Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Hermes    23/11/2018    1 recensioni
Diciassette anni di giorni da spiegare e mettere a fuoco.
Un’autopsia al tempo fra la nebbia di San Francisco e la polvere del deserto, per arrivare nel presente che potrebbe essere solo una possibilità nel futuro.
Il mondo è costruito sulle nostre scelte.
[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I shared my body and my mind with you,
That's all over now.
Did what I had to do,
'Cause it's so far past me now.
Lana del Rey ~ Cruel world

Sono passati cinque giorni dal mio arrivo e la convivenza forzata con Michelle si sta rivelando decisamente tesa.
Forzata…Linds avresti potuto cercarti una camera d’albergo!
Michelle non riesce a stare ferma un momento, presa da un’energia nervosa mentre controllo – per un suo scrupolo – i movimenti registrati sui nostri conti bancari in cerca di qualche informazione utile.
Ovviamente Kurt non è così stupido.
“Allora?” mi assilla ma belle, sedutasi al mio fianco ed osservando la schermata del notebook poggiato sulle mie ginocchia, devo fare uno sforzo cosciente per frenare i tremori alle mani…stanno aumentando progressivamente da quando sono tornato.
“Allora niente.” replico monotono, indicando un’operazione “Ha ritirato al bancomat seicento dollari in una filiale di Las Vegas, da quel momento in poi la carta non è più stata usata.”
“Non è una grossa cifra…dici che possono essere serviti per un biglietto aereo?”
“Anche più di uno.” ecco, non avrei dovuto dirlo, mannaggia!
“Cioè?” ha corrugato la fronte.
“Ha lasciato i vestiti che aveva nel villino, di certo non si è portato dietro il passaporto in autobus per passare il confine fra California e Nevada. Mi hai detto che mancano alcune cose dal suo armadio e non hai trovato i suoi documenti…deve essere tornato qui.”
“Questo significa che è venuto a casa quando sapeva che ero fuori.” si è allontanata un poco, la voce che si sfuma ferita. Not a good move, Kurt.
“Non ho modo di tracciare dei contanti. Possiamo solamente aspettare un nuovo prelievo e partire da lì.” offro, spegnendo.
Michelle non mi risponde, improvvisamente indifferente.
“O posso chiamare Raph.” continuo, non volevo arrivare a questo “Se Kurt si è agganciato ad una banda wi-fi avresti buone probabilità di trovarlo nel giro di cinque o sei ore, conosco il suo identificativo, ho dovuto resettare la criptazione del villino alla base all’inizio di Luglio.”
Dalle mie parole segue un silenzio meditativo che mi fa pensare al peggio.
“No, Linds.”
Sospiro di sollievo e lascio il pc sul tavolino posandoci i piedi sopra, accomodandomi sui cuscini del divano di pelle.
Sono già quasi pronto per un pisolino ristoratore quando la voce di Michelle mi riporta alla realtà “Come mai non ti hanno ancora telefonato dal Lambda Dep?”
“Mi sono preso le ferie.” Michelle ha un’espressione scioccata e continuo con le dita rigide a graffetta “Delle ferie che valgono diciassette anni di straordinari.”
“Non sei completamente sano di mente, Linds.”
“Mai stato in effetti.” annuisco con espressione stupida, sperando di alzare l’atmosfera della stanza ma recupero solo uno sbuffo “Se Kurt torna a casa come un bravo bambino in tempo utile pensavo di scappare alle Bahamas…”
Michelle non mi sta già più ascoltando ed annuisce distratta, ricomponendo il numero di nostro figlio e telefonando per l’ennesima volta della giornata.
La osservo con disincanto quando rimette giù lo smartphone e scrolla il capo, prima di tornare ai fornelli per la cena.
Claudia aveva ragione…

“Descrivimi la Michelle che conosci dalla Michelle che hai idolizzato.”
“È la prima volta che non capisco una domanda.”
“Parlami di lei senza ingigantire le sue qualità.”
“…” l’uomo biondo aveva abbassato gli occhi, muovendo la caramella al limone da una parte all’altra della bocca mentre rifletteva “Stacanovista, realista, un po’ troppo protettiva.”
“Ora la Michelle che fa parte del tuo inconscio.”
“No…non voglio parlare di ma belle, Claudia.”

Quel giorno mi ero rifiutato di seguirla su quella linea di pensiero, ma più stavo di nuovo a contatto con Michelle e più capivo cosa Claudia aveva cercato di suggerirmi.
Michelle era umana.
Non c’erano piedistalli sotto i suoi piedi o aureole di santità intorno al suo capo corvino.
Non c’era motivo per averla lasciata a se stessa e tenuta all’oscuro.
Mi stropiccio gli occhi, alzandomi dal divano.
“Vero che c’è tempo prima di cena?”
“Direi una mezz’oretta, perché?”
“Doccia e telefonata…e meglio che non lasci a brancolare nel buio la mia equipe troppo a lungo, questo silenzio inizia a darmi sui nervi.”
I knew it…” Michelle aveva sorriso appena.
L’avevo osservata ancora un momento prima di voltarmi e raggiungere la scala a chiocciola.

Camminava nervoso avanti ed indietro come un animale in gabbia, le braccia rigide.
Claudia gli aveva appena esposto la possibilità di mettere al corrente Michelle dell’accaduto e della riabilitazione.
“Non c’è bisogno.”
“Penso invece che il suo supporto potrebbe essere molto utile ora che hai riacquistato la mobilità.”
“NO!”
“Non c’è bisogno di urlare, Mister Lagden. La sento benissimo.”
Si era fermato, l’aveva squadrata e quindi si era seduto, le mani sulle ginocchia “Non le do il permesso di violare il suo segreto professionale con Michelle Hervas nemmeno in un caso disperato. Comprende cosa intendo, Creane?”
“Mi atterrò alle sue disposizioni in merito, Mister Lagden.”
“Bene.”
“Tornando alla nostra sessione: la Dottoressa Hervas è una figura ricorrente ma vorrei che mi spiegasse meglio il perché cerca di tenerla così lontano da sé.”
“La verità è che non vede l’ora di ficcanasare nella mia vita privata.”
“Sono pagata per aiutare gli altri.”
“Non mi sento ‘aiutato’ in questo momento.”
“Forse perché cerca in tutti i modi di ostacolare il processo.”
L’uomo biondo roteò gli occhi, esasperato.
“Va bene, diciamo che mi ha convinto. Da dove dovrei iniziare?”
“Da qualsiasi punto si sente confortevole.”
“...”
“...”
“Avevo...avevo promesso a Michelle che non avrei più giocato al piccolo chimico.”
“Era una promessa che intendeva mantenere?”
“Sì.”

~

Oh, my God, I feel it in the air
Telephone wires above are sizzling like a snare
[...]
Nothing scares me anymore
Lana del Rey ~ Summertime sadness

Faceva un caldo tremendo.
Definizione di tremendo? Umidità perenne e zanzare, cavoli!
Aveva già appioppiato due sberle ad un paio di zanzarini nel booth del telefono pubblico.
Lizard senti…non che non sia interessato alle conquiste del mio best buddy eh…i dettagli della pomiciata con Jeffy tienteli per te, per piacere.
Quindi aveva staccato la cornetta dall’orecchio prima che la ragazza potesse trapanargli il timpano, Nigel aveva fischiato alla tirata spostandosi da un piede all’altro mentre attendeva sotto alla luce del lampione.
Aveva atteso un paio di secondi prima di interromperla.
“Voglio solo sapere se è successo qualcosa.”
“No, Kurt. Calma piatta, cosa pensavi che accadesse? Perché non chiudi questo casino con tuo padre di tua iniziativa?!”
L’adolescente rimase in silenzio, senza rispondere.
“Scusa…non intendevo…mi dispiace, K!”
“Non fa niente, Liz. Ci ribecchiamo poi.” Aveva agganciato la cornetta di plastica, recuperando i pochi cents e ficcandoseli in tasca quindi riprese la birretta che Nigel gli porgeva, i ragazzi camminavano verso le luci del campus.
~
No, non voleva ammetterlo.
Elizabeth Cone stava pestando i piedi come una mocciosa d’asilo nella cucina ultra accessoriata e mai usata di sua madre.
Quel…quel…!!!...Lagden!
Non le aveva telefonato per rassicurarla, no.
L’aveva sentita solo per sapere le ultime notizie tipo gazzettino di San Francisco!
Aveva sbattuto la porta del frigo, stappando la lattina d’aranciata e saltando sull’isola.
Una brutta smorfia sul suo visino d’angelo biondo.

Non era passata nemmeno una settimana dalla festa nel quale Kurt l’aveva salvata da una molestia.
Perché non si poteva definirla in maniera differente.
Importava avere l’ultimo paio di sandali D&G e magari lasciarsi infinocchiare da un piccolo produttore televisivo come una delle vice cheerleader degli anni precedenti solo perché si doveva ‘sfondare’?
Finire in una camera in affitto a vivere di particine al limite del softcore, party orgia e droghe pesanti per combattere la depressione?
No, i suoi occhi si erano aperti, mettendo in prospettiva la vita che stava vivendo con quella che alla fine sarebbe contata sul serio.
Era pomeriggio ed l’aria si era fatta ambrata, colorata dal tramonto.
Elizabeth lo stava aspettando, appoggiata alla rete di protezione del campo sportivo scolastico in attesa che la squadra di atletica tornasse dagli spogliatoi.
Il più dei ragazzi la guardavano stupiti, la conoscevano di vista ma lei non attaccò parola con nessuno di loro, in attesa.
La testa nera e bagnata di Kurt spuntò nell’ultimo gruppetto e Lizzie riusciva a sentire il brusio della loro conversazione e qualche risata.
“Ancora qui? Hai intenzione di diventare la mia ombra?” commentò Kurt, un po’ seccato.
“Anche se fosse?”
“Mi pareva di essere stato chiaro: non voglio i tuoi ringraziamenti. In nessuna salsa.”
“Potresti essere un po’ più carino!”
“Per gonfiare maggiormente il tuo ego? No, grazie.” l’aveva detto squadrandola con una smorfia antipatica.
“Te l’ha mai detto nessuno che sei un bastardo?”
“Novità dell’anno.” Kurt aveva spostato lo sguardo, già pronto ad andarsene per la sua strada.
“Chi vedevi mentre mandavi Craig K.O.?”
Si era fermato e l’aveva guardata forse per la prima volta.
Il suo scrutinio era durato almeno un minuto.
“Se anche te lo dicessi, non cambierebbe niente.” aveva ricominciato a camminare, lasciandola presto indietro.
[…]
L’aveva esasperato fino all’inverosimile quel pomeriggio, ed non aveva mollato.
Alla fine Kurt aveva ceduto più per fame che per altro.
Elizabeth era riuscita a trascinarlo in un locale con la promessa di offrirgli qualcosa da mangiare,quindi si erano seduti ad un tavolo davanti ad un milk-shake, patatine vertigo alla paprika e megaburger.
“Lo sai che parecchie ragazze ti credono gay?”
“Sono molto etero. Parola chiave: molto.”
“Non sembra, non ci degni nemmeno!”
“Potrei avere altre priorità oltre quel chiodo fisso.”
“Almeno ammetti che ne hai voglia!”
Il ragazzo sorrise, dissoluto, con un occhiolino.
Il primo sguardo non ostile che le avesse mai rivolto.

~ Washington D.C.
“Sì, capisco, certo.”
Lungo il piano un solo ufficio era ancora occupato, la luce gialla che filtrava nel corridoio sterminato attraverso il vetro della porta.
“No, il senatore non ha alcuna intenzione di tenere una lezione collettiva.”
L’uomo alla scrivania osservò il proprio orologio da polso, rassegnato.
“Se vuole dare una risposta negativa al senatore, Agente Rosen, lo farà di sua iniziativa.”
“Andiamo, May! Come spiego-”
“Non posso aiutarti, Julian. Mi dispiace.”
Aveva premuto il pulsante quindi aveva posato la cornetta sulla scrivania, stropicciandosi gli occhi.
Già la sentiva sua moglie lamentarsi…un’altra serata a fare gli straordinari, cena gelata e litigio ad un passo.
Sbadigliò e si alzò, agganciando la giacca.
Lo pagavano troppo poco per la merda che era costretto a spalare quotidianamente a causa di Wieder.

~ San Francisco
Avevo cercato di trattenermi ma alla fine ho ceduto, almeno in parte.
Linds aveva scosso la testa deluso, quindi si era accoccolato a guardare la tv.
Ero al telefono, collegata a Santa Barbara con casa Fremount.
Raph ha passato gli ultimi dieci minuti a raccontarmi per filo e per segno le meraviglie e le prime frasi che Juliet – l’ultima arrivata – aveva iniziato a ciangottare ora che aveva quasi tre anni.
“Ma scherzi, Raph…certo che vengo a trovarvi questa estate!” esclamai con un minimo di voglia.
“Tra l’altro Ed mi ha accennato che Kurt stava lavorando a quel progettino in basic…sai quello per velocizzare Pong, avrei proprio voglia di darci un’occhiata.”
Mi ero morsa un labbro.
Forte.
Kurt…Kurt…
“Michelle? Pronto?”
“Raph, senti…” mi umettai le labbra, la bocca asciutta “Non è che per caso…Edward non sa mica quale sarebbero stati i programmi di Kurt quest’estate?”
“No, il ragazzo torna nel weekend per un paio di giorni di sole ma…aspetta un momento, Michelle cosa è successo?!”
“Non…non ne sono molto sicura.” mentii dubbiosa, lanciando un’occhiata alla zona salotto dove l’alone bluastro dello schermo tv profilava il divano “Kurt è andato fino a Rachel poi…beh, non risponde al telefono ecco.”
“Non ne sei sicura.”
Il San Bernardo non ha manco fiutato la foglia e andato dritto per il calcagno…ahi!
“Se è opera di Linds, lo sfondo.”
“Raph…”
“Aspetta un momentino che vado a mandare in black out il Lambda Dep giusto il tempo per far partire un deep wipe irreversibile sui loro server…”
“Raphael Fremount!” esclamo autoritaria “La colpa sta nel mezzo!”
“Ma-”
“Desidero solo sapere se sai qualcosa dei suoi programmi, non voglio il panico assoluto in un dipartimento governativo o informazioni dettagliate sugli ultimi movimenti di mio figlio!”
“Potrei programmare un piccolo tracker…” tentò comunque.
“Ti ho detto di no, Raph.”
“L’ultima volta che ho sentito Kurt è stato via mail alcuni mesi fa per una struttura di comandi che non riusciva a far funzionare a dovere. Era totalmente alla canna del gas.”
“Oh…okay.” sentivo le spalle più pesanti, una scintilla di speranza che si spegneva.
“Dov’è Linds, Michelle?” la domanda mi aveva fatto tornare al presente.
“È qui da qualche giorno. Vuoi…?”
“Avrei davvero un paio di paroline da dirgli ma non ho voglia di sprecare il mio tempo. Senti appena ne ho l’occasione provo a scoprire se Eddie ne sa qualcosa in più…abbi fede in Kurt, okay?”
“Lo dice anche Linds, a suo modo.”
Un brontolio rimbombò nel ricevitore e sorrisi, quindi parlammo ancora un po’ e chiusi la chiamata.
Spensi le luci dell’isola e scoprii che Linds si era addormentato davanti a Big Bang Theory, bello comodo sulla penisola del divano.
Gli occhiali gli erano finiti di traverso, l’immagine della tv che si rifletteva sulle lenti.
Afferro le asticelle con delicatezza e gli sfilo la montatura prima di posarli sul tavolino lì a fianco ed abbassare il volume.
Quindi mi siedo anch’io, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarmi.
Logicamente sapevo che Kurt era mio figlio ma anche una entità a se stante.
Che non avrebbe passato tutta la vita attaccato al mio fianco.
Ma la mia testa non era il mio cuore.
Ed ero madre.

"Be it ever so humble, there's no place like home for sending one slowly crackers."
~ Diogenes Small

~

Take a little walk to the edge of town
Go across the tracks
Where the viaduct looms
Like a bird of doom
As it shifts and cracks
Where secrets lie in the border fires,
In the humming wires
Hey man, you know
You're never coming back
Past the square, past the bridge,
Past the mills, past the stacks
On a gathering storm comes
A tall handsome man
In a dusty black coat with
A red right hand
Nick Cave and the Bad Seeds ~ Red right hand

"Revenge is the fire that consumes without compunction or conscience.
Nobody is safe from a man with revenge in his eyes and rage enshrouding his heart."
~ C. Allison

“Non ci sono libri o regole che spieghino in dettaglio come interrogare un mostro, questo è il termine più usato per descrivere uno psicopatico.
Mostro o uomo crudele sono definizioni che non hanno alcun peso in nomenclatura legale o nello studio della sanità mentale.
Molti agenti si credono dei professionisti grazie al loro addestramento e alla estensiva esperienza in interrogatori accumulata durante la loro carriera.
Questo è un errore comune perché nell’interrogare uno psicopatico la dinamica del dialogo può deragliare se non si tiene un fermo controllo della personalità dell’individuo che ci troviamo davanti.
Sono intelligenti e carismatici, capaci di entusiasmare con pochi gesti o parole-”

Un lieve bussare arrestò l’agente uomo nella sua lezione ed i sessanta allievi si voltarono verso la porta dove stava un quarantino con una espressione decisa, in divisa dell’FBI ed i capelli simili ad una spazzola.
“Scusi se l’ho interrotta Agente Gray, può prestarmi Mister Lagden per un po’?”
“Certamente.”
“Grazie.”
Kurt si alzò, chiudendo il suo notebook e slalomando fra i suoi compagni e Nigel, sorpreso.
Questione di un’attimo scendere la scaletta ed uscire dalla porta che l’agente gli teneva aperta.
“Seguimi, ragazzo.”
“Sì, signore.”
Avevano preso a camminare per il corridoio del secondo piano fino all’ascensore.
“È successo qualcosa, signore?”
“…”
Il ragazzo interpretò quel silenzio per un invito a chiudere la bocca mentre i suoi pensieri tornavano indietro, all’ultima volta che aveva visto sua padre od ancora più in la, la mamma.
E se fossero riusciti a trovarmi?
Non era pronto per affrontarli ma se quello era il momento…
Erano usciti dal lift avevano ancora percorso un pezzo di corridoio per fermarsi davanti l’ufficio del rettore della Federal Bureau Academy, Julian Rosen.
Cazzo mi hanno davvero trovato!
L’agente che l’aveva prelevato da lezione bussò alla porta.
“Avanti!” non era un richiesta ma un ordine dato con un tono secco ed autoritario.
La maniglia scese ed l’agente gli fece cenno di entrare da solo.
Kurt rimase fermo dov’era esitante, il mac tiepido che premeva contro le sue costole e la biro appoggiata all’orecchio.
“Muoviti, perdio!”
Era stato spinto oltre la soglia quindi la porta si era richiusa ed era rimasto alcuni secondi a sbattere le palpebre per cercare di mettere a fuoco la stanza in penombra, la luce rossiccia del tramonto che filtrava dalle veneziane dietro alla scrivania vuota.
“Buonasera, Mister Lagden.”
Si era voltato di scatto verso destra dove distingueva una forma massiccia su una delle poltrone dell’angolo informale, dietro di lui un uomo ritto in piedi con le mani dietro la schiena.
Che cosa cavolo…
“Mi scusi se l’ho fatta prelevare da una delle sue materie preferite. La prego Lagden, si sieda. Agente May sia così cortese da portarci uno spuntino.”
“Sì, signore.”
Kurt strinse gli occhi ma obbedì in silenzio mentre venivano lasciati soli nell’ufficio.
Questo di certo non è Rosen, e questa voce l’ho già sentita…
Si era seduto sulla divanetta, pronto a scattare in piedi, il mac posato al suo fianco.
“Non ha nulla da temere, mi creda.”
“Chi è lei?”
“Arthur Wieder.”
Kurt inspirò con un sibilo, nell’oscurità gli occhi dilatati “Il senatore Wieder?”
Una risata breve “Vedo che segue la politica contemporanea, mi fa piacere.”
“È stato uno dei commendati a Sergente Maggiore dell'Arma nella guerra del Vietnam.”
“Esatto, esatto.”
“Ho letto la sua biografia per un progetto scolastico qualche mese fa.”
“Mister Lagden lei mi onora.”
L’uomo chiamato May era tornato con un vassoio di tramezzini, un bicchiere alto ed una caraffa di limonata quindi aveva fatto un saluto ed era di nuovo uscito.
Erano rimasti in silenzio per un momento prima che Wieder prendesse di nuovo la parola.
“Ho letto la essay che ha mandato con l’applicazione, Mister Lagden. Il crimine psicologico. Una lettura davvero illuminante.”
“Difficilmente credo di aver scritto un capolavoro, senatore.”
Più che vederlo Kurt intuì che le labbra dell’anziano uomo si erano piegate in un sorriso.
“Vuole sapere perché l’ho voluta incontrare, Mister Lagden?”
“…”
“Voglio essere franco con lei. Ho avuto l’opportunità di lavorare con suo padre in passato per una questione di sicurezza nazionale.”
Cristo papà…riesci ad infilarti dappertutto come un prataiolo!
“Dalla sua espressione vedo che l’argomento non è di suo gradimento, Kurt. Posso chiamarla Kurt, vero?”
Annuì distrattamente, non notando l’espressione di trionfo del vecchio subito nascosta dietro una gentilezza informale.
“Il Dottor Lagden all’epoca ha svolto il compito che gli era stato dato a suo modo. Non posso dire che mi abbia impressionato favorevolmente. Strano, vero? Immagino che lei sia abituato solo a sentire plauso su suo padre.”
A quel punto l’attenzione di Kurt era rimasta totalmente assorbita dal senatore che accavallò le gambe.
“Sa che per accedere al programma FAIT viene fatto un controllo di routine sulla situazione famigliare del richiedente?”
“E con questo?”
“Lei è uno studente provetto, non mi sarei mai aspettato il contrario. Ma ho notato un dettaglio nel suo file che mi ha lasciato incredulo.” Il senatore aveva preso una piccola cartellina dal tavolino “Proprio qui…nella voce ‘relazioni di famiglia’…vedo che ha compilato i campi per sua madre ma non per suo padre.”
“Non vedo cosa l’abbia potuta sorprendere.” non era riuscito a fermare quelle parole dal fuoriuscire.
Questa volta non gli sfuggì il sorriso, la scintilla negli occhi grigi dell’uomo.
“Sì, all’inizio mi ha sorpreso. Poi, quando ho riportato alla mente la persona in questione, no.”
Kurt distolse nervoso lo sguardo, lanciando un’occhiata all’ambiente in penombra.
“Mi tolga una curiosità Kurt, come ci si sente ad essere figlio di un genio mondiale?”
“…”
“Immagino che una buona parte dei suoi conoscenti sia convinta di trovarsi davanti ad una copia di Linds Lagden e non si fermi a cercare la differenza.”
“…”
Vedo la differenza, Kurt. Sono vecchio ma comprendo il suo desiderio di mettere più distanza possibile fra lei e suo padre.”
“Senatore-”
“Non neghi l’evidenza, Kurt. Solo una persona totalmente opposta al Dottor Lagden avrebbe potuto scrivere una essay di quel calibro. Un individuo ambiguo come Linds Lagden è troppo abituato a vivere in mezzo le penombre per avere un’opinione così chiara e definitiva.”
Il ragazzo avrebbe voluto dire qualcosa ma Wieder aveva colto la situazione meglio di chiunque altro.
Una strano senso di sollievo nell’essere capito che gli faceva morire sul nascere ogni tentativo seppur debole di proteggere suo padre. Perché proteggerlo quando non ha mai fatto nulla per me?! Al diavolo!
“Sbaglio a credere che la sua presenza nel FAIT Program è stata una decisione totalmente personale e che la Dottoressa Hervas non ne è conoscenza?”
“No.”
“Apprezzo la sua intraprendenza nel pensare al proprio futuro fin da ora. Ci vorrebbero più giovani come lei, Kurt.” Le mani tozze del senatore sfogliavano lentamente la cartellina “Vedo che ha già mandato applicazioni in una serie di Università tra le quali Harvard, Stanford, Yale, e la University of Virginia che ha una delle migliori facoltà di psicanalismo e psicologia…”
“Esatto, mi piace avere possibilità di scelta.”
“Pensa che dopo la Laurea sarebbe disposto a diventare un agente dell’FBI?” occhi grigi duri capaci di incollare la lingua di Kurt al palato, il viso del senatore si trasformò appena dopo diventando più gentile “La prego di non sentirsi forzato a darmi una risposta definitiva ma sono sempre stato un buon giudice di carattere e – la prego di perdonarmi questa confidenza – la vedo già in divisa, Kurt.”
“…” il ragazzo rimase muto ed immobile ed il vecchio sogghignò in silenzio.
“Capisco la sua titubanza, non mi dia una risposta. Ci pensi.” gli occhi grigi brillarono verso le finestre dove la luce rossastra andava scurendosi in una sfumatura magenta “Temo che le lezioni siano terminate, Mister Lagden. Mi dispiace di averla trattenuta a priori. Le auguro un buon proseguimento e spero di rivederla tra qualche anno.”
“Grazie Senatore.”
“Si avvii alla mensa e sia così cortese da non divulgare questo incontro informale con i suoi compagni di corso. Il mio è stato solo un invito a proseguire questa strada, non una raccomandazione. So perfettamente che lei non si abbasserebbe a tanto.” Non come tuo padre.
Il pensiero rimase in sospeso nell’ombra, facendo indurire gli occhi scuri del giovane prima che annuisse ed uscisse fuori dall’ufficio.
Nelle ombre della sera il volto sorridente e bonario di Arthur Wieder si trasformò in una smorfia crudele e deforme.
~
Mentre ritornava di sotto gli sembrava di star camminando su un materasso.
La testa che girava a mille miglia al secondo, le luci dei neon che sfarfallavano nella sua retina dandogli un lieve fastidio.
FBI. Agente.
Era così chiuso nei suoi pensieri che non si rese nemmeno conto di aver passato le porte della mensa e di aver afferrato meccanicamente un vassoio.
Aveva appena finito di servirsi quando un richiamo lo distolse dalle parole di Wieder.
“Terra chiama K! L’abbiamo perso! Ehi!” Nigel gli indicava la sedia vuota accanto a lui, gli occupanti del tavolo che lo fissavano con curiosità.
“Arrivo, Nigel.” si era seduto, non toccando il vassoio, fissando le bollicine che si alzavano nella sua soda.
“Dove cavolo sei stato fino ad ora?”
“…”
“No comment, okay. Potresti almeno smettere con quella espressione?! Mi stai facendo venire ufficialmente la pelle d’oca…”
Kurt dovette sforzarsi di tornare al presente e mettere a fuoco il volto dell’amico “Scusa.”
“Ecco, adesso va meglio. Sembra che ti sia buttato sotto un treno…che ti è successo?”
Kurt rispose solo dopo una pausa “Non ne sono sicuro.”

He'll wrap you in his arms,
Tell you that you've been a good boy
He'll rekindle all the dreams
It took you a lifetime to destroy
He'll reach deep into the hole,
Heal your shrinking soul
But there won't be a single thing
That you can do.
[...]
You're one microscopic cog
In his catastrophic plan
Designed and directed by his red right hand.
Nick Cave and the Bad Seeds ~ Red right hand

~

“No, Ines. A questo punto sono certo che sia tornato a San Francisco…sa, passo talmente tanto tempo nel laboratorio. Sì, mi dispiace, senora. Venire a trovarla? Sicuro, lo terrò a mente appena si presenterà l’occasione, grazie. Arrivederci e mi raccomando non si stanchi troppo al corso di ballo con quei giovanotti, eh!”
Ero rimasta in silenzio mentre Linds telefonava a mia madre, strabiliata dalla sua tranquillità.
Non sapevo che si sentissero, non sapevo nemmeno che fossero in così buoni rapporti.
“Beh, Kurt non è stato a Reno, Michelle.” aveva concluso il topo, bloccando il cellulare e infilandolo nella tasca posteriore dei jeans, i suoi occhi neri che mi fissavano in attesa, mani dietro la schiena.
“Da Raphael non è passato.” mi riscossi, disaccavallando le gambe e cercando di spremermi le meningi il più possibile “Non abbiamo trovato prova di altri prelievi…non so più dove cercare.”
“Forse stiamo cercando nei posti sbagliati.”
“Che intendi dire?”
“Sei sicura che Kurt non si sia iscritto a qualche attività scolastica?”
Corrugai la fronte “So che fa parte della squadra d’atletica…”
Un senso di vuoto che mi attanaglia lo stomaco…non conosco mio figlio come penso.
Sono sempre fuori, Kurt ha voti perfetti e non mi hanno mai chiamato…non credo nemmeno di sapere i nomi dei suoi professori a parte quella bisbetica che insegna matematica.
Cattiva madre.
Ingoiare il magone diventa sempre più difficile.
“Il mio consiglio è di fare una visita alla Washington High.” propone Linds con calma metodica.
“Con quale scusa?”
“Nessuna.” occhi neri, innocenti e sorrisetto “Una visita di piacere della serie ‘Sa ci tengo alla formazione di mio figlio e mi chiedevo se si potessero attuare migliorie ai laboratori scolastici…’, niente di allarmante in fondo.”
“E secondo te funzionerà?”
“Al cento per cento se fiutano soldi e non sono idioti.”
La classica tattica del topo bastardo.
Ci sono atteggiamenti che non muoiono mai a quanto pare.
Non mi piace questa idea ma se riuscissimo ad trovare qualche indizio in più…
“Okay, ma non esagerare.”
“Mi conosci, Michelle. Sono parsimonioso e poco samaritano.”

Avevamo cenato con dell’asporto davanti alla TV.
Devo ammetterlo…sono a disagio.
L’atmosfera è pesante, irrespirabile.
Ci sono momenti che mi chiedo come faccia Linds a stare così calmo.
Non riesco a spiegarmelo.
Sì, okay che fin dall’inizio non è sembrato troppo preoccupato dalla scomparsa di Kurt…
“Linds…”
“Sì?”
“Hai chiesto di me e del mio lavoro ma tu negli ultimi anni cosa hai fatto di bello?”
Ha alzato le soppraciglia, sorpreso.
“Le solite cose.” si è passato una mano fra la sua zazzera bionda, nervosamente “Laboratorio, calcoli…davvero niente di che.”
“Non hai più dato lezioni all’uni?”
“No.”
Ci fissiamo, sto disperatamente cercando qualcosa per continuare la conversazione ma non trovo nulla.
Siamo davvero così diversi?! Se è così come cavolo abbiamo fatto in passato a…a…
“Michelle non sei obbligata a chiacchierare con me se non te la senti.”
“E se ti dicessi che mi farebbe piacere parlare con te?” sbotto punta nel vivo.
Non siamo diversi, mi rifiuto di credere che…Hervas sei una cretina se pensi che questi ultimi dieci anni e la tua isteria non facciano la differenza.
Osservo gli angoli della sua bocca alzarsi in un sorriso nervoso, scuote appena le spalle in silenzio.
“Non sono bravo con le parole.”
“Sei perfettamente acculturato invece, e lo sai benissimo.”
“…”
“Senti Linds…” ho il battito in gola e le mani sudate, non so il perché “Non voglio farmi gli affari tuoi, non pretendo di sapere ogni singola cosa che hai fatto ma…”
La voce mi si smorza in gola al tocco della sua mano che stringe la mia.
“Fai tu le domande e deciderò se risponderti o no. Non saprei proprio da dove incominciare altrimenti.”
Il suo sorriso smagliante, zampe di gallina ai lati degli occhi.
Ho un po’ paura ma nell’abisso prima o poi bisogna buttarsi, dicono.

It is a miserable state of mind to have few things to desire, and many things to fear.
~ Sir Francis Bacon

~~~

Canzoni del capitolo:
- Lana del Rey ~ Cruel World;
- Lana del Rey ~ Summertime Sadness;
- Nick Cave and the Bad Seeds ~ Red Right Hand.

Le note di questo capitolo sono:
- Piccola ed unica nota del capitolo. Come già accennato da qualche parte sia qui che nelle precedenti storie il Senatore Wieder è un personaggio totalmente inventato e tutti i riferimenti a fatti realmente accaduti è puramente casuale. Se lo cercate non lo troverete mai nominato in realtà.

Ed rieccomi!
Sì l'avviso del ritorno è stato postato tanto tempo fa ma la vita riserva sempre delle sorprese!!! <3
Per farmi perdonare posto questo doppio capitolo ed annuncio ufficialmente che sto per finire di scrivere UT.
Yep, posso dire che al punto dove sono arrivata la fine è vicina *parte bgm Morte nera* ho davvero la speranza di concludere la scrittura della prima bozza verso Natale al massimo e poi da lì la strada sarà tutta in discesa, anche per voi lettori che avete avuto la pazienza di santi, tra l'altro si ringrazia come da rito alessandroago_94 per il suo commento. =)
Alla prossima!
Hermes

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Hermes