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Autore: f9v5    24/11/2018    0 recensioni
Un solo edificio in mezzo al nulla, illuminato da luce ultraterrena e dannata, un suadente invito, o forse un palese avvertimento.
Che di presagio si trattasse o meno, ahimè, io ero sospinto da una forza sconosciuta e troppo potente per prestargli considerazione.
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutti desiderano possedere la conoscenza,
 ma relativamente pochi sono disposti a pagarne il prezzo.
Decimo Giunio Giovenale
 
 


Col senno di poi.
Non immaginate, cari signori, quanto forte sia l’odio della mia persona indirizzato a tale locuzione.
Come non odiarla, d’altronde? Rappresenta il nostro fallimento, lo riesuma, aumenta la nostra consapevolezza di esso, lo spettro di ciò che non potrà più essere, il frutto di qualcosa che siamo stati troppo ciechi per analizzare a fondo, abbagliati da ambigue promesse e desideri terreni.
Ma visto e considerato che, ora come ora, di tempo da dedicare al compimento di azioni futili ne ho fin troppo, e a tal proposito non posso non porgervi i miei più falsi e dissacranti ringraziamenti, ritengo di poter spendere qualche parola per la sequela di eventi che mi hanno condotto qui.
E, col da me tanto biasimato senno di poi, avrei voluto compiere una scelta diversa quella notte.
Ho sempre amato il progresso, la possibilità di miglioramento costante, un’epopea in perenne svolgimento destinata a non incrociare mai il vicolo cieco della fine.
L’umanità è una macchina straordinaria, un complesso amalgamo di processi chimici e scientifici, che ha influenzato il mondo a se circostante, l’ha modellato e cambiato, in preda al suo ardore da bambino che ha ricevuto un giocattolo nuovo ed è ansioso di saggiarne i meccanismi, ogni singola sfaccettatura.
Quante cose avevamo scoperto, quante ancora ne avremmo scovate, un connubio magnifico di conosciuto ed ignoto insieme.
Cosa non avrei dato per sapere quanto il cammino della nostra razza avrebbe illuminato davanti a sé.
Non ricordo di preciso quali circostanze portarono a tale sconvolgente scenario, ma il giuramento di sincerità da me enunciato non è mai stato latore di inganni celati.
Come giunsi in tale locazione, in quella notte di tenebra e tempesta lontana, vorrei poterlo rimembrare.
Era una notte opprimente, priva di stelle, la luna piena, nelle fiabe annunciatrice di licantropi e altre creature fantastiche che, in quanto uomo di scienza, non avrei mai concepito come reali, era riuscita a conquistarsi il suo piccolo spazio il quel manto oscuro e rumoroso.
Un solo edificio in mezzo al nulla, illuminato da luce ultraterrena e dannata, un suadente invito, o forse un palese avvertimento.
Che di presagio si trattasse o meno, ahimè, io ero sospinto da una forza sconosciuta e troppo potente per prestargli considerazione.
Fu solo in seguito, una volta varcata la soglia in legno finemente intagliata, che compresi si trattasse di una biblioteca.
Mai era giunta alle mie orecchie notizia della sua esistenza, e io ho sempre saputo tutto ciò che è meritevole di essere conosciuto della mia città.
C’era silenzio.
Non dovrebbe certo destare sorpresa questa rivelazione, d’altronde non ci si potrebbe aspettare di meno da un luogo di cultura e dedito all’apprendimento, eppure, e qui giuro nuovamente, miei cari signori, bastò un istante a realizzare l’innaturale atmosfera che permeava in tale luogo di dannazione.
E fu quel coso a venire ad accogliermi, dubito tutt’ora di potergli conferire un pronome personale, in verità, la mia mente non concepisce ancora ciò che vidi come un rientrante nella categoria dell’umano o del vivente.
Eppure si muoveva, godeva evidentemente di vita propria, un vivente doveva esserlo, qualunque cosa fosse.
Quella sagoma vagamente umanoide, nera come l’oscurità più maliziosa e ingannatrice, illuminata dalla vecchia lanterna che stringeva in una delle ossute e scure mani.
Chinai il capo, non riuscì a tollerare per più di un istante quelle due pozze bianche che costituivano i suoi occhi, eppure non fu quello l’evento scatenante la mia fuga, sarebbe stato qualcosa di ben peggiore avvenuto in seguito.
La creatura, voglio sforzarmi di considerarla un vivente, inclinò leggermente la testa, la massa scura che la componeva sembrò sfaldarsi sui bordi per alcuni lunghissimi attimi.
Poi rimbombò nella mia testa, come l’eco giunto dall’abisso più profondo, quella massa non sembrava essere in possesso di una bocca, ma lo sentì chiaramente nella mia testa; Biblioteca dell’Eterno, così mi fu presentata, il sacrario di tutto il sapere, di tutte le epoche giunte e ancora solo profilatesi all’orizzonte dello scorrere del tempo.
Epoche ben più remote della comparsa del primo uomo, e ben più lontane dalla scomparsa dell’ultimo.
Paralizzato dallo stupore, ma terribilmente affascinato dalle possibilità che quegli echi profondi nascondevano, non ebbi la forza di parlare, la creatura sembrò non aver necessità del mio verbo per rispondere ai miei desideri.
Disse che mi era concesso stare lì, l’unico divieto impostomi fu quello di non sfiorare mai il tomo del Prologo e dell’Epilogo, non era necessario spiegarmi quale fosse, a nessuno era consentito.
Non l’avrei mai più sentito proferir verbo, ammesso che non fosse stato un perverso scherzo della mia fantasia.
Animato dal mio spirito, rinvigorito ed eccitato, promisi.
E lessi, lessi ancora, tuoni e fulmini, pioggia battente sui vetri a giungere alle mie orecchie.
Il misterioso guardiano non mi disturbò mai, così assorto da quei viaggi incredibili non avrei nemmeno percepito la sua presenza.
Antiche civiltà superiori alla nostra, colonizzatrici e distruttrici, capaci di grande evoluzione come di grande distruzione.
Una vera e propria orgia di conoscenze si insinuò prepotentemente in me, ero estasiato.
Così tanti popoli, così tante razze, pensavo che nessun umano potesse sopportare un tale connubio di tradizioni e culture, un totale stravolgimento di ciò che avevamo sempre dato per certo, ogni convinzione umana è falsa.
Ignoro quanto trascorsi immerso in tomi voluminosi, a viaggiare in città antiche, in palazzi nel cielo e chissà quali altri fantastici luoghi, ma tuoni e pioggia continuavano a bombardare le mie insensibili orecchie, non le scalfivano.
Ma come potevo accontentarmi?! Gli albori di tutto il sapere, il tramonto di ogni granello di esistenza erano lì, a pochi passi da me.
Col senno di poi, esso sia maledetto, ripenso a quanto sarebbe stato più salutare per la mia persona se fossi stato più forte della tentazione.
Sicuramente ora dormirei tranquillo, non avrei bisogno delle sostanze che mi iniettate giornalmente che, ci tengo ad informarvi, non mi concedono alcun piacere onirico, le visioni oscure mi tormenteranno per sempre, ormai lo so.
Il tomo del Prologo e dell’Epilogo era adagiato su di uno scrittoio al centro dell’enorme sala, mi chiesi sinceramente se non fosse una poco velata provocazione.
Ad ogni mio passo i tuoni aumentavano di intensità, lo scrosciare della pioggia diveniva progressivamente più assordante, ma niente sembrava potermi liberare dallo stato di trance in cui ero affondato.
Il mio sguardo registrò la figura di massa oscura del coso, occhi vacui che mi osservavano apatici, non sembrava intenzionato ad ostacolarmi, in effetti non sembrava interessarsi proprio di nulla.
Avrei dovuto fermare le mie brame, placarmi quel lasso di tempo necessario per registrare l’anomalia di quella situazione.
Un divieto impostomi come ferreo e inossidabile, la completa concessione di violarlo.
Lo scatenarsi di oscure conseguenze pendeva sulla mia testa, solo ed esclusivamente su di essa, non si era trattato di un obbligo, un avvertimento volto a proteggermi, privo di sincero interesse, che io avevo negato a me stesso.
Sfiorai la copertina ruvida, un marrone scuro credo, solo tuoni e il lieve bagliore della lanterna a fornirmi una fonte luminosa vagamente accettabile.
Nessuna scritta, nessuna decorazione, in principio non c’era nulla dopo tutto, o semplicemente, chiunque fosse stato l’autore non aveva ritenuto valevole lo spreco di tempo per un’azione relativamente poco importante.
E dunque lessi; col senno di poi, non avrei mai dovuto.
E conobbi l’oblio eterno da allora, il mio corpo rifiutò di muoversi, le mie mani erano guidate da un potere dannato ed estraneo, continuavano a sfogliare le pagine, i miei ad osservare, la mia mente ad assimilare.
Non volevo, ordinavo al mio corpo di scappare, rifuggire quei lasciti di morte e sangue, promesse di tormenti eterni, oscuri albori e orripilanti e macabri tramonti.
Ma continuavo a leggere, progressivamente la mia mente assimilava sempre più e sempre più il terrore conquistava il mio animo.
E poi giunsi all’ultima pagina, l’ultimo rigo, l’ultimo termine, l’ultima lettera.
-Adesso sai!-
Il mio giuramento resta valido, signori che mi ascoltate, lungi da me venir meno ad esso, mi auguro mi consideriate attendibile ora che affermo di non rammentare ulteriori scampi di vita prima di trovarmi avvolto dal tiepido abbraccio del mio letto, sudore a imperlarmi la fronte, deliranti e scabrose immagini e parole a vorticare nella mia testa.
Non seppi più nulla di quella biblioteca, cercai più volte, ogni fonte di notizie, le più illegali che possiate concepire, non mi fornirono mai il minimo sentiero da percorrere, non era mai esistita secondo ogni registro.
Pazzo, mi avete etichettato così, rinchiuso qui, avete paura di ciò che ho confessato, perché è ciò che sento dentro di me.
Ogni giorno mi maledico, maledico la mia avidità che non mi ha concesso il lusso dell’ignoranza, ora so cosa ci ha portati qui, e so cosa, un giorno, verrà a riprendersi, ciò che gli spetta.
Beati voi, che negate, che rifiutate di accogliere le mie parole, sarete mucchietti d’ossa in polvere al momento del Giudizio.
Medesima sarà la mia sorte, ma il peso del mio sapere, insieme ad una nera massa informe dalle ossute mani, mi affiancherà per il mio avvenire.
Già, col senno di poi.
 
 
 
Angolo dell’autore:
Idea ispirata da un sogno che ho fatto qualche giorno fa. Ho i brividi ancora adesso a ripensarci.
  
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