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Autore: Ella1412    21/11/2018    0 recensioni
Entrambi provavano rancore nei confronti dell'altro. L'una perché il ragazzo che amava l'aveva costretta a svelarsi, l'altro perché non si aspettava di certo una ragazza come Marinette dietro la maschera a pois.
***Hope you like it!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Hai fatto la tua parte di ricerca?»
Anche il timbro della voce era uguale. Leggermente acuta e il biondo poteva sentire note di acidità in quella corta frase.
Era lapalissiano che entrambi soffrivano a stare insieme.
La sua cotta per il gattaccio era passata, anche se dolorosamente. Non era più impacciata quando gli era vicino, era anzi ancora più sicura di sé. Le sue balbuzie erano ormai un ricordo.
Il modello annuì con la testa, non degnandola di uno sguardo ma passandolo sulla camera che lo ospitava.
Oltre i piccoli cambiamenti riguardo le foto e lo sfondo del monitor non era cambiato nulla, eppure non sembrava così gioiosa e piena di vita come poteva sembrare un mese prima.
La vide sedersi alla scrivania e aprire il motore di ricerca per completare la ricerca con delle immagini da mettere nelle slide da presentare.
Il volto era impassibile, concentrato sulla scelta delle immagini. Tikki, la sua kwami, era poggiata sulla sua testa, assistendo la sua protetta nella scelta.
 
La sua postura era rigida, a dimostrazione del suo disagio ad averlo a meno di un metro di distanza. Il modello roteò gli occhi spazientito e, con una calma snervante, le si mise al fianco per guardare meglio il monitor. Plagg, il suo kwami, gli si poggiò sulla spalla per incantarsi a vedere le foto scorrere.
La postura dell’eroina era ancora più rigida e la mascella ancora più serrata dal fastidio. Quindi si alzò e si avvicinò alla botola per raggiungere il piano di sotto. Diretta alla cucina dell’appartamento, non invitò il modello a seguirla ma lui, esortato anche dal suo kwami, lo fece e la raggiunse nella stanza.
La vide preparare un piatto di biscotti per Tikki che già si leccava le labbra, accanto ad essi mise del pane aromatizzato al formaggio per il suo spirito della sfortuna che quasi si fiondò sul piatto per assaggiarne un po’. La ragazza se ne accorse e accennò una risata al comportamento del kwami nero. Aveva notato come fremeva ad avvicinarsi alla sua piccola amica rossa ma lei lo immobilizzava con un solo sguardo per rispettare le decisioni della sua protetta ma sapeva per certo che teneva anche al bene del biondino.
Biondino che stava poggiato allo stipite della porta ad una distanza di sicurezza. Era meglio così, no?  Però non le scollava lo sguardo di dosso, questo era davvero fastidioso. Una volta finito di preparare il piatto per i kwami si voltò per fissarlo negli occhi. Non avrebbe avuto la reazione degli anni passati, non questa volta, non dopo quello che era successo tra di loro.
 
Adrian aprì la bocca per parlare, lo sguardo cattivo,  arrabbiato, deluso. I suoi occhi parlavano a chi sapeva capirli e lui non lo nascondeva. Forse nemmeno se ne rendeva conto. Chiuse la bocca prima di scuotere la testa e abbassare le palpebre su quegli occhi verdi. Si passò le dita tra i capelli biondo chiaro per poi fissare lo stipite della porta con una mano sul collo. La bocca impegnata in uno sbuffo e il corpo quasi totalmente poggiato al muro.
Sembrava ad uno dei suoi soliti photoshoot se non fosse stato nella casa sopra la pasticceria di famiglia.
Nonostante il brutto rapporto che scorresse tra i due lui rimaneva sempre affascinante e lei mostrava molto più spesso il suo essere Ladybug anche senza maschera.
 
Lui non le aveva creduto quando, un giorno, atterrò nella sua camera nelle vesti di Ladybug. Aveva una faccia scura ed era pronta a rivelargli ciò che lo avrebbe distrutto dall’interno.
«So chi è Papillon.»
La sua voce, come un filo di vento, era carica di ansia nascosta e lo sguardo tenuto fermo negli occhi dell’eroe celavano il timore della sua reazione.
Adrian tenne lo sguardo fisso in quello azzurro di lei e aspettava il continuo della frase.
Sbarrò gli occhi a sentire quel nome.
Non poteva essere. Aveva sicuramente sentito male. Non poteva lui essere Papillon.
Il biondo negò con la testa, fissando il pavimento ai piedi della sua scrivania alla quale era seduto.
«Avrai preso un abbaglio, Ladybug.»
Il suo tono tagliente la ferì.
«Purtroppo no.» ribadì lei con una voce leggermente più incrinata.
Senza accorgersene, delle lacrime scivolarono sui volti di entrambi. Uno per la realizzazione, l’altra per l’ansia. Adrian cadde con le ginocchia a terra e l’eroina gli fu subito vicino. Era vero che il loro rapporto si era deteriorato ma era anche vero che quella notizia avrebbe scosso chiunque, persino lei. In più, un ragazzo con il passato del biondo, con il padre come unico familiare, non poteva di certo reggere tale notizia…
 
Da quel giorno ne fece molti di assenza e lei lo controllava a distanza, anche per evitare che non usasse il suo potere nel modo più sbagliato che potesse.
Lo tenne sotto controllo anche durante le ore scolastiche, facendo in modo che rimanesse sempre nel suo campo visivo. In più confidava in Plagg.
 
«Potremmo capire cosa lo ha spinto a comportarsi così…» azzardò Marinette.
Dopo il primo progetto insieme, gliene fu assegnato un altro e loro si ritrovarono a casa della mora per lavorarci su. La ragazza approfittava di questi momenti per parlare e decidere come muoversi, creare una strategia.
«In più dovremmo scoprire qual è il suo covo, trovare il suo miraculous, trovare il suo punto debole…» continuò ad insistere lei.
Il modello serrò la mascella, chiuse gli occhi ed inspirò. Aveva capito che la priorità della ragazza era il bene di Parigi ma stavano parlando di suo padre.
Padre che faceva di tutto per escluderlo dal mondo…
«Non so niente. Non ho un bel rapporto con mio padre e tu questo lo sai.» il tono della sua voce era cupo, freddo. La fulminò con lo sguardo, rea di avergli ricordato quel fatto che lui tanto cercava di cancellare.
Marinette si intimorì leggermente a quella reazione ma si riprese subito. Si alzò dalla sedia sulla quale era seduta e gli allacciò le braccia attorno alle spalle. Lo strinse a sé, cercando di trasmettergli tutto il dolore che anche lei sentiva vivo nel petto.
Il modello iniziò a singhiozzare silenziosamente, aggrappandosi alle braccia della sua lady.
«Scusami, Adrian…» sussurrò lei sul suo collo candido.
Delle lacrime uscirono dagli smeraldi chiusi.
Marinette lo strinse ancor più forte a sé, iniziando a tremare per trattenere i singhiozzi.
 
«Scusami per non averti accettato come Ladybug e per averti costretto a rivelarmi la tua identità.» sussurrò lui, stringendo più forte a sé le braccia dell’amica.
Lei annuì, perdonandolo.
Avrebbe potuto non farlo, dopotutto, ma lei non poteva resistere ancora senza di lui. Era stato un periodo da dimenticare, quello, dove entrambi hanno sofferto molto. Gli depositò un bacio leggero sul collo, dove prima gli aveva sussurrato di scusarla.
Adrian si irrigidì leggermente sul posto.
«Chaton?» chiese sorridente.
Lui si girò, imbarazzato, con il labbro inferiore tra i denti. Marinette se lo immaginò con le orecchie mezze abbassate e questo bastò a farla ridere di gusto. Lasciò le spalle del modello e si strinse la pancia, per poi coprirsi la bocca dalle troppe risate.
Adrian la fulminò con lo sguardo, ancor più imbarazzato.
 
 
 
«Insomma?»
Era Alya a pretendere spiegazioni. Dopo un mese dove i due non si parlavano se non per i progetti, ora erano pappa e ciccia.
«Cosa?» chiese Adrian, comodamente steso con la testa poggiata sulle gambe della sua Lady.
Alya li indicò con l’indice destro, la faccia a dimostrare tutta la sua sete di sapere.
I due si guardarono e poi risero insieme.
 
I due supereroi, dopo quella sera a casa di Marinette, parlarono molto e si chiarirono, cercando di spiegarsi

  
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