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Autore: Voglioungufo    29/11/2018    2 recensioni
Superhero!AU | NaruSasu | ShiSaku | ObiRin
Sasuke è il supereroe Mille Falchi che garantisce giustizia alla città di Konoha ed è innamorato di Naruto, il suo migliore amico. Peccato che Naruto sia innamorato di Mille Falchi senza sapere chi sia in realtà.
Per Sasuke si presenta il grande dilemma: fare finta di nulla o rivelargli la propria identità segreta?
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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IV



Mille Falchi era disteso sul terrazzo di un condominio, gli occhi socchiusi e il corpo dolorante. Si era teletrasportato lì non appena era riuscito a portare i criminali che aveva catturato davanti alla stazione di polizia. Era una gang che aveva provato a scassinare un negozio di antiquariato con pezzi di grande valore; nonostante fossero in tanti in una situazione normale Sasuke non avrebbe avuto problemi a sconfiggerli. Il problema erano state le pistole e il proiettile che gli avevano sparato.

Lo avevano preso solo di striscio, non era nulla di grave, in più lui guariva molto velocemente per via del suo potenziamento. Però sentiva ugualmente il dolore e in quel momento ne avvertiva così tanto che non riusciva a trovare la concentrazione necessaria per teletrasportarsi a casa. Si era dovuto interrompere a metà viaggio e fermarsi lì a prendere fiato. La sua tuta gocciolava sangue e attorno a lui si stava formando una piccola chiazza; doveva tornare a casa per fasciarsi, prendere un antidolorifico e sperare che né Sakura né Shisui lo beccassero.
Strinse gli occhi e si concentrò sul bicchiere di plastica che aveva lasciato al centro della sua stanza, ormai non mancava troppo all’alba e doveva sbrigarsi. Strinse i denti e si teletrasportò. Atterrò malamente sul tappeto della sua camera a gattoni, lo sforzo lo aveva indebolito al punto che si ritrovò a vomitare.
Cazzo, mi sono spinto al limite.
Provò una fitta di panico, sensazioni del genere le aveva provate solo al laboratorio, quando lo testavano per vedere quali fossero i suoi limiti. Prese lunghi respiri cercando di calmarsi, la vista gli si stava sfocando e faticava anche solo a reggersi a carponi.
La porta della sua camera si aprì.
“Sasuke? Sei tornato adesso? È tard…” la voce assonnata di Shisui si interruppe con un urlo soffocato. Peccato che non riuscisse a vedere la sua espressione, doveva essere comica, ma ormai vedeva solo nero.
“Sakura!” chiamò. “Sakura, vieni subito qui!”
Sentì due mani afferrarlo per il bacino, gemette quando sfiorarono la ferita. La fitta di dolore fu tale che perse definitivamente i sensi.
 
**
 
Naruto chiuse il proprio armadietto pensieroso. Sasuke non era venuto a scuola, né gli aveva mandato un messaggio per avvertirlo; aveva pensato fosse in ritardo per un malfunzionamento della sveglia, ma dopo due ore non si era presentato, cominciava a temere fosse ammalato. Anche se non lo aveva mai visto ammalato in tutta la sua vita.
Era comunque preoccupato, per questo approfittò dell’intervallo per prendere il cellulare, sgattaiolare in giardino e chiamarlo a casa. A rispondere fu Sakura.
“Pronto?”
“Ciao, sono Naruto” disse. “Come mai Sasuke non è a scuola?” domandò diretto.
La sentì esitare. “Ha le febbre” spiegò alla fine. “Starà a casa qualche giorno, finché non passerà”.
Si preoccupò per l’amico, ma sentì anche il cuore cadergli nello stomaco. Qualche giorno a casa. Solo quella mezza giornata senza Sasuke al suo fianco era stata terribile, non solo perché i bulli vedendolo solo si erano fatti più insistenti, ma perché era abituato a condividere con lui ogni minuto. Non poterlo fare era destabilizzante.
“Oh, capisco” mormorò mogio. “Puoi passarmelo?” voleva sentire la sua voce e assicurarsi che non stesse davvero troppo male.
“Mi dispiace, ma sta dormendo. Ma se vuoi dirgli qualcosa dillo a me, glielo riferisco appena si sveglia” gli assicurò.
Quello era imbarazzante, perché non aveva davvero qualcosa da dire. E poi quello che si dicevano era una faccenda fra lui e Sasuke, non gli andava che Sakura potesse saperlo.
“Chiedigli se può chiamarmi appena si sveglia, se sta meglio. E che prenderò appunti anche per lui, ma che gli conviene tornare presto perché non sono il suo schiavo!”
Sakura rise al suo finto tono burbero e assicurò che lo avrebbe fatto, poi lo salutò e mise giù.
Naruto tornò in classe intristito e per il resto delle lezioni lanciò sguardi abbattuti al banco vuoto.
 
**
 
Si svegliò con la sensazione che un treno in corsa fosse passato sul suo corpo inerte più volte a tutta velocità, per poi essere calpestato da una mandria di belve inferocite. Aveva in bocca un gusto orribile e lo stomaco era così sottosopra che se solo non fosse stato desolatamente vuoto avrebbe vomitato seduta stante. Si avvolse meglio nelle coperte rabbrividendo per il freddo e sospirò quando sentì qualcuno passargli una pezza bagnata sulla fronte.
“Sei sveglio, Sasuke?” mormorò la voce di Sakura, ma a lui sembrò che quella domanda gli venisse gridata nelle orecchie, perciò fece una smorfia di dolore che causò un’immediata apprensione in Sakura.
“Ti senti male? Hai bisogno di…”
“Shhh” la interruppe piano, quel semplice sibilo gli grattò la gola e si ritrovò a tossire.
Un bicchiere d’acqua gli fu portato alle labbra e si rese conto di quanta sete avesse, perciò bevve con avidità mentre una mano gli teneva la testa e poi gli puliva il mento dall’acqua che era scivolata.
Finalmente Sasuke si decise ad arrischiare ad aprire gli occhi, lo fece piano sbattendo le palpebre per abituarsi alla luce bianca e accecante, nella quale cominciarono a profilarsi le figure dei mobili della sua camera. Era sul suo letto, avvolto tra le coperte invernali, mentre Sakura era su una sedia al suo lato. Dalla luce dei lampioni fuori dalla finestra sembrava essere notte.
“Quanto ho dormito?” la sua voce aveva la stessa intonazione di un moribondo.
“Per tutta la notte” disse Sakura pianissimo, gli passò una mano sulla fronte e sospirò nel sentirla ancora calda “E hai ancora bisogno di dormire”.
Non si sforzò nemmeno di mentire dicendo che stava bene, perché era evidente il contrario e sì, voleva dormire ancora. Lo voleva tantissimo.
Non disse niente, lasciò che Sakura si prendesse cura di lui sistemando bene le coperte sul suo corpo e gli rinfrescasse la fronte, cullato da quelle premure tornò subito tra le braccia di Morfeo.
 
**

Il Parco Susanoo era stato fondato qualche anno prima come regalo della nuova Uchiha Corps per partecipare a un’iniziativa cittadina ecologica. Era molto grande e in primavera diventava un polmone verde e profumato tra i grattacieli di Konoha. Ci andavano gli sportivi a correre e fare esercizio, si incontravano i ragazzini a passeggiare e le mamme ci portavano i figli a giocare sui prati con le giostre. Era molto frequentato, un progetto che aveva funzionato a regola d’arte.
Al mio contrario.
C’era una bambina dai capelli castani che giocava sull’altalena, si spingeva avanti e indietro con il corpo per andare sempre più in alto. Su e giù, i piedini puntati al cielo.
L’uomo la guardava da un po’ di tempo immobile nella stessa posizione. Era una giornata calda, ma indossava un capotto nero fino ai piedi come se fosse ancora inverno. Aveva freddo.
Come si chiamava quella bambina sull’altalena? Nella sua testa sentiva ripetuto il nome di un’altra bambina, che aveva amato e promesso di proteggere, ma dubitava fosse lo stesso. Ma quelle due bambine si assomigliavano tantissimo, magari erano le stesse? Quanto gli mancava la sua bambina, prenderla fra le braccia e farla girare come una principessa.
La sua bambina, dov’era la sua bambina? Stava giocando anche lei in quel parco? Perché non la vedeva più? La cercò con lo sguardo, ma una fitta alla testa lo costrinse a serrare gli occhi e digrignò i denti.
Soffriva di emicrania, per questo doveva prendere delle pastiglie, ma era uno sbadato e le dimenticava. Per fortuna c’era sua moglie a ricordarglielo, meno male che c’era quell’angelo a vegliare su di lui e a ricordargli che doveva stare bene. Perché quella mattina non lo aveva fatto? Aveva dimenticato la pasticca e ora gli faceva male la testa. Quel sole era troppo forte e gli feriva gli occhi.
La bambina continuava a dondolarsi sull’altalena, era un movimento rilassante e ipnotizzate, riusciva appena a mitigare il suo mal di testa. La sua bambina riusciva sempre a farlo stare meglio, era la sua principessa.
No, lei non è mia figlia… ricordò.
La bambina sull’altalena si diede un’ultima spinta e poi si gettò contro il cielo, imitando il volo di un angelo. Ma fu un volo breve, perché la gravità la spinse prepotente a terra.
Mia figlia è…
La bambina cadde a terra scomposta e rimase inerte sulla terra, gli arti piegati in modo innaturale, il collo spezzato. L’uomo si alzò di scatto dalla panchina e corse verso di lei, ansimando per un attacco di panico improvviso.
“Ehi… ehi…” tentò di chiamarla, ma era senza voce, senza respiro, “ehi!”
Sbatté le palpebre. La bambina era davanti a lui, inginocchiata a terra e con uno sguardo sorpreso, un po’ spaventato. Stava bene. Non era sua figlia.
Si portò una mano al collo, si sentiva soffocare.
“Signore… va tutto bene?” domandò la bambina con una sottile voce preoccupata.
Non andava tutto bene. Dov’era? Perché non era a casa con sua figlia e sua moglie? Dov’era la sua casa?
“Scusi” sussultò quando una voce più adulta, una voce femminile, lo chiamò.
Alzò lo sguardo speranzoso.
Rin?
Non era sua moglie, era un’altra donna dall’’incedere aggressivo. Prese la bambina in braccio e lo guardò bellicosa.
“Le serve qualcosa?” domandò brusca.
Non rispose. Se lei non era sua moglie, lei dov’era? Perché era solo?
Un’altra fitta di dolore gli trapassò il cervello, più forte della prima, e cadde sulle ginocchia con un lamento. Faceva così male, c’era qualcosa che non andava…
Il cappuccio gli scivolò dalla testa e la donna sussultò per lo spavento e l’orrore nel vederlo in viso.
No, non era sua moglie, Rin non aveva mai provato orrore per il suo aspetto, aveva sempre saputo guardare oltre la carne martoriata.
“Oh, Rin…” sussurrò il suo nome, una cantilena mentre la donna continuava chiedergli se gli servisse aiuto.
Voleva sua moglie, sua figlia… ma non poteva più averle. Le aveva perse entrambe ed era colpa sua.
No, è colpa loro.
La rabbia montò dirompente come un uragano, alzò lo sguardo carico d’odio sulla donna che teneva in braccio la bambina. Perché c’erano quelle estranee invece di chi contava veramente?
Le odiava. Odiava tutto quello, odiava quel parco perbenista che nascondeva il marcio di quella città.
Smise di mormorare, risoluto in quello che doveva fare e si rialzò. La donna ora taceva, guardandolo circospetta.
Tutto quello… non aveva senso. Meritava di sparire.
E così successe, con un battito di ciglia, la donna e la bambina smisero di esistere davanti a lui. E anche il resto del parco cominciò ad accartocciarsi su sé stesso, come se una mano invisibile lo comprimesse. Qualcuno gridò. Delle sirene suonarono. Pianti, urla, detriti che sbriciolavano e sparivano inghiottiti nel semplice nulla. Nel giro di un minuto, l’intero parco sembrava essere sopravvissuto all’atterraggio di un meteorite e al centro di quel cratere desolato c’era solo lui, impassibile e vibrante di energia distruttiva.
A Obito Uchiha non faceva più male la testa e se andò, sparendo a sua volta come se non fosse mai stato lì.
 
**
 
Sasuke dormì un altro giorno intero, svegliandosi di tanto in tanto per qualche minuto o per andare in bagno aiutato da Sakura.
La sera di due giorni dopo si sentiva abbastanza riposato da poter scendere in cucina a cenare. Sakura aveva ricucito la ferita e anche se gli faceva ancora male stava guarendo, non aveva più nulla di cui preoccuparsi.
Shisui spense il telegiornale appena arrivò a tavola e puntò gli occhi scuri su di lui, la sua espressione era impassibile come la pietra. Sasuke rabbrividì, c’erano dei piccoli momenti quando Shisui si arrabbiava in cui gli ricordava vagamente il volto di Madara.
Nessuno disse niente per tutto l’inizio della cena, i cucchiai e le forchette tintinnavano contro il tavolo e si sentiva solo il loro deglutire. L’aria era pesante, nervosa, Sasuke si ritrovò a rimpiangere il ronzio della televisione che normalmente detestava. Shisui continuava a guardarlo e a studiare i suoi movimenti. Sakura invece gli lanciava continue occhiate nervose e preoccupate.
Alla fine non riuscì più a trattenersi.
“Se dovete dire qualcosa, ditelo” sbottò gelido facendo cadere la forchetta sul piatto con un rumore frastornante.
Shisui finì di bere con calma, quasi senza dare peso allo scatto del ragazzo, poi lo appoggiò sul tavolo.
“Secondo te, cosa abbiamo da dirti?” gli domandò con voce incolore e controllata. “Ormai sei abbastanza grande da rendertene conto da solo”.
A Sasuke non piaceva quel tono, fece una smorfia infastidita.
“È stato solo un incidente, non…” iniziò, ma Sakura lo bloccò.
“Non ci provare” lo avvertì. “Non è stato solo un incidente”.
Gli occhi verdi lo trafissero sul posto furiosi e Sasuke fu tentato di fare un passo indietro, si rese conto che dei due quella davvero fuori di sé era Sakura.
“Saresti potuto morire” continuò per lei Shisui. “Tu sei forte, Sasuke, molto più di qualsiasi altro uomo, ma non sei invincibile. Un proiettile può ucciderti”.
“E tu l’altra sera te ne sei preso uno” Sakura si appoggiò una mano sulla fronte massaggiandola. “E ti ha quasi fatto dissanguare. Se non fosse stato per le tue capacità rigenerative non ce l’avresti fatta senza una trafusione. Stavo per chiamare l’ambulanza!”
Sobbalzò. “Se lo avessi fatto…”
“Avrebbero scoperto dei tuoi poteri, lo so” lo interruppe. “Ma credi che per mantenere il segreto io sia disposta a vederti morire?!”
Shisui le appoggiò una mano sulla spalla, nonostante cercasse di mostrare calma aveva tutti i muscoli tesi.
“Sasuke, almeno capisci la gravità di quello che è successo?”
Abbassò lo sguardo, odiava quella sensazione da bambino sgridato.
“Sì” disse piano. “Ma sto bene”.
“No, non è vero” lo contraddisse. “Sei debole, ti reggi a malapena in piedi e hai dormito due giorni interi”.
“Naruto ha chiamato preoccupato” s’intromise Sakura con una smorfia. “Pensa almeno a lui, credi che accetterebbe una cosa del genere senza battere ciglio?”
“Sono un vigilante, combatto i criminali, è ovvio che ci siano effetti collaterali” sbottò. “E Naruto non saprà mai niente di tutta questa storia”.
Shisui si alzò in piedi di scatto e la sedia si rovesciò. “Smettila! Tu non sei né un vigilante né un cazzo di supereroe, questo non è un fumetto! Sei un ragazzino che si è buttato in qualcosa di più grande di lui per un capriccio, devi piantarla!” gridò.
“Questo non è un capriccio!” urlò anche lui in risposta. “È importante!”
“La tua vita è più importante” Shisui si portò le mani ai capelli. “Hai idea dell’ansia che ci fai vivere ogni notte? Del terrore che viene a Sakura quando ritardi di qualche minuto? L’altra domenica è quasi impazzita perché non tornavi più”.
L’altra domenica ero da Naruto, avrebbe voluto dire, ma si morse le labbra.
“Ero in giro”.
“Sì, e nel frattempo noi qui preoccupati che ti fosse successo qualcosa” allargò le braccia come a indicare tutta la casa. “Questa storia deve finire, Sasuke”.
La rabbia gli offuscò la vista. “Tu non sei mio padre, non mi dici cosa fare” sibilò.
Sakura sussultò e sbiancò, mentre Shisui strinse le mani a pugno.
“Invece sì” lo contraddisse. “Non sarò tuo padre, ma tu farai quello che ti dico”.
“Non…”
“Questa storia del supereroe finisce qui. Non voglio vederti mai più tornare a casa mezzo morto. Ora la tua priorità è la scuola ed essere un ragazzo normale”.
I bicchieri sulla tavola esplosero in mille schegge.
Sebbene fosse stato lui, lo stesso Sasuke sussultò per quell’esplosione inaspettata: la rabbia lo aveva fatto uscire di testa e perdere il controllo sul suo potere.
Guardò le schegge di vetro con sguardo disperato.
“Come se i ragazzi normali potessero fare questo” sbottò velenoso “O questo”.
Fece per teletrasportarsi in camera, ma era troppo debole e arrivò solo fino all’entrata della cucina contro la quale si accasciò. Ricacciò dietro le lacrime di rabbia, dolore e frustrazione.
“Non sono mai stato un ragazzo normale e mai potrò esserlo. È inutile sforzarmi del contrario” terminò, poi uscì.
 
**

Il clima era uggioso, umido, sembrava aver fatto un passo indietro nell’inverno. Shisui odiava i temporali primaverili, davano un colore grigio a quell’angolo di città e gli gonfiavano i capelli.
Era sul porticato della loro villetta e stava fumando una sigaretta per calmarsi per il litigio appena avvenuto. Sasuke cominciava a spaventarlo, era naturale che alla sua età fosse così indisponente e scontroso, un perfetto adolescente nella fase di ribellione, ma era tutta la faccenda dietro a preoccuparlo; avrebbe dovuto preoccuparsi di vederlo sgattaiolare via la sera per andare alle feste, non a combattere i criminali.
Il vero problema era che non lo considerava davvero una figura autoritaria a cui dover dare ascolto, al massimo provava riconoscenza nei suoi confronti e un bizzarro affetto. Doveva trovare un modo per costringere Sasuke a casa anche una volta ripresosi.
Il cellulare suonò, ma lo lasciò squillare troppo pigro per rispondere, odiava venire disturbato quando si fumava una sigaretta calmante; ma alla fine il suono si fece così insistente che si trovò costretto a rispondere.
“Pronto?”
“Alla buon’ora!”
Riconobbe subito la voce e fece una smorfia: lavoro.
“Ero impegnato.” Mentì. “Cosa vuoi, Orochimaru?”
“Domani ci servi.” Rispose dritto al punto. “Abbiamo una riunione con altri manager e ci serve la tua presenza”.
S’irrigidì. “Non posso, ho da fare”.
Lo sentì imprecare a bassa voce. “È una settimana che non ti fai vedere, le pratiche da firmare si stanno accumulando e così i tuoi impegni. Non sono io a doverti ricordare qual è il tuo ruolo qui”.
“Lo so” strinse il cellulare infastidito. “Non ce n’è bisogno”.
“Allora sai che la tua presenza qui è inderogabile. Sei il nostro capo, prenditi le tue responsabilità”.
“Lo so!” ripeté frustato. “Ma a casa è un pessimo momento, non posso lasciare Sakura a vedersela da sola”.
Ci fu un momento di esitazione dall’altra parte della cornetta.
“Itachi…?”
“No, è Sasuke il problema” sospirò. “Prima devo risolvere qui, domani non può andare Yamato al mio posto?”
Anche Orochimaru sospirò, sentì attraverso l’apparecchio alcuni movimenti di fogli e tasti del computer.
“Vedrò cosa posso fare” concesse alla fine.
Lo ringraziò e mise giù, non fece però in tempo a mettere via il telefono che ricevette un’altra chiamata. Il fastidio sparì appena vide il nome sullo schermo e venne sostituito dall’ansia, non era mai un buon segno quando riceveva una sua chiamata.
“Kakashi.” rispose preoccupato. “Che sorpresa”.
“Shisui!” la voce dell’altro era affrettata. “Hai visto il telegiornale?”
Ripensò al pranzo e fece una smorfia, aveva spento la televisione per potersi concentrare totalmente su Sasuke.
“No, perché?”
Lo sentì imprecare coloritamente. “Perché abbiamo un problema”.
 
**
 
Sasuke continuava a mancare a scuola. Naruto gli aveva mandato qualche messaggio per sapere come stesse, ma non aveva mai ottenuto risposta. Era indeciso se richiamarlo a casa o meno, non voleva risultare troppo ossessivo, ma gli mancava terribilmente e la scuola assomigliava sempre più a una prigione senza di lui.
Senza contare che in quelle notti Mille Falchi non era più tornato; gli stava venendo il dubbio di essersi esposto troppo quell’ultima mattina, di aver messo l’eroe alle strette e per questo non voleva presentarsi più, magari lo aveva forzato.
Almeno quella giornata era finita, poteva tornare a casa e prendere un momento di respiro. Andò verso il suo armadietto per prendere le sue cose, ma vide che c’erano alcuni ragazzi della squadra di football con le bombolette.
Sospirò, quella non era proprio giornata.
“Ehi!” vociò facendo la voce grossa. “Lasciate stare il mio armadietto”.
I bulletti si girarono a guardarlo sfrontati. “To’, è arrivato il frocietto” lo derisero.
Strinse gli occhi e li guardò storto, ma non rispose alla provocazione. Era stanco, era stato interrogato alla lavagna e tutto quello che voleva era potersene tornare a casa per chiamare Sasuke.
“Non è aria” si fece spazio in mezzo a loro per raggiungere il proprio armadietto, ma uno di loro lo afferrò per la spalla.
“Su, non essere così scontroso” allargò un finto sorriso amichevole. “Devi sentirti solo, il tuo amichetto non si fa vedere da un po’”.
Ebbe un fremito nel sentire il riferimento a Sasuke.
“Forse ha capito che non gli conviene farsi vedere con un finocchio come te” considerò uno.
Si morse le labbra costringendosi a non rispondere. Ne aveva la tentazione, ma non poteva cominciare l’ennesima rissa.
“Ehi, checca, stiamo parlando con te” si sentì sbattuto contro l’armadietto con la faccia. Il dolore lo frastornò.
“Cos’è? Ti senti meno coraggioso senza il tuo amichetto?” continuò quello che lo aveva spintonato. “Sai, gli stavamo per disegnare una grande merda nell’armadietto. Perché del resto devi essere proprio una merda umana per frequentare gente come te, eh frocie…”
Non terminò la frase perché Naruto lo colpì con un pugno allo zigomo. Ci mise tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo e fu così forte che il ragazzo dovette fare un passo indietro.
“Pezzo di merda!” sbottò portandosi una mano alla guancia. “Sei morto!”
“No, tu” ringhiò Naruto pronto a battersi e a mandare tutto al diavolo. “Non permetterti mai più di chiamare in quel modo Sasuke!”
“Culattone del cazzo” e gli si avventò addosso, seguito dal resto dei compagni.
 
**
 
Sasuke non aveva intenzione di perdersi un’altra ronda, nossignore. Ormai stava bene, la ferita era guarita del tutto e anche i suoi poteri erano tornati abbastanza stabili. Indossò il costume nel silenzio totale, ben attento a non fare un rumore, doveva uscire senza che Sakura e Shisui se ne accorgessero.
Si assicurò di avere tutto, di essere a posto e poi si concentrò, focalizzò il giardinetto alla fine della strada, si sarebbe scambiato con qualche fiore o una foglia. Le scosse elettriche avvolsero il suo corpo, una fitta lo colpì all’ombelico e la familiare pressione lo teletrasportò.
Riaprì gli occhi davanti alla porta d’entrata in corridoio.
Cosa…?
Perché non era uscito? Eppure si era ripreso, sentiva l’energia scorrere nei suoi muscoli.
“Bene, bene”.
Sussultò per la sorpresa e la paura, non si era accorto che seduto sulla sedia a dondolo c’era seduto Shisui, celato dall’oscurità.
“A quanto pare stai ancora troppo male per andare a scuola, ma non abbastanza per farti un giretto di notte”.
“Io…”
“Non puoi uscire” lo interruppe alzandosi e accese la luce, che illuminò il suo volto impassibile e freddo.
Era furioso, poteva dirlo con certezza.
“Non puoi teletrasportarti fuori da questa casa, ho messo un apparecchio che ti impedisce di lasciarla usando i tuoi poteri” spiegò gelido.
Strabuzzò gli occhi, come aveva fatto a trovare qualcosa di così specifico? Sembrava il sistema di sicurezza che usavano nella sua camera quando era ancora ai laboratori, non era di certo qualcosa che poteva ordinare con amazon prime.
“Come…”
Lo interruppe ancora, intuendo la domanda. “Sono bravo con le cose elettroniche, lo sai” gli lanciò un’occhiataccia.
Avrebbe indagato su quella faccenda più tardi, ora aveva altre urgenze.
“Significa che non posso uscire?” domandò rigido.
“Ovvio che no. Puoi uscire aprendo la porta e camminando sulle tue gambe, come le persone normali”.
Lo fulminò con un’occhiataccia. “Bene, allora camminerò!” lo sfidò.
Si diresse a grandi passi verso la porta, rigido come un soldatino, e afferrò la maniglia. Tirò con forza, ma la porta non si aprì di un centimetro, si sforzò ancor di più, ma rimase chiusa.
Si girò a trucidarlo con lo sguardo.
“La porta è chiusa” lo informò impassibile Shisui. “Perché è l’una di notte, le persone normali a quest’ora dormono”.
“Mi hai chiuso dentro casa?” domandò oltraggiato.
“Sì”.
“Non potrò più uscire?!”
“Potrai uscire fra qualche giorno, quando ti sarai ripreso del tutto, per andare a scuola e vedere i tuoi amici come le persone normali”.
“Smettila!” gridò. “Smettila di ripeterlo, ti ho già detto che io non sono normale!”
Non si lasciò incantare. “Invece sì, Sasuke. È vero, hai qualcosa di diverso rispetto gli altri, ma questo non può impedirti di vivere sereno e felice. Ora vai a letto, solo perché riesci a camminare non significa che sei guarito”.
“No” s’impuntò.
Sospirò. “Come vuoi, ma da questa casa non uscirai”.
“Romperò la serratura, modificherò la sua struttura molecolare”.
Lo guardò con sufficienza. “Non puoi, i sensori te lo impediranno” lo superò per raggiungere le scale.
Sasuke era incredulo, tutto quello non poteva essere reale. Non poteva essere imprigionato nella sua stessa casa, non di nuovo.
“Ti odio!” ringhiò con frustrazione, si morse le labbra per resistere alla tentazione di piangere per la rabbia. Chiuso in una gabbia, lo aveva chiuso dentro un’altra gabbia.
Quelle parole bloccarono Shisui.
“È per il tuo bene, Sasuke” disse piano. “Non importa se non capisci, odiami pure. Ma non permetterò che ti venga ancora fatto del male”.
“Stai zitto” tremò. “Tu! Tu adesso mi stai facendo del male, questo non ti rende diverso da quei pazzi nei laboratori. Sei come loro, vuoi tenermi dentro una fottuta gabbia”.
Si teletrasportò in camera propria e questa volta si premurò di essere il più rumoroso possibile con lo stridere delle scosse elettriche.
 
**

Sakura aprì la porta confusa dopo che dallo spioncino aveva riconosciuto la figura di Naruto. Strano che fosse lì a quell’ora, non doveva essere a scuola?
Quasi le prese un infarto nel vedere in che condizioni si trovava.
“Naruto!” esclamò. “Che è successo?”
Aveva lividi violacei attorno agli occhi e sullo zigomo, il labbro spaccato e una cicatrice sul mento.
“Salve signorina Sakura” la salutò, si strinse nelle spalle. “Una rissa a scuola” spiegò semplicemente, poi: “Sasuke sta ancora male?”
Sbatté le palpebre ancora sorpresa di vederlo in quello stato.
“Lui… sì, ma ormai è quasi guarito. Entra pure, non stare fuori”.
La ringraziò ed entrò nel corridoio familiare, fu quasi confortante entrare in quella casa.
“Sasuke è in camera sua.” continuò Sakura, lo guardò più criticamente. “Non dovresti essere a scuola a quest’ora?”
“Sono in punizione.” ammise con una punta di vergogna mentre saliva le scale. “Sono stato sospeso per due giorni”.
“Oh, Naruto…”
“Non sono stato io a iniziare.” la interruppe, sembrava davvero abbattuto. “Ma il preside non mi ha creduto. Almeno gliel’ho fatta vedere a quegli idioti”.
Sakura non disse niente e lo guardò mentre usciva dalla sua visuale.
 
Naruto bussò alla porta della camera di Sasuke, ma poi non attese che rispondesse ed entrò.
Sasuke era a letto e sussultò quando vide che si trattava di lui, spalancò lo sguardo smettendo di essere truce.
“Naruto?”. La sorpresa felice sparì appena lo vide meglio in volto. “Che cosa ti è successo?!”
“Quell’idiota di Hans” disse semplicemente, richiuse la porta alle proprie spalle. “Ho fatto a botte con lui e i loro amici. Sono stato sospeso dalla scuola per due giorni, non sapevo dove andare quindi sono venuto a vedere come stavi” riassunse, evitò di dirgli che si era lasciato provocare perché lo avevano insultato, sapeva che Sasuke non avrebbe gradito scoprire che si era ridotto in quello stato per lui.
L’amico era senza parole.
“Razza d’idiota!” sbottò preoccupato. “Manco qualche giorno e tu ti fai spaccare la faccia, Dio quanto sei idiota” fece per alzarsi, ma una fitta di dolore lo immobilizzò in una smorfia. In quella notte aveva provato molto spesso ad uscire nonostante i sensori, fino allo stremo, Sakura era furiosa con lui per quel motivo.
A Naruto non sfuggì la sua smorfia di dolore.
“Tu tutto bene?” si preoccupò avvicinandosi al letto. “Lo sapevo che ti stavi ammalando, ultimamente eri troppo strano”.
“Già” commentò solo, poi sospirò “Grazie per essere passato”.
“Figurati, questi giorni sono stati una noia senza di te” si sedette sul bordo del letto. “Devo assolutamente raccontarti quello che ti sei perso”.
“Evita, non mi interessa”.
“Sta’ zitto e ascolta.” Lo azzittì. “Be’, innanzitutto sono stato interrogato e…”
Per le successive ore, la stanza di Sasuke smise di essere noiosa e tetra. Era bastata la presenza di Naruto e la sua parlantina a renderla più calda e accogliente, a volte Sasuke avrebbe tanto voluto scoprire il suo segreto.
Naruto lo mise a capo di tutti i nuovi pettegolezzi, gli disse di quello che si era perso con le lezioni e cose stupide o di poco valore. Si sfogò di tutto il silenzio che era stato costretto a sopportare in quei giorni di solitudine. Gli spiegò i paragrafi nuovi di scienze sentendosi davvero importante e intelligente, fecero matematica insieme e guardarono perfino un episodio di Voltron.
Il malumore sparì completamente da Sasuke, rinfrescato dalla presenza dell’amico, e le ore passarono senza che se ne rendesse conto. Quando si fece ora di cena Sakura portò loro il piatto in camera, a quanto pare Sasuke non voleva scendere in cucina. Naruto aveva capito che fosse arrabbiato con Shisui di nuovo, ma appena aveva provato ad accennare alla faccenda Sasuke era sprofondato in un cupo silenzio.
“Ti fermi a dormire da noi, Naruto?” domandò Sakura con fare casuale.
Sia Naruto che Sasuke spalancarono gli occhi, l’uno per la felicità l’altro per l’orrore. Lui e Naruto non condividevano un letto da anni, se non si contavano le volte che si era intrufolato da lui come Mille Falchi. Sarebbe stato troppo strano, soprattutto perché Naruto aveva la brutta abitudine di spiaccicarsi contro qualsiasi fonte di calore umano.
“Posso davvero?” domandò Naruto emozionato.
“Non hai il pigiama dietro…” tentò Sasuke.
“Non importa, puoi prestargli uno dei tuoi” s’intromise Sakura. “Per noi non è affatto un disturbo”.
Certo, perché la sua presenza mi impedirà di tentare di andare via.
Doveva trovare un modo sottile perché Naruto rifiutasse.
“Adesso ci pensa, lasciaci in pace” la mandò via un po’ brusco, guadagnandosi un’occhiataccia di rimprovero.
“Io non ci devo pensare” disse Naruto appena la porta si fu richiusa. “Ho già deciso, resto. È da tanto che non facciamo un pigiama party”.
Odiava dover giocare quella carte, ma l’altro sembrava piuttosto deciso.
“E se questa notte passasse Mille Falchi da te? Non sarebbe strano per lui scoprire che sei nel letto di un altro ragazzo?”
Fu la cosa sbagliata da dire, perché tutta la spensieratezza sparì dal volto di Naruto.
“In realtà è da un po’ che non viene” ammise. “Credo abbia cambiato idea… forse si è stufato di me” tentò una risata amara.
“No!” sbottò Sasuke fin troppo veemente, al punto che si guadagnò un’occhiata perplessa. “Voglio dire, nessuno potrebbe stancarsi mai di te, sei troppo…” non trovò la parola adatta con cui finire la frase, quindi la lasciò sfumare da sola nel silenzio.
Naruto lo guardò con gli occhi spalancati, un leggero rossore sulle guance.
“Grazie… sei un amico” mormorò intimidito. Quelle parole gli avevano capovolto lo stomaco e non capiva nemmeno perché.
Sasuke distolse lo sguardo, anche lui in palese imbarazzato.
“Già, il tuo migliore amico” commentò neutro.
Guardarono un’altra puntata di Voltron mentre mangiavano, poi si spostarono sul letto a guardarlo per stare più comodi.
Dopo quello che aveva appena detto, Naruto si sentiva un po’ a disagio a stare così vicino a Sasuke, aveva le palpitazioni accelerate. Il modo in cui il corpo di Naruto era premuto al suo fianco gli era familiare, ma questo era ovvio visto che si conoscevano da anni; però lo sentiva familiare anche in un altro senso che non riusciva bene a capire, improvvisamente gli era venuto molto più caldo e stava sudando.
Perché si stava agitando così tanto? Era Sasuke, il suo migliore amico, non aveva senso niente di quello; si stava solo lasciando impressionare. S’impose di rilassarsi e nel farlo appoggiò la testa sulla spalla dell’amico, così sentiva il suo profumo in modo molto più intenso, lo stava stordendo appena.
Assomiglia a quello di Mille Falchi…
Si bloccò, sconvolto da quella sua stessa considerazione. Perché stava paragonando l’odore del suo migliore amico a quello del suo amante? Perché li trovava eccitanti allo stesso modo?
Forse l’idea di restare a dormire da lui quella notte non era stata una delle migliori.
Al termine di un episodio, Sasuke spense il computer e lo mise via sul comodino.
“Andiamo a dormire, stai crollando”.
“Non è vero, posso guardarne un altro” s’impose con voce fievole, anche se aveva gli occhi socchiusi.
Sasuke ridacchiò divertito e Naruto si sentì un po’ indispettito, come faceva a essere così calmo e controllato? Non stava provando anche lui le strane emozioni che lo stavano prendendo?
“Andiamo a dormire” ripeté tirando su le coperte sopra le loro teste. Si sistemò meglio sul cuscino e si assicurò di allontanarsi il più possibile da Naruto.
Quello lo guardò perplesso. “Ma che fai? Sei sul bordo!”
“Mi piace avere spazio” si giustificò.
“Ma quale spazio, stai per cadere” sbuffò, allungò una mano ad afferrarlo e se lo tirò contro. “Non fare l’idiota, non ti mangio mica”.
“Non azzardarti a fare il polipo come tuo solito” lo minacciò.
“Non è qualcosa che posso controllare, dormo quando succede!” protestò indignato.
“Come vuoi, ma lasciami dormire” fece per chiudere gli occhi, ma si ritrovò stretto in una morsa, in uno degli abbracci soffocanti di Naruto. L’amico gli si era completamente avvinghiato contro e aveva intrecciato le loro gambe.
“Idiota!” sbottò. “Adesso sei sveglio, lasciamo andare”.
Lo sentì ridere. “Scusa, dai” blaterò stringendolo più forte. Era così familiare abbracciarlo in quel modo, come se il suo corpo si adattasse perfettamente a quello dell’altro, era una sensazione così strana.
“Mi sei mancato, non hai idea di quanto” ammise con la voce un po’ ovatta per il sonno, aumentò la stretta. “Mi sei mancato tantissimo”.
Sasuke trattenne il fiato, quello era un genere di abbraccio che aveva sempre riservato per Mille Falchi, non lo aveva mai abbracciato in quel modo così disperato e totale, che persino le loro gambe erano aggrovigliate. Gli piacevano quegli abbracci ed era incredulo di averne ricevuto uno. Era una brutta persona se ne approfittava un pochino?
Si rilassò contro di lui e alzò anche le sue braccia a ricambiarlo.
“Anche tu” sussurrò. “Buonanotte, scemo”.
 
 
 
Buonasera^^
Questo aggiornamento giunge nel bel mezzo della settimana e succedono cose. Sasuke ferito gravemente tanto per cominciare, che viene chiuso in casa. Naruto che comincia a sentire qualcosa di strano. E poi c’è Obito, eh già. Un Obito un po’ schizzato :> vedremo che cosa combinerà nella storia u.u e abbiamo un indizio sul lavoro di Shisui, qualche idea?? Su, I’m so curious delle vostre elucubrazioni :D
 
Ringraziamo Ahiryn per il betaggio, mentre io ringrazio voi per seguire la storia. Siete super <3
Un bacio,
Hatta
 
 
 
 
 
   
 
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