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Autore: steffirah    27/11/2018    3 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Vicini e lontani


 
Nei giorni successivi tentai di rispettare il volere di sua cugina, mantenendo per quanto possibile le distanze da Li-kun. Mi limitavo pertanto a salutarlo quando arrivavo, attaccavo poi a parlare del più e del meno con le ragazze, lasciandomi coinvolgere dai loro dialoghi, sforzandomi di ignorarlo con tutta me stessa…. Proprio come facevano gli altri. Questa era la cosa che più mi feriva. Volevo essere onesta, volevo comportarmi come sempre, volevo essere la solita socievole Sakura; ma al di là delle parole intimidatorie di Li Meiling, continuavo ad essere convinta di poter rappresentare un fastidio per lui. Temevo che potesse considerarmi una scocciatura a lungo andare.
Un giorno a pranzo i miei amici mi misero alle strette, domandandomi come mai mi ostinassi ad essere cordiale con lui sebbene mi ignorasse. Non avevo una vera e propria risposta da dare. Una parte di me sapeva che non se lo meritava, visto che effettivamente era stato scortese con me sin dall’inizio – almeno secondo il loro punto di vista. Eppure forse io ero cieca, perché in quella poca comunicazione che avevamo avuto vi avevo sentito qualcosa in più. Una sorta di richiesta di aiuto, come un muto segnale, un bisogno di qualcuno. O forse mi stavo immaginando tutto e semplicemente c’era quell’altra parte di me che dentro di sé sperava che prima o poi ricambiasse, pur nella consapevolezza che non sarebbe mai avvenuto.
Così spiegai che fosse semplicemente nella mia indole salutare tutti quelli che conoscevo, ero stata educata in quel modo da mio padre, ad essere sempre cortese e gentile con il prossimo. Tuttavia mio fratello mi aveva anche insegnato a non farmi mettere i piedi in testa da nessuno, quindi se avessimo avuto nuovamente occasione di conversare avrei continuato a rispondergli a tono. Magari impuntandomi di più.
Annuii quindi decisa, mordendo un pezzo di onigiri con determinazione, e per la prima volta nel sollevare lo sguardo mi capitò di vedere passare nel corridoio davanti ai tavoli Tomoyo-chan ed Eriol-kun. Chissà dov’erano diretti.
Li fissai raddolcita vedendoli conversare amabilmente, mentre camminavano pacati mano nella mano, salutando con eleganza le persone che trovavano sul loro percorso. A volte sembravano un gentiluomo e una gentildonna di tutt’altra epoca.
Il mio sorriso scemò quando mi accorsi che a pochi passi di distanza da loro c’erano Li-kun che camminava imperturbabile, fissando dinanzi a sé, e sua cugina che non la smetteva di chiacchierare allegramente con un’altra ragazza che non conoscevo. Ciononostante mi sembrava di averla già vista. Adocchiai quei capelli rossicci, d’una sorta di marrone ruggine, che le scendevano morbidamente sulla schiena, visualizzandoli legati in una crocchia. Ecco, era una delle quattro ragazze viste al festival, quella dall’aria più giovane!
Nello stesso momento in cui l’ebbi riconosciuta, Li Meiling si voltò nella nostra direzione, rivolgendomi un’occhiata raggelante. Rabbrividii e sussultai, colta in flagrante, finendo quasi col strozzarmi col riso, per cui tossicchiai e mentre le ragazze mi davano dei colpetti sulla schiena bevvi dell’acqua a grandi sorsate. Quando sembrai riprendermi rialzai lo sguardo, ma erano già spariti tutti e cinque.
Mi rabbuiai, ripensando all’inspiegabile astio che ella covava nei miei confronti e a quelle sue parole così ostili. Mi sforzavo sempre di non rimuginarci su, ma a dire la verità per due notti consecutive esse mi portarono a fare incubi. Era quasi sempre la stessa scena, con lei che mi ripeteva di non avvicinarmi a lui, altrimenti me l’avrebbe fatta pagare. Io non la ascoltavo e ostinatamente mi avvicinavo a Li-kun, con l’unico risultato di sentirlo ripetermi le sue stesse parole, oltre che dovevo disprezzarlo e soprattutto temerlo. Ciò nondimeno anche nei miei sogni ero cocciuta e ogni volta che gli dicevo che di lui non avevo paura lui perdeva la pazienza, sfogando la sua rabbia su ciò che ci circondava probabilmente per non picchiare me, ripetendomi quanto fossi stupida a cercare “una persona come lui”. Nei miei sogni non mi sforzavo di capire, semplicemente tacevo, e quando mi stancavo di sentirlo abbaiarmi contro, non credendo al fatto che quella fosse la voce della sua anima, finivo con l’abbracciarlo. Allora la scena cambiava, diventava tutto buio, seppure fossimo avvolti da ciliegi di un rosso brillante nel suo vermiglio. Solo a quel punto mi accorgevo che c’era sangue dappertutto. Sangue sulle sue mani. Sangue sul mio corpo. Sangue sulle sue labbra. Lacrime di sangue scivolavano dai suoi occhi, bagnandomi le guance. E quando esse mi tingevano il viso lui mi s’avvicinava, bloccandomi contro una parete invisibile, e mi baciava, nonostante io tentassi di liberarmi dalla sua presa. In lontananza sentivo l’eco della risata di sua cugina e io mi sentivo sempre più fiacca, sempre più debole.
Come se lui con ogni bacio mi stesse risucchiando le energie. Come se lui con ogni bacio mi stesse rubando la vita.
Fortunatamente questi incubi non poco inquietanti non ebbero la meglio sulla mia sanità mentale, essendo intervallati e poi sostituiti del tutto da sogni fantasiosi e avventurosi, nei quali ero spesso la fanciulla delle fiabe che andava tratta in salvo o una maga che sconfiggeva il demone malvagio in un villaggio. Questi potei raccontarli con piacere anche alle ragazze, le quali ne sembrarono tutte colpite, paragonandoli a dei veri e propri film; soprattutto Naoko-chan si illuminò come tante lucine iridescenti nell’ascoltarmi e mi chiese se potesse sfruttarli per crearne tanti mini racconti.
In realtà si trattava sempre di un riflesso di quel che vivevo durante l’arco della giornata, visto che, forse accorgendosi del mio stato d’animo ombroso, a casa Tomoyo-chan mi chiedeva spesso di leggere delle favole ad alta voce, intrattenendo sia lei che Eriol-kun. Quello era uno dei momenti più piacevoli in quanto, seppure non fossi una divoratrice di libri, mi dilettavo ad entrare nei diversi racconti, trovando spesso tratti in comune coi personaggi di essi. Chissà che non fossi anche io l’eroina della mia storia?
Fatto sta che giungemmo a questo perché nei momenti liberi cercai di conoscerli meglio, intrattenendomi con loro; così facendo scoprii non solo che stavano insieme da ben tre anni e che Eriol-kun viveva con loro per concessione di mia zia, ma mi illustrarono anche quali fossero i loro passatempi.
A Tomoyo-chan piaceva ideare e confezionare vestiti, per cui cominciò a realizzarne diversi anche per me. Mi mostrò un raccoglitore pieno zeppo di suoi abbozzi colorati e c’era da ammettere che erano stupendi. Avrebbe potuto diventare una stilista affermata, ce la vedevo a perfezione! Poi adorava cantare – era infatti iscritta al club di coreutica – e spesso la sua candida, dolce voce risuonava per i corridoi e le stanze, leggera e calmante, come una ninnananna.
Eriol-kun, invece, amava spassionatamente i libri, sarebbe stato capace di leggerne cinque di fila senza stancarsi. Ed erano anche letture piuttosto pesanti, da quel che mi era parso di vedere. Talvolta lo trovavo seduto sulla grossa poltrona di velluto rosso in biblioteca con dinanzi a sé tomi che più che libri sembravano mattoni, per quanto erano spessi. Davo per scontato che fosse iscritto al club di letteratura, come Naoko-chan, invece mi sorprese facendomi scoprire che ce n’era anche uno sugli scacchi. Doveva essere proprio super-intelligente!
Infine, un’altra passione che sembravano avere in comune era mettermi sempre al centro dell’attenzione, qualunque cosa facessi. Al punto tale che mia cugina cominciò ad approfittare di ogni occasione propizia per registrarmi, con una videocamera all’avanguardia sviluppata dalla compagnia gestita da sua madre. All’inizio mi imbarazzò un tantino, ma subito mi ci abituai. Mi faceva indossare ogni volta nuovi abiti che cuciva e finiva in un tempo umanamente impossibile, implorandomi di sfilare per lei o passeggiare soltanto per il roseto, cercando angoli buoni da cui riprendermi nonostante la fioca luce delle nubi.
Per il resto, nei giorni adibiti restavo agli allenamenti del club,  consumando lì tutte le mie energie. Durante le lezioni mi concentravo sulle parole dei docenti per prendere appunti e anche a casa trascorrevo ore intere a studiare, in modo tale da mantenermi alla pari con lo studio – soprattutto considerando che una parte del semestre già era finita prima che arrivassi. Fortunatamente per me sia Tomoyo-chan che Eriol-kun si offrirono di aiutarmi ogni volta che mi fossi trovata in difficoltà e furono entrambi molto gentili nel riassumermi ciò che mi ero persa fino ad allora, considerando che quello era il programma che avevano dovuto studiare l’anno precedente.
Fu soprattutto grazie a loro e a tutte le attenzioni che mi dedicarono che il mio umore migliorò radicalmente, oltre al fatto che ogni sera ci pensava mio fratello a distrarmi con le sue provocazioni. Almeno riusciva a farmi addormentare con un sorriso.
Così trascorse un’altra settimana in una maniera che si poteva definire sufficientemente serena.



Il lunedì successivo era il mio turno delle pulizie della classe, per cui dovetti svegliarmi prima. Mi avviai a passo svogliato a scuola, sbadigliando e strofinandomi gli occhi durante il tragitto, sentendomi tremendamente assonnata. Il fatto che facessi sogni attinenti alla realtà mi lasciava sempre un po’ rimbambita, per cui soltanto una parte un po’ più lucida di me si chiedeva con chi dovessi farle, avendo dimenticato di controllare il venerdì precedente.
Mi affrettai a raggiungere il complesso scolastico, dicendomi che fosse meglio arrivare puntuale e non far aspettare chiunque mi avrebbe fatto compagnia. Salii intrepida le scale e aprii la porta dell’aula, incuriosita; sulla soglia di essa mi pietrificai. Mi riflessi in un paio di occhi che per quei sette giorni avevo forzatamente evitato e immediatamente sviai lo sguardo, posandolo sul lato inferiore della lavagna. Nell’angolo sulla destra c’era la data del giorno e, subito al di sotto, il suo nome si trovava accanto al mio. Come potevo ignorarlo adesso?
«Buongiorno» mormorai a testa bassa, andando a posare la cartella accanto al mio banco prima di togliere il cappotto e la sciarpa – ultimamente aveva cominciato a fare più freddo, sebbene fino ad un anno fa in questo periodo ancora non avevo tirato fuori le magliette a maniche lunghe.
Come di consueto, Li-kun non mi rispose. Mi sarei meravigliata se avesse fatto l’opposto.
Passò oltre me prendendo il vaso coi fiori dalla mensola, per poi uscire dall’aula senza dire una parola. Ipotizzai che stesse andando a cambiarne l’acqua.
Rilasciai il respiro, rendendomi conto solo allora di starlo trattenendo a causa della tensione. Non potevo continuare così. Non mi garbava affatto quella situazione, dovevo assolutamente ribaltarla.
Non appena rientrò posò il vaso dov’era e io rimasi a fissarlo sorpresa. Ne aveva cambiato anche i fiori, sostituendo quelli ormai secchi con campanule. Chissà dove le aveva trovate.
«Che belle…» sussurrai tra me, sfiorandone un petalo a punta. Sembravano freschissime. «Le hai colte tu?»
«Prato sul retro» spiegò brevemente.
Mi voltai sorpresa. Mi aveva risposto! Davo per scontato che fingesse che non esistessi, che avesse deciso ormai di non rivolgermi più la parola…. E invece non era così!
«Cos’è quel sorriso idiota?»
Assottigliai gli occhi, rivolgendogli un’occhiataccia.
«Scusami se sono felice» sbottai avvicinandomi al registro delle presenze, prendendolo e sedendomi al mio posto per cominciare a segnarci.
«Scusami tu» ribatté dopo qualche minuto di silenzio. Si scompigliò i capelli, guardando oltre le finestre. «Non volevo essere scortese.»
«E io non volevo ignorarti» replicai sottovoce, rifiutandomi di guardarlo, bloccandomi nel mio operato. Osservai tacita il suo nome appena scritto da me, lasciando la punta della penna sospesa sul foglio, a pochi centimetri da quei caratteri. Temevo che a causa di quei sogni mi sarei sentita a disagio in sua presenza, ma non era così; al contrario, nonostante ogni volta che eravamo soli mi prendeva una strana agitazione, indecifrabile, cui non riuscivo a dare alcuna spiegazione, lo trovavo piacevole.
Mi schiarii la voce, ridestandomi per informarmi: «Ci sono annunci particolari da fare agli altri?»
Lo vidi scuotere la testa, serrando le labbra. Sembrava quasi che si stesse trattenendo dal dire qualcosa e restai a guardarlo, in attesa. Trascorsero interi secondi in cui sostenne il mio sguardo, ma poi semplicemente sospirò, comunicandomi: «Mi sono già occupato di tutto, quindi… pensi tu a segnare le presenze?»
Annuii tornando al lavoro, conteggiando quelle dell’ultima settimana. Ne tracciai il totale prima di dimenticarlo, finché non mi accorsi che si era appoggiato al banco di fronte al mio. Alzai la testa colpita dal fatto che, adesso, fosse lui a cercarmi, e lo trovai con un mezzo sorriso.
«Conti ancora sulle dita?» mi beffò.
Gonfiai le guance, indispettita.
«Non è colpa mia se sono negata in matematica.»
«Davvero?» Non sembrava per niente sorpreso, il che mi stizziva ancora di più.
Tuttavia non c’era molto che potessi dire a favore di me stessa, per cui tornai ai conti, brontolando imbronciata: «So di non avere talenti.»
«Ti sbagli.» Si accomodò sulla sedia, poggiando le braccia allo schienale, posandoci il mento sopra. «Ti ho vista fare ginnastica. Sei la persona più atletica della classe. Forse addirittura di tutta la scuola.»
Era un mero giudizio, detto in maniera schietta, non molto differente da quello espresso in precedenza da Miura-sensei, eppure bastò per imbarazzarmi.
«M-ma… non è nulla di grandioso.» Giocherellai con la penna, replicando impacciata: «E poi, me lo vieni a dire tu che sei così portato, in tutte le materie?»
«Non in tutte» mi contraddisse, scuotendo il capo. «A volte ho difficoltà col giapponese della letteratura classica.»
Oh, giusto!
«Le tue origini non sono giapponesi, vero?» indagai e alla sua conferma lo guardai piena di ammirazione. «Però parli benissimo la lingua! Credimi! E in ogni caso, il linguaggio antico è un po’… criptico e incomprensibile. Soprattutto alcune poesie» ridacchiai.
Dato che restò in silenzio tornai seria, chinando lo sguardo per continuare quel che stavo facendo. Ed io che speravo potessimo intavolare una conversazione….
Dopo non molto prese finalmente parola, cambiando totalmente argomento, cogliendo tutta la mia attenzione nel mostrarsi esitante.
«Ascolta, io… So che è passata una settimana da allora, ma vorrei scusarmi. Per quello che ti ha detto Meiling» rispose alla mia muta domanda.
Rimasi a fissarlo inespressiva, sebbene mi sentissi il cuore in tumulto.
«Sapevo che sarebbe stato totalmente inutile e impossibile perché dipende da me, non da te» riprese, mandandomi in confusione. «Anche se in realtà un po’ dipende da te, visto che ho fatto di tutto per odiarti, per essere inavvicinabile e risultarti scontroso e -»
«Aspetta!» lo interruppi, alzando le mani per bloccarlo e, al contempo, difendermi. «Non riesco a capire. Se tua cugina è innamorata di te può stare tranquilla, non ho intenzione di ostacolarla.»
Alzò un sopracciglio, perplesso.
«Non sto parlando di amore.»
«Hoe? Ma lei ha detto che sei “suo” e io pensavo…» Tacqui, ragionando. Avevo frainteso?
Sospirò pesantemente, passandosi una mano sul viso. «Ha esagerato un po’» borbottò, per poi guardarmi con serietà. «Io non sono di nessuno. E non potrò mai esserlo.»
«Perché?» domandai sbigottita.
«Perché non è sicuro starmi accanto, e questo vale anche per te. Perciò ti ho detto di starmi alla larga. Perciò volevo starti alla larga.» Sembrava combattuto e quanto più parlava tanto più mi sentivo persa nelle sue parole. «Ciononostante non sono riuscito nel mio intento, anche perché tu vanifichi continuamente tutti i miei sforzi. Perché, per quanto io ti tratti male, ti ostini a rivolgermi la parola? Perché devi sorridermi e salutarmi ogni giorno? Perché quanto più io ti spingo lontano tu ogni volta ti riavvicini, perfino più di prima?»
«Perché voglio esserti amica» risposi con onestà, non appena sembrò aver sfogato tutta la sua frustrazione.
Lui spalancò gli occhi, come se ciò lo sconvolgesse.
«È piuttosto semplice, no?» Sorrisi mesta, abbassando lo sguardo sulle mie mani, notando quanto fossi nervosa. «E anche perché sono cocciuta e… perché esattamente come te, non riesco ad ignorarti.»
Non appena ebbi pronunciato quell’ultima parola suonò la campanella.
Sobbalzai per lo spavento, lui invece rimase impassibile. Si alzò in un unico movimento, chinandosi sul mio banco, raggiungendo quasi il mio viso. Trattenni il fiato, travolta del tutto dall’intensità delle sue iridi, così vicine adesso. Così piene di dettagli. Ma non feci in tempo a raccoglierli tutti che sussurrò, in tono quasi implorante: «Dico sul serio. Anche se io dovessi avvicinarmi a te, tu respingimi e stammi alla larga. Puoi voltarmi le spalle, maltrattarmi, rivolgerti a me con sgarbo o tutto quello che vuoi, ma qualunque cosa tu scelga, qualunque cosa tu faccia… non permettermi di starti così vicino.»
Detto ciò si allontanò, occupando il suo posto, lasciandomi rilasciare finalmente il respiro. Volevo girarmi a guardarlo, ma ero troppo in conflitto, tanto quanto lui sembrava afflitto.
Desideravo davvero andare incontro alle sue volontà, ma c’era un unico problema: oramai gli ero già troppo vicina.










 
Angolino autrice:
Ta-dan, capitolo a sorpresa della buonanotte!
Sarò molto breve, vi spiego solo che nelle scuole giapponesi gli studenti usano fare dei turni per le pulizie e gli onigiri sono "polpette di riso" ripiene, solitamente triangolari e avvolte dall'alga nori.
Vi auguro dolci sogni (sullo stile di quelli fiabeschi) :3
  
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