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Autore: Roxanne Potter    29/11/2018    6 recensioni
Draco Malfoy alle prese con l'Incanto Patronus
Draco era rimasto paralizzato mentre il freddo gli attraversava la pelle, entrava dentro di lui e gli spezzava le ossa e l'anima. Si era appoggiato alla parete per non cadere, il corpo che si faceva sempre più debole e fiacco, e un velo di apatia gli aveva offuscato gli occhi mentre nella sua testa echeggiavano i singhiozzi di sua madre il giorno in cui Voldemort si era rivolto a Draco con un sorriso mellifluo e aveva mormorato; -Devi essere tu a uccidere Silente. Tu e solo tu. Non deludermi, Draco. Perché, nel caso in cui mi deludessi, potrebbero esserci... delle conseguenze.
Draco non era riuscito a vedere più nulla se non il viso di sua madre, rigato di lacrime e devastato dalla paura. E poi l'immagine, la terribile immagine dei suoi genitori riversi al suolo, freddi, immobili, morti...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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La felicità ha il sapore del vento che gli scompiglia i capelli e gli sferza il viso, mentre le sue mani si stringono decise intorno al legno nero e lucido del manico di scopa.
Draco sta sfrecciando a tutta velocità sopra i campi che circondano Malfoy Manor, lo sguardo fisso sull'orizzonte, sul cielo tinto delle calde sfumature del tramonto. La felicità ruggisce come un leone nel suo petto; gli sembra che la sua anima si sia innalzata dal suolo per seguirlo fin lì, in quello sprazzo di cielo dove non esiste realtà, non esistono preoccupazioni, non esistono etichette o maschere che tengano le sue emozioni in catene.
Draco vira la scopa verso il basso e si lascia sfuggire un urlo entusiasta mentre sfreccia giù in picchiata, il cuore che batte forte nel petto, l'adrenalina che gli accende il corpo di fuoco e brividi.
E ora può sorridere, sorridere come un qualsiasi ragazzino di dodici anni che vola per la prima volta sul suo nuovo manico di scopa, sicuro che all'inizio dell'anno entrerà a far parte della squadra di Quidditch della sua Casa, sicuro che grazie a lui Serpeverde vincerà la Coppa delle Case...

-Expecto Patroum!
Dalla punta della sua bacchetta non esce altro che un flebile sbuffo di fumo, che subito si dissipa nell'aria fredda della stanza. Draco sospira, un'espressione delusa negli occhi grigi circondati da lievi rughe d'espressione. Stringe la bacchetta e fa un passo verso il manichino che svolazza davanti a lui come mosso da fili invisibili; il manichino, avvolto in un lungo mantello nero con un cappuccio dello stesso colore, somiglia spaventosamente a un Dissennatore.
I Dissennatori ormai non sono altro che un vecchio incubo, l'incubo di un'adolescenza perduta, eppure Draco sente il bisogno di imparare a padroneggiare quell'incantesimo su cui non ha mai avuto né il tempo né la motivazione di soffermarsi.
È iniziato tutto qualche settimana prima, mentre sfogliava dei vecchi libri di stregoneria oscura presi dalla biblioteca di Malfoy Manor; a Draco piace leggere quei libri, gli piace studiare la storia che si cela dietro alle pratiche più oscure e intricate della magia, anche se la vita gli ha insegnato abbastanza da spegnere in lui qualsiasi voglia di provare a metterle in pratica. Il suo non è niente di più di un puro interesse accademico.
È stato in uno di quei libri che si è imbattuto in un capitolo sulla storia dei Dissennatori, una storia che gli ha fatto correre brividi di freddo lungo la schiena, nonostante il calore del fuoco scoppiettante nel camino della stanza.
Draco ha ricordato i suoi diciassette anni, il viso pallido e serpentino di Lord Voldemort, seduto a capo del tavolo nel salotto di Malfoy Manor, le lunga dita bianche strette intorno alla bacchetta e gli occhi rossi privi di qualsiasi scintilla di umanità. Ha ricordato le figure scure dei Dissennatori che scivolavano lentamente davanti alle finestre, il gelo improvviso che gli pervadeva il corpo ogni volta che si ritrovava troppo vicino a una di quelle orrende creature.
E poi ha ricordato il momento in cui si era trovato davanti un Dissennatore proprio lì, in quello stesso salotto, poco prima di una riunione dei Mangiamorte.
Draco era rimasto paralizzato mentre il freddo gli attraversava la pelle, entrava dentro di lui e gli spezzava le ossa e l'anima. Si era appoggiato alla parete per non cadere, il corpo che si faceva sempre più debole e fiacco, e un velo di apatia gli aveva offuscato gli occhi mentre nella sua testa echeggiavano i singhiozzi di sua madre il giorno in cui Voldemort si era rivolto a Draco con un sorriso mellifluo e aveva mormorato; -Devi essere tu a uccidere Silente. Tu e solo tu. Non deludermi, Draco. Perché, nel caso in cui mi deludessi, potrebbero esserci... delle conseguenze.
Draco non era riuscito a vedere più nulla se non il viso di sua madre, rigato di lacrime e devastato dalla paura. E poi l'immagine, la terribile immagine dei suoi genitori riversi al suolo, freddi, immobili, morti...
Se non fosse stato per Severus Piton, che in quel momento era entrato nella stanza e aveva scagliato un rapido incanto Patronus contro il Dissennatore, Draco non aveva idea di cosa ne sarebbe stato di lui.
E adesso Draco è lì, in quella stessa stanza, un uomo di trentaquattro anni che cerca di combattere e affondare i demoni del suo passato. Sa che probabilmente non gli capiterà mai più di imbattersi in un Dissennatore nel corso della sua vita, sa che forse non avrà mai bisogno di saper evocare un Patronus. Eppure sa che non potrà mai vivere davvero in pace finché non si sarà liberato di quel ricordo che a volte ancora torna a fargli visita nei suoi incubi, delle catene che ancora lo tengono stretto al periodo più oscuro della sua vita, alla persona che è stato, al Marchio che un tempo ha sfregiato la pelle bianca del suo braccio.
Ci proverò fino alla fine, decide Draco, sollevando la bacchetta contro il manichino e corrugando la fronte in un'espressione concentrata.
Ha bisogno di rievocare una memoria veramente felice, e il ricordo di un semplice volo su un manico di scopa quando aveva dodici anni non può essere abbastanza potente da contrastare un Dissennatore.
Draco chiude gli occhi e pensa ad Astoria.
Pensa ai capelli neri e lucidi che le incorniciano il viso come onde di seta. Pensa ai suoi occhi azzurri, al loro sguardo sfrontato, brillante e deciso che lo ha fatto innamorare. Occhi di cielo in tempesta, che solo davanti a lui si vestono di dolcezza e candore.
Pensa alla sera di molti anni prima in cui lui e Astoria hanno camminato lungo le vie di Diagon Alley, dopo una serata passata al Paiolo Magico in cui hanno parlato e riso tutto il tempo con la spensieratezza di due ragazzini; quella spensieratezza che Draco non aveva provato per troppo tempo, che aveva creduto impossibile da recuperare. Si erano fermati lì in un angolo della strada, sotto lo scuro cielo autunnale, il viso di lei che sembrava risplendere alla luce della luna. Astoria si era voltata a guardarlo e, nel momento in cui i suoi occhi l'avevano colpito come fulmini a ciel sereno, Draco aveva compreso in un attimo, un unico, fatale attimo, che era lei l'unica donna con la quale avrebbe mai potuto immaginare di passare il resto della sua vita e condividere ogni parte della sua anima.
Aveva agito senza pensare; le aveva afferrato il mento e l'aveva baciata, mentre affondava l'altra mano nei suoi lunghi capelli neri. Astoria gli aveva poggiato le mani sulle spalle e l'aveva baciato a sua volta, altrettanto decisa, altrettanto sicura di sé. Draco si era chiesto come fosse possibile che bastassero le labbra di una ragazza a farlo sentire così, così felice, così fremente di entusiasmo che gli scorreva lungo la pelle come una scarica elettrica.
Forse, dopo anni passati a brancolare nel buio e cercare di sfuggire dai fantasmi del passato, a cercare un'identità, una risposta, un posto nel mondo, finalmente la sua ricerca si era conclusa. Lei, bella come nessun'altra donna al mondo, era la luce che lo stava tirando fuori da quel buio, era lo specchio della sua anima tormentata, era la sua metà ritrovata, era la risposta a ogni dubbio, era il suo posto sicuro nel mondo.
-Expecto Patronum!
Draco apre gli occhi e il cuore gli salta in gola, quando vede un lampo di luce argentato esplodere dalla punta della bacchetta. Ma quella luce si dissolve subito davanti al suo sguardo, sfuggente come un soffio di vento, e Draco si ritrova a sospirare affranto. Ha forse scelto il ricordo sbagliato? O forse ha solo bisogno di esercitarsi ancora prima di riuscire ad evocare l'incantesimo?
Torna a concentrarsi su Astoria, sul suo sorriso, sul tocco di quelle mani delicate sul suo corpo, sul suono della sua voce, e di nuovo urla a pieni polmoni, -Expecto Patronum!- ma è tutto inutile; lo sbuffo di luce argentata muore lentamente nell'aria, sparisce lasciandolo lì con la mano stretta spasmodicamente intorno alla bacchetta e un'espressione contrariata sul viso.
Draco tira un respiro profondo, cercando di non farsi travolgere dalla rabbia e dalla frustrazione. È assolutamente deciso a non lasciare quella stanza finché non sarà riuscito ad evocare un Patronus.
Un altro ricordo. Forse dovrebbe concentrarsi su un altro ricordo...
Scorpius.
Draco non si rende neanche conto del sorriso che si sta facendo strada sulle sue labbra. Pensa al momento in cui Astoria gli ha detto con voce tremante di essere incinta, al suo cuore che ha perso un battito appena prima di esplodergli nel petto. Pensa al momento in cui si è ritrovato per la prima volta il bambino in braccio e si è sentito di invadere da un misto di paura e incertezza; paura di non essere abbastanza per suo figlio, paura di fare la cosa sbagliata, paura di dire la cosa sbagliata ad Astoria che se ne stava distesa sul letto con il viso stanco ma felice.
Scorpius aveva ciuffetti di capelli biondi, proprio come i suoi, che gli ricoprivano la testa minuta. Draco gli aveva sfiorato esitante una guancia e il bambino, dopo aver emesso un gemito di pianto, aveva aperto gli occhi; occhi grigi, di un grigio sfumato e delicato, identici ai suoi.
Per la prima volta dopo molti anni, Draco Malfoy aveva pianto. Un pianto silenzioso, poche lacrime che gli rigavano lentamente le guance, e la felicità di quel momento non era stata esplosiva, non era stata un'onda che lo aveva colpito in pieno, non era stata fuoco, adrenalina e furore.
La felicità era calata su di lui, dolce e pacata, calda come il fuoco in una notte d'inverno. Aveva sciolto ogni tensione nel suo corpo, ogni nodo doloroso in gola, aveva distrutto ogni peso sulle spalle e spazzato via ogni ricordo di ciò che lui era stato.
La sua felicità era lì, in quei piccoli occhi grigi che lo fissavano, ancora confusi e inconsapevoli. In quel bambino che, dopo una vita di sbagli, era la cosa più bella e più giusta che lui avesse mai fatto.
Con il piccolo Scorpius in braccio, Draco non si era sentito più sbagliato. Perché suo figlio simboleggiava, ancora più del momento in cui aveva sposato Astoria, l'inizio di una vita nuova, una vita diversa. Una vita dove il passato poteva non esistere, dove anche lui avrebbe potuto, pian piano, svestirsi degli errori e dei peccati che gli premevano sulle spalle e imparare a diventare una persona migliore.
E adesso Draco la sente davvero la felicità, la sente riscaldargli il corpo con il suo calore, la sente annegare le ombre per sostituirle con la sensazione, quella sensazione più inebriante di qualsiasi droga, di essere finalmente libero.
-Expecto Patronum!
Un'esplosione di luce argentata; un'aquila si innalza davanti a lui e riempie la stanza della luce che irradia dalle sue ali spalancate e dai suoi occhi brillanti come oro colato. L'aquila si tuffa in avanti e sembra quasi danzare, agitando le ali maestose e lasciandosi dietro scie di luce d'oro e argento.
Draco abbassa lentamente la bacchetta e guarda il suo Patronus che adesso vola verso di lui, dischiuse il becco ed emette un lungo fischio cristallino che sembra risuonare come un'eco tra le pareti di marmo.
Di colpo, quella stanza non è più un ricordo torbido che gli brucia sulla pelle, non è più un teatro degli orrori, non è più uno specchio sul quale è inciso il freddo volto della paura e dell'infelicità. Non lo sarà mai più, non finché Draco avrà quel Patronus al suo fianco a ricordargli che ora può finalmente dire di essere libero, libero come l'aquila che si innalza di nuovo in volo e lo guarda per l'ultima volta, prima di svanire in uno sbuffo di fumo argenteo.
Draco chiude gli occhi e sorride. Da quel giorno, non vi saranno più Dissennatori, occhi rossi e Marchi Neri a fargli visita nei suoi sogni. Solo il vento tra i capelli, i colori del tramonto, capelli di seta nera e ridenti occhi grigi sul viso di un bambino.

   
 
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