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Autore: funny1723    23/11/2018    1 recensioni
Dal testo:
"I tuoi occhi faticano ad abituarsi al buio. Dunque è questa la morte? Tenebre infinite e respiro corto?
Niente Odino, niente Freyr, niente valchirie. Solo un’oscurità perenne ed accecante. Nessun suono, nessun colore, nessuna risposta. E tu, solo, in mezzo ad un nulla pastoso ed opprimente."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Athelstan, Ragnar Lothbrok
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La terra promessa
 
 
 
“Where did you go to, if I may ask?”  
“To look ahead,” said he.
“And what brought you back in the nick of time?”
“Looking behind,” said he.
 
 
 

 
I tuoi occhi faticano ad abituarsi al buio. Dunque è questa la morte? Tenebre infinite e respiro corto?
Niente Odino, niente Freyr, niente valchirie. Solo un’oscurità perenne ed accecante. Nessun suono, nessun colore, nessuna risposta. E tu, solo, in mezzo ad un nulla pastoso ed opprimente.
Forse, ti dici, non meriti di più. Non sei stato il guerriero che gli Dei si aspettavano tu fossi, lo sai. Hai cercato di seguirne il volere, rispettarne le regole, amarne i contorni, ma non sei mai riuscito ad essere eternamente fedele. Come avresti potuto? Eri un esploratore, uno jarl, un conquistatore.
Ragnar il contadino vide Odino su un campo di battaglia e ne rimase affascinato, ma Ragnar il re, beh, lui vide un uomo anziano e stanco avvolto in un mantello logoro che lo scrutava da una pozzanghera e si sentì confuso.
Avanzi a passi lenti nel buio, chiedendoti se sei mai stato fedele a qualcosa o a qualcuno nella tua caotica vita. Ma i ricordi sono confusi, vaporosi, lontani.
Rammenti un volto di donna, capelli biondi ed uno scudo alla mano e ancora odore di legno e salsedine tra le dita. Polvere nera sotto agli occhi. Una gabbia. E poi…
Cerchi di sforzarti, ma sembra tutto così finto, impalpabile, puerile. Vorresti abbandonarti al nulla, riposare. Non sei mai stato così stanco.
Stai per chiudere gli occhi, quando potente, dirompente, infinita l’alba esplode davanti a te. Più bella di qualsiasi sogno. Allunghi una mano verso il cielo, sconvolto da una meraviglia impossibile da concepire. È come vedere il sole per la prima volta, un titano di fuoco scarlatto in una distesa più azzurra del ghiaccio.
Cadi in ginocchio, incapace di staccare lo sguardo dall’etereo paesaggio che ti si pone d’innanzi.
La distesa d’erba sembra non finire mai, una valle interminabile dipinta di ogni sfumatura di verde. La rugiada risplende dorata sotto i raggi del primo vero sole della tua vita. Un odore speziato ti inebria, rendendoti più euforico di un boccale di birra; e non puoi proprio fare a meno di chiederti se non sia la terra dei padri quella in cui stai affondando le mani. Il Valhalla. Oppure…
C’era un prete, una volta.
Il ricordo è vago, ma sai che il lasciarlo andare ti strapperebbe il cuore. Stringi i pugni finché le nocche non ti diventano avorio, nello sforzo di riappropriarti di ciò che fu.
 Hai il suo nome proprio sulla punta della lingua, eppure non riesci a sputarlo fuori.
Sei così concentrato, da non accorgerti della figura che con tranquillità incede verso di te, finché ormai non ti è che a pochi passi di distanza.
Athelstan.
 Le lettere ti sfuggono di bocca quasi in automatico.
Athelstan.
Athelstan, Athelstan, Athelstan.
Splendido, puro, confortevole, sapiente Athelstan.
 La tua vita torna a te come un uragano estivo, ogni ricordo è di nuovo al suo posto, ogni volto, ogni nome.
Athelstan.
 Ripeterlo è come tornare a respirare dopo aver trattenuto il fiato sott’acqua per troppo tempo. Quando i polmoni riprendono a gonfiarsi quasi con dolore e l’aria ti gratta la gola. Doloroso, ma bellissimo.
Athelstan ti sorride di rimando, la barba incolta e i capelli arruffati. Al braccio porta il bracciale che gli donasti, al collo una piccola croce di legno scuro. Non un pagano, ma neanche un cristiano. Qualcosa nel mezzo, qualcosa di più complicato o sublime di una religione: un uomo.
Eri stato così sciocco a credere che il trovare nuove terre, saccheggiare il mondo, diventarne conoscitore e sovrano ti avrebbe dato la pace che tanto agognavi. Perché, ora lo sai, la pace non è un luogo, è una preghiera detti a denti stretti, un saio da monaco, un invito mai accettato.
La pace è attesa e dolore e lacrime versate sulla cima di una collina, aspettando il compimento di un miracolo che non può avvenire.
Athelstan è tutto ciò che aspettavi da una vita intera. Ed ora è lì, a pochi passi da te, con un sorriso ammaliatore ricamato in viso, a ricordarti tutto ciò che quasi non fu mai e che ancora ti tenta.
Avanzi a grandi falcate, alla fine non ti interessa più poi così tanto il sapere dove ti trovi. Qualsiasi posto sia, sai di essere a casa.
   
 
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