La vie (sesto
capitolo)
La
congiura del Duca de Trevalion e del Barone de Monluc, architettata in una
notte, ebbe uno svolgimento veloce, una fine tragica e un colpo di scena.
I
due nobiluomini non posero tempo in mezzo. Volevano eliminare il Conte De
Martel e sua sorella per creare un vuoto di potere alla Corte di Marsiglia,
dopo di che sarebbero subentrati come nuovi governanti. Ma per far questo
dovevano muoversi in fretta, prima che i cortigiani e il popolo si
affezionassero troppo al nuovo sistema di governo. Così, quella stessa notte,
si recarono in città e in una locanda dei bassifondi scovarono due loschi
figuri che avrebbero fatto la parte dei sicari, diedero loro una manciata di
monete d’oro e promisero che avrebbero elargito loro il doppio di tale somma a
lavoro ultimato.
I
due assassini entrarono alla Corte di Marsiglia sotto gli occhi di tutti, la
mattina dopo, vestiti come dei domestici. Tristan, infatti, da quando era
salito al potere dava continue feste alle quali partecipavano numerosi artisti,
musici e poeti, pertanto necessitava di un sempre maggior numero di servi che
si occupassero degli ospiti e portassero in tavola le vivande durante i
banchetti.
Nessuno,
dunque, notò i due sconosciuti che, al ricevimento di quella sera, si
comportarono esattamente come gli altri servitori e non fecero nulla che
potesse metterli in evidenza.
Il
ricevimento si svolse come tutte le feste per le quali la Corte di Marsiglia
stava diventando famosa in tutta la Francia e anche oltre: una cena raffinata e
elegante, seguita da una serata di musica, danze, esibizioni di poeti e
cantori.
Durante
tali ricevimenti, Tristan e Elijah osservavano e ascoltavano attentamente, per
comprendere quali, tra i tanti artisti ospitati a Corte, potesse essere degno
della trasformazione e di far parte, quindi, di quella cerchia elitaria e
superiore di vampiri che il Conte De Martel desiderava.
“Quel
poeta potrebbe essere un candidato adatto?” propose Tristan.
“Non
lasciarti incantare dalla bellezza dei suoi versi, mio giovane Milord” rispose
Elijah. “La sua indole non è delicata quanto le sue poesie. Questa mattina l’ho
sorpreso mentre cercava di aggredire una delle serve in dispensa, la picchiava
e tentava di abusare di lei.”
“Che
essere ripugnante!” replicò indignato il Conte. “Perché non gli hai spezzato il
collo, allora?”
“Troppo
precipitoso, Tristan” sorrise Elijah, “prima desideravo ascoltare le sue
composizioni. Non è strano come da un uomo tanto rozzo e volgare possano
scaturire versi così soavi?”
I
due amanti ridevano insieme, quindi dedicavano la loro attenzione ad altri
possibili candidati, per poi discuterne il valore.
Quando
la festa ebbe termine, gli invitati ringraziarono il Conte e la Contessa De
Martel per la graziosa ospitalità e si congedarono. Alcuni sarebbero tornati ai
loro palazzi e castelli, altri avrebbero pernottato alla Corte di Marsiglia per
ripartire la mattina seguente. Artisti, musici e poeti avrebbero alloggiato
nelle locande dei villaggi vicini e soltanto i più meritevoli, quelli scelti
per la trasformazione, avrebbero goduto del privilegio di rimanere a palazzo.
Il
pittore Joscelin aveva trascorso tutta la serata al fianco della sua amata
Contessa ed ebbe da Tristan in persona l’ambito onore di scortarla fino alla
sua stanza. Tristan ed Elijah si avviarono insieme verso la camera del Conte,
scherzando tra loro sull’espressione cupa che Niklaus aveva esibito per tutta
la serata e in particolar modo quando il poeta, Leander, aveva declamato la sua
ultima composizione in onore di Rebekah.
“Ho
veramente temuto che, ad un certo punto, tuo fratello avrebbe aggredito Leander
e gli avrebbe spezzato il collo davanti a tutti gli invitati” disse Tristan,
con una breve risata.
“Niklaus
non è Kol, riesce a tenere a freno i suoi istinti… almeno in pubblico” replicò
Elijah. “Tuttavia sarebbe saggio effettuare presto la trasformazione del povero
ragazzo, prima che la scarsa pazienza del mio caro fratello si esaurisca!”
Uno
dei sicari era in agguato nell’ombra, dietro l’angolo che conduceva alla camera
di Tristan. La daga stretta in pugno, era pronto all’azione, ma rimase
spiazzato dalla presenza di Elijah: era convinto che avrebbe sorpreso il Conte
da solo, davanti alla sua stanza, cosa ci faceva lì quell’uomo? Non poteva
comunque esitare e non era la prima volta che affrontava da solo due o più
persone. Fulmineo, sbucò dalle tenebre, afferrò Tristan per un braccio e gli
affondò più volte la daga nel petto e nello stomaco.
La
presenza di Elijah, però, lo aveva obbligato a muoversi con precipitazione e
così mancò il cuore del giovane Conte. Non se ne preoccupò più di tanto,
pensando che il giovane sarebbe comunque morto dissanguato per i tanti colpi
ricevuti. Quando si sentì afferrare dalle braccia possenti di Elijah, immaginò
che per lui fosse la fine…
Non
poteva certo immaginare ciò che sarebbe accaduto.
Imprigionato
nella stretta d’acciaio del vampiro Originale, vide con suo grande orrore
Tristan rialzarsi da dov’era caduto, sfilarsi la daga dall’addome e avvicinarsi
a grandi passi: pareva che non avesse ricevuto neanche un graffio, nonostante
il sangue che lordava le sue vesti. Lo sguardo del giovane Conte era terribile
e il sicario, nonostante la sua ben nota fama di assassino, si sentì gelare.
“Hai
tentato di uccidermi, stolto!” sibilò, fissandolo con una collera spaventosa.
“Ti pentirai amaramente per ciò che hai fatto, stanne certo. Ma prima dimmi, è
stata una tua iniziativa o qualcuno ti ha pagato per colpirmi?”
“Io
me ne frego di te e della tua famiglia, signorino… anche se, a quanto ho visto,
sei un mostro, una creatura soprannaturale, visto che le mie pugnalate non ti
hanno ucciso” ribatté sprezzante il sicario. “Ma di certo non avrei rischiato
la mia pelle per farti fuori se non fosse stato per un bel gruzzoletto!”
“Allora
chi è che ti ha pagato per uccidere il Conte?” rincarò Elijah, intensificando
la stretta e scrollando l’uomo.
“E
io che accidenti ne so? Quel tizio non mi ha mica detto il suo nome. Comunque
era un altro di voi, un aristocratico con la puzza sotto il naso!”
“Una
congiura interna, avrei dovuto immaginarlo” disse Tristan, rivolgendosi al suo
Sire. “Questa volta non si è trattato di villici in cerca di vendetta, è
qualcuno che vuole impadronirsi del potere. E anche se ha fallito con questo
incapace, tenterà di nuovo, ne sono sicuro. Dobbiamo dare una punizione
esemplare affinché imparino a temerci e nessuno osi più puntarci un’arma
contro.”
“Vuoi
torturare a morte questo sicario, Tristan? Non servirà a niente e, del resto,
lui è qui solo perché qualcun altro, un nobile, lo ha pagato per farlo” come
sempre, Elijah cercava di riportare il suo impetuoso amante alla ragione. “Possiamo
fare di meglio. Io posso soggiogarlo e indurlo a descriverci l’uomo che lo ha
pagato. A quel punto potrò concedere a questo vile una morte rapida, che è più
di quanto meriti.”
Tristan
s’imbronciò. L’idea di farla pagare cara al mascalzone che aveva osato colpirlo
era allettante, ma doveva riconoscere che Elijah aveva ragione, era molto più
utile scoprire il mandante.
Sarebbe
stato lui, una volta smascherato, a subire una morte atrocissima, come monito
per chiunque osasse sfidare il Conte De Martel…
“Va
bene” concesse dunque il giovane Conte, “fallo parlare e poi spezzagli il
collo.”
Elijah
stava per accontentarlo quando, all’improvviso, furono interrotti dall’arrivo
del giovane Joscelin, il pittore innamorato di Aurora, affannato e sconvolto.
“Miei
signori, miei signori, vi supplico, chiamate le guardie!” esclamò, con voce
rotta dall’angoscia.
“Che
ti prende? Cos’è accaduto?” lo interrogò subito Tristan, preoccupato.
“Vostra
sorella, mio signore… un uomo… ha cercato di ucciderla! Io… io… l’avevo
accompagnata fino alla porta della sua stanza e mi stavo accomiatando da lei
quando… quell’individuo è sbucato da dietro una tenda e ha tentato di
accoltellarla. Per fortuna io ero vicino e… c’era un candelabro, ho colpito
quel folle alla testa… ma non so se l’ho ucciso. Vi prego, chiamate le guardie,
fatelo gettare nelle segrete. La Contessa…”
A
quelle parole Tristan impallidì. Dunque quel nobile non aveva attentato
solamente alla sua persona, voleva fare del male anche alla sua adorata sorella…
l’avrebbe pagata cara, avrebbe dovuto soffrire pene indicibili fino a vedere la
morte come una liberazione.
“Elijah,
tu resta qui e fai parlare quel depravato, poi uccidilo” disse, in tono
tagliente. “Non c’è bisogno di guardie, ragazzo, verrò io stesso con te e mi
occuperò del maledetto che ha attentato alla vita di Aurora!”
“Ma…
ma… mio signore, potrebbe essere pericoloso per voi…” obiettò Joscelin,
confuso.
“Lo
sarà molto di più per quell’assassino” sibilò Tristan, incamminandosi in fretta
verso la stanza della sorella, mentre Joscelin lo seguiva, in preda all’ansia.
Quando
giunsero davanti alla porta di Aurora, però, davanti agli occhi dei due si
presentò uno spettacolo inatteso.
Il
sicario giaceva morto con la gola squarciata e senza più una goccia di sangue
nelle vene, mentre Aurora sorrideva soddisfatta, con le labbra ancora macchiate
di rosso cremisi…
“Quello
sciocco credeva di incutermi timore, ma ha scelto male il suo bersaglio” disse,
molto compiaciuta di sé, rivolgendosi al fratello.
“Cosa…
cosa sta succedendo? Contessa… voi…” Joscelin era completamente allibito.
Tristan
non poteva permettere che il ragazzo parlasse troppo. Lo afferrò per le spalle,
fissò gli occhi nei suoi e usò tutta la sua potenza per soggiogarlo così come
Elijah gli aveva insegnato.
“Tu
non hai visto niente. Aurora sta bene e non le è accaduto nulla di male. Tu l’hai
accompagnata nella sua stanza e poi sei andato a dormire” disse, scandendo bene
ogni parola.
“Io…
certo, è ora che mi ritiri nella mia stanza. Vi auguro una felice notte, mia
signora, e anche a voi, Conte De Martel” mormorò Joscelin, poi la sua
espressione si fece più tranquilla e il suo sguardo parve assonnato. Tristan lo
lasciò andare e il giovane pittore si diresse a passi lenti verso le stanze
riservate agli ospiti.
“Dovremo
liberarci del corpo” commentò il Conte, guardando con disgusto il cadavere del
sicario. “Tu stai bene, sorella?”
“Certo,
benissimo, è stato molto divertente… anche se non ho capito cosa volesse da me
quel volgare individuo” rispose Aurora, in tono leggero.
“E’
stato un attentato” ribatté Tristan, cupo. “Un nobile della Corte di Marsiglia
ci vuole morti e ha ingaggiato due assassini per ucciderci. Ovviamente non
poteva sapere della nostra nuova natura… anch’io sono stato aggredito pochi
minuti fa. Elijah ha catturato l’altro sicario e adesso gli farà dire chi è il
vile che lo ha pagato per eliminarci.”
“Una
congiura? Proprio come nei libri? Emozionante!” commentò la ragazza. “Fratello
mio, adesso sono molto stanca e, dopo questo delizioso spuntino, penso che me
ne andrò a riposare.”
“Vai
pure, mia cara” le disse Tristan, baciandola lievemente sulla fronte. Era
contento che Aurora non fosse rimasta traumatizzata dall’accaduto. Ora tutto
ciò che desiderava era scoprire l’identità di chi aveva osato un atto così
turpe e punirlo in un modo che nessuno avrebbe dimenticato.
Quando
Aurora si fu ritirata nella sua camera ed ebbe chiuso la porta, il giovane
Conte ritornò da Elijah, sperando che il suo Sire fosse riuscito a ottenere una
descrizione accurata per individuare il colpevole.
Nessuno
mai più avrebbe dovuto permettersi di sfidare il Conte e la Contessa De Martel!
Fine sesto
capitolo