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Autore: MEBsSoul    29/11/2018    2 recensioni
John si sentiva oppresso dalla folla da tutta la vita. Ogni giorno, quando apriva bocca per dire qualcosa, doveva sempre ponderare attentamente ciò che avrebbe voluto dire. A volte mentiva, molto più di quanto voleva.
"Sono gay". Questo non doveva neanche pensarlo.
-
Lui non piaceva a nessuno, doveva essere lui ad adattarsi agli altri, perché non va bene che un ragazzo faccia il saccente, non va bene che un ragazzo trovi vera soddisfazione solo nel risolvere crimini, specie gli omicidi. Quindi meglio tentare una terapia che starsene con le mani in mano.
-
-So come potrei batterlo, ma ho bisogno della tua conferma.-
Non dovette pensarci molto.
-È più facile di come sembra. Non devi dargli uno schema.-
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Lestrade, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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CAPITOLO 3

 

La mensa della scuola era forse l'unico posto in cui i professori potevano solo arrendersi alle chiacchiere degli studenti, tanto un minimo di brusio restava sempre. Era anche il posto in cui la scala sociale degli alunni era più evidente: il tavolo più grande e al centro della sala era per gli sportivi, o per le loro ragazze o i loro amici, se venivano ritenuti "all'altezza" dall'intero gruppo, per il resto i tavoli attorno sembravano i pianeti che ruotano attorno al sole e poco importava se una persona non si sedeva sempre nello stesso posto, la cosa importante era non intaccare l'equilibrio degli sportivi, dei "popolari". C'erano i tavoli dei nerd, degli artisti, dei letterati, degli scientifici, dei punk, di qualsiasi cosa che possa essere indicata come "categoria di persone". C'era anche chi non sentiva di appartenere a nessuno di quei gruppi e voleva semplicemente mangiare insieme ai suoi amici, caso assurdamente più raro.

John si sedeva al tavolo centrale, era praticamente un obbligo per il capitano della squadra di calcio. Greg non giocava, ma era suo amico ed era stato autorizzato a stare con loro e per John era davvero una fortuna, altrimenti era probabile che sarebbe stato sempre in silenzio, a far finta di essere interessato alle conversazioni superficiali dei suoi compagni, atteggiamento assolutamente inaccettabile da parte del capitano, colui che sarebbe dovuto essere la colonna portante della tavolata.

Ma quel giorno neanche Greg era in grado di fargli dire una frase che contenesse almeno più di due parole. Non riusciva a fare altro che pensare al giorno precedente, all'opportunità (o allo svantaggio, dipende a chi si chiede) che aveva mancato.

Avrebbe potuto condividere la camera con Sherlock, che lo incuriosiva ogni giorno di più, nonostante l'atteggiamento gelido che aveva avuto con lui. Anzi, forse era anche quello a renderlo curioso.

Lo cercava sempre con lo sguardo, quando erano a mensa, ma non lo trovava mai, neanche a mangiare da solo, dove, doveva ammetterlo, pensava fosse logico trovarlo. Ma lui non c'era mai.

Non era a fare la fila per il cibo, non era a nessun tavolo, non era a girare per i corridoi nel momento in cui si scendeva al piano terra per entrare a mensa.

In effetti, doveva esserci un motivo per la sua magrezza, che probabilmente un nutrizionista avrebbe indicato come allarmante. John non aveva neanche visto del cibo nel suo minifrigo e si augurava che non arrivasse a mangiarsi le budella di chissà chi.

La mensa aveva un solo lato con delle finestre, ma ne era completamente composto e da lì si poteva vedere il giardino interno della scuola, attorno cui c'erano alcuni corridoi che portavano ad alcune aule e laboratori. E fu lì, davanti alla porta del laboratorio di scienze, che John vide finalmente Sherlock. Stava entrando nella stanza portandosi con se un sacchetto trasparente e anche se era lontano da John, quest'ultimo era decisamente sicuro che fosse il sacchetto di dita che aveva visto nel suo minifrigo.

Finì di mangiare più velocemente possibile, tanto che si dovette preparare mentalmente a una probabile indigestione, salutò velocemente i suoi compagni e corse verso l'uscita della mensa.

A passo svelto, il giusto per sbrigarsi ma non avere il fiatone, non ci teneva a sembrare un ossessionato, attraversò il corridoio che portava al laboratorio, puntò deciso verso la porta, afferrò la maniglia e...

E si fermò.

Ma che mi è preso?

John scosse la testa, sospirò e cercò di trovare un valido motivo, oltre a Sherlock (motivo che comunque non era del tutto chiaro neanche a lui), per giustificare la sua presenza lì.

Decise di dirgli che aveva perso l'astuccio e voleva controllare se fosse nel laboratorio.

Prese un ultimo grande respiro e finalmente aprì la porta ed entrò.

Sherlock era seduto ad uno dei banconi. Non aveva la divisa scolastica, cosa che John aveva notato spesso anche in classe, ma era comunque piuttosto elegante, anche troppo per essere in una scuola. Aveva sia la giacca che i pantaloni neri e questi, insieme ai capelli corvini, creavano ancora una volta un evidente contrasto con l'ambiente, prevalentemente bianco e lucido.

Una macchia d'inchiostro all'angolo di un foglio bianco, si trovò nuovamente a pensare John. Eppure, lo scuro e tenebroso Sherlock Holmes, sembrava completamente a suo agio là dentro, certamente molto più del solare e amichevole John Watson. Aveva la testa china a comparare delle formule chimiche scritte sul libro scolastico con alcune composte da lui stesso.

-Che idiozia. Ti consiglio di diffidare delle informazioni che ti danno a scuola, John.- il ragazzo inghiottì a vuoto, sentendosi chiamato in causa, anche perché gli era sembrato di essere stato silenzioso.

Ora Sherlock si era voltato verso di lui, il suo sguardo penetrante sempre con lui.

-No, non hai fatto rumore, ma quando hai aperto la porta la luce solare esterna ha cambiato la luce bianca della stanza.- spiegò, senza trattenere uno sguardo annoiato.

-Allora, cosa ti porta qui fuori dall'orario di lezione?- chiese il riccio con un sorrisetto che fece tutto tranne che rilassare John.

-Oh, ehm, stavo cercando...-

-Me.- non era una domanda, Sherlock l'aveva affermato e anche con una grande convinzione. E ci aveva anche preso.

John pensò anche di fargli cambiare idea, ma qualcosa gli diceva che sarebbe stato inutile. Non era la prima volta che lo vedeva capire qualcosa all'istante, senza un minimo suggerimento. Si era chiesto più di una volta se non avesse una qualche specie di potere soprannaturale, ma come lo vedeva quasi onnisciente sui pensieri o le azioni della gente, allo stesso modo si era accorto che fosse completamente ignorante persino su alcune delle più semplici nozioni scolastiche, chimica a parte. Era solo per questo se aveva escluso il paranormale, altrimenti l'avrebbe ritenuta un'opzione più che valida. E di nuovo Sherlock sembrò usare i suoi poteri chiarendo cosa lo faceva essere tanto sicuro della sua affermazione.

-Se stessi cercando un oggetto scolastico, la cosa più probabile da cercare in un'aula, non ti saresti preoccupato di non farti notare, ma saresti entrato di fretta, in modo sicuramente più rumoroso, in quanto ci tieni ad avere tutto l'occorrente della scuola che ti serve. Come faccio a sapere che ci tieni? Porti sempre la divisa, anche ora che non ci sono lezioni, quando siamo in classe, pur non capendo la lezione, cerchi di fare una buona impressione intervenendo e non distogliendo mai l'attenzione, il tuo zaino è perfettamente pulito e ordinato, così come i libri, che hai foderato e che non dimentichi mai. Presti molta attenzione specialmente quando si parla di medicina, il che può voler dire che è una possibile carriera che vorresti intraprendere, ma quando prendi gli appunti scrivi anche troppo, abitudine solitamente degli scrittori e avere l'abitudine di un determinato mestiere suggerisce un maggiore interessamento a quest'ultimo piuttosto che a uno talmente diverso come quello del dottore. Probabilmente vorresti diventare dottore per impressionare qualcuno, la tua famiglia forse. Quindi sì, ci tieni ad avere tutto quello che ti serve per essere sicuro di dare il tuo meglio a scuola e fare contenti i tuoi genitori e, ovviamente, non perderesti mai qualcosa che potrebbe contribuire a questo.-

John aveva gli occhi spalancati, non riusciva proprio a credere a ciò che era appena successo. In realtà non era riuscito a cogliere per filo e per segno l'intero discorso, ma non gli era difficile capire che non aveva fatto neppure un errore. Era sicuramente una cosa incredibile, su questo non aveva alcun dubbio, ma anche altamente inquietante. Molte delle cose che aveva detto le aveva capite con l'intuito, ma tutte le altre cose gliele aveva viste fare e se le ricordava perfettamente. John neanche si era mai posto il problema di ricordare se i libri di Greg fossero foderati o meno.

-Non ti sto stalkerando, semplicemente sono una persona che non si limita a guardare ma osserva e riesce a ricordare tutto ciò che gli è utile. E dei dettagli sui propri compagni di classe possono esserlo molto.- e anche questo aveva capito di doverlo spiegare semplicemente guardando l'espressione di John, che si stava facendo sempre più meravigliata, una meraviglia che per un secondo, appena uno, fece spuntare un'espressione di dubbio sul volto di Sherlock, che tornò poi al suo solito sorrisetto furbo.

-Detto questo, come mai mi cercavi?- chiese infine, mostrando per la prima volta di non sapere qualcosa, anche se John non ne era troppo convinto.

-Beh, a questo punto sono abbastanza sicuro che tu lo sappia già, comunque sono venuto per chiarire quello che è successo ieri.-

-Cosa c'è da chiarire?- stavolta John ne era certo, Sherlock stava solo fingendo di non saperlo. Per qualche motivo, voleva sentirglielo dire.

-È che non vorrei avessi frainteso, non ho detto di no perché non voglio stare in stanza con te, semplicemente Greg è il mio migliore amico, ma altrimenti avrei anche accettato.-  Sherlock continuava a guardarlo, non aveva neanche battuto le palpebre. John non si era mai sentito come in quel momento, gli sembrava di essere un libro letto nei minimi dettagli.

-Perché mi stai dicendo questo? Okay, non vuoi lasciare fraintendimenti, ma c'è di più.- stavolta Sherlock non sapeva la risposta, per forza, non la conosceva davvero neanche John.

-È semplicemente la cosa giusta.- Sherlock lo guardò assottigliando gli occhi, facendo l'ennesimo sorrisetto.

-Certo.- disse, a bassa voce, il giusto per non farsi sentire da John.

-Puoi avere la coscienza pulita, non me la sono presa. Ho ricevuto trattamenti peggiori.- John avrebbe voluto ribattere a quell'ultima frase, capire cosa intendesse, ma Sherlock si girò nuovamente verso il bancone, tornando a studiare le sue formule. Prima che il riccio si girasse completamente, John riuscì a vedere i suoi occhi: si erano improvvisamente spenti, non erano esattamente tristi, ma avevano una sfumatura molto simile alla tristezza.

Appena prima che John uscisse dalla stanza, Sherlock disse qualcosa di incredibile per entrambi.

-Anche io vorrei chiarire una cosa: non volevo trattarti male.-
 

***
 

Ormai gli studenti stavano abbandonando la mensa e John cercò in quella massa di persone Greg e Philip. Fortunatamente li trovò insieme e li fermò subito, portandoli in disparte. I due lo guardarono confusi, vedendolo chiaramente agitato.

-Accetto.-
 

Angolo Autrice:
Non so come sia possibile, ma ho scritto questo capitolo in un solo giorno e devo dire che fin'ora è quello che preferisco.
Spero che a voi sia piaciuto!

   
 
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