Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Bloody Wolf    28/11/2018    10 recensioni
Storia nata da una challenge sul gruppo Boy's Love di FB.
La storia parla di come due atleti si ritrovano a condividere qualcosa di speciale, a capirsi e aiutarsi in un momento difficile per entrambe. La forza di rialzarsi non č sempre cosė scontata, a volte si ha bisogno di una mano tesa.
Spero che vi piaccia.
Genere: Malinconico, Sportivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note in fondo al capitolo, non ce la faccio a scriverle anche qui, piango troppo...
L'unica cosa che vi lascio è questa canzone che fa parte di questo quarto capitolo <3
 https://www.youtube.com/watch?v=9fYdy9TDm5k

Capitolo 4: Grazie per aver combattuto anche per me.

“Benedict Hoechlin preparati, manca poco alla tua esibizione.”

Il giovane annuì continuando a muoversi per tenere i muscoli ben caldi e pronti a scattare. Ripassò mentalmente gli ultimi passi di quel programma che aveva scelto, era difficile ma lo aveva deciso per dimostrare al mondo stesso e a sé stesso che poteva superare tutto.

Ben si guardò allo specchio e sospirò togliendosi le cuffie dalle orecchie, spense la musica e tornò nel rumore del mondo esterno. Era vestito in modo semplice ma d’effetto con quei pantaloni neri con dei sottili ricami azzurri che richiamavano i ghirigori che riempivano il gilet, sotto di esso aveva una camicia nera semi trasparente che, con le luci, sembrava quasi piena di brillantini.

Si inumidì la punta delle dita passandosele sui capelli che, per l’occasione, erano stati lasciati crescere e legati in un piccolo chignon alto. La sua truccatrice aveva svolto un lavoro molto semplice e leggero contornando gli occhi di nero e azzurro.

Si appoggiò al lavandino e prese un bel respiro, quella era l’ultima tappa del Gran Prix, era rimasto in testa alla classifica per quasi tutte le gare da quando aveva ricominciato a gareggiare ma questa era la gara che avrebbe messo la parola fine a quella lunga stagione e, per una volta ancora, voleva che fosse da vincitore.

La sa vita era cambiata dopo l’incontro con quel ragazzo spagnolo e quella vittoria gliela avrebbe dedicata perché se non ci fosse stato lui, a incoraggiarlo in quel modo brutale ma necessario, Ben era convinto che sarebbe finito in qualche bettola a ballare vivendo solo come un’ombra del passato.

Con le mani andò a sfiorare i disegni su quel gilet, quel colore lo aveva scelto per il colore degli occhi di Miguel, così particolari ed intensi da mettergli i brividi.

“Te lo avevo promesso e così sarà.”

Mise il cellulare nella felpa della divisa e camminò fino al suo allenatore consegnandogli il vestiario per il dopo gara, non servirono parole ma solo un assenso di buon auspicio da parte di entrambe.

Si scaldò facendo un paio di giri all’interno dell’area ed infine si fermò nel centro, prese un bel respiro e annuì mentre poggiava un ginocchio a terra e lasciava il pattino dell’altra gamba teso indietro a creare, assieme alle mani intrecciate sopra la testa con naturalezza, una figura che partiva da terra.

Il commentatore parlò prima di far partire la musica con voce piena di gioia:

“Benedict Hoechlin, USA, 23 anni. Ha scelto la cover di Alejandro Càzares di Rise, Katy Perry, in bocca al lupo”

“Sobrevivirè

y me veras crecer

crearè mi historia

yo podrè ir mas alla

sin conformarme

no importa si me canso pues

tan profunde es mi raiz, oh”

 

La sua figura si snocciolò verso l’alto districando le braccia e alzandosi in piedi mantenendo gli occhi chiusi, mentre permetteva alla musica di fluire dentro di sè. Il pattino emise un leggero fischio mentre veniva strisciato sul ghiaccio in sincronia con le braccia che venivano allargate verso l’esterno con calma, sul suo volto si poteva leggere un’espressione quasi sofferente eppure decisa.

Prese a muoversi subito dopo le prime strofe, pattinando all’indietro con grazia e sicurezza, completando un primo giro della pista. Con quella canzone sarebbe risorto dalle proprie ceneri come una fenice, ne era certo!

 

“Personas de poca fe

no dudes no dudes

yo la victoria tendrè

lo saben lo saben

y no lo negociarè

lo quieren lo quieren

transformacion”

 

Si preparò ai primi salti eseguendo in maniera perfetta un doppio Salchow seguito subito da un Toeloop, atterrò in maniera impeccabile e ricominciò a muoversi su quella pista portando le mani al petto e poi allontanarle verso l’alto iniziando a ruotare su se stesso in una sequenza acrobatica che portò il pubblico a mantenere il respiro, ammaliata da quella perfetta armonia tra la musica e quella danza.

“Pues

cuando el fuego esta

a mis pies

y envidias llegan

otra vez

diciendo que

no puedo mas

voy a luchar”

 

Si mosse perfettamente bilanciato saltando deciso e sicuro concludendo un triplo Axel e un Toeloop seguiti da un salto senza appoggio per facilitare la prossima mossa, si allineò restando in equilibrio su un pattino come un angelo pronto a spiccare il volo. Ruotò su se stesso alcune volte per poi ricominciare a pattinare guardandosi attorno sorridendo, doveva dare il meglio del meglio quindi aveva già deciso che, quel giorno, avrebbe osato...

Aveva scelto quella canzone per le parole che usava, quelle parole intrecciate in spagnolo gli ricordavano il suo infortunio e, più ci pensava, più dentro di sé sentiva quella furia ribollire.

Come il titolo di quella canzone, Rise, lui voleva dimostrare di essersi rialzato.

“No hay errores ni accidentes

y se piensas que

el final es

piensa que

siempre me voy a levantar”

 

Sì. Quell’esperienza gli aveva insegnato che doveva sempre trovare la forza per rialzarsi ed era certo che avrebbe sempre cercato, nei suoi ricordi, quello sguardo con cui si era scontrato, quella scintilla che aveva trovato negli occhi di quel giovane spagnolo che era così deciso e sicuro delle proprie parole che era riuscito a smuoverlo facendogli fare quel passo che gli era comunque costato tanto: il rimettere i pattini.

Era partito con euforia ma tutti i buoni propositi erano svaniti quando era arrivato al cancelletto della pista: si era bloccato, immobilizzato e forse terrorizzato da quel dolore sordo che lo aveva inchiodato mesi prima. Aveva chiuso gli occhi e dentro di sé aveva sentito quella voce “...sarai solo uno dei tanti che ha mollato la presa, un perdente e null’altro.”

Doveva combattere per quella medaglia e avrebbe trovato un modo per mostrargliela!

“Estoy consciente

de la demencia y el caos

angeles he llamando

dicen

personas de poca fe

no duden no duden

yo la victoria tendrè

lo saben lo saben

y no lo negociarè

lo quieren lo quieren

transformacion”

 

Era migliorato, si sentiva meglio e doveva dimostrarlo al mondo intero! Si staccò dal ghiaccio aprendo le gambe ottenendo una perfetta spaccata a mezz’aria seguita da un atterraggio perfetto. Fermò il passo guardando il pubblico, facendo l’occhiolino ad alcune ragazze mentre portava una mano dopo l’altra a dare pugni ai propri lati riportandoseli al petto per ripartire e prendere velocità.

Uno, due, tre. Il pattino si staccò da terra e la forza della rotazione lo portò ad effettuare tre salti di fila, un doppio Lutz, un triplo Loop ed infine un doppio Salchow. Il pubblico scoppiò in applausi e in urla di felicità mentre lui tornava a respirare dopo quella sequenza particolarmente elaborata.

Il suo allenatore lo aveva creduto pazzo quando gli aveva parlato di questo programma, gli aveva chiesto se avesse battuto la testa ma alla fine aveva ceduto ed ora era lì, su quel ghiaccio che aveva visto vittorie e fallimenti. Aveva già il fiato corto nonostante le miriadi di volte che lo aveva provato e riprovato.

“Pues

cuando el fuego esta a mis pies

y envidias llegan otra vez

diciendo que

no puedo mas voy a luchar

no hay errores ni accidentes

y se piensa que

el final es”

 

La coreografia era quasi al termine, gli mancavano poche strofe ma ora veniva il bello, doveva riposare un attimo prima di eseguire gli ultimi due salti, doveva farli in maniera perfetta, non doveva sbagliare!

Si librò in aria per pochi secondi mentre ruotava le gambe in aria tenendo il busto perfettamente fermo per poi ricominciare a girare su se stesso afferrandosi il pattino sinistro e tirandosi la gamba sopra la testa, ruotò ancora, scendendo verso il basso fino a sfiorare il ghiaccio. Si mise in posizione eretta mantenendo quella ferocia che aveva usato per quel passo per ripartire a saltare da una lama all’altra dei pattini mentre con le mani e le braccia formava figure astratte atte ad incantare ed ammaliare chiunque lo stesse guardando.

“Piensas que

siempre me voy

a levantar

Luchar!

Siempre me voy...”

 

Il gran finale era arrivato, calcolò la distanza perfetta e si mise in posizione pronto per eseguire quel triplo Axel, atterrò e subito saltò nuovamente eseguendo un triplo Salchow.

Aveva il cuore in gola e ormai le sue gambe avevano iniziato a tremare ma ce l’aveva fatta, non aveva sbagliato, non era caduto e solo questi due fatti lo portarono alla conclusione della canzone che lo vide in lacrime mentre si lasciava cadere a terra sulle ginocchia con le braccia levate verso l’alto mentre una voce dentro di sé urlava che ce l’aveva fatta, aveva sconfitto quella insana paura di essere nulla.

“...a levantar.”
 

Le lacrime continuarono a cadere dai suoi occhi mentre si guardava attorno e rideva mentre il pubblico impazziva acclamando la sua performance in maniera concitata. Sul ghiaccio venivano lanciati fiori e peluche dai suoi fans, si inchinò ringraziando tutti quanti mentre si apprestava ad uscire da quel ghiaccio con calma. Si diresse verso il proprio allenatore che, orgoglioso e fiero, lo stritolò in un abbraccio quasi soffocante.

Ben si coprì per non prendere freddo e si sedette al Kiss and Cry per aspettare il proprio risultato finale mentre copriva la lama dei suoi pattini.

Sua madre gli appoggiò la bandiera americana sulla schiena e gli sorrise con dolcezza mentre, gli passava il cellulare e un mazzo di fiori baciandogli le guance orgogliosa e con le lacrime ad imbrattargli il volto truccato.

“Sei stato grandioso! Sono così fiera di te… vorrei tanto che quel vigliacco di tuo padre fosse qui.”

Benedict negò con la testa abbracciando la madre con trasporto, suo padre se ne era andato abbandonandoli in un giorno d’estate, aveva fatto semplicemente le valige e se ne era andato lasciandogli un semplice biglietto in cui non dava motivazioni ma solo colpe.

“Non ho bisogno di vigliacchi nella mia vita, mamma.”

Il suo allenatore lo strappò da quell’abbraccio puntando un dito verso il cartellone elettronico posto in alto, mancava un solo atleta alla fine della competizione ma il nome di Ben svettava sopra quello di tutti gli altri pattinatori, era riuscito a far scivolare nela seconda posizione il favorito.

Il giovane aspettò a guardare il proprio risultato, abbassò lo sguardo verso l’ultimo atleta, non poteva cantare vittoria così si portò le mani al volto e iniziò a piangere, senza un motivo apparente…

“Perchè piangi, Ben?”

Alzò le spalle e cercò di contenersi, inutilmente. Per la prima volta in tutta la sua carriera era sulla vetta più alta del podio, sarebbe stato un podio che non avrebbe mai dimenticato perché lo aveva vissuto, lo aveva agognato come poche altre volte gli era successo.

Prima di questa stagione gareggiava per la perfezione, si infuriava e pensava di essere il migliore nonostante le sue performance non fossero mai al top ma l’infortunio aveva portato qualcosa nella sua vita, qualcosa che non avrebbe dimenticato facilmente, una luce che sapeva di vita e di forza di volontà.

L’atleta che stava gareggiando fece un errore di calcolo cadendo subito dopo un triplo Salchow, si rialzò subito ma ormai aveva perso sia la grazia che la coordinazione, atterrò in malo modo anche sull’ultimo salto.

Ben si sentì quasi crudele ma si ritrovò ad annuire e ad alzare lo sguardo sul cartellone che si era appena aggiornato. Iniziò a ridacchiare nel vedere quel numero, era il suo record personale, non era mai riuscito a concludere nessuna gara con quel punteggio e pensare che era tutto iniziato grazie ad un infortunio era… sensazionale.

 

Si portò al centro della pista assieme agli altri due ragazzi del podio, si congratulò con loro abbracciandoli e scherzando, dopotutto li conosceva fin dalle loro prime gare ed, inoltre, erano suoi coetanei o poco più vecchi.

“Il podio è colorato quest’oggi!”

Il commentatore parlò con allegria mentre scherzava con il pubblico e con i ragazzi, iniziando con lo stilare la classifica.

“Al terzo posto abbiamo l’atleta russo con un punteggio di 197.84”

Il giovane salì sul terzo gradino accettando i fiori e le medaglia di bronzo con entusiasmo, quella era l’ultima tappa del Gran Prix quindi anche solo l’arrivare lì era, per tutti loro, un grande vanto.

“Al secondo posto abbiamo l’atleta coreano con un punteggio di 213.48”

Il ragazzo gli passò accanto e lui gli appoggiò una mano sulla spalla annuendo e sorridendogli con amicizia, si girò per guardare verso la madre che era più emozionata di lui ma in quel momento qualcosa catturò la sua attenzione.

Un ragazzo appoggiato alla balaustra degli spalti, aveva un berretto con la visiera calato sul viso, non poteva vederlo benissimo ma quel sorriso lo aveva già visto, ne era certo. La voce del commentatore lo riportò con il volto verso il podio.

“Al primo posto abbiamo l’atleta americano che si porta a casa la medaglia d’oro con un punteggio di 229.75”

Riportò la propria attenzione a quel podio tanto desiderato, salì sul primo gradino, aiutato da Nikolai che, come era normale tra loro, scherzò sulla sua goffaggine nel salire sul suo primo podio.

 

Afferrò il cellulare sboccando lo schermo e guardando il messaggio che gli era arrivato dalla sorella, aspettò che si caricasse l’immagine che gli aveva mandato mentre leggeva il messaggio di congratulazioni. Amava la sua famiglia perché, tranne quel vigliacco del padre, c’erano sempre stati tutti a sostenerlo.

Aprì quell’alleato e si ritrovò a portarsi la mano libera a coprirsi la bocca mentre alcune lacrime scivolavano dai suoi occhi e cadevano a terra.

Brutta giornata per la Spagna. Il cavaliere Miguel Rodrigues, dopo un brutto incidente a cavallo, è stato ricoverato in ospedale con varie fratture al femore e un probabile trauma cranico. Il suo fido destriero è stato abbattuto poche ore dopo per via delle ferite che aveva riportato.”

Benedict si ritrovò a comporre il numero della sorella senza pensarci, aspettò che lei rispondesse con trepidazione. Quel sorriso che aveva rivisto sugli spalti era di quel ragazzo che aveva incontrato in ospedale, non poteva essere una coincidenza, quel nome e quel cognome erano identici a quelli dell’atleta…

“Bravissimo il mio fratellino!!”

Si impose di mordersi le labbra per non farla stare zitta all’istante, non voleva essere così freddo con lei ma quell’articolo era più importante perchè nella sua testa significava che aveva sbagliato, aveva insultato quel giovane dicendogli che non poteva capirlo quando era lui stesso messo male anzi forse per Miguel la situazione era peggiore. Ben dopotutto non aveva perso nulla se non la speranza mentre quel ragazzo aveva perso anche il proprio compagno di gare…

“Kristel… di quando è quell’articolo che mi hai mandato?”

La ragazza ridacchiò cercando nel cellulare la fonte di quell’articolo che aveva inviato al fratello per via dei suoi racconti su quel giovane spagnolo che lo aveva incitato a continuare nonostante tutto.

“Risale a due settimane prima del tuo infortunio e…. ho già controllato eravate nello stesso ospedale, potrebbe essere lui?”

Come poteva essere stato così superficiale di fronte a quel ragazzo? E soprattutto come aveva fatto a reagire tanto in fretta in quella situazione? Altre lacrime lasciarono i suoi occhi cariche di dolore, questa volta però non era per sé quel dolore ma era rivolto a Miguel.

 

“Fernand posso chiederti una cosa?”

Il pattinatore spagnolo si fermò e annuì, aveva sempre avuto un debole per Ben e lui lo sapeva benissimo così lo guardò con dolcezza mentre si stringeva nelle spalle e parlava con calma apparente. Apparente perché dentro di sé aveva un tornado di emozioni e di sensazioni che non poteva rivelare a nessuno.

“Quando mi sono fatto male nel mio stesso ospedale c’era un’atleta spagnolo di equitazione, mi pare si chiamasse Miguel se non sbaglio, Fernandes? O qualcosa del genere, volevo salutarlo e chiedergli come stava quindi… ti chiedevo se sapevi dove posso trovarlo”

Nei suoi occhi era sicuro che ci fosse una scintilla di speranza e di disperazione, una scintilla che simboleggiava la calma che divampava nel centro del caos della sua anima.

 

Ben si strinse nelle spalle mentre cercava inutilmente calore in quella giacca invernale che aveva addosso, non faceva freddissimo ma quel maledetto vento lo disturbava, gli dava noia considerando che era fermo fuori da quel maneggio a fissare le persone che si spostavano da circa venti minuti. Per colpa della sua stupidità aveva freddo.

Prese coraggio respirando, doveva solo entrare e ringraziarlo, nulla di difficile eppure le sue gambe sembravano fatte di cemento in quel momento. Si obbligò ad abbassare la testa contando fino a tre per poi iniziare a camminare, passo dopo passo fino a raggiungere una ragazza che gli dava le spalle e che stava lavorando con dei cartelli vicino all’ingresso.

Si schiarì la voce indossando un sorriso caloroso e iniziò a parlare con calma verso quella giovane che si era girata per ascoltarlo.

“Sto cercando Miguel Rodrigues. Sono stato in ospedale con lui e volevo salutarlo.”

La giovane annuì, si illuminò in un sorriso dolcissimo e, scusandosi per il suo pessimo inglese, lo afferrò per una manica trascinandolo verso le stalle interne. Lei sembrava cercare Miguel con gli occhi, sembrava quasi che dovesse spuntare da un momento all’altro. La giovane era a suo agio in quelle stalle mentre Ben si sentiva rigido come poche altre volte era stato.

Quei cavalli erano grossi e, per i suoi canoni, ogni animale più grande di un gatto era da evitare come la peste quindi sì, era a disagio, e non poco. Non era paura era solo che nessuno gli aveva insegnato ad avvicinarsi agli animali nel modo corretto.

Està por allà, ve…” (E’ laggiù, vai...)

La donna gli indicò una zona fuori dalla stalla e poi se ne andò richiamata da una voce alle loro spalle. Ben aveva passato la notte insonne nel tentativo di cercare le parole adatte e aveva seriamente pensato di averle trovate ma in quel preciso istante, a pochi metri dal cavaliere era in panico. Rivederlo e per la prima volta vederlo nel suo “mondo” gli aveva asciugato la gola.

Miguel era in sella ad un cavallo completamente nero, erano in perfetta sincronia e stavanosperimentando qualche tipo di coreografia sotto le direttive dell’allenatrice. Ben si perse ad osservare quella scena mentre camminava verso la staccionata con passo cauto. Come poteva una creatura di quel peso sembrare quasi aggraziata? Lui ci aveva messo anni a muoversi sul ghiaccio con grazia mentre a quella creatura sembrava venire quasi naturale, si spostava da un paio di zampe all’altra camminando come se stesse sfiorando leggermente il terreno sotto di sé.

Sembrava essersi ripreso del tutto il giovane dalla pelle olivastra, almeno a giudicare dai movimenti che compiva per seguire i movimenti dell’animale. Ben si fermò timoroso alla staccionata, non parlò e non emise nessun suono continuando a guardare rapito quell’insieme, ci pensò l’allenatrice di Miguel a palesare la sua presenza indicandolo mentre gli parlava in quella lingua che non aveva mai imparato.

Miguel tiene alguien para ti.” (Miguel c’è qualcuno per te.)

Lo spagnolo si voltò rimanendo sorpreso a scontrarsi con la figura del pattinatore, alzò una mano verso l’allenatrice e spinse il cavallo al trotto raggiungendolo con calma.

Miguel tiròi finimenti del cavallo per farlo fermare e poi scese dalla sella con eleganza mentre Ben abbassò la testa e iniziò a parlare a denti stretti.

“Avevi ragione… avevi ragione su tutto, su di me e sulla mia stupida caviglia… io, io devo chiederti scusa perché ti ho trattato male mentre tu...”

Le lacrime avevano iniziato a scendere copiose dai suoi occhi, si sentiva come una ragazzina di fronte alla prima marachella che aveva combinato. Si sentiva pieno di vergogna ma nonostante tutto voleva parlare, voleva scusarsi e voleva ringraziare quel giovane che gli aveva permesso di diventare migliore e più forte di prima.

Alzò il viso ritrovandosi ad osservare tra le lacrime la figura di Miguel che scavalcava quel legno e che, inaspettatamente, lo abbracciava stringendolo contro il proprio petto.

Scoppiò a piangere, non cercò nemmeno di contenersi contro quella stoffa che non apparteneva alla sua nazione mentre la mano dello spagnolo andò ad accarezzargli i capelli con dolcezza.

“Sei stato bravissimo.”

Ben spalancò gli occhi puntandoli in quelli del giovane, aveva alzato d’istinto le braccia e lo aveva abbracciato senza paura, non sapeva cosa dire di preciso e cosa fare ma era anche consapevole che doveva essere lui a parlare e a chiedergli scusa.

Ill fato era crudele e, come in ospedale, era bastata una singola frase di quel ragazzo che tutte le convinzioni di Ben erano crollate.

“Eri tu allora… quel giovane con la visiera, non ci ho visto male.”

Miguel sorrise mostrando quei denti perfetti e annuì a quell’affermazione. Strinse i pugni puntandoli contro quel petto cercando di darsi un contegno per riuscire a parlare senza singhiozzare.

“Sei stato l’unico che ci ha creduto davvero, se non fosse stato per te sarei da qualche parte in America a mangiarmi il fegato per via di ciò che non ero riuscito a raggiungere ma oggi sono qui…”

Afferrò dalla propria tasca la medaglia d’oro che aveva vinto con tanta fatica, prese le mani del cavaliere sciogliendo quell’abbraccio e gliela mise tra le sue dita, strinse quella presa morbida con le proprie ed infine lo guardò negli occhi, carichi di lacrime ma anche decisi a combattere ancora.

“Questa l’ho vinta grazie a te. Vorrei che la tenessi tu anche se so che non sarà mai abbastanza per ripagarti dall’affronto che ti ho fatto.”

Miguel alzò un sopracciglio, non capiva di cosa stesse parlando di preciso ma era certo che quel giovane pattinatore che aveva incontrato mesi prima non era lo stesso giovane che aveva di fronte.

“Ti ho detto che non mi potevi capire, non ti ho lasciato parlare e ti ho insultato senza sapere cosa avevi alle spalle… mi sento terribilmente in colpa perchè ieri ho trovato l’articolo di ciò che è successo a te e al tuo cavallo quindi… grazie.”

Miguel liberò le mani tornando ad abbracciare il giovane, incastrò il volto contro la sua spalla e ascoltò le ultime parole di quel ragazzo mentre nei suoi occhi si formavano alcune lacrime cariche di dolore e di gratitudine.

“Grazie di aver combattuto anche per me”

Le mani del ragazzo lasciarono cadere a terra quella medaglia e, tremanti, andarono a cingere le spalle del guerriero che era stato dieci volte più forte di lui. Miguel aveva sofferto in silenzio a differenza sua che era stato capace solo di lamentarsi.
 

[Este es el final de esta historia… O tal vez no?]
[Questo è il finale di questa storia… O forse no?]

 

 

 

Intanto parto con il ringraziare chiunque abbia avuto il coraggio di arrivare in fondo a questi 4 capitoli, grazie davvero, mi avete reso felice e se devo dirvi la verità mi commuovo ogni volta che leggo le recensioni, è più forte di me…

Devo ringraziare il gruppo di FB Boy’s Love per avermi dato lo spunto per questa storia perché altrimenti questi due sarebbero rimasti nella mia testa come piccoli fantasmi senza corpo. Sono felice di aver scritto su di loro e di vedere quanto voi vi siate affezionati a loro perché l’ho fatto anche io e senza volerlo spero che la prossima challenge sia su qualcosa che mi permetta di scrivere ancora su di loro <3

Ogni cosa che scrivo, ogni frase e ogni parola sento che mi aiuta a migliorare nonostante io non me ne renda conto e per questi motivi devo ringraziare tantissimo le ragazze che hanno portato avanti questo progetto con me: Mahlerlucia, Aivy_demi, Nemesis01, Shilyss e BlueRoar perché in queste ultime tre challenge mi avete ispirato e dato manforte quindi grazie di cuore.

Sto tirando per le lunghe la pubblicazione di questo ultimo capitolo perché mi dispiace tantissimo che sia l’ultimo, so che scriverò altro su di loro ma diciamo la storia con cui sono nati mi ha fatto piangere tantissimo e mi ha fatto emozionare quindi spero sul serio che io sia riuscita a trasmettervi queste emozioni.

So che potrei quasi togliere l’avvertenza Slash ma preferisco tenerla perché nelle prossime storie vorrei che ci fosse, oltre all’agonismo e la forza di volontà, vorrei che tra loro sbocciasse quell’amore che li unirà nonostante i continenti che li divideranno.
La canzone l'ho scelta in lingua spagnola proprio per ricordare al ragazzo che è stato uno spagnolo a ridargli la forza di continuare e lo so che non è un programma perfetto anzi, fa schifo e ne sono sicura, però se traducete lacanzone o se conoscete quella di Katy Perry potete capire quello che significa. Soprattutto quello che significano quelle parole per un pattinatore che pensava di aver perso tutto ma che ricomincia a vivere. 

Non riesco a mettere nemmeno fine alle note, sono scandalosa T.T

Ci vediamo nella prossima storia su loro due è l’ultima cosa che vorrei dire ma… alla prossima storia.

<3 Grazie per avermi seguito <3

 

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Bloody Wolf