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Autore: Martocchia    23/11/2018    1 recensioni
Sequel di "Ojos de Cielo"
Sono passati pochi mesi dalla scomparsa di Clara, ma tutto sembra essere cambiato nel mondo di Luca: tutto è nero, niente ha più valore per lui, neanche ciò che lo legava così strettamente a "lei". Sì, perché quel nome è impronunciabile per chiunque.
Le persone intorno a lui stentano a riconoscere in quel ragazzo cupo, sarcastico e menefreghista, Luca. Ma delle promesse sono state fatte e delle persone faranno di tutto per mantenerle e per farle mantenere.
Riuscirà Luca a trovare la forza per andare avanti? Riuscirà a cantare. suonare, amare ancora, come lei gli ha chiesto? E se sì. come?
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6 – Un amico in me

- Ehi, Luca? Stai bene? – Marco lo sta scuotendo per una spalla con espressione preoccupata.

- Io… Che succede? – Luca batte più volte le palpebre, come appena svegliatosi da un incubo, guardandosi intorno sperduto. Gli altri giovani presenti all’Adorazione si sono alzati dalle panche e si stanno dirigendo all’uscita della chiesa chiacchierando allegramente.

-Dovrei chiederlo io a te. Avevi lo sguardo fisso e non mi rispondevi. Sembrava che stessi per svenire… Mi hai fatto spaventare! – gli spiega, stringendogli una spalla, come per accertarsi che non gli cada davvero svenuto davanti agli occhi.

-Scusa. Stavo solo pensando ad alcune cose e ho perso la percezione del tempo e dello spazio. Ma sto bene, non preoccuparti. – cerca di rincuorarlo.

- Meno male… - sospira l’amico sollevato – Dai, usciamo. Gli altri saranno già in oratorio per bere qualcosa. Vieni con me, così te li faccio conoscere per bene. – e senza aspettare una risposta lo ha trascinato fuori dall’edificio, fino alla macchina.

Il freddo si è fatto ancora più pungente, il cielo è livido, come se le nuvole fossero cariche di neve in procinto di cadere lievemente al suolo. Luca lo guarda, con le mani infilate nelle tasche.
Sono davanti al cancello dell’oratorio e lui si è bloccato davanti ad esso, chiedendosi ancora una volta cosa ci faccia in quel posto… Dopo ciò che aveva sentito quella sera, dopo ciò che lei gli aveva detto, come poteva meritarsi di essere avvolto da quell’allegria e quell’infinito affetto che era già riuscito a percepire in quei brevi momenti in chiesa?
Marco attende paziente a pochi passi da lui. Sa che deve essere successo qualcosa di sconvolgente durante l’Adorazione, se lo immaginava. Se fatta seriamente può portare a risultati inaspettati, spesso profondamente dolorosi… In quel silenzio, nonostante si abbiano persone intorno, in realtà si è da soli davanti a Dio e a sé stessi, che forse è addirittura peggio. Non si può mentire come si fa quando si è insieme ad altre persone e Luca lo sta facendo già da troppo tempo. Lui lo ha visto sfiorire davanti ai propri occhi, sotto il peso del dolore, della falsa indifferenza e della rabbia, esattamente come lei durante le settimane dopo l’incidente… Questa volta non avrebbe permesso che se ne andasse anche lui. Non avrebbe mai potuto sopportarlo.

-Luca. – sussurra infine, avvicinandosi all’amico – Lo so che ti ho trascinato io qui a forza e che tu non ne sei convinto, ma non lo avrei mai fatto se non fossi sicuro che loro ti saranno di grande aiuto. Come lo sono stati per me. -.

Luca abbassa lo sguardo, fissandolo con espressione interrogativa su Marco:
- In che senso sono stati un aiuto anche per te? -.

- Te ne parlo più tardi. Ora entriamo al caldo, che qui si congela. Il don avrà già preparato una camomilla bollente per tutti. – l’amico gli dà una pacca sulla spalla e lo spinge delicatamente all’interno dell’edificio.

Appena attraversata la soglia dell’oratorio, li accolgono risate e chiacchiere rumorose. Dalla porta del bar esce trotterellando Marcellino, che agitando la propria lunga coda da scoiattolo, si dirige verso Luca, strusciandosi contro la sua gamba a mo’ di saluto.

- A quanto pare tu gli stai simpatico. – un gruppetto di giovani è uscito dalla stanza e osserva sorridendo il comportamento del gatto del don.
- Ciao Marco! – salutano allegramente il suo migliore amico, il quale si è già tolto la giacca e si è accovacciato per prendere in braccio l’animale, che ora gli sta amorevolmente mordicchiando una mano.

-Ehi! Ciao anche a te ruffiano di un gatto! – esclama ridendo con innocenza. Luca è fermo immobile, con il piumino ancora allacciato, non sapendo assolutamente come dovrebbe comportarsi.

- Luca, ma cosa ci fai lì impalato?! Dai, appendi la giacca e vieni al bar a bere qualcosa di caldo così conosci tutti. -.
Dal gruppetto di giovani si fa largo una delle sue amiche, Cinzia, o almeno è quanto ricorda il ragazzo, che gli si avvicina e lo invita ad unirsi al gruppo. Velocemente si sveste ed entra nel bar, dove tutti lo accolgono calorosamente, con pacche, strette di mano, gli viene messa in mano una tazza di camomilla da qualcuno di cui non riesce ancora a ricordare il nome – gli si sono presentati in troppi –, tutti gli fanno domande, ridono, fanno battute, si punzecchiano, ma è evidente l’affetto e la stima che li lega l’uno all’altro.
Sorseggiando la propria tisana bollente, Luca si rende conto di quanto poco tempo ci abbia messo per sentirsi a proprio agio in quel luogo, qualcosa che non gli succedeva da davvero molto tempo. Riesce a comprendere pienamente come mai lei vi fosse tanto legata… Per la prima volta dopo mesi negli occhi di quei ragazzi non ha visto pietà o compassione per lui, non hanno dosato le parole, non lo hanno trattato come se fosse un vaso di cristallo in bilico sul bordo di un tavolo, come il povero adolescente in lutto per la morte della propria ragazza, ma semplicemente come Luca, con rispetto, ovviamente, però in modo spontaneo e genuino. In quegli occhi ha visto un calore inspiegabile per quei pochi minuti di conversazione, come se l’affetto che loro provavano per lei si fosse automaticamente riversato anche su di lui.

Il don per tutto il tempo si è destreggiato fra camomilla, gatto e ha cercato di parlare un po’ con tutti, guardando sempre con la coda dell’occhio Luca, cercando di capire come si sentisse in quella situazione.
Si avvicina sorridendo a Marco, in quale è intento anch’egli ad osservare l’amico chiacchierare con altri giovani.

- Allora come se la sta cavando? – gli chiede il prete.

- Sembrerebbe bene, mi sembra a suo agio e più sereno del solito. È stata una buona idea farlo venire qui. – risponde il ragazzo, addentando una fetta di crostata al cioccolato.

- E l’Adorazione? -.

- Credo che abbia avuto il suo effetto. Ma non so dirti se in negativo o in positivo. Sicuramente è stata una bella batosta… Alla fine ho avuto l’impressione che stesse per piangere, ma è da prima del funerale che non versa una lacrima… - commenta grattandosi la nuca pensieroso.

- Davvero? Da così tanto? – chiede stupito il sacerdote.

Marco annuisce:
- Impressionante come sia identico alla Clara delle ultime settimane… -.

- Già. – sospira l’uomo – Se tutto questo avrà l’esito che speriamo, quando scoppierà sarà davvero molto molto doloroso. -.

- Non più di quanto non sia già, don. Qualunque cosa sarebbe meglio del male che si sta autoinfliggendo. Finché non lo rivedo fare ciò che entrambi amavano così tanto, non considero la mia promessa mantenuta. – dice il giovane con determinazione, puntando ancora una volta gli occhi sull’amico.

- Staremo a vedere. D’ora in poi dipende soprattutto da lui. Più che stargli accanto ed ascoltarlo, non possiamo fare molto altro… Ora penso che andrò a scambiare quattro parole con lui… - e dopo aver dato un’affettuosa pacca sulla schiena a Marco, il don si dirige dalla parte opposta della stanza, dove Luca ha appena salutato due ragazzi e sta appoggiando la tazza vuota su un tavolo.
Voltandosi nota la figura del sacerdote avvicinarsi a lui e gli sorride cordialmente:
- Ciao don. – lo saluta con semplicità.

- Ciao! Tutto bene? Come ti stai trovando in questa gabbia di matti? – gli chiede lui ridacchiando.

- Inaspettatamente bene, direi. Sono tutti molto gentili con me, anche se non mi conoscono affatto… -.

- In realtà un pochino ti conoscono. Sanno ciò che raccontava Clara di te. – gli spiega l’uomo.

- Parlava di me? – domanda Luca stupito.

- Continuamente. – risponde il don sorridendo, ma abbassando gli occhi sulle mani del ragazzo la sua espressione muta radicalmente – Cosa sono quei segni? Ti sei tagliato con qualcosa? – chiede allarmato.

Luca si guarda i palmi confuso e strabuzza gli occhi non appena si rende conto di aver stretto i pugni così forte e a lungo da far fuoriuscire delle piccole gocce di sangue e lasciare piccoli, ma profondi solchi.

- Io… Non me n’ero proprio accorto… - mormora imbarazzato.

- Vieni con me in ufficio a farti disinfettare e a mettere due cerotti. – ed il ragazzo segue docilmente il prete all’interno della segreteria dell’oratorio. Da un armadietto l’uomo tira fuori un cassettina del pronto soccorso ed incomincia a medicare Luca, esattamente come se fosse uno dei tanti bambini che in oratorio ruzzolano per terra mentre giocano, sbucciandosi le ginocchia.
- L’adorazione invece com’è stata? Qualcosa di troppo strano per te? – il don rompe il silenzio creatasi, mentre con un batuffolo di cotone pulisce e disinfetta le piccole ferite.

- Di sicuro è stato strano… Inaspettato forse è la parola più esatta. Sia lei che Marco me ne avevano parlato, ma finché non lo provi di persona non ne puoi neanche immaginare l’effetto… - dice come sovrappensiero il giovane.

- Questo significa che allora qualche effetto c’è stato, o sbaglio? – domanda a bruciapelo il sacerdote.

- Ho ascoltato la registrazione… Fino in fondo. – confessa Luca in un soffio.
Il prete interrompe immediatamente il proprio lavoro, fissando seriamente il proprio sguardo su quei tristi, ma comunque stupefacenti, occhi.

- E… - cerca di incoraggiarlo.

- Ed è stata una bella batosta, peggio di qualunque pugno Marco mi possa dare. Mi ha ricordato che ho fatto una promessa che non ho assolutamente mantenuto e lei mi ha chiesto altro… Ma se lasciassi che mi accadesse io non so se sarei mai in grado di fermarmi…-  le mani del ragazzo incominciano a tremare – Mi sento così in colpa e sono ancora così arrabbiato… -.

Il don lo prende per le spalle e gli sorride paternamente, cercando di calmarlo:
- Luca, stai tranquillo. Va tutto bene. Non sei da solo, ok? Tutto questo lo puoi affrontare, hai tutta la forza necessaria per farlo, ma un passo alla volta. Fino ad una settimana fa non mi avresti mai detto qualcosa del genere! Se non è un progresso questo! Capisco che tu ti senta in dovere di rispettare la parola data, ma Clara non ti ha dato un tempo limite, una data di scadenza. Puoi soffrire, devi! -.
Dopodiché l’uomo prende due cerotti e delicatamente li applica sulle mani del giovane, il quale è rimasto in silenzio, con gli occhi bassi.
Dopo aver finito il don rimette tutto in ordine ed infine mette una mano sulla spalla di Luca:
- Questa sera ti ho visto più sereno. Se ti aiuta perché non incominci a frequentare il Gruppo Giovani, come Marco e ad aiutarmi per qualche lavoretto qua in oratorio. C’è sempre tanto da fare da queste parti e distrarti un po’ ogni tanto da questi pensieri e dallo studio matto e disperatissimo della quinta non può che farti bene. Pensaci, ok? -.
Il ragazzo annuisce, sorridendo debolmente.

I due, poco dopo, rientrano nel salone, dove vengono accolti da commenti concitati:
-Finalmente siete tornati! – esclama un giovane allegramente – Stavamo pensando di cantare qualcosa e visto che Clara ci ha raccontato che suoni e canti così bene, potresti accompagnarci al piano e farci sentire qualcosa. – l’invito è accompagnato da altre esortazioni entusiaste, ma Luca si sente morire dentro.
Ad un’estremità della sala vi è un pianoforte a muro, che il ragazzo non aveva assolutamente notato prima, poiché coperto da un telo.
Lo fissa stralunato, senza riuscire a dare una risposta, mentre lentamente cala il silenzio all’interno del bar…
- Io… - tenta di giustificarsi, ma le parole rifiutano di lasciarsi articolare. Alla fine, non trovando altra via d’uscita, Luca si volta e si precipita all’esterno dell’edificio.

Il don fissa il ragazzo colpevole del misfatto con sguardo a dir poco contrariato, sotto il quale lui non può fare altre che abbassare le orecchie come un cane bastonato.
- Troppo presto? – bofonchia.
Il prete sospira, passandosi una mano sul viso esasperato.
- Meglio che vada da Luca. – dice Marco, guardando l’uomo in cerca di un segno di assenso.

- Sì, vai tu. Deve avere avuto un piccolo attacco di panico… Assicurati che stia bene e scusati da parte di tutti noi per favore. -.
Il giovane annuisce ed esce dalla stanza alla ricerca dell’amico.

Lo ritrova all’esterno, nel cortile, seduto su una panchina, senza giacca in quel freddo intenso, spalle appoggiate al muro e capo rivolto verso il cielo. Gli si avvicina con cautela, senza riuscire a comprendere se lui ha notato la sua presenza o meno.

- Luca, stai bene? – gli chiede infine.

- Scusatemi… Non dovevo scappare così, ma non ce l’ho fatta. Non so perché ho reagito così invece di dire un semplice no, non l’avevo mai fatto prima. – si giustifica il ragazzo, continuando a tenere gli occhi fissi verso l’alto.

Marco si siede al suo fianco e gli porge il piumino. Luca abbassa lo sguardo su di esso con sorpresa: non si era accorto di essersene dimenticato, fino a quel momento non aveva fatto caso alla temperatura. Indossa la giacca, mormorando un ringraziamento all’amico.

- Non devi scusarti. Siamo noi a doverlo fare… Io e il don ci siamo dimenticati di avvisare gli altri di questa tua scelta. Non è stato fatto con malizia, affatto, semplicemente non potevano saperlo. -.

- Lo so, non preoccuparti. Non sembrano proprio i tipi da fare scherzi del genere, o non sarebbero stati tanto cari a lei. – sorride lievemente Luca.

- Hai ragione. Sono persone speciali… - commenta Marco con dolcezza.

-Ma come lei hai conosciute? Anche nel tuo caso c’è stato lo zampino del don? – domanda l’amico con curiosità.

- Quello c’è sempre, ovviamente. – il giovane ridacchia, per poi assumere la stessa identica posizione dell’altro. E mentre i suoi occhi guardano assenti l’oscurità che li circonda, la mente vaga nei ricordi.
- Dopo la morte di Clara è stato difficile anche per me… Molto difficile. Mi sentivo così in colpa per il modo in cui l’avevo trattata a suo tempo ed un totale fallito per averla allontanata da me. Lei era così luminosa… - i suoi occhi diventano lucidi, mentre continua a raccontare – Anch’io ho pensato di non essere in grado di mantenere la mia promessa, era complicato il solo alzarsi dal letto, figuriamoci tenere testa a te. – tira una leggera spallata all’amico, il quale sorride malinconicamente – Ma proprio in quel momento il don mi ha contattato, mi sono fidato, memore dell’affetto di Clara per lui, e mi ha introdotto a questo gruppo di matti. Devo molto sia la don che a tutti loro: ho ricominciato a respirare e mi hanno dato la forza necessaria per reagire al dolore, trasformandolo in spinta per aiutare anche te. -.

- Non avevo idea di quanto avessi sofferto anche tu… Mi dispiace per come ti ho trattato, per le cose che ho detto. Sono stato uno stronzo. – si scusa mestamente Luca.

- Già, lo sei stato. E se te lo dice il maestro per eccellenza… -.
I due ragazzi scoppiano a ridere, finché Luca non ritorna a guardare con serena serietà Marco.

- Non sei più quel ragazzo, Marco. Lei sarebbe davvero fiera di te. -.

- E sarebbe felice anche di vedere qua te. – ribatte l’altro, cercando di nascondere una piccola, calda lacrima sfuggita dai suoi occhi.
Luca sorride comprensivo e ritorna a guardare il cielo per non far sentire l’amico a disagio.

- Il don mi ha proposto di frequentare l’oratorio e il Gruppo Giovani. -.

- E cosa intendi fare? – chiede Marco con curiosità.

- Secondo te cosa dovrei fare? – domanda il ragazzo, sospirando.

- Non sta a me dirti che cosa fare. Se pensi che ti possa aiutare, fallo, altrimenti no. – dicendo ciò gli appoggia una mano su una spalla, stringendogliela.

- Non so se lei te lo ha mai raccontato, ma un volta, poco dopo che vi siete lasciati, lei è stata così male da avere un attacco di panico. – incomincia a parlare Luca di punto in bianco.

- Stai per caso cercando di farmi sentire ancora più in colpa? – commenta Marco in tono scherzoso.

- No, affatto. È solo che quando me lo ha raccontato, non riuscivo a capire come si potesse avere una reazione del genere, ma ora… Ho costantemente l’impressione di avere un attacco di panico, mi manca il respiro. Questa sera è la prima volta da tanto tempo che ho sentito i miei polmoni riempirsi e svuotarsi d’aria normalmente. Loro sono riusciti ad alleggerire per un po’ il peso che porto dentro. -.

-Per cui… - l’amico lo incoraggia a giungere ad una conclusione.

- Per cui penso che accetterò la proposta del don. -.

- Bene! – Marco si apre in un enorme sorriso – Vedrai, quando si hanno tante mani a cui aggrapparsi è più semplice tornare a galla. – e detto ciò i due rimangono in silenzio a guardare il cielo, mentre qualche lieve fiocco di neve comincia a cadere su di loro, come a sugellare nel suo bianco silenzio le loro parole ed il loro legame, profondo come mai era stato e il cui anello di connessione è quella ragazza che ha rubato e spezzato il cuore ad entrambi.

Angolo dell'Autrice
Buonasera!
Pian piano Luca, incosapevolmente, sta andando oltre il dolore che si porta dentro, lasciandosi sempre più guidare dalle persone che gli sono accanto e gli vogliono bene.
Il prossimo capitolo sarà uno dei più importanti!
Buona lettura e buon weekend! :)
Marta

   
 
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