Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: Dhialya    29/11/2018    1 recensioni
Il legame profondo tra una ragazza divenuta Regina e una guerriera dallo sguardo dolce e le frecce dalle piume bianche.
Un passato di cui pochissimi sono a conoscenza, risalente a prima dell'arrivo di Jadis e dei cento anni d'inverno.
Il compito di una lupa dagli occhi di ghiaccio ed un destriero dal manto nero come la notte.
Cosa si cela realmente dietro la Grande Magia e il cui potere è conosciuto solo dal grande Aslan?
C'erano regole che erano state rotte, accordi strappati e segreti che non potevano più essere taciuti, legami che andavano ripristinati e compiti da svolgere. E tutto ciò sarebbe venuto a galla, presto. E non osava - o non voleva - immaginare le conseguenze che tutto ciò avrebbe comportato.
Sulle persone coinvolte e sull'equilibrio di Narnia stessa.

Sullo sfondo della guerra contro Telmar un segreto, tenuto nascosto per più di milletrecento anni, sta per essere rivelato.
[Revisione totale programmata alla sua conclusione.]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Edmund Pevensie, Famiglia Pevensie
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Spirits Within - The Just and the Sly special moments.'
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Narnia's Spirits
Ombre dal passato.









Eve continuò a restare nascosta nell'ombra, cercando di dare una spiegazione logica a ciò che stavano registrando i suoi occhi.

Non era possibile.

Fece scorrere lo sguardo lungo la lastra di ghiaccio, analizzando con spasmodica attenzione ogni più piccola parte dell'algida figura della Strega Bianca.

Non era possibile.


Quella donna, quella pericolosa figura portatrice di morte e assetata di potere... sarebbe dovuta essere morta. Morta.

Era morta, dannazione!

Cosa ci faceva li? Evelyn non aveva mai pensato che ci sarebbe stata la concreta occasione di ritornare a provare la sensazione angosciante che le trasmetteva osservare quegli occhi gelidi. A volte aveva avuto degli incubi a riguardo, ma la realtà di quel momento era infinite volte peggiore.

Com'era possibile?


Fece scorrere lo sguardo per la stanza, per quel poco che riusciva a vedere rispetto all'angolazione in cui si trovava, cercando di ignorare il battito furioso del cuore e la voglia di prendere e scapparsene lontano facendo finta che si trattasse solo di un'allucinazione.

Notò principalmente Caspian davanti alla lastra di ghiaccio, imbambolato, che le tendeva la mano. Stava stringendo un patto con la Strega? Cornelius non gli aveva spiegato niente di come era stato difficile batterla, delle vite che si erano sacrificate affinché ritornasse la primavera, di come aveva provato a raggirare Aslan e tutti loro?

Sentì una fitta di rabbia, Evelyn, davanti all'evenienza che il ragazzo potesse starli tradendo con quella che era conosciuta come la principale nemica di quella stessa terra che aveva proclamato di voler liberare. Un'emozione che la sorprese per la violenza con cui le scoppiò nel cuore tanto che si costrinse a prendere un respiro profondo per cercare di restare lucida.

Chiuse gli occhi cercando di inspirare profondamente, percependo l'aria pungente grattarle la gola.

Sicuramente c'era un'altra spiegazione...

-Vieni, mio Re. Esaudirò i tuoi desideri. Sconfiggerò Miraz.-

Tornò ad osservare la scena nella stanza, Eve, vedendo come la mano del Principe fosse sempre più vicina a quella di Jadis, la quale osservava il ragazzo non nascondendo un ghigno di soddisfazione. Il suo corpo si mosse prima della propria ragione, scattando come quando in guerra vedeva uno dei propri fratelli in difficoltà.

-Non farlo, Caspian!-

Era stata lei a parlare a casaccio?

Senza che se ne rendesse conto si ritrovò vicino alla tavola di pietra, fissata da svariati paia di occhi che le riservarono delle note di astio e sospetto, ma lei non li ricambiò più di tanto, tenendo lo sguardo incatenato in quello della Strega Bianca – o era Jadis ad averla come ammaliata, riuscendo ad imporsi con la sola presenza?

La fredda indifferenza con cui la donna la stava studiando, senza un minimo di turbamento a irrigidirle i lineamenti del viso, le fece venire il dubbio che avesse percepito il suo arrivo fin quando aveva iniziato a spiarla, forse perfino prima che iniziasse a guardare i disegni sul muro e la prima ventata di aria gelida l'aveva colpita.

-Evelyn, cara, da quanto tempo. Beh, visto che a quanto pare sei sopravvissuta nel bosco unisciti a noi, stavamo giusto per arrivare al momento importante.-

La ragazza digrignò i denti, restituendo uno sguardo in cagnesco al tono suadente che la donna aveva usato nei suoi confronti. Nel bosco? Era stata lei ad attentare alla sua vita? Occhieggiò Caspian, cercando di reprimere le domande che le stavano nascendo e chiedendosi perché invece il moro non sembrava essere stato toccato dal suo arrivo e le continuava a dare le spalle.

Ma non aveva importanza... l'unica cosa che doveva fare era trovare una soluzione per cercare di uscire da quella situazione pericolosa.

-Ti piacerebbe, strega... ma non credo mi interessi.- mormorò, alzando il mento e guardandola con sufficienza, cercando di trasmettere una sicurezza che non possedeva. Sentiva le gambe molli, il freddo che le si posava sulla pelle come una carezza fintamente rassicurante, provocandole la pelle d'oca e una terribile voglia di sfregarsi le braccia per cercare di farsi un po' di calore.

Jadis sorrise, sinceramente divertita, sicura e tranquilla come quando il gatto sa di poter vincere con il topo e perde tempo a giocarci solo per prolungarne le sofferenze.

Evelyn fece appena in tempo a vedere la Strega fare un cenno. Si ritrovò intrappolata in una morsa prima ancora di percepire arrivare qualcuno alle spalle: due braccia le bloccarono il corpo e la strinsero talmente tanto con quelle che sembrarono delle unghie affilate che le sembrò di avere degli spilli che le si conficcavano nella carne.

Cercò istintivamente di portare la mano verso l'elsa della spada, spalancando gli occhi di sgomento quando si accorse che non aveva nessuna arma con sé e ad accogliere le proprie dita trovò il nulla. Era stata così impulsiva da non accorgersi di non avere niente per difendersi. Si mise a calciare all'aria, mentre veniva trascinata sempre più vicina alla figura di Jadis, cercando di ritardare quel momento il più possibile.

Doveva chiamare aiuto. Doveva cercare il modo di chiamare aiuto.

Venne spintonata malamente un paio di volte e inciampò in una pietra, perdendo l'equilibrio, restando senza parole quando i palmi delle mani cozzarono contro il pavimento di pietra provocandole vari graffi e pestò un ginocchio contro un sasso ghiacciato.

Si voltò, trattenendo il fiato per il dolore, decisa a rimettersi in piedi per fronteggiare il proprio aggressore. Prima ancora che si fosse alzata uno schiaffo la colpì con una violenza che nemmeno in battaglia ricordava di aver mai sentito, facendola cadere nuovamente al suolo. Ci mise qualche secondo a riprendersi e mettersi in ginocchio.

Sentì la guancia bruciare tremendamente, Evelyn, bruciare di dolore ed umiliazione per la situazione in cui si era cacciata – per l'ennesima volta in pochi giorni, si ritrovava in balia dei nemici. Si portò una mano al viso, sentendo la guancia pulsare sotto il proprio tocco e percependo gli occhi farsi lucidi di frustrazione ed impotenza.

Era una buona a nulla... Cosa pensava di fare senza nessuna arma?

Alzò lo sguardo con titubanza, trovando la figura di un lupo mannaro che si ergeva imponente sopra di lei, percependo il freddo dell'acciaio della spada che le puntava contro sfiorarle la gola. Analizzò l'ambiente con estrema cautela, rendendosi conto di come oltre a Jadis fossero presenti altre quattro – o forse cinque?  – figure incappucciate.

-Evelyn... Avresti dovuto accettare il mio invito.-

La Strega Bianca la guardò scuotendo la testa con finta delusione e la Pevensie ruotò leggermente il corpo per poterla osservare in faccia. Ora che si trovava ai suoi piedi le sembrò di essere completamente sotto il suo volere – nonostante praticamente non fosse nemmeno lì in carne ed ossa.

Se quello era stato solo l'inizio, non poté fare a meno di domandarsi quanto ancora avrebbe potuto umiliarla. Pregò che qualcun altro si accorgesse di ciò che stava accadendo prima che fosse troppo tardi.

-Ti ho detto che non mi interessa.- le sibilò nuovamente, riservandole uno sguardo carico di tutto l'astio che riuscì a racimolare e portando la sua attenzione su Caspian: il ragazzo in tutto quel tempo non sembrava aver mai distolto gli occhi dalla figura che eterea fluttuava nel ghiaccio.

Aggrottò la fronte, provando a muoversi verso di lui per scuoterlo da quel torpore, ma il ringhio che le arrivò alle orecchie le ricordò veloce come un fulmine che si abbatte su un albero di essere praticamente in trappola.

-Caspian... Caspian, riprenditi! Non farti ingannare!- provò allora, rivolta al ragazzo. Lo vide sussultare leggermente, senza trovare però la forza necessaria per smuoversi da quella posizione.

-Non... non riesco... Lei ha promesso...- lo sentì dire, in un soffio spezzato. La poca volontà che mostrò le ricordò di quanto anche Edmund si fosse fatto soggiogare. Jadis riusciva sempre a capire in che modo penetrare nella mente umana approfittando delle debolezze del momento.

Una leggera risata sfuggì dalla Strega Bianca, che la guardò con finta compassione.

-Non puoi fare niente per cambiare ciò che sta succedendo, Evelyn.- le spiegò, quasi come se parlasse con una bambina, tornando ad allungare la mano verso il Telmarino.

-Perché?- Jadis si bloccò, incapace di dare un significato a quella domanda e riportando lo sguardo sulla Pevensie con una studiata lentezza.

-Perché cosa, cara?- Alzò un sopracciglio, sbattendo le palpebre per mascherare con la sorpresa quanto quell'ennesima interruzione l'avesse infastidita. Ogni minuto che passava era prezioso e quella ragazzina le stava facendo perdere tempo rischiando di mandare all'aria il suo piano.

-Hai cercato di uccidermi.- Eve si morse un labbro, guardando con malcelata curiosità la donna. Perché aveva attaccato solo lei?

Jadis rimase qualche attimo a fissarla, pensierosa, poi stirò le labbra in un sorriso compiaciuto.

-Vedo che la tua conoscenza delle cose è sempre limitata. Tanto meglio.- decretò, pungente, tornando a guardare Caspian che fece qualche passo verso di lei, incerto.

Evelyn provò nuovamente a parlare per distrarla ancora, ma una presenza alle sue spalle bloccò sul nascere qualsiasi sua protesta, facendogliela morire in gola con la stessa velocità con cui le era nata.

-Ora stai zitta e osserva per bene.-

La Pevensie si voltò, chiedendosi se avesse sentito male. Fece dardeggiare lo sguardo per la stanza, notando gli sguardi assetati e spiritati che le restituirono quelle creature che per millenni non avevano fatto altro che tramare alle loro spalle, piantandolo poi sulla nuova figura che le era comparsa vicino e la osservava, ghignando.

A Lucy e Trumpkin non sarebbe piaciuto...


Evelyn sentì una stretta al cuore, incapace di provare la rabbia che invece le sarebbe dovuta nascere appena aveva posato gli occhi sul nano.

-Nicabrik...-

Sarebbero andate così le cose? Con Caspian imbambolato come un fantoccio per colpa del potere delle malie di Jadis e lei a terra, ad osservare impotente la liberazione della più grande disgrazia per Narnia?


***



Dhemetrya sospirò, abbassando l'arco ed incamminandosi per raggiungere il bersaglio e riprendere le frecce che vi spiccavano al centro.

Aveva approfittato della momentanea pausa che tutti sembravano essersi messi d'accordo di fare, dopo aver passato la mattinata tra scherzi ed allenamenti non troppo duri, per poter fare qualche tiro.

Temeva che quella prolungata lontananza dai propri doveri l'avesse messa fuori gioco, ma a quanto pareva si era fatta problemi per niente. La sua mira era sempre eccellente, i suoi tiri puliti, veloci – proprio come ci si aspetterebbe da una persona che ha passato tutti i giorni per più di mille anni ad addestrarsi per spingersi sempre al limite delle proprie capacità.

I tormenti della sera prima sembravano aver abbandonato la sua mente, ma la conversazione con Peter ancora le ronzava fastidiosa tra i ricordi: le aveva riportato alla memoria un passato pieni di dettagli che aveva sepolto per il proprio bene e per preservare un equilibrio mentale, limitando a lasciarsi guidare da ciò che sarebbe dovuto succedere.

Ed ogni giorno era succeduto ad un altro, ogni giorno sempre così simile al precedente ed al successivo. Ed i giorni erano diventati mesi, ed i mesi anni. Centinaia di anni passati a vagare per la foresta di Narnia come lo spirito come era, anni passati tra il dolore e la solitudine, figlia di una leggenda troppo lontana perché fosse ricordata.

Non aveva nemmeno finto di volere troppo la vicinanza di Lia o Antares. Loro stavano insieme da sempre, si completavano, lei... lei era sola.

Aveva sempre percepito di non combaciare come avrebbe dovuto con quei due compagni di vita, e tutto ciò che era successo sentiva che le aveva solo dato ragione. L'unica persona che avrebbe potuta comprenderla era sparita nel nulla da un giorno all'altro. Aveva deciso di scomparire, di annullarsi, troppo pressata dalla prospettiva di una vita immortale in quella terra fiabesca.

Se ne era andata e a lei non aveva minimamente pensato – e aveva fatto male, come una pugnalata che per tutto quel tempo non aveva mai smesso di sanguinare.

Tirò fuori con forza le frecce dal bersaglio, riponendole nella faretra con un gesto di stizza, facendo finta di non sentire la voragine di angosciante disperazione che le si era aperta alla bocca dello stomaco.

Non le capitava quasi mai di pensare a lungo, cercava di evitarlo il più possibile, perché si conosceva troppo bene ed era consapevole delle conseguenze che portava.

Inspirò profondamente per calmarsi, occhieggiando la figura di Lia con la osservava con attenzione, sentendo quegli occhi azzurri farle un'analisi fin troppo attenta. Non la sopportava quando la guardava così – in realtà, talvolta non ricordava nemmeno bene perché non si sopportassero.

Era passato troppo tempo.

“Sono così interessante da studiare?” Dhemetrya le lanciò un'occhiataccia, alzando le sopracciglia in una muta domanda.

“Ho visto cose più interessanti.” Fu la piccata risposta della lupa. Dhem la vide ruotare leggermente il capo di lato e non poté fare a meno di trovarla buffa, nonostante tutto.

“Come no...” Lasciò la frase in sospeso, dandole le spalle e tornando ad punto di partenza. Strinse l'arco, facendovi passare sopra le dita, percependo con i polpastrelli i particolati ghirigori arabeschi che erano incisi sulla superficie.

Quel minimo contatto bastò a rassicurarla per poterle permettere di calmarsi e aiutarla a far tornare la quiete necessaria per riprendere la concentrazione. Si preparò a tirare di nuovo una serie di dardi, ma si bloccò a metà del movimento, rimanendo immobile.

Qualcosa non andava.

C'era stato un cambiamento minimo nell'ambiente attorno a lei, qualcosa da poter essere accomunato ad una goccia di pioggia che cade nel posto sbagliato, ma che a lei, nonostante il poco potere che possedeva, non era sfuggito... qualcosa non andava.

Qualcosa in Narnia era cambiato.

Si tirò ritta, chiudendo gli occhi e concentrandosi: saggiò l'aria attorno a lei, percependo la sofficità del terreno sotto i calzari, ascoltando il vento tra le fronde degli alberi ed il sole posarsi sulla sua pelle.

Ma nonostante l'apparente quiete e il paesaggio silenzioso in cui era avvolta sentiva che qualcosa di brutto – un potere estremamente maligno e che avrebbe riconosciuto anche se fossero passati mille e mille anni ancora – stava nascendo li vicino, facendole tendere i muscoli come una corda di violino.

Tutto vibrava di allarme. Tutto intorno alla casa di Aslan, in un modo fin troppo vicino a tutti loro perché non potesse provare la sinistra sensazione della paura che ti striscia addosso.

Pericolo.


La terra sotto i suoi piedi tremò appena come scossa da un brivido, l'aria si era fatta più secca e pesante. Dhemetrya ebbe la sensazione di ritornare indietro di centinaia d'anni, percependo quel passato a fatica sepolto tornare a stendere i suoi lunghi artigli su tutti loro.

Pericolo.


Si voltò verso Lia, con la preoccupazione mal celata nello sguardo, e la trovò che annusava l'aria, le orecchie dritte e gli occhi puntati verso la casa di Aslan. E Dhemetrya ne ebbe la conferma, per l'ennesima volta, che il legame con tutto ciò che la circondava e faceva parte di Narnia era qualcosa che andava oltre ogni immaginazione, oltre ogni possibile spiegazione.

Stava succedendo qualcosa.


***



-Fermi!-

Peter quasi si lanciò addosso alla prima figura incappucciata che trovò sulla propria traiettoria, la quale andò a sbattere contro un mucchio di rocce sporgenti. Fece ruotare Rhindon per aria, costringendo i nemici a disperdersi per evitare di essere colpiti.

Possibile che nessuno li avesse visti entrare? Possibile che lui non avesse visto niente di tutto ciò che stava succedendo, che non avesse potuto prevederlo, nonostante i dubbi che sapeva circolavano tra l'esercito?

Strinse la mascella fino a sentire i denti stridere tra loro per il nervoso, avvicinandosi con passo deciso a quelle che sembravano essere due fattucchiere dagli occhi strabici ed ingaggiandole in un combattimento. Cercò di ignorare la sensazione di avere addosso lo sguardo, pronto a captare ogni sua minima reazione o emozione, di Jadis.

Percepì un brivido lungo la schiena senza il coraggio di guardare verso la lastra di ghiaccio che svettava tra due colonne di pietra.

Se quella donna... 

Cercò di colpire le due avversarie con una forza tale che quelle furono costrette a dividersi per evitare il suo affondo, rotolando di lato e rimettendosi in piedi nel giro di qualche istante. Estrassero entrambe un pugnale, mettendosi in posizione d'attacco e iniziando a girare in tondo studiando Peter, che rinsaldò la presa sull'elsa di Rhindon, in attesa.

Trattenne il fiato, il biondo, percependo il tempo stringere quando lanciò uno sguardo veloce in direzione di Caspian.

...se si fosse liberata non se lo sarebbe mai perdonato.

Appena entrò nella stanza e la visuale fu libera dalla schiena del fratello gli occhi di Edmund dardeggiarono ansiosi per l'ambiente. S'immobilizzò quando le sue pupille agitate si posarono sulla figura fluttuante nel ghiaccio.

Sentì la gola diventargli immediatamente secca e le gambe pesanti, incapace di distogliere lo sguardo da quello seccato che gli stava restituendo la strega.

Jadis.

La mente era come se gli fosse improvvisamente spenta, persa in un oblio di tormenti ed incubi senza fine. Sentì una fitta bruciante al cuore, Edmund, – la fitta bruciante del tradimento – che quasi gli fece mancare il respiro, tanto che si portò una mano alla gola.

Jadis.


Un senso angosciante, come di mani gelate che gli si chiudevano sul petto, pressandolo talmente pesantemente che pensò sarebbe soffocato sul posto. Percepì le spire del gelo insinuarsi sotto i vestiti in modo quasi graffiante, lambendogli le membra con la finta benevolenza che tanto lo aveva ammaliato tempo addietro – una sensazione per cui mai aveva trovato parole per poterla descrivere.

Il moro chiuse gli occhi, cercando di scacciare dalla mente la miriade di emozioni che si susseguivano in modo talmente brusco da farlo sentire profondamente spaesato, cacciando via il ricordo di quegli occhi spietati in cerca di potere che avevano sempre letto troppo bene il suo animo di ragazzino ribelle.

Cercò di trovare fin nel profondo la forza per calmare il proprio respiro, stringendo l'elsa della spada come se fosse l'unica cosa che potesse tenerlo ancorato alla realtà evitandogli di lasciarsi andare alla profonda voragine che il terrore e quel senso di colpa mai del tutto sparito stavano scavando nel suo animo.

E quando si decise ad aprire gli occhi dopo un tempo che gli sembrò infinito, deciso ad affrontare le proprie paure, la vide.

Fu come se in mezzo a quel turbinio di emozioni e figure fosse l'unica cosa che i suoi occhi fossero riusciti a cogliere davvero. Più di Peter che menava fendenti all'aria, più di Caspian imbambolato, più di Lucy in mezzo ad una lotta che non le sarebbe dovuta appartenere.

Evelyn.

Edmund si mosse in automatico, rendendosi conto si trovava in difficoltà, a terra e con gli occhi spiritati che riflettevano l'espressione più sconvolta che le avesse mai visto dipinta in faccia negli ultimi tempi.

Senza darsi nemmeno il tempo di riflettere o appurare che nessuno lo stesse per attaccare corse verso il lupo mannaro che la teneva sotto tiro, ferendogli una delle zampe posteriori con la spada per attirarne l'attenzione. L'animale ululò di dolore, spalancando gli occhi di sorpresa per quell'interruzione inaspettata, e si voltò per osservare in faccia il proprio avversario, ringhiando di indignazione.

Il Pevensie indietreggiò, evitando per pura fortuna una zampata diretta allo stomaco, per allontanare ancora di più il nemico dalla sorella. Il lupo gli ringhiò contro di insoddisfazione per quel gesto andato a vuoto, mostrando i denti affilati e giallastri, e si accovacciò per prepararsi con uno slancio a saltargli addosso.


***


Evelyn sbatté le palpebre un paio di volte, guardandosi intorno con il fiato bloccato in gola per l'ansia, incapace di dare un senso alle scene che stavano scorrendo davanti ai suoi occhi.

Si tirò in ginocchio quasi a fatica, percependo una fastidiosa fitta al punto della gamba che aveva urtato poco prima, non potendo fare a meno di sentirsi sollevata nel vedere le figure di Peter ed Edmund che si destreggiavano in quei combattimenti poco lontani da lei.

Quella leggerezza durò poco però, sentendo un grido provenire da poco più lontano, riconoscendo quella voce tra i mille ringhi e clangori di spade e metallo.

Lucy.

Lucy non era fatta per la guerra, Lucy non era fatta per uccidere e quella ne era solo l'ennesima dimostrazione.

Eve spalancò gli occhi di terrore, vedendo che alla sua sorellina veniva girato un braccio dietro la schiena in una posizione quasi innaturale, osservando con apprensione Trumpkin che le andava in soccorso.

Voltò lo sguardo allarmato verso Caspian, immobile dentro il cerchio di ghiaccio, consapevole che Jadis era sempre più vicina a prendere la mano del ragazzo e che l'unica persona che rimaneva per poterla fermare prima che si liberasse era lei. Fu allora che lo notò.

Un lupo mannaro.

L'animale era nascosto dietro le rocce, scivolava accompagnato dalle ombre, pronto ad attaccare la prima persona che sarebbe risultata più debole tra quelle presenti. Eve sentì il cuore dividersi in mille pezzettini alla sola idea di ciò che l'istinto aveva capito prima ancora della ragione.

Avrebbe dovuto scegliere, perché non c'era abbastanza tempo.

Salvare Narnia... o la sua famiglia?


***


Peter evitò un coltello lanciato nella sua direzione riparandosi dietro una roccia, per poi tornare allo scoperto e correre in direzione della nemica che glielo aveva lanciato contro. La Narniana indietreggiò, e in suo soccorso arrivò la compagna, che si frappose fra lei ed il Re.

La seconda cercò di pugnalare il Pevensie un paio di volte, ma i suoi colpi andarono a vuoto grazie a Rhindon che usò per fermare l'avanzata della lama. Per allontanarla da sé il biondo le tirò un calcio e menò un fendente in avanti, e quella istintivamente si allontanò con un movimento così rapido che Peter non avrebbe creduto possibile ad una figura tanto trasandata.

Deciso a non lasciarle tempo per riprendersi le andò incontro, facendo un paio di affondi che quella parò con la sua arma. La nemica ghignò, e a Peter sembrò tanto una presa in giro. La cosa gli diede fastidio tanto che sentì il nervoso fargli tremare la presa su Rhindon. Cosa aveva da ridere? Non c'era niente di divertente.

I suoi occhi chiari lampeggiarono di rabbia per quell'affronto, tanto che si buttò contro la sua avversaria quasi senza pensarci, deciso a porre fine a quella storia il prima possibile.

Un ululato si elevò per la stanza e Peter in automatico si voltò per cercare la figura di Edmund, trovandolo a qualche metro da lui con il lupo mannaro che lo stava lentamente mettendo all'angolo. Istintivamente cercò di correre in aiuto del moro, ma si ritrovò ad inciampare in qualcosa e cadere per terra, percependo subito una fitta alla tempia.

Si voltò, rendendosi conto che mentre era distratto le due nemiche ne avevano approfittato per avvicinarsi e fargli lo sgambetto, colpendolo poi alla nuca con l'elsa di un pugnale. Si ritrovò inchiodato a terra, con Rhindon a qualche metro di distanza e una dei nemici che lo stava soffocando a mani nude.

Nell'agitazione data dalla progressiva mancanza d'aria, Peter riuscì a formulare il pensiero che nonostante fossero più basse e sembrassero più anziane, la loro forza sembrava superare di gran lunga quella di un soldato. E puzzavano, di marciume e fogna...

Aveva bisogno d'aria.

Provò a levarsi di dosso quella creatura, sentendone il peso sullo stomaco, dimenando le gambe e provando a girarsi di lato con colpi di reni.

-Peter!-

Le graffiò il viso e le braccia, sentendo le proprie unghie penetrare nella pelle unta, ma quella non sembrava toccata e lo guardava con gli occhi ghignanti di chi sa di avere la vittoria in pugno. L'adrenalina probabilmente le pompava così prepotentemente il sangue nelle vene da renderla quasi immune al dolore.

Peter sentiva le braccia iniziare a formicolare, la vista diventargli appannata, le forze venirgli meno.

Aria...


***


Evelyn guardò allarmata Edmund messo all'angolo dai due lupi mannari e Peter disteso a terra che veniva soffocato. Sentì gli occhi farsi lucidi di frustrazione, mentre osservava le vite dei suoi fratelli in pericolo e senza sapere cosa fare.

Il panico e la paura si impossessarono di lei come poche volte gli aveva permesso e si sentì sperduta, impaurita come la bambina che di notte piangeva in braccio alla mamma sentendo le bombe esplodere vicino a casa.

Si odiò Evelyn, si odiò talmente tanto da sentire una tremenda rabbia accecarle la mente per non sapere cosa fare, sentendosi pressata da tutto ciò che sarebbe potuto succedere a causa di una sua decisione sbagliata. Per la prima volta nella propria vita Evelyn si sentì inchiodata a terra, incapace di muoversi e ragionare, dimentica di tutte le volte che si era impegnata per mantenere la calma in battaglia.

Aslan... Aslan, aiutaci, ti prego.


-Arrenditi, Figlia di Eva, e guardami mentre anniento i tuoi fratelli.-

La Pevensie sentì quella frase entrarle in modo ovattato nel cervello e a fatica staccò gli occhi dai Pevensie, posandoli sulla figura di Jadis con il braccio fuori dal ghiaccio che la guardava, vittoriosa e sicura come una cacciatrice che sa di avere in pugno la preda.

Eve strinse i pugni tanto da sentire male, sentendo nascere dentro di sé i germogli della rabbia e della vendetta per ciò che aveva cercato di fare loro in passato. Per come aveva tradito Aslan, per come aveva cercato di far rivoltare Edmund contro Peter, per come aveva trattato i Narniani e congelato Narnia.

Per tutto.


Senza pensarci con un movimento che perfino lei si sorprese per la velocità con cui l'aveva effettuato fu vicino alla lastra e con uno spintone fece cadere Caspian fuori dal cerchio. Jadis sgranò gli occhi, oltraggiata da quella reazione, occhieggiando il Principe ormai fuori dalla sua malia ed Evelyn che ne aveva preso il posto all'interno del cerchio.

Storse il naso, Jadis, in modo così impercettibile che nessuno lo notò. Evelyn non andava bene per il suo piano...


***


Edmund evitò il balzo del suo avversario rotolando di lato, rialzandosi immediatamente e rimettendosi in una posizione di difesa. Quello slittò sul lastricato, producendo un fastidioso stridio quando cercò con l'aiuto dei lunghi artigli di fermare la propria scivolata.

Il moro sorrise, preparandosi a colpire il lupo alle spalle, ma un colpo alla schiena lo fece volare di qualche metro, facendogli perdere l'equilibrio e rotolare a terra. Senza perdere la presa sull'elsa della spada Edmund cercò di tirarsi in piedi, portando l'arma davanti a sé e muovendola all'aria per precauzione, non capendo chi lo avesse colpito con così tanta forza.

Fece dardeggiare gli occhi per la stanza, sentendo il fiato mancargli per la botta, rendendosi conto tra la confusione nella propria mente della figura animalesca che era appena uscita dall'ombra. Si morse un labbro, nervoso, vedendo il nuovo nemico coalizzarsi con l'altro che si era rimesso in piedi e lo stava osservando, rabbioso e con la bava alla bocca.

Istintivamente fece qualche passo indietro, studiando la situazione e cercando di non far capire quando gli facesse male il fianco che aveva pestato contro la pietra. Probabilmente gli sarebbe venuto un livido. Uno dei due fece per dargli una zampata, costringendolo ad indietreggiare.

Non andava bene. Lo stavano mettendo all'angolo.

Edmund cercò freneticamente di pensare ad una soluzione, sapendo benissimo che nessuno probabilmente sarebbe venuto in suo soccorso. Percepì la presenza del fuoco dietro di sé e capì che non avrebbe potuto indietreggiare maggiormente. I due lupi si accovacciarono per prepararsi a saltargli addosso, tirando indietro le orecchie e mostrando i denti, ringhiando.

Si preparò ad approfittare della prima via di fuga che gli si sarebbe prospettata davanti, rendendosi conto che non aveva altra scelta. Affrontarli entrambi senza potersi muovere liberamente e con solo un'arma era praticamente un suicidio. Doveva essere veloce e sperare che i due gli lasciassero dello spazio per poter rotolare via.

Ci furono attimi di tensione, poi i due nemici si scambiarono un'occhiata, decidendo di balzare in avanti quasi all'unisono. Edmund si preparò al contatto, percependo già addosso le unghiate ed i morsi che probabilmente avrebbe subito, preparandosi al bruciore lancinante che gli avrebbero provocato le ferite.

Ma un'ombra saltò addosso ai due, scaraventandoli contro le rocce e strappandogli degli ululati di dolore.

Il Pevensie sgranò gli occhi, sorpreso, mettendoci qualche attimo nel riconoscere nella figura che si era frapposta fra lui ed i due nemici Lia.

Lia.

-Lia!-

La lupa ringhiò, un ringhio così basso ed animalesco che Edmund non le aveva mai sentito fare se non quando Evelyn era stata attaccata. I due lupi mannari sembrarono incerti sul da farsi, osservando la figura della Narniana con il pelo gonfio e gli occhi che non si staccavano dalle loro figure come se potesse leggergli l'anima, i denti ben in vista.

Senza nemmeno dar loro il tempo di reagire si lanciò all'attacco, in una lotta fatta di morsi, graffi e ululati strozzati. Edmund non poté nascondere dei brividi lungo la schiena, percependo la violenza delle fauci quando schioccavano a vuoto ed osservando le figure ammassarsi in un groviglio di peli e ringhi.


***


Aria.

Il biondo cercò, con l'ultimo barlume di ragione e di forze che gli rimanevano, di capire dove fosse finita Rhindon, tastando il pavimento roccioso alla cieca e senza trovare niente di utile. Anche una pietra gli sarebbe stata d'aiuto...

-Peter!-

Forse qualcuno lo stava perfino chiamando, ma i suoni stavano diventando così attutiti che non sapeva dire se si trattasse di allucinazioni... E improvvisamente si sentì libero dal peso che gli gravava sul petto, dalla stretta alla gola che gli rendeva sempre più difficoltoso respirare, percependo l'aria arrivargli improvvisamente ai polmoni in modo quasi graffiante.

Il Re tossì un po' di volte, prima di riuscire a tirarsi in piedi e notare la sua nemica a terra con un paio di frecce conficcate nel petto. Frecce bianche.

Dhemetrya.


Sbatté le palpebre, sorpreso, cercando la ragazza tra la confusione degli eventi che troppo velocemente si stavano susseguendo in quei pochi metri di spazio. La trovò che combatteva contro l'altra avversaria in un corpo a corpo. Cercò Edmund con lo sguardo, trovandolo affiancato a Lia, e sorrise, sollevato nel vedere il fratello stare bene.

Un campanello d'allarme iniziò a trillargli nella testa così forte da dargli quasi fastidio.

Caspian.

Si voltò in modo tanto brusco da sentire male al collo, fissando lo sguardo sulla lastra di ghiaccio e spalancando gli occhi.

Jadis.


La Strega conservava l'espressione algida ed altezzosa che mai la abbandonava, ma Peter aveva imparato a vedere oltre quelle iridi spietate che frenetiche si muovevano per osservare l'ambiente circostante.

Fretta. Jadis aveva fretta di concludere qualsiasi cosa stesse facendo per liberarsi. Fu allora che vide Evelyn correre verso Caspian e finire lei stessa davanti alla Strega.

No.

Non avrebbe permesso che si avvicinasse a qualcun altro dei suoi fratelli. Mai più.

Cercò disperatamente Rhindon, impugnandola e correndo verso la sorella. La spinse via in modo talmente impulsivo che quella cadde addosso ad un Caspian ancora confuso.

-Peter, no!- La sentì gridare, dal basso. Il Pevensie alzò la spada verso Jadis, minaccioso.

-Stai lontana da loro.- sibilò, puntandole l'arma contro. La Strega Bianca sorrise, quasi intenerita.

-Peter caro... era da tanto che aspettavo di rivederti.- gli disse, con tono materno, come se gli fosse davvero mancato. Il Pevensie chiuse gli occhi, percependo quella voce suadente soffiargli nelle orecchie come un sussurro lontano e reprimendo un brivido. Sentì il corpo farsi pesante e si morse un labbro, rendendosi conto della corruzione che la donna stava cercando di infilargli in testa.

-Vuoi vincere, vero? Io posso aiutarti.- continuò Jadis, cercando di volgere in suo favore il modo in cui le cose si erano complicate.

Alle spalle del ragazzo, Dhemetrya stava lottando con Edmund contro uno dei lupi mannari e Trumpkin aveva ucciso Nicabrik, Lia stava sbranando l'altro mannaro.

Peter si ritrovò a fissare il viso impassibile della donna, ricordando quanto con un semplice gesto fosse potente e temuta. La Strega tornò a sporgersi con il braccio e mezzo viso fuori dalla lastra di ghiaccio, non smettendo di fissare il Pevensie negli occhi, inchiodandolo sul posto con la propria magia.

-Vieni, una goccia basterà.- Peter tentennò, iniziando ad abbassare la spada, percependo la propria volontà venire meno ed i dubbi inondargli la testa. Forse era davvero l'unica speranza per Narnia...

Per quanto avrebbe voluto gridare di no, il Pevensie si sentiva immobilizzato, costretto ad allungare la mano verso quella che rappresentava uno dei suoi più profondi incubi. Era lei che per notti intere aveva sognato che ridendo gli portava via i fratelli, uno ad uno... era lei che aveva formato in Edmund un senso di colpa perenne.

Perché non riusciva a reagire, allora?

-Peter!-

Evelyn si alzò con uno scatto, andando vicino al fratello e prendendogli il braccio, quasi ancorandovisi addosso prima che si avvicinasse troppo alla lastra. Poi puntò lo sguardo incattivito su Jadis che la osservò, sbattendo le palpebre, rendendosi conto che la ragazza era all'interno del cerchio senza subire la sua influenza.

La Strega assottigliò lo sguardo, inviperita.

-Tu...- Prima che potesse dire altro l'espressione della donna mutò. Tutti non capirono il motivo di un cambiamento tanto repentino fino a che non seguirono dove stava guardando.

Al centro del ventre la punta di una spada fuoriusciva dal ghiaccio. Jadis urlò di dolore e disperazione, cercando inutilmente di afferrare l'oggetto metallico che stava inesorabilmente crepando il ghiaccio che usava come portale sul mondo.

Peter aggrottò la fronte, riprendendo il controllo di se stesso, Evelyn si portò una mano alla bocca sconvolta nell'osservare la donna come in preda alle convulsioni, gli occhi rivolti all'indietro e la bocca spalancata. Con un ultimo grido la lastra si ruppe in mille pezzi nel giro di pochi secondi.

-...Edmund.-

Evelyn era ancora attaccata al braccio di Peter ed osservava il fratello con la spada a mezz'aria, nel punto in cui prima era presente il corpo della Strega Bianca. Il moro fece passare lo sguardo da lei agli altri presenti nella stanza, provando un immediato sollievo nel vederli stare bene.

Inchiodò poi gli occhi su Peter, riservandogli una punta di risentimento, ancora sconvolto per ciò che rivedere Jadis gli aveva provocato e osservando come il Pevensie lo stesse guardando con un'espressione quasi allucinata.

-Lo so. Era tutto sotto controllo.-





















































































































Ciao a tutti! Eccomi di ritorno con questo capitolo che... beh, ora capite perché dicevo che scrivere dei combattimenti non fa molto per me? ^^''' Mi è stato molto "pesante" mettere giù questo pezzo, infatti credo si percepisca che la mia introspezione deve esserci un po' ovunque, ho cercato di dare il massimo cambiando anche qualcosina nonostante l'azione non sia un genere che mi appartiene e spero possiate apprezzare il mio sforzo.

Piccola spiegazione: il fatto che Jadis pensi che "Evelyn non va bene per il suo piano" è dato perché la formula dice "del sangue di Adamo basta una goccia", quindi io ho liberamente dedotto che per liberarsi serve un figlio di Adamo (e quindi Eve, femmina, non va bene e non subisce l'influenza dell'incantesimo anche se entra nel cerchio). Inoltre viene fuori che Evelyn davanti alla reale figura di Jadis si impanica totalmente. Non vi veniva voglia di gridarle "muoviti, stupida, cosa aspetti?!" - a me si lol. Rivederla davvero con tutto ciò che stava succedendo l'ha mandata un po' in panne.

Nel prossimo capitolo, che vi porterò per Natale, ci sarà un mini pezzo che la riguarda con Edmund e che spero possa piacervi e che personalmente ho trovato molto tenero scrivere, e un pezzetto su Lia, Dhem e Antares che spero troverete interessante. Purtroppo in queste settimane non sono stata molto bene quindi non ho più sistemato nessuno dei capitoli vecchi o scritto nulla di nuovo, cercherò di recuperare piano piano.

Nel frattempo spero di avervi portato una lettura gradita, vi ringrazio dell'attenzione, dei preferiti, ricordate, seguite e di coloro che si fermano a lasciarmi un parere. Ci tengo a dire che ogni commento, anche solo un paio di righe, è sempre ben accetto e aiuta la motivazione.
Grazie a tutti,
D. <3

   
 
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