Di principi azzurri e dei suoi sogni infranti
La prima volta che l’ha visto, Rei
era ancora una di quelle ragazze che credono nei principi azzurri delle fiabe,
di quelli che salvano la loro principessa dalla strega e che affrontano mille
pericoli per proteggerla. Anche Todoroki Enji, a modo suo, le ricorda un principe: dalla prima volta
in cui si incontrano la sommerge di attenzioni e ogni scusa è buona per
aspettarla all’uscita da scuola o dal lavoro part time – era di pattuglia,
passava di lì per caso, voleva semplicemente vederla.
La sera in cui suo padre le dice
che avrebbe sposato Todoroki Enji
entro l’autunno, Rei non può non sorridere – ma un’ombra negli occhi della
madre, così simili ai suoi, le dice che c’è qualcosa che non va. Ma Rei non ci
dà peso, forse per ingenuità o per suo stesso carattere, e dice che sì, sposerà
Todoroki Enji prima
dell’autunno.
Molte sue amiche sono diventate
verdi dall’invidia, quando hanno saputo che avrebbe sposato un Eroe, perché è
il sogno di ogni ragazza della loro età, e Rei un po’ è contenta di essere
diventata la diva del suo gruppo di amiche - e il giorno del matrimonio si
avvicina incalzante e i preparativi impegnano tutta la famiglia, eppure Rei
percepisce una strana sensazione di tensione nell’aria, come qualcosa di non
detto o che le è stato nascosto.
La mattina del matrimonio, poco
prima dell’inizio della cerimonia, Rei è da sola con sua madre e sta indossando
il suo vestito da sposa. Rei è felice, davvero, perché sposare un Eroe è il
sogno di ogni ragazza, ma sua madre sta piangendo – e non è il pianto di gioia
di una madre felice di vedere la propria figlia sposarsi, no, è il pianto
disperato di una madre che vede partire un figlio per la guerra.
-Dovrai essere forte, bambina mia.- mormora sua madre, stringendo le sue mani tra le
proprie e baciandole le nocche. –Dovrai essere molto forte.-
Rei non capisce: è un matrimonio,
non una battaglia. Perché sua madre sta piangendo?
Il giorno del matrimonio scorre via
tranquillo e Rei sorride a tutti – un sorriso felice, raggiante, che acceca più
del sole – e sorride anche a Enji, che ricambia con
un leggero inarcare all’insù delle labbra.
I primi mesi da coppia sposata
passano tranquilli, senza troppe preoccupazioni: Rei si abitua in fretta a restare
da sola in quella dimora immensa e fredda, creandosi al contempo un piccolo
cantuccio sempre caldo in cui passa le giornate a sognare il loro futuro,
immaginando risate infantili e passetti leggeri che ancora non ci sono ma che
presto ci saranno, perché quel test è positivo e lei è così felice.
Anche Enji
è felice, quando finalmente prende in braccio i due bambini appena nati.
Touya
e Fuyumi hanno compiuto tre anni da poche settimane,
quando mostrano i loro Quirk: la sua bambina riesce a
creare una piccola e delicata farfalla di ghiaccio sul palmo della mano, il
maschietto invece delle fiammelle blu sulle punte delle dita. Rei quasi si
commuove nel vederli ed è così fiera di loro... Ma l’incanto dura poco, perché Touya inizia a piangere e a gridare che le fiamme lo stanno
bruciando e Rei si spaventa quando sente l’odore di pelle bruciata riempire la
stanza fino a soffocarla. Fuyumi è rimasta immobile
come una statua per tutto il tempo, gli occhioni grigi sgranati e terrorizzati
– ma non stavano guardando il fratello e nemmeno la madre, stavano guardando il
padre, seduto sulla poltrona a leggere il giornale.
…ed è guardando quel sorriso quasi
malsano che Rei capisce che Enji non è il principe
azzurro che credeva che fosse. Quello è anche il giorno in cui Rei comincia a
contare tutti i lividi e le bruciature sul corpicino minuto di Touya – ma a Enji non basta,
perché Touya “non
è perfetto, è debole, è un fallimento”, e anche Natsuo,
nato pochi mesi dopo, è uguale ai fratelli. È un bambino bellissimo e solare ma
ha ereditato solo il Quirk di Rei, non quello di Enji, ed è un altro fallimento che si aggiunge ai
precedenti.
Quando nasce Shouto,
così piccolo e fragile e delicato che Rei ha quasi paura di romperlo quando lo
stringe troppo forte, un po’ è sollevata che – finalmente, finalmente, finalmente – lui sia perfetto. Shouto che piange perché non riesce a fermare le fiamme e
non capisce perché Rei abbia paura di toccarlo, ma che le sorride sempre con
l’ingenuità di un bambino di tre anni che ancora non sa cosa gli spetta.
Per Rei, Shouto
diventa un appiglio per restare ancorata a terra, per resistere e incassare i
colpi che lui – e Touya
e Fuyumi e Natsuo – non
riuscirebbe a sopportare, per continuare a sorridere, per essere quella madre
di cui i suoi bambini hanno bisogno. Per continuare a essere forte.
“Dovrai
essere forte, bambina mia.”, aveva detto sua madre il giorno
del suo matrimonio. Glielo ripete anche al telefono, tutte le volte che è
disperata e crede di non riuscire ad arrivare alla mattina dopo – e Rei credeva
di riuscirci, davvero, ma alla fine non ce la fa.
-…mamma?-
è la voce di Shouto, quella, lo sa, ma Rei non la
riconosce.
Sente solo il fischio insistente
del bollitore.
No, niente delirio questa volta, nonostante
questa fic sia stata un parto come le altre, perché
si parla di un argomento serio e quindi bisogna essere seri.
Come sapete, dal 1999 il 25 novembre è la
giornata mondiale contro la violenza sulle donne, voluta dall’ONU in memoria
dell’assassinio delle tre sorelle Mirabal, avvenuto
proprio il 25 novembre del 1960.
E io, come donna, sentivo il dovere di fare la
mia parte.
Fin dalla prima volta che vidi BNHA ricordo di
essere stata molto colpita dalla sensibilità con cui Horikoshi
aveva parlato di un argomento così delicato come la violenza domestica: non
l’ha fatto in modo arrogante, spiattellando i ricordi di Todoroki
senza alcun riguardo, ma concentrandosi su pochi e semplici momenti che però arrivavano
dritti al punto e non coinvolgevano solo un membro della famiglia, ma tutti
quanti.
Shouto e Rei
sono vittime della smania di potere di Endeavor allo
stesso modo di come lo sono Fuyumi, Touya e Natsuo, anche se in modo
diverso: sono stati usati, Rei in primis, per arrivare a qualcosa che avrebbe
giovato solo all’ego di Endeavor e al suo desiderio
di vendetta/rivalsa su All Might.
E per quanto lui possa dirsi pentito di quello che ha fatto e abbia voglia
cambiare, nessuno potrà mai parlare di perdono: personalmente sono contenta che
sia arrivato alla consapevolezza di essere stato un padre e un marito di merda
e stia cercando di rimediare, ma questo non elimina tutto il male che ha
causato.
Il passato di Rei, i suoi pensieri e i suoi
comportamenti sono la raccolta di decine di storie che ho ascoltato in prima
persona oppure di cui sono venuta a conoscenza attraverso i giornali o la tv,
sono le storie di decine di persone diverse. Alcune non ce l’hanno fatta, ed è
stata un’altra persona a parlare per loro, altre hanno avuto la forza di
allontanarsi da quell’uomo violento e ora vivono nella paura che possa tornare
a cercarle, ma tutte avevano un fattore in comune: resistevano perché avevano
qualcuno da proteggere. Anche Rei ha resistito, per un po’, perché voleva
proteggere i suoi figli, voleva essere quello scudo che si frapponeva tra loro
e quel mostro che li terrorizzava. Forse credeva di poter fare di più, di
riuscire a sopportare tutto quel dolore da sola.
Detto questo, direi che posso anche smetterla
di parlare perché altrimenti questa nota conclusiva diventa più lunga della fic in sé. Non posso che ringraziarvi per essere arrivati
fino a qui e, se vorrete, di avermi lasciato un commento per dirmi cosa ne
pensate. Noi ci rivedremo salvo imprevisti verso metà dicembre con il capitolo
5 di “Of Monsters and Men” e anche con il capitolo 2
di “Hopeless Wanderers”.
Alla prossima.
Maki