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Autore: GiselleTankian    26/11/2018    4 recensioni
Candy quella notte si ritrovò, certamente, nel posto sbagliato. La puzza di alcol e fumo l'avevano oppressa per tutta la serata, fu circondata da gente che, a dirla tutta, detestava, diventata invisibile per il suo stesso ragazzo e colpita alle spalle da colui che più amava. Ma chi ci dice, con certezza, che tutto ciò fosse una cosa negativa?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Daron Malakian, John Dolmayan, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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INFORMATIC ELISA 2 (non toccare) Candy ora correva, spingendo chiunque le fosse capitato davanti per riuscire a farsi un po' di strada verso il bagno: voleva solo stare in un angolino a piangere, mentre nella sua testa avrebbe mandato qualche maleficio con la speranza che diventasse reale. «Stai attenta, puttana!» le gridò un uomo, dopo che il suo prezioso drink venne brutalmente scaraventato a terra dalla povera ragazza che, onestamente, in quel momento non poté fare altro che fregarsene altamente. "Fanculo pure al suo drink", pensò, mentre poteva sentire qualcuno pestare i pezzi di vetro che si erano sparsi a terra. "Fanculo a me" continuò, sempre nella sua mente, "e a quando ho dato retta a quel coglione!"
Candy si ritrovò a sentire attorno agli occhi quel fastidiosissimo appiccicume che il trucco colato, e ormai rovinato, le stava lasciando. Avrebbe volentieri cercato di strofinare via tutto con la mano, ma la paura di sembrare ancora di più come una specie di misterioso essere uscito da un film dell'orrore la bloccò.
Così, a testa bassa, spalancò la porta del bagno e mentre quasi soffocava per via dei singhiozzi del pianto, si rinchiuse nello stretto spazio riservato esclusivamente al wc, bloccando la porticina blu riempita di scritte offensive o a sfondo sessuale e lasciandosi andare in un triste e doloroso pianto pieno di delusione e rabbia.

Serj l'aveva osservata fino a quando non sparì letteralmente tra la folla. Non sapeva perché vedere una sconosciuta in quelle condizioni gli provocò una tale fitta allo stomaco. Forse, fu il profondo odio che aveva nei confronti di colui che l'aveva appena fatta scoppiare in lacrime, o forse fu il profondo dispiacere nel vedere un ragazzo tradire la propria ragazza difronte agli occhi della stessa.
Rivolse uno sguardo a John, che non aveva smesso neanche un secondo di guardare storto Joey, poi ne rivolse uno a Shavo e Daron che, sballati come già erano, si ritrovarono ancora più confusi difronte a questa scena e ora si osservavano tra la loro, immobili, alzando le braccie in segno di:"amico, che cazzo sta succedendo?"

«Oh, no...» se ne uscì con una fastidiosa vocina una ragazza dai lunghi capelli castani, legati in una coda praticamente perfetta:«Qualcuno ha fatto piangere Candy Candy...Joey, sei davvero un cattivo ragazzo!» si leccò il palmo della mano, usandolo per sculacciare l'ormai ex-ragazzo di Candy.

Serj, che in quel momento riusciva ad  avere in volto soltanto un'espressione schifata, piena di disgusto, si avvicinò a John, dandogli una leggera pacca sulla spalla e sussurandogli che sarebbe tornato a breve, mentre subito riprendeva a camminare sugli stessi passi della ragazza incontrata poco prima: l'aveva vista scappare verso il bagno, sapeva che si era rifugiata lì dentro come sapeva che, per un motivo o per un altro, doveva raggiungerla. Così, non curante dell'adesivo che stava ad indicare a quale sesso fosse destinato il bagno, aprì lentamente la porta, guardandosi alle spalle un attimo prima di entrare e rinchiudersi lì dentro.

«Cazzo! Mi ha visto?» se ne uscì nel frattempo Joey, con la bocca circondata di rossetto alla fragola. «Merda...»

«Certo, brutto coglione!» Daron alzò le braccie in segno di ovvietà, dopo aver ricollegato bene i fatti:«Certo che ti ha visto! E per fortuna, cazzo!»

Joey lo guardò male: non avrebbe mai accettato che qualcuno gli parlasse così. Aveva sempre avuto quel senso di superiorità secondo la quale nessuno avrebbe potuto mancargli di rispetto: era già tanto se quella sera non avesse preso a botte Serj, ma ora che l'alcol, il fumo e il recente scompiglio gli stavano mandando in tilt in cervello...a sentirsi chiamare in quel modo, partì immediatamente in quarta contro il ragazzo che lo aveva appena provocato.
Spinse via la troia che si era limonato fino a quel momento e a passo svelto e furioso si avvicinò a Daron, con aria estremamente minacciosa. «Che cazzo hai detto tu, chitarrista dei miei coglioni?»

Daron ignorò prontamente il super-prevedibile "uhhh" generale, tipico di un film americano, che la gente aveva innalzato come delle pecore. Sollevò ancora di più la testa, senza smuoversi di un centimetro. «Ho detto che sei un coglione...» rivolse un rapido sguardo a Shavo e John, incurante delle loro occhiate che chiedevano esplicitamente di non continuare la frase, per poi ritornare a fissare colui che gli stava letteralmente col fiato sul collo:«...coglione»

 **
Candy spingeva nervosamente le gambe contro la porta sperando, a causa della rabbia, di spaccarla. Non poteva e non voleva crederci: come aveva fatto il suo ragazzo a farle una cosa del genere? Lei lo amava da ben due anni: due anni passati a pensare solamente a lui. Sapeva che certe volte aveva comportamenti un po' strani, ed eccessivi. Ma, alla fine, chi non li ha? Con lei si era sempre comportato come un ragazzo per bene, sempre pronto a consolarla ed aiutarla per qualsiasi problema. Perché ora le aveva fatto questo? Forse, pensava, non era più adatta per lui. Forse, continuava, l'aveva annoiato ed ora voleva provare cose nuove. Tante domande simili, tutte insieme, si facevano spazio nella mente della ragazza che continuava a piangere ininterrotamente mentre ad ogni lacrima si passava una mano sotto agli occhi per asciugarsi. Era come se non avesse più fiato. La testa le stava esplodendo. Ma lei, non riusciva proprio a smettere.

«Candy?»

Ad un tratto, il silenzio. "Merda!" pensò, tirando subito su con il naso. Qualcuno l'aveva sentita piangere...l'ultima cosa che avrebbe voluto! La bocca leggermente spalancata per riprendere fiato, e gli occhi completamente rossi che puntavano fissi lo spazietto sotto alla porta per osservare qualsiasi movimento all'esterno. Era talmente confusa, che neanche si rese conto di essere appena stata chiamata per nome. Neanche si chiese chi potesse essere.

«Ti ho sentita, sai?» l'uomo riprese a camminare, lentamente. «Dove sei?»

Serj.

Gli occhi di Candy stavano ricominciando a riempirsi di lacrime. Lei li strizzò, cercando di trattenersi, staccandosi dalla pelle bagnata qualche capello che fece distrattamente passare dietro alle orecchie. Non voleva parlare...non poteva parlare. Non voleva che la sua voce tremante e spezzata dai singhiozzi, ancora faticosamente trattenuti, fosse udita. Espirò, inspirò ed espirò di nuovo.
Serj si fermò al centro della stanza.
Candy si portò le mani al volto.

«Qui» se ne uscì lei dopo almeno una decina di secondi di assoluto silenzio, quasi involontariamente. Neanche lei sapeva perché glielo avesse detto.. neanche ci voleva parlare lei, in quel momento. Si sentiva una scema. Iniziò a scuotere la testa e a riempirsi di piccoli schiaffetti il viso. Perché-diavolo-l'ho-detto?

L'uomo si avvicinò e si appoggiò a braccia conserte sulla porta dietro la quale si trovava la ragazza. «Tutto bene?»

Tirò su con il naso, un'altra volta, mentre ritornava a sentire quell'odioso nodo alla gola. Il respirò si fece più pesante, il labbro inferiore ricominciò a tremare. No, no! Stava per piangere di nuovo...con qualcuno a pochi centimentri da lei! Si portò le mani alla bocca, per non farsi sentire. Si appoggiò con i gomiti sulle ginocchia ed osservava quasi attentamente le nere scarpe che indossava Serj dallo spazietto tra l'entrata del wc ed il pavimento. Non si spostavano neanche di un centimetro.

«Candy?»

Candy ormai sapeva che l'uomo non si sarebbe arreso e che sarebbe rimasto nella stanza con lei. Da una parte si sentiva infastidita: certe volte, quando era davvero triste ed impegnata a sfogare i suoi sentimenti attraverso litri di lacrime, detestava avere qualcuno accanto che avrebbe potuto sentirla. La imbarazzava, piangere vicino a qualcuno. E quando quel qualcuno iniziava a far domandare...lì, andava totalmente fuori di testa! Ma dall'altra parte, questa persona la incuriosiva: la incuriosiva davvero tanto! Era, forse, una delle persone più ragionevoli dentro quel locale, secondo lei, o almeno, era la più ragionevole fra tutte le persone in cui si era imbattuta quella sera. Quindi, perché fare scena muta? Magari, provare a rispondere alle sue domande non le sarebbe costato poi così tanto, no? In più, ormai, si era fatta sentire e aveva rivelato il proprio "nascondiglio".

«Che-» un singhiozzo, «c'è?»

«Ti andrebbe di uscire fuori?» domandò lui, gentilmente.

«No» tagliò corto lei, secca, sincera da una parte, ma dubbiosa dall'altra.

«So che non ci conosciamo» riprese lui, cercando di farsi ancora più vicino, «ma mi dispiace vederti così.» fece girare attorno al polso l'orologio che indossava ogni giorno, con la speranza di sentire la voce della ragazza. «Scusa se, magari, posso sembrarti un po' sfacciato, ma Joey è sempre stato un cretino...per non dire altro. Non ti saresti dovuta trovare qui, stasera.»

«E invece ci sono. Ci sono venuta e ora sono ridotta peggio di...peggio...non lo so! A me neanche piacciono questi maledetti posti! Li ho sempre odiati, cazzo! C'è un motivo se non ci metto mai piede: ogni fottuta volta che ci entro finisco in lacrime!»

«Lo so che non ti piacciono questi posti...me ne sono accorto.»

Silenzio.

«Me ne sono accorto molto prima che succedesse quel che è successo. Ti ho vista, quando ti ha presentata...quasi quasi, ti avrei aiutata a scappare» accompagnò quest'ultima frase con una risatina, cercando di sdrammatizare in mezzo a quella cupa atmosfera che si era formata tutt'intorno. «Non meriti di piangere per quella persona. Sei una ragazza per bene, ne sono certo. Mi spiace vederti così, Candy. So quanto sia brutto quando qualcuno di cui ti fidavi prende un coltello e te lo conficca dritto nella schiena, è orribile, lo so. Ma, prima o poi, capirai che grande liberazione sia stata.» Poi, deciso, alzò il tono della voce e si smosse dalla posizione tenuta fino a quel momento. «Anzi, sai che ti dico? Hai fatto bene a venire qui, stasera. Almeno hai capito con che razza di persona avevi a che fare.»

Candy smise di piangere. Di colpo. Come se improvvisamente qualcuno avesso premuto un tasto "reset" e l'avesse riportata all'inizio della serata. Si strofinò gli occhi finendo per ritrovarsi  sul palmo delle mani l'ennesima macchia nera di mascara. Perché, si chiedeva lei, questo sconosciuto dal nome estraneo e totalmente inaudito, l'aveva aiutata già una volta e ora stava cercando di consolarla? Quelle parole...quelle semplici, premurose, affettuose parole le avevano fatto sentire una strana e particolare sensazione allo stomaco. Quel tipo di sensazione che ti fa totalmente dimenticare delle tue insicurezze, del tuo trucco sparso attorno agli occhi, del tuo rossetto sbavato, dei tuoi capelli non più perfetti come quando sei uscita di casa, e ti fa aprire senza troppi problemi quella maledetta porta che sei stata a fissare per tutto il tempo, facendoti ritrovare difronte ad un estraneo che, alla fine, tanto estraneo poi non era più.
Candy stette lì a fissarlo, con lo sguardo distrutto ma con un sorriso accennato, guardandolo dritto negli...negli occhiali da sole, cavoli! Ma perché se ne andava in giro con degli occhiali da sole pure di notte?

«Grazie...di nuovo»

Serj si avvicinò di più a lei, passandole un pollice sullo zigomo per bloccare una lacrima solitaria. «Dai...» le disse, stringendola in un leggero abbraccio mentre Candy abbandonava la testa sul suo petto, stringendo l'uomo a sua volta. «Basta piangere» continuò quasi sussurrando, strofinandole lentamente la mano sulla schiena.
A volte la vita andava così. Non c'era un motivo, o forse si, chissà. Ma Candy in quel momento si sentì meglio di qualsiasi altra volta qualcuno l'avesse abbracciata. Le braccia di Serj l'avevano fatta sentire estremamente protetta dal mondo esterno: era come se nessuno ora potesse farle nulla...per la seconda volta. Non lo avrebbe mai ammesso, almeno per ora, ma quel semplice abbraccio fu centomila volte meglio di qualsiasi bacio le avesse dato quel verme di Joey Barnes. Se fosse stato per lei sarebbe rimasta lì, a farsi cullare fra quelle baccia, sicura di non dover più temere qualche altra lacrima sprecata.

**

«Okay, adesso basta!» sbottò John, buttandosi contro Daron per afferrarlo e portarlo via da Joey e co. «Possibile che non riesci a startene buono un attimo?»

Nel frattempo, Daron e Shavo si erano ritrovati in una vera e propria rissa. Fu più che altro Daron, in realtà, ad iniziare una furiosa scazzottata con i suoi nemici dopo averli riempiti di insulti, mentre Shavo si era aggregato giusto per non lasciar solo l'amico. John, invece, aveva cercato invano di allontanarli: quando facevano così, erano davvero insopportabili. Lui le odiava le risse, si capiva a prima vista che era un tipo abbastanza serio che non si lasciava trascinare facilmente, ma i suoi due amici certe volte erano davvero indomabili!

«Quel coglione...» ripeté sottovoce Daron passandosi la mano sulla bocca ricoperta di sangue per via del labbro spaccato. Qualcuno lo aveva colpito in pieno, senza pensarci due volte. «Spero di non dover avere più a che fare con quella faccia di merda»

«Io con questa gente ho definitivamente chiuso!» affermò Shavo ad alta voce mandando, con un gesto della mano, a quel paese tutta la compagnia con cui lui e i suoi amici erano tipici riunirsi.

«Finalmente» commentò John, serio all'esterno, ma estremamente contento e soddisfatto all'interno, ricevendo pure un'occhiataccia da parte di Shavo.

«Piuttosto...» fece Daron guardandosi attorno accigliato, «Serj dov'è?»

John si voltò, guardandosi attorno come aveva fatto Daron un paio di secondi prima. Tutto questo casino gli aveva completamente fatto dimenticare di Serj! «Non saprei» fece spallucce, «Si è allontanato poco fa per andare da Candy»

«Ovunque sia deve farsi vivo subito. Mi sono stufato, voglio andarmene a letto» sbuffò Shavo, ricevendo un mezzo scappellotto da parte di Daron che gli aveva gridato di avere un minimo di compassione.

Dopo un paio di minuti passati ad offendersi a vicenda per pura noia, come ogni tanto succedeva, Serj li raggiunse accompagnato da Candy. Quest'ultima aveva deciso di darsi una sistemata prima di venir fuori: non voleva lasciare nemmeno una traccia sul suo viso che rimandasse ad un potenziale pianto. L'uomo le aveva premurosamente risistemato i capelli la quale, in preda a quella piccola crisi, la ragazza aveva scompigliato del tutto quasi sull'orlo di strapparseli. Il trucco invece era stata costretta a rimuoverlo del tutto. Ora capiva perché quasi tutte le ragazze si portavano dietro i cosmetici ovunque andassero. L'ultima cosa a cui lei avrebbe pensato prima di uscire di casa, era proprio quella di un possibile e necessario ritocco: non impazziva molto per queste cose, a lei piaceva la semplicità...e di sicuro, riempirsi la faccia di colore e robe varie non era per nulla un qualcosa di semplice! Anzi, un altro motivo per cui odiava il make-up era quello di nascondere il proprio volto. "Con tutto quel trucco sul viso attirerei molti", si era sempre ripetuta, "Ma quanti rimarrebbero la mattina successiva?"

Serj si fermò di colpo, a pochi passi da Daron. Lo scrutò per bene soffermandosi specialmente sul labbro incriminato:«che diavolo ti è successo?» chiese avvicinandosi.

«Il solito cretino» intervenne John dando un colpetto sul braccio del più giovane. «Te, invece, come stai?» si rivolse a Candy, quasi totalmente nascosta dietro Serj per paura di imbattersi in qualcuno di poco piacevole.  «Tutto bene?»

«Un po' meglio» mormorò con lo sguardo abbassato, «Non è di certo una cosa che si supera in qualche minuto»

«Certo, ci mancherebbe»

«Daron Malakian!» Daron gridò all'improvviso e allungò contento una mano verso la ragazza. Tutti e tre i ragazzi spalancarono gli occhi per qualche attimo, colti alla sprovvista. Dio, quel ragazzo era davvero imprevedibile! Candy non poté trattenere un leggero sorriso ed allungò lieta la sua mano per stringere quella del ragazzo, di cui solo ora notava i grandi e scuri occhioni fissati su di lei.

«Candy Verstappen»

«E' un piacere, Candy! Oh, questo è Shavo Odadjian: passa le sue intere giornate a fumare erba perché non ha un cazzo da fare» l'interpellato provò a controbattere, ma senza successo a causa di Daron che lo interruppe e che continuò molto appassionatamente le presentazioni. «Quello lì è John Dolmayan: è quello messo un po' meglio di tutti...» poi si avvicinò all'orecchio della ragazza, senza farsi sentire da colui che era appena stato introdotto:«...quindi il più noioso. Ma shhh! Non dirgli che te l'ho detto» poi si fece indietro e indicò velocemente Serj, che già temeva quello che avrebbe detto il suo amico:«quel brontolone lì è Serj Tankian» Candy alzò gli occhi verso di lui, «Ha sempre qualcosa da ridire, ma alla fine...è quasi una brava persona»

«Comunque non sto tutto il giorno a fumare erba»

«Io giuro di non essere un brontolone»

«Ti ho sentito comunque, scemo»

Candy emise una risatina, divertita. Diede per l'ennesima volta uno sguardo ad ognuno: erano soggetti particolari, certo. Non li conosceva per niente, li aveva appena incontrati, ma non poteva assolutamente negare il fatto che gli stessero tutti quanti ispirando una particolare simpatia. Per la prima volta, si era ritrovata a parlare con dei completi sconosciuti senza sentirsi nemmeno un briciolo a disagio. Non erano come gli altri che, nel corso della sua vita, Candy si era ritrovata ad avere davanti intenti a parlarle o ad improvvisare qualche presentazione non richiesta. Molto probabilmente era stato Serj a darle tutta questa sicurezza, entrato automaticamente nelle grazie della ragazza.

«Avete dei nomi strani» commentò.

«E' perché abbiamo origini armene» rispose il più vecchio il quale ricevette in risposta un cenno con la testa. «Tutto nella norma»

«Vi spiacerebbe se uscimmo da qui? Tutto questo caos mi ha altamente stufato» domandò John.

«Candy!» l'irritante, insopportabile, odiosa, assolutamente non gradita voce di un Joey ubriaco, avanzante verso la ragazza tradita poco prima, si era propagata improvvisamente verso i ragazzi che riuscirono solo a rivolgergli uno sguardo pieno di odio. In un solo secondo erano già tutti e quattro posizionati davanti all'oggetto del desiderio del ragazzo, pronti per respingerlo e non fare in modo che si avvicinasse troppo. Fu costretto a fermarsi ed, accigliato, con l'angolo del labbro superiore sollevato, guardò con altrettanto disprezzo i quattro, alzando in risposta il medio. «Fanculo Candy! Adesso te la fai pure con questa band di falliti?»

"Band?" Pensò Candy, abbozzando nella sua mente il pensiero che i ragazzi appena conosciuti potessero aver formato una piccola band fra di loro.

«Band di falliti?» si fece avanti Shavo, ridendo, «Si dia il caso che colui a passare le sue serate ad ubriacarsi in discoteca mentre si limona qualche troia trovata a caso, sia tu. L'ultima cosa che puoi permetterti di fare è dare dei falliti a noi.»

«Perché non te ne vai via invece di dare aria alla bocca?» continuò Serj, indicando qualcosa dietro Joey, «Là è pieno ragazze, proprio come piacciono a te. Non penso che Candy voglia aver più qualcosa a che fare con qualcuno di spregevole come te»

Candy non poteva crederci. Non poteva. Nessuno l'aveva mai difesa in questa maniera prima d'allora. Nessuno. Le palpebre leggermente socchiuse, la bocca un poco aperta e la testa incinata da un lato appena. Silenziosamente si avvicinava a piccoli passi, godendosi la scena, sentendosi protetta.

«Andate a farvi fottere, tutti quanti.» sbottò in definitiva il nemico di turno, voltando le spalle e tornandosene da qualche parte sconosciuta. «Fanculo voi, quella puttana di Candy e i vostri fans di merda!»

Serj si appressò alla giovane e le passò una mano sul braccio, «Non starlo a sentire»

«Sul serio, ragazzi» Candy iniziò ad intrecciare le propria dita alzando le sopracciglia, quasi insicura, «Vi ringrazio davvero tanto...»

«E di cosa?» Shavo le mise un braccio dietro al collo, stringendola in una specie di abbraccio mezzo storto. «Quel pezzo di merda deve starti lontana! Anzi, andiamocene direttamente...e, dato che ormai ti è stato accennato qualcosa, direi di approffitare e presentarci un po' meglio»



 



























   
 
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