volle molto per lanciare un fascio di luce dalla mano destra e placare i suoi versi lancinati. La morte non valeva che il breve istante di una vita spezzata prima del corso naturale delle cose ed erano stati educati al non dare a questa nessun pensiero in merito. Il liquido bluastro aveva macchiato i crini candidi dell'altro che dopo un gemito di disperazione si era abbandonato a cullare il corpo senza vita dell'aliena borbottando sempre la stessa parola, 'Lieste', con un'incrinazione più bassa di attimo in attimo, come chi ha urlato così tanto da perdere la voce ma ha ancora il bisogno di parlare. Gli rivolse uno sguardo, implorando di ucciderlo per dar sollievo al suo dolore e non se lo fece ripetere due volte. Le iridi indaco di quell'essere lo avevano scosso, tanto dal chiedersi il perché egli avesse voluto essere ucciso allo stesso modo. All'inizio si convinse che fosse perché presto gli sarebbe toccata la stessa sorte ma col tempo osservando la stessa scena in contesti e situazioni diverse capì che si trattasse di tutt'altro, di un sentimento forte tanto da spingere a mettere la parola fine per poter rimanere legata ad una determinata persona in un altro mondo, che c’è un 'qualcosa' di indissolubile che porta perfino a voler la morte per se stessi. Non aveva mai visto tra la sua gente quel tipo di rapporto, basato unicamente sull'attrazione, il sesso ed infine la progenie che dava il concetto di unione. Lo aveva poi notato nei terrestri, così sentimentali e attaccati a valori che per lui risultavano superficiali; famiglia, amizia, amore. Non avevano significato nella sua mente. Davanti a lui adesso aveva uno di quei valori, una complicità forte e palpabile nei gesti delle due che si stringevano la mano anche durante il sonno, in cerca di appoggio e sicurezza che potevano trovare solo in quel modo. La riccia aveva attirato la sua attenzione fin da subito, riempiendo i suoi vuoti di memoria con il volto sempre corrugato in un espressione rabbiosa che minuto dopo minuto aveva iniziato ad apprezzare, piacevole nell'insieme della sua bellezza, diversa dalle copie di mille rassunti che aveva sfogliato nel tempo, parole al vento che lei semplicemente evitava con i suoi modi bizzarri. 

Forse ora intuiva cosa 'Lieste' significasse.

La fiamma della curiosità l'aveva portato ad avvicinarsi per osservarla da vicino; dormiva profondamente con un ricciolo ribelle posato sul naso all’insù. Le labbra di pesca socchiuse da cui passava un filo d'aria. Stava per accarezzare con le dita quell'ammasso dai colori caldi e lucenti dei suoi crini, ammaliato a tal punto da ignorare il trambusto circostante, un rumore più forte degli altri lo riscosse facendolo scappare via dalla situazione troppo strana in cui era inciampato. Corse fuori dalla stanza seguendo i suoni con l'udito acuto fino ad arrivare nel luogo in cui sua madre era stata rinchiusa.

Rimase immobile nel vedere suo padre e il fratello intenti ad uscire dalla cella, i corpi inermi di due soldati fuori combattimento, dietro di loro le prigioniere ed una terrestre che gli passò accanto ignorandolo. 

'Kakaroth, che diavolo ci fai qui? E voi, padre?' 

Sbottò vedendo il minore avanzare con un espressione furibonda. Sapeva che egli non fosse mai stato d'accordo con il fatto che fosse fuggito dal nido per andare con il nemico, un rancore che entrambi avevano covato per anni nascondendolo con un banale odio ed indifferenza che li avevano separati una volta per tutte. Quando ancora erano bambini ed una volta arrivati sulla terra avevano amato librarsi per aria liberi dalle catene della loro forza, lontano dalle urla di Bardack che pretendeva si allenassero, a fare gara a chi avesse resistito di più con la coda appesi al ramo di un abete. Venne tutto cancellato con un pugno che lo colpì dritto alla tempia procurandogli una ferita. 

'Questo per aver preso nostra madre, idiota!' 

Gli venne urlato, accennò una lieve risata rimpiazzata poi da un piccolo gemito di dolore. Scosse il capo toccandosi l'occhio ricoperto dal suo stesso sangue. 

'Kakaroth, lascialo a tuo padre! Dobbiamo trovare Bulma e le altre.' 

Radish ingoiò il magone, avrebbe dovuto tenere sotto controllo la terrestre ancora nel laboratorio e non poteva affrontare il Saiyan, non con la potenza di cui disponeva in quel momento. L'unica soluzione era avvisare il principe. 

'Sì. Tra noi non è finita qui.'

Lasciò perdere il suo commento e facendo marcia indietro si diresse da Vegeta, superò i due ed una volta arrivato alla camera del principe aprì la porta con un impeto tale da scardinarla. Bulma era lì, corrugò le sopracciglia confuso per poi dichiarare che suo fratello fosse a palazzo. Non aveva intuito che l'avessero seguito e quando fu spinto via per lasciar spazio vide che il soggetto di tutta la loro attenzione fosse entrato nella stanza. 

'Scusate l’interruzione principe ma avremo da discutere, magari fuori da qui, non vorrei distruggere altro.' 

Sghignazzò portando le mani sui fianchi. Dietro di lui Chichi provava a sorpassarlo, aveva scorso i capelli turchesi della sua amica e prima che succedesse il pandemonio aveva il dovere di metterla al sicuro e trovare le altre. 

'Nel mio palazzo, senza il mio consenso, addirittura nella mia camera. Non te l'hanno insegnato il rispetto lurido terza classe?'

Vegeta fece qualche passo calcando sull'aggetivo con cui l'aveva definito, istigandolo alla violenza che avrebbe voluto possedere ed usare in modo maligno rispetto al suo. Bulma a disagio osservava attentamente la situazione, con quello che stava accadendo il principe sarebbe stato distratto ed avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per poter scappare da quella gabbia di matti. Le sarebbe dispiaciuto dover dire addio alle sue attenzioni ma se ciò valeva non dover più sottostare ai suoi obblighi e dover rischiare per ogni parola pronunciata la vita, non ci avrebbe pensato più di due volte. 

'Dannato Saiyan fammi spazio!'

Sgranò gli occhi nel sentire la voce di Chichi, sorpassò Vegeta pronta a buttarsi tra le braccia dell'amica che aveva aspettato per giorni e giorni nella speranza che arrivasse a salvarla, ed ora eccola lì con la sua solita tenacia, tanto da insultare senza timore uno dei guerrieri più temibili. Un coraggio che aveva sempre invidiato e desiderato. Venne tirata indietro dal camice e sbattuta violentemente contro il petto del reale, il quale senza tante cerimonie l'aveva poi riportata dietro di sé. 

'Vi ricordo che avete un compito da svolgere e da qui non uscirete.'

Quando finalmente Kakaroth le lasciò spazio, la tenente poté vedere come stesse Bulma, lasciando tutte le sue preoccupazioni alle spalle e facendo un sospiro di sollievo carico di tutta la tensione accumulata. Non un graffio o una ferita, niente che potesse far pensare ad un rapimento. 

'Lascia perdere le terrestri, non sono qui per loro e non c'entrano nulla con noi. Sii uomo per una volta e affrontami Vegeta, non morivi dalla voglia di combattere?' 

Fece segno con le mani di avanzare verso di lui ed alzando un sopracciglio con un sorriso di sfida che sapeva avrebbe infastidito il nobile. I pregi di Vegeta non avevano la pazienza in lista e il suo comportamento, infantile, si rivelò vano. Si scagliò contro il guerriero pronto a dar via alla lotta; una serie di calci e pugni che furono facilmente parati o evitati con una velocità tale da non poter essere neanche visti, si spinsero fino al muro del corridoio, frantumandolo sotto il peso di Kakaroth che non riuscendo a far perno con gli stivali continuava ad andare in dietro passando di stanza in stanza ed aumentando esponenzialmente la sua aura. 

La rabbia di Vegeta avanzava a dismisura, ai limiti della sopportazione per l'oltraggiosa forza del Ribelle. Doveva essere lui il Super Saiyan della leggenda, lui che con la sua dinastia aveva governato e conquistato ovunque ci fosse vita, eppure, il biondo che doveva folgorare i suoi crini e circordarlo di una fiamma d'orata si stava manifestando nel suo nemico. Così preso dai suoi pensieri dal non accorgersi di essere sollevato in aria, fuori dal palazzo, al cielo diurno. 

'Dannato! Non ne sei degno!' 

Ringhiò indietreggiando. Prese fiato cercando di non badare ai suoi istinti e di essere oggettivo, per poter calcolare le prossime mosse dell'aversario e poterlo colpire. 

'L'astio è un grave peccato, non sapevi?' 

_________________________

Ormai all'esterno del palazzo Bardack era seguito dalle prigioniere, il costante presentimento e l'intensa aura da lui percepita iniziarono a procurargli un'emicrania. Le iridi scure osservavano tutto ciò che aveva intorno maniacalmente rendendolo nervoso.

Gine aveva intuito cosa stesse accadendo, solo in un'occasione aveva potuto ammirare sul volto del suo amato l'espressione pensierosa e rigida che conduceva ad un nome preciso: Freezer. Le risultava impossibile concepire il ritorno del dittatore ma in lui credeva, si fidava e si era fidata anche quando aveva raccontato il piano del demone del freddo nel voler distruggere Vegeta-Sei al deceduto Re, il quale lo aveva rinnegato come un pazzo per poi ricredersi solo all'ultimo. L'uomo stringeva i pugni con forza, quella che sembrava un’illusione si stava rivelando peggio della realtà, era su quel pianeta, senza dubbio nello stesso paese e nella stessa regione. Lì intorno, nascosto chissà dove.

'So cosa ti tormenta, pensi a lui. ' 

La voce della mora gli fece incurvare le labbra in una smorfia, passò una mano tra la bandana e i folti capelli cacciando da questi una sigaretta che portò velocemente alla bocca mordicchiando il filtro con un canino. 

'Mh… devo parlarne con Zerves. Potrebbe essermi utile.' 

Nonostante fossero passati anni non aveva perso i contatti con Zerves, aveva combattutto con lui su tutti i suoli esistenti accompagnandolo anche durante la gloriosa rivoluzione. Tutt'altro si poteva dire per Nyos a cui spesso rivolgeva qualche pensiero durante la notte, sua figlia era sparita nel nulla, lui e la moglie uccisi, i suoi propositi di vendetta vanificati. La divisione creata non aveva portato diritti bensì soltanto un'accentuata differenza tra le classi. Gli sarebbe stato utile in quel momento, le sue imbattibili strategie e la realisticità con cui riusciva a vedere le cose lo avevano salvato più di una volta, tutta colpa della sua impulsività.

'Bardack l’ultima volta hai…' 

La donna volse il capo di lato stringendo con forza la coda morbida intorno alla vita, intimorita dal ricordo della battaglia contro Freezer. Perderlo non era nei suoi propositi, senza di lui avrebbe potuto vivere ma che senso avrebbe mai avuto farlo? Non aveva nessun vantaggio e quel Saiyan dalla corazza dura e dall'aria rozza e schiva era riuscito a tirarla fuori dall'abisso di nullità che l'aveva inghiottita. 

'Donna di poca fede. Ti porterò la sua testa mozzata se non ci credi.'


  
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