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Autore: ONLYKORINE    25/11/2018    1 recensioni
Jakob e Wolfrun vivono sull'isola di Lemnos da quando hanno lasciato Berlino a bordo del Pegaso. Con loro Ci sono Sebastian, Eleni e Anneke. Il virus è stato sconfitto e la vita ha ricominciato a scorrere. Jakob torna a Berlino quando Alexis ci va con Pegaso, e questa volta vorrebbe che anche Wolfrun partisse con lui. Ma lei non è proprio dell'idea...
(Jakob x Wolfrun)
Fanfiction dopo il sesto libro. Non tiene conto del capitolo extra sul sito degli autori.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christa Hartmann, Jakob Geyer, Nora, Wolfrun Ziegler
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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epilogo-berlino

Epilogo

Settembre 1991

 -

Wolfrun si riparò gli occhi con la mano. Dalla vetrata arrivavano i raggi del sole e le impedivano di vedere qualsiasi cosa.
“Anneke, vedi qualcosa?”
La ragazza accanto a lei si alzò in punta di piedi ma poi scosse la testa. “No…”
“Dovremmo aspettarli fuori, sulla pista” disse la giovane donna.
Anneke inorridì. “No, ti prego, Wolfrun” replicò sbuffando e Wolfrun la guardò sorridendo.
Era così bella, la sua piccola Anneke. La ragazza voltò lo sguardo, cercando di guardare oltre la vetrata.
“Ecco!”
Un aereo stava arrivando davanti al terminal e si fermò quando lo raggiunse. “Andiamo sulla pista” propose ancora Wolfrun.
Anneke non si mosse e sussurrò: “L’ultima volta ci hanno sgridato, Wolfrun, non potremmo…”
Wolfrun sbuffò e cedette. “Va bene. Li aspettiamo qui…”

 

 

Anneke sospirò sollevata. Tutte le volte che gli altri arrivavano a Lemnos, Wolfrun voleva andarli a salutare sulla pista, appena loro scendevano dall’aereo.
Le guardie avevano spiegato loro che era assolutamente vietato dalle regole di sicurezza e tutte le volte, Wolfrun discuteva con loro. E alla fine vinceva sempre.
L’aeroporto era stato costruito poco lontano dal loro villaggio e quelli che ci lavoravano la conoscevano. E chi non la conosceva, ne aveva sentito parlare. E chi più e chi meno, la assecondavano sempre.
Ma era imbarazzante, a volte. Lei faceva sempre di testa sua. Stavolta era riuscita a convincerla.
Guardò la porta da dove sarebbero arrivati gli altri. Aveva il cuore in gola. Quando vide Ulrike, nervosa quanto lei, le corse incontro e le ragazze si abbracciarono strette.

 

 

Wolfrun vide prima Nora e Britta. Alzò il braccio per farsi vedere e poi si avvicinò a loro velocemente.
“Quanto tempo! Sembra sempre una vita. E qui è sempre così bello” disse Nora, sorridendo e guardandosi intorno. Appoggiò una borsa per terra e l’abbracciò.
Vide Britta con in braccio un bambino biondo di circa due anni. L’ultima volta che l’aveva visto era molto più piccolo.
“Britta!” la salutò la mora. Poi l’abbracciò stretta e fece una carezza sulla testa a Francois.
“Ciao, piccolino” sussurrò al bambino. Salutò anche Louis e William.
Poi, da dietro, arrivarono anche Christa e Timo. “Ragazzi!” li chiamò.
“Wolfrun! Non vedevamo l’ora di arrivare! Finalmente una vacanza…” esclamò William, vedendola e andandole incontro. Wolfrun abbracciò anche loro.
Ci fu tutto un susseguirsi di baci, abbracci, pochi convenevoli e tante dimostrazioni di affetto.
Theo abbracciò Wolfrun rigido come un bastone e lei gli scompigliò i capelli ridendo del fatto che la superava in altezza di tutta la testa.
“E questo gigante chi è?” chiese, facendo finta di non riconoscere il bambino nel periodo del virus.
“Sono Abel!” ridacchiò il ragazzino.
“Oh, vieni qui e fatti strizzare un pochino, finché, almeno tu, sei più basso di me!” esclamò, stritolandogli le spalle. Anche lui era cresciuto.
“E Rolf? Dove si è cacciato quel mostriciattolo? Rolf, dove sei?” chiese ancora Wolfrun, facendo finta di non vedere il ragazzino timido che, accanto a Timo, non partecipava agli abbracci.
“Sono qui. Sono qui” disse lui quando il padre lo spinse appena con la mano.
“No! Non è vero. Non sei Rolf. L’ultima volta che l’ho visto Rolf era alto così” esagerò Wolfrun, sorridendo e portando la mano alla sua vita.
“Ma non è vero!” Finalmente il ragazzino rise. Wolfrun lo guardò con affetto e poi lo stritolò in un abbraccio mozzafiato.
“E Julia?” Julia, di sette anni l’abbracciò dopo essersi fatta coccolare da Anneke. Era una bambina bellissima. Aveva gli occhi del padre e i lineamenti di Nora.
“Diamine, sei sempre più bella, Julia. Tuo padre farà fatica a tenerti lontano i ragazzi, fra qualche anno” si complimentò la mora, guardando William con un sorriso sornione.
“Ho comprato un fucile nuovo” rispose lui, con uno sguardo divertito.
Nora sbuffò alle parole di William e lui sorrise, mentre le circondava la vita. Salutò anche Ulrike e poi, vicino a lei, vide una ragazza. Si sorprese, ma fu contenta: lei non era mai venuta. L’aveva sempre vista quando andavano loro a Berlino, ma non si era mai fatta viva a Lemos.
“Nina!” esclamò. Sentì le lacrime agli occhi. Cavolo, stava diventando una sentimentale. Tutti quegli abbracci le provocavano una strana sensazione. Si sentiva sempre vulnerabile, ma era sempre felice di vederli. Soprattutto Nina.
Poteva avvicinarsi? Poteva abbracciarla? Nina allungò la mano verso di lei. Sapeva quanto fosse importante quel gesto per la ragazza, così gliela strinse con tutte e due le mani, mentre le diceva: “A Jakob farà piacere sapere che sei venuta”.
“A proposito, Jakob e i ragazzi?” le chiese Britta, lasciando che Louis prendesse in braccio il bambino.
“In hotel. Ci aspettano lì” rispose e gli altri annuirono.

 

 

Da quando avevano sistemato l’Hotel dei genitori di Eleni, ogni anno, in settembre, per dieci giorni, non si accettavano prenotazioni. L’albergo era tutto per loro: i ragazzi di Berlino.
Una vacanza per tutti. Tutti insieme.

 

 

Quando arrivarono in hotel, Jakob aveva già sistemato tutto. Wolfrun guidò quella carovana di gente nella hall, il ragazzo sorrise e andò loro incontro. Louis fu il primo a salutarlo. Si abbracciarono a metà con una stretta di mano e poi abbracciò anche gli altri e le ragazze e poi i bambini. Cavolo, come passava il tempo.
“Guarda chi c’è” disse Wolfrun e indicò Nina.
Nina! Era venuta a Lemnos! Non lo avrebbe mai detto. Anche la piccola Nina cresceva! Si avvicinò per salutarla e lei gli sorrise. Poche parole, come solito, ma bastarono.
“Jakob… dove sono i bambini?” gli chiese Wolfrun, mentre lo guardava con uno sguardo un po’ preoccupato.
Come se li avesse chiamati, dalle scale arrivarono le grida tipiche di una battaglia in corso fra i loro figli. Una testa ricciuta fece capolino dalla prima rampa di scale, scendendo col sedere lungo il corrimano. Una piccola furia alta poco più di un metro, atterrò con un balzo e continuò a saltellare verso di loro.
“Dorothea!” la sgridò Jakob sospirando.
Quando li raggiunse, la bambina gridò verso le scale: “Ho vinto io!”, si voltò verso Jakob e continuò. “Scusa papà, ma Bernd diceva che non avrei mai avuto il coraggio di farlo davanti a voi”. Indicò il fratello, dietro di lei, che sorrideva sornione.
Sei anni. Avevano sei anni e l’energia sufficiente di un’esplosione nucleare. Quando erano insieme sembravano una mandria di vitelli. Allo stato brado. Jakob fece cenno al bambino moro con gli occhi chiari di avvicinarsi a salutare.

 

 

“E non avresti dovuto farlo, infatti” la riprese Wolfrun, incrociando le braccia al petto e con il viso serio.
La bambina la guardò e disse: “Ok, non lo farò più”.
Sapevano tutte e due che era una bugia. E poi la bambina scappò verso gli altri.
“Julia!” gridò spalancando le braccia e lanciandosi in quelle dell’amica. La ragazzina l’abbracciò forte e poi la piccola fece il giro di tutti gli altri.

 

***

 

Il falò sulla spiaggia aveva sempre il suo fascino e anche la grigliata. Era una tradizione del primo giorno. L’organizzazione era ormai specializzata: coperte per terra e tavolini pieghevoli, vino per i grandi e bibite per i piccoli, torce e luci di emergenza. Nulla era lasciato al caso.

 

 

“Ehi, lo sai chi ha appena avuto una bambina? Roberto. Ti ricordi Roberto del Reichstag?” li informò Nora passando a Wolfrun un bicchierino di liquore a fine cena, che lei passò al marito.
“Davvero? Mi fa piacere” rispose Wolfrun guardando Jakob, ma lui alzò le spalle.
“Si è sistemato. Ha messo la testa a posto. È diventato Capitano. Vero, William?” disse ancora Nora cercando l’approvazione del marito e lui fece un cenno con il capo, evidentemente impegnato in altro.
“E Diane, dov’è?” chiese Britta. “Non l’ho vista”.
La mora sorrise, ma nessuno la vide, perché c’era buio. “In viaggio di nozze”, disse, mentre beveva un po’ di quel liquore che aveva portato Nora.
“Come?” chiese Christa, che si era girata verso di loro. “E quando si è sposata?”
Wolfrun rise e rispose: “Una settimana fa”.
“Dai! Non sapevo che fosse…” iniziò la bionda, ma venne interrotta quasi subito.
“Oh, neanche lei lo sapeva, se è per questo. Lo ha conosciuto tre mesi fa” Jakob espresse così il suo parere, con quelle parole e un tono rassegnato.
“Oh!”
Britta rise dell’espressione di Christa.

 

 

Quando finirono di mangiare, i bambini tornarono a rincorrersi e a giocare nella sabbia. Solo Francois si addormentò sulle gambe della mamma. Wolfrun osservò con tenerezza Louis che gli accarezzava i capelli mentre dormiva. Gli sorrise e lui ricambiò, nel bagliore del falò.
Nina era seduta vicino a Clara, che leggeva un libro alla luce di una torcia. Nina invece, nonostante si fosse portata un libro anche lei, non stava leggendo e guardava le fiamme del falò. Wolfrun si avvicinò a loro, fece una carezza in testa a Clara e poi si sedette vicino a Nina.
“Ciao” la salutò e la ragazza sorrise. “Potevi andare al villaggio con gli altri ragazzi, magari ti saresti annoiata meno” disse.
“Mi piace qui” rispose invece Nina. Oh. Ok.
“Mi fa piacere, allora. Sono contenta che tu sia venuta” disse ancora, poi stette zitta un altro po’ e quando pensò che fosse il caso di raggiungere di nuovo gli altri, Nina parlò.
“Ho scritto un libro” sussurrò.
“Come?” chiese Wolfrun e la ragazza si voltò verso di lei.
“Ho scritto un libro. Su Bernd e su quanto successo a Berlino” rispose, a voce un po’ più alta.
“Hai fatto bene” le disse, sorridendo. Cosa doveva dirle? Sicuramente scrivere era stata una buona idea, visto i progressi della ragazza.
“Grazie. Dicevi che scrivere mi avrebbe aiutato a non aver paura di parlare, ricordi?” le chiese e Wolfrun sentì che sorrideva mentre parlava.
“Non ricordo… ma ho sempre pensato che scrivere fosse una buona idea, quindi potrei avertelo detto. Sai, sto diventando vecchia e mi scordo tutto…” rispose, con un sorriso.
“Me lo hai detto il giorno che tu e Jakob avete litigato a causa mia.”
“Non abbiamo litigato per colpa tua. Comunque mi ricordo, adesso, sì. E ora pubblicherai un libro?” Nina annuì. “Complimenti allora. Lo leggerò volentieri. Verrò a farmelo autografare” disse.
Quando, dopo dieci minuti si alzò, stava ancora sorridendo. Nina aveva parlato del suo libro. Non aveva mai parlato così tanto.

 

 

Jakob si avvicinò alla moglie, le accarezzò con dolcezza la mano appoggiata sulla coperta e le disse: “Ho chiesto a William di guardare i bambini… Andiamo alla caletta?”
Wolfrun sorrise. Jakob lo capì anche se la luce del fuoco era pochissima. Sorrise anche lui.
“Dici che se la caverà?” scherzò lei. Jakob alzò una spalla.
“Ha un fucile nuovo…”
Wolfrun rise. Jakob la prese per mano e l’aiutò ad alzarsi.
“Ma non se ne accorgeranno?” gli chiese indicando gli altri.
“Se ne accorgeranno di sicuro. Andiamo!”
Jakob stava ancora sorridendo.

 

Britta guardò i due ragazzi allontanarsi e disse ad alta voce: “Ma solo io ho pensato che Wolfrun fosse strana, in aeroporto?”
Christa lanciò un’occhiata ai bambini che correvano e intanto le rispose: “Dici tutti quegli abbracci?”
William si alzò per rincorrere Julia e far urlare divertiti Dorothea e Bernd ed esclamò: “Perché sarebbe strano?”
Louis sistemò il figlio sul plaid e lo coprì. “Wolfrun non è mai stata tipo da abbracci” spiegò.
“Però è successo anche un'altra volta, ricordate? Era molto… abbracciosa, ricordate?” Britta iniziò a fare quella sua smorfia che a Louis piaceva tantissimo.
“Oh, è vero, vi ricordate quel Natale a Berlino quando abbracciava tutti? Non è stato quell’anno che cambiava umore di continuo?” William si nascose dietro la moglie per giocare con i piccoli e intanto le fece il solletico.
“Sì, è vero. Io pensavo che dichiarasse guerra a Berlino un’altra volta” rispose Nora, sorridendo e indicando a Bernd dove era nascosto William.
“Per fortuna non è successo. Mi ricordo quel Natale. Probabilmente glielo avremmo lasciato fare, quella volta”. Timo acchiappò Julia e lei ridacchiò quando lui la fece volteggiare.
“Quindi dovremo aspettarci degli scoppi d’ira?” Louis non aveva capito.
Britta si sedette vicino a lui e gli prese un braccio per farsi abbracciare. “Qualunque cosa succederà, noi lo sopporteremo. Giusto, ragazze?”
Nora annuì e Timo, che reggeva sia Julia che Dorothea, chiese: “E perché?”
“Perché è stato sette anni fa, Timo. E dopo quel Natale sono nati i gemelli” rispose Christa, indicando i bambini.
Timo si scambiò uno sguardo con gli altri mariti, che tanto alla poca luce del falò non si videro molto, mentre le moglie iniziarono a confabulare e a ridacchiare come ragazzine.

 

 

 

Quando raggiunsero la caletta, rimasero un attimo a guadare il mare: la luce della luna era bellissima e donava un chiarore luminoso a tutto. Jakob la tenne stretta mentre lei era appoggiata al suo petto. Poi si chinò su di lei e le sussurrò nell’orecchio: “Balliamo?”
Wolfrun annuì e lui le prese la mano facendola girare di fronte a sé. Jakob la fece girare più volte, su se stessa, intorno a lui. Lei aveva gli occhi chiusi. Non aveva bisogno di tenerli aperti, perché Jakob la guidava e lei si fidava di lui.

 

“Quasi mi dispiace” disse lei.
“Di cosa?”
Wolfrun si toccò il ventre e poi riportò la mano sulla sua schiena. “È molto diverso, stavolta. Penso che sarà solo uno”.
“E ti dispiace?” Lei alzò le spalle e arricciò il naso. “Andrà tutto bene”.
Lei annuì e girò, sotto la sua guida. “Dovremo scegliere il nome…”
“Sappiamo già i nomi. Aspetteremo che nasca e poi glielo daremo.”
“Sei sicuro?”
Jakob annuì. “Chloe… Mi piace”.
“Sì. Anche a me. E se fosse un maschio?”
Lui si fece serio e disse: “Avevamo detto che se Dorothea fosse stata un altro maschietto gli avremmo dato il suo nome”. Lei annuì.
“Ho sempre pensato che Georgos fosse un nome bellissimo…” Wolfrun sospirò esageratamente aspettando che lui elaborasse l’informazione.
Quando Jakob si bloccò, sgranando gli occhi e ripetendo il nome, lei scoppiò a ridere. Rise, si tolse dal suo abbraccio e corse verso l’acqua.
Jakob la rincorse e lei si fece prendere subito. “Non chiamerò mio…”
“Sven. Sarà Sven, lo sai. Non gli darei nessun altro nome.”

 

Rimasero così, uno davanti all’altra a guardarsi e poi, come quella prima volta, Jakob fece scivolare la mano dietro alla sua schiena, sorridendo al pensiero di baciarla.
“Mi è piaciuto, il nostro primo bacio” disse lei. “E anche tutti gli altri” sussurrò ancora, mentre la sua mano le accarezzava su e giù la schiena.
Il sorriso di Jakob si fece più ampio. Si avvicinò al suo orecchio e le disse: “A me piaci tu”.
Wolfrun fece scivolare le mani dietro il suo collo e si allungò per baciarlo.

 -

-

FINE

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">Grazie ancora a tutti, e se vi va, datemi il vostro parere! (anche in privato) È stato difficilissimo scrivere e sono contenta di essermi buttata in questa avventura.! 😁 A presto! 😘

   
 
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