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Autore: Mozaik    30/11/2018    5 recensioni
Invece di ritrovarsi nell'aldilà, dopo il suo sacrificio Regulus si risveglia nel suo vecchio letto, con un corpo da bambino e un treno da prendere il giorno successivo per andare ad Hogwarts. Tornato indietro nel tempo con solo un breve messaggio misterioso come guida, Regulus dovrà lottare in un mondo che già conosce per cambiarne gli eventi, fra inganni, sofferenze, scoperte e cambiamenti.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Corvonero, Famiglia Black, I Malandrini, Nuovo personaggio, Regulus Black
Note: De-Aging, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
VI Capitolo - Il Lumaclub



 
Quando ancora andavano a scuola, Orion e Alphard Black avevano provocato un disastro al Lumaclub quando, per difendere Cygnus in un litigio con uno dei tanti ospiti, Orion aveva dato un pugno alla babbana sul muso di codesto ospite, forse la prima e unica volta che aveva reagito in maniera “non magica” e così “ribelle”. A quanto pare anche Lucretia non era stata un’alunna modello, provocando parecchio caos a tutte le riunioni a cui era stata invitata, e Walburga non si era mai nemmeno presentata a una cena. Per questo motivo, insieme alla nomea molto oscura della famiglia, Lumacorno aveva smesso di invitare i Black solo per il loro cognome, come per molte altre famiglie Purosangue, ma per i meriti soltanto.
Era per colpa dei suoi parenti, quindi, se Regulus era stato invitato durante la sua prima vita solo dal secondo anno in poi, quando aveva mostrato talento nel Quidditch, mentre Sirius era stato “puntato” per via del suo talento scolastico
Il pensiero lo faceva sorridere, perché sua madre osannava il fatto che i Black a Hogwarts si fossero comportati in maniera impeccabile: a quanto pare non era stato davvero il caso. Almeno Sirius non aveva mai picchiato un Magi zoologo perché la sua squadra di Quidditch aveva perso il campionato. Non ancora.
E significava, soprattutto, che la sua presenza al Lumaclub era una cosa che si era guadagnata, e che si sarebbe guadagnato di nuovo, e non qualcosa servito su un piatto d’argento solo per via del suo cognome.
Regulus non aveva avuto il coraggio di chiedere a casa un vestito elegante, non dopo quello che era successo durante le vacanze natalizie, quindi cercò nel suo baule e tirò fuori un pantalone semplice e una camicia bianca – abbastanza da essere elegante senza sembrare troppo babbano. Da un lato era eccitato per poter finalmente partecipare al Lumaclub e farsi notare: magari così il Professor Lumacorno lo avrebbe fatto partecipe anche prima dell’anno successivo. Dall’altra… aveva solo voglia di sdraiarsi e cadere in un sonno profondo e senza finalmente sogni, incubi o ricordi. Non aveva la forza mentale o fisica per affrontare un’intera nottata di socializzazione.
Sera Pace lo aspettava in Sala Comune: aveva i capelli raccolti e un vestitino lungo color rosa pallido. Accanto a lei c’era sempre il suo elfo domestico, Moodby, che cominciò a scrutarlo con sospetto, come avesse intenzione di trascinare Sera sulle rive del Lago Nero per darla in pasto alla Piovra Gigante.
“Ciao.” Salutò entrambi Regulus, poi guardò perplesso Moodby. Aveva una cravatta intorno al collo. “Indossi un vestito?”
“La Padroncina Sera consegna a Moodby un vestito e poi lo riprende con sé.” Spiegò l’elfo. “Moodby viene liberato almeno una volta alla settimana, ma poi viene sempre riassunto subito dopo.”
Regulus rimase un attimo perplesso. Era… era permesso? In teoria l’idea era geniale, ma… “Ho provato a fare una cosa simile una volta, con Kreacher… il mio elfo.” Spiegò. “Ma ha cominciato a urlare dicendo che sarebbe stato un disonore, e che un vero elfo domestico non potrebbe mai accettare una cosa del genere.”
“Si vede che Kreacher è un elfo domestico con poca intelligenza.” Rispose Moodby.
Se Sera Pace non avesse deciso in quel momento di schiarirsi la gola probabilmente Regulus avrebbe difeso spiccatamente Kreacher, ma la ragazza distolse l’attenzione dal discorso. “Andiamo?” Chiese, porgendogli la mano. Regulus la guardò confuso e, incerto, le offrì il braccio. I due si avviarono verso l’ufficio di Lumacorno, che per l’occasione era stato addobbato a festa. Moodby li seguì poco dietro e Regulus poté sentire per tutta la durata del percorso lo sguardo dell’elfo puntato su di lui. All’entrata dell’ufficio trovarono un seccatissimo Gazza, intento a controllare gli inviti per far entrare solo ospiti e accompagnatori. Chissà come lo avevano convinto a farlo, non rientrava sicuramente fra i suoi doveri di base.
L’Ufficio di Lumacorno era stato addobbato non in maniera natalizia, ma comunque invernale: c’erano finti fiocchi di neve incantati che scendevano dal soffitto e scomparivano quando toccavano qualcosa, tavole color ghiaccio apparecchiate di tipici dolci di quel periodo dell’anno e in un angolo della sala un pupazzo di neve salutava i suoi ospiti spaventando gli studenti più giovani.
Poco dopo essere entrati nella stanza già abbastanza piena, Moodby si schiarì la gola e afferrò delicatamente il polso di Sera. “Moodby crede di aver visto la signorina Rowle verso uno dei tavoli del buffet.” Annunciò.
“Oh.” Sera Pace si voltò verso Regulus e gli lasciò il braccio. “Vado a parlare con una mia amica, non ti dispiace?”
“Beh, no…” Mormorò lui. Lei gli sorrise.
“Allora goditi la festa!”
E si fece immediatamente condurre via da Moodby, il quale si voltò a lanciare a Regulus un’ultima occhiata cattiva.
Regulus rimase sulla soglia dell’ufficio, a guardarsi intorno con aria spaesata. Che senso aveva avuto invitarlo come accompagnatore per poi abbandonarlo lì, da solo? Forse la ragazzina voleva semplicemente non andarci ufficialmente da sola e voleva essere sicura che se non si fossero presentate le sue amiche delle altre Case, allora avrebbe avuto qualcuno con cui parlare?
In realtà salvava Regulus da dover fare conversazioni imbarazzanti con una persona che conosceva pochissimo, ma il ragazzo si avviò comunque abbastanza a disagio verso uno dei tavoli su cui era posto il cibo. In teoria avrebbe dovuto cercare Lumacorno e farsi notare, ma non lo vedeva da nessuna parte e sarebbe stato estremamente scortese se si fosse intromesso da solo in una conversazione fra il Professore e uno dei suoi ospiti. Regulus voleva davvero entrare in questo club.
Non conosceva la maggior parte degli ospiti lì, e non aveva scuse per parlare con quelli che conosceva. C’era un famoso giocatore di Quidditch poco distante da lui, Robert Tinnerbuck, ma stava ridendo con il capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro e una strega dalla voce acutissima che continuava a squittire ad ogni battuta. Alla sua destra c’era un tale Jakob Rukbsi, facente parte di un gruppo musicale magico norvegese, con cui Regulus aveva scambiato nel suo tempo non poche chiacchierate ma che al momento non avrebbe saputo come approcciare.  Sospirando, il ragazzo si versò del succo di zucca, fermandosi dall’attingere alla brocca di whisky incendiario poco vicino e continuando a guardare la sala aspettano per una qualsiasi apertura.
Non sentì il ragazzino che si approcciò a lui fino a quando egli non si schiarì la gola: quando Regulus si girò, si ritrovò di fianco Damian Littleton, che lo guardava con in mano anche lui del succo.
“Ciao.”
“…Ciao.” Ripose Regulus, per educazione. E poi continuò, sempre per educazione. “Dov’è il tuo accompagnatore?”
Littleton fece spallucce. “Ho chiesto a una ragazza del mio anno, ma non si è presentata.” Disse. “Non volevo venirci da solo, ma il Professore ha insistito tanto per via dei miei voti in Trasfigurazione quindi…”
Regulus cercò di ricacciare dentro l’invidia: lo sapeva già che non sarebbe mai stato chiamato al Lumaclub per i suoi voti scolatici, lo aveva già messo in conto. Il pensiero però che un sacco di ragazzi del primo anno fossero stati invitati e lui no, lo metteva comunque e a prescindere a disagio.
Aprì la bocca per rispondere, ma Littleton lo interruppe. “Posso farti una domanda?” Chiese, e poi continuò senza aspettare che Regulus parlasse. “Che cos’hai contro di me?”
“Come, scusa?”
“Mi ero detto, okay, va bene così, non gli potrò mai piacere perché non sono un… mago completo o… qualcosa del genere.” Littleton avvampò. “Però ecco…ecco… però anche quello con cui stai sempre ha i genitori Babbani, no?”
“Quello con c- oh.” Ultimamente aveva davvero passato così tanto tempo con Jason? Regulus non l’aveva minimamente notato. Oh diamine, i Serpeverde lo avevano notato? Lo avrebbero detto ai suoi genitori, mettendolo ancora di più nei casini? Non ci voleva pensare.
“Ma perché ce l’hai tanto con me?” Rispose di rimando Regulus al giovane Tassorosso, cercando di ignorare le preoccupazioni per la sua nuova amicizia. “Lo hai detto anche tu, “eri okay” con non essere mio amico. Perché insistere così tanto, anche prima? Sicuramente ci sono tanti altri bamb- studenti con cui socializzare.”
Littleton sembrò rimanere per un attimo senza parole. Distolse lo sguardo, imbarazzato, poi borbottò qualcosa così a bassa voce che Regulus dovette avvicinarsi per sentire.
“A scuola – la scuola babbana, mi prendevano tutti in giro per il mio vecchio accento, e perché sono nato a Boston.” Si confidò. “E poi viaggiavo sempre, con Clive e Diana.”
“Chi?”
“I miei genitori, non amano essere chiamati per nome.” Littleton sembrava a disagio. “Lo considerano una barriera per il nostro rapporto. Sono stato a San Francisco e a Guadalajara e a Otago in pochissimi anni, ho dovuto lasciare il secondo anno di elementari a Pisa perché Clive e Diana volevano per forza andare a Bethel per quel loro strano concerto. Adesso rimaniamo a Londra solo perché io vado a scuola qui, altrimenti probabilmente dovrò trasferirmi di nuovo.”
“Però deve essere stato affascinante visitare così tanti posti.” Concesse Regulus, che effettivamente parlando amava viaggiare, nonostante l’unico luogo che avesse visitato oltre l’Inghilterra fosse la tenuta in Francia della famiglia Black. Damian però scosse la testa.
“Non è bello se sei solo.” Mormorò. “Nessuno si interessa mai al nuovo arrivato, e poi la nostra casa puzza sempre di fumo. Non so mai come comportarmi con gli altri, o come diventare loro amico. Tu hai giocato con me sul treno e sei stato gentile, così ho pensato che se avessi continuato a stare con te, prima o poi saremmo diventati amici.”
Improvvisamente, Regulus si sentì inferiore anche agli scarafaggi. Sangue o meno, si era dimenticato che quello che era davanti era un ragazzino, un ragazzino di undici anni – già di base molti di loro facevano fatica a socializzare, figuriamoci uno che a quanto pare non aveva mai avuto un amico. Littleton non poteva di certo sapere nulla delle ideologie della sua famiglia e del Mondo Magico, e nemmeno dei pensieri che tormentavano Regulus e che aveva messo di fronte a qualsiasi cosa. Littleton aveva visto che un ragazzino aveva accettato la sua richiesta di giocare a carte sul treno e aveva pensato che fosse una porta aperta per diventare amico, perché in effetti era così che si cominciava a diventare amici, fra ragazzini normali.
E poi era stato effettivamente sempre gentile. Tu cadi e io mi butto, okay? Gli aveva detto, solo per rassicurarlo davanti al Lago Nero. Jason Stuart era un’eccezione, quindi Regulus non si sarebbe mai avvicinato a Littleton per via del suo status di sangue, ma si chiedeva come potessero altri ragazzi che non si facevano certi problemi a non volerlo vicino a loro. Sembrava assurdo.
“…Ci devono essere altri con cui hai fatto amicizia.” Provò a chiedere. “Sei nella casa di Tassorosso, no? Qualche primino? Qualcuno del secondo anno?”
Littleton non rispose: ritornò a fissarlo, ma aveva le orecchie rosse dall’imbarazzo.
“Senti…” Cominciò Regulus. “Jason è un’eccezione, mi si è praticamente accollato anche lui, e non puoi ignorare qualcuno che dorme nel letto accanto a te. E poi è un Serpeverde mancato.” E stare con lui lo faceva sentire stranamente bene, nonostante si dimenticasse di essere in realtà un diciottenne nel corpo di un bambino e si abbassasse al suo livello. Era liberatorio, almeno. “Tu non hai niente che non va. Mi sembri molto gentile, anche se dovresti smetterla di assillare la gente. Sono sicuro che ti farai tanti amici, e io non avrei dovuto comportarmi in maniera così sgarbata. Però se ti concentrerai solo su di me, questo non succederà mai, no?”
Lo aveva detto durante le vacanze: i Sanguemarcio potevano essere anche inferiori a loro, ma non si meritavano la morte… e nemmeno di essere trattati in maniera abominevole, soprattutto un bambino di undici anni. Regulus avrebbe cominciato improvvisamente a diventare amico di qualsiasi Nato Babbano incontrasse? No, assolutamente. Le sue idee sarebbero forse cambiate? Ma neanche per sogno.
Però… però un po’ di educazione non guastava mai. Soprattutto con i più deboli.
Le sue parole sembravano aver risollevato un po’ il morale di Littleton. Il ragazzino si grattò imbarazzato una guancia. “Quindi non è che se tu e Jason Stuart…”
“Chi mi cerca?” Esclamò improvvisamente una voce, e Jason in persona si manifestò dietro di loro, le braccia piena di muffin ai mirtilli che doveva aver sgraffignato da uno dei tavoli vicini. Regulus lo guardò confuso per un bel po’ di minuti, prima di realizzare.
“Cosa.” Chiese, con voce piatta. “Cosa ci fai qui? Non sei stato invitato. Jason, che diamine?”
Il ragazzo indicò dietro di lui, mostrando una splendida Elizabeth Clark in abito da sera.
“Non sei mica l’unico che riesce a venire con gli inviti.”
Regulus guardò la Clark, che era intenta a mangiare una tartina quasi più grossa di sé stessa. “Clark, hai sedici anni, per l’amor di Merlino!” Esclamò, indignato.
“Rilassati, piccolo Black!” Rispose lei, con la bocca aperta intenta a masticare. Littleton non nascose un’espressione di disgusto. “Che cavolo hai pensato, che me la faccio con i marmocchi come voi? Il mio ragazzo è in Infermeria per un brutto ceppo di influenza, e le mie amiche sono già state invitate. Stavo per venire da sola, ma qualcuno voleva così tanto partecipare…”
“Sì, perché l’avevano presentata tutti come una roba fighissima, ma sembra una noia, okay c’è il cibo e la musica ma che rottura di scatole parlare e parlare e parlare con la gente sconosciuta.” Ammise Jason, facendo spallucce. “Almeno ti ho trovato, così non devo più nascondermi al tavolo del buffet. Però questi muffin sono buoni! E chi è il tuo amico?”
“Non sono suo amico.” Disse Littleton, lanciando un’occhiata a Regulus. “Sono Damian Littleton, Tassorosso. E quei mirtilli sono troppo asciutti e si sente il lievito, si vede che non era stato setacciato insieme alla farina. Anzi, la farina non è stata probabilmente setacciata proprio…”
“Ma che mi frega.” Esclamò Jason. “Basta che si sentano i mirtilli.”
Damian assottigliò le labbra in una splendida imitazione della Professoressa McGranitt o della madre di Regulus.
“Non parli solo con le persone sconosciute qui, Jason Stuart, incolto cretino.” Disse Regulus, anche se il suo insulto più che maligno era esasperato. “Ogni sconosciuto qui è un lasciapassare per un futuro migliore. Se vuoi fare il giornalista, il Professor Lumacorno ti farà incontrare qualche pezzo grosso del Profeta. Se sei interessato al Quidditch, ecco improvvisamente i capitani delle squadre più importanti a cenare proprio accanto a te. È una miniera d’oro di opportunità, e a prescindere di accrescimento culturale nel parlare con così tante persone di ambienti magici diversi!”
Jason lo guardò poco convinto. “Mh-mh?”
“Beh, se sei così interessato al Lumaclub, non puoi rimanere vicino al tavolo del buffet e basta.” Ponderò la Clark, prima di cominciare a sbracciarsi. “HEY, PROFESSOR LUMACORNO, YO-OOOOH!”
“Shhhh!” Cercò di zittirla subito Regulus. “Ma cosa fai, stupida-“
“Mia cara Elizabeth!” Inutile, il Professore l’aveva sentita. Horace Lumacorno si avvicinò al tavolo insieme ad un uomo imponente dal volto affilato, sorridendo apertamente. “Felice di vedere che tu sia potuta venire! E c’è anche il caro Damian Littleton, sai caro George che è uno dei miei ultimi acquisti? I primini di quest’anno sono molto promettenti… Oh, e invece loro…”
“Professore, professore, conoscete già Jason Stuart, il mio più uno, e Regulus Black vero?” Chiese la Clark. La risposta era ovviamente sì: avevano già avuto parecchie lezioni con il Professore, che non erano andate né bene né male. Nessuno di loro si era distinto molto.
“Ah, ma certo, ma certo, Stewart, spero ti piacciano i muffin.” Disse velocemente Lumacorno, per poi passare lo sguardo su Regulus. “Ah, il minore! Sei venuto qui con tuo fratello? Non mi sembra di averlo ancora visto…”
“No, con Sera Pace, Professore.” Tagliò corto, seppur gentilmente, Regulus. Per quanto ne sapeva, Sirius aveva partecipato a una sola riunione del Lumaclub, la prima, poi aveva gettato tutto all’aria e aveva ignorato ogni singolo invito fino ai suoi M.A.G.O.
Il minore. Il pensiero gli provocava rabbia e sentimenti che pensava di aver sotterrato da tempo.
Regulus si sforzò di aggiungere qualcosa di educato, prima di sbottare qualsiasi cosa sulla faccenda. “E’ un party davvero incantevole.”
“Beh, sì sì, grazie, ho pensato io stesso alle decorazioni…” Borbottò orgoglioso Lumacorno.
“Professore, lo sa che Black è un portento sulla scopa? Nemmeno una lezione di volo, e i suoi movimenti potrebbero essere considerati quelli di uno del settimo anno!” La Clark non stava fingendo: era davvero così entusiasta che le  si leggeva sul volto tranquillamente. “Lo avrei preso subito come Cercatore, se non fosse stato un primino!”
Una luce di interesse si accese negli occhi di Lumacorno, e Regulus trattenne a malapena il fiato. “Ah sì?” Chiese il professore. “Interessante! Beh, se sei così bravo, meglio che tu sia al primo anno signor Black, una possibilità in più per noi di vincere il campionato quest’anno!”
Regulus ridacchiò educatamente, ma spalancò gli occhi quando Lumacorno aggiunse. “Beh, beh, sarebbe davvero interessante, se quello che la cara Elizabeth dice è vero, parlarne alla prossima cena…”
“Ma certo, professore, ne sarei onorato.” Si ritrovò a dire in pieno controllo di sé stesso, mentre dentro di sé urlava dalla felicità. Jason gli lanciò un’occhiata perfettamente non interessata.
“Vedi, George?” Chiese Lumacorno all’uomo che lo accompagnava. “Il talento si vede fin da piccoli! Prendi il signor Damian Littleton qui: i voti più alti del suo anno in Trasfigurazione, e una padronanza degli incantesimi in generale niente male! E direi che nemmeno in Pozione se la cava così male, per nulla… Fra lui, la signorina Evans e la signorina Seki, direi che ultimamente anche i Nati Babbani mi stanno dando delle perle!”
“Mh mh.” L’uomo non sembrava molto convinto. “Una futura carriera come Spezza Incantesimi o Auror, forse?”
“Ma io voglio aprire un negozio di dolci.” Affermò Littleton, stranamente irritato. “E fare il pasticciere.”
L’uomo gli lanciò un’occhiata simile a quella riservata agli insetti, ma Lumacorno invece sorrise. “Oh, allora la prossima volta dovrai proprio portarci qualcosa da assaggiare!” Esclamò, bonario. “Oh, cielo, non è mica Ludovica Jibbins quella? Per Merlino, è la prima volta da quando è uscita da Hogwarts che non la vedo! Con permesso, mi sembra giusto salutarla. Ludovica, cara!”
Presto, il Professore si dileguò fra la folla, il suo accompagnatore a seguirlo silenziosamente. La Clark si voltò verso di loro, entrambi i pollici alzati.
È andata bene, no!?” Esclamò, sorridente, prima di allontanarsi anche lei, in particolare direzione verso il tavolo dei dolci.
“Yay, sei stato preso, urrà.” Esclamò Jason, anche se sembrava particolarmente annoiato. “Almeno mangerai bene. Mi porterai qualcosa di nascosto?”
Regulus era troppo emozionato per rispondergli. “Vado a prendere altro succo di zucca.” Esclamò, un sorriso a trentadue denti a solcargli il volto prima di allontanarsi anche lui.



Forse fu l’aver colpito Lumacorno, o forse qualcuno aveva messo qualcosa nel succo di Zucca, ma Regulus si trovò con un coraggio tutto nuovo per quella serata e la stanchezza dimenticata. Non tornò verso il tavolo: si avvicinò a Rukbsi con una scusa e attaccò bottone, poi interagì con due streghe che a quanto pare gestivano una rivista alternativa al Profeta. Non gli fu difficile, una volta superato il terrore iniziale: in fondo aveva partecipato a questo tipo di feste per sei anni e, beh… se anche qualcuno si fosse ritrovato a meravigliarsi per il suo linguaggio e i suoi discorsi da adulto, poteva essere solo una cosa a suo vantaggio in questo contesto. Non era come a casa: qui, non lo conoscevano. Non potevano notare la differenza.
Stava congedandosi da un ex-studente di Serpeverde che a quanto pare aveva inventato non-sapeva-bene-cosa quando sentì delle voci familiari parlare poco distante. Non si era reso conto di essersi riavvicinato al tavolo del buffet mentre circumnavigava la sala.
Littleton e Jason non sembravano essersi schiodati dal loro posto. Seduti in un angolino, evidentemente a disagio, avevano sulle ginocchia dei piattini con del cibo e lo spiluzzicavano guardando la folla. Non sembravano interagire fra di loro. Poco distante dai due, tre ragazzi bevevano quello che non poteva essere succo di zucca, lanciando ogni tanto loro delle occhiatacce: Claudius Bulstrode, Evan Rosier e Jayne Husher. Dei tre studenti purosangue Serpeverde, solo l’ultima era stata invitata per meriti scolastici, mentre gli altri due erano lì solo ed esclusivamente per le loro famiglie.
“Gli standard si sono davvero abbassati, ultimamente.” Stava spiegando Jayne a Claudius, che era un primino come Regulus e sembrava confuso, come se non sapesse bene dove si trovasse. “Adesso Lumacorno fa entrare anche i porci… si vede che Hogwarts è proprio caduta in basso.
“Per non parlare della puzza.” Aggiunse Rosier, ridendo. “Si sente fino a qui, di marcio…”
Nonostante non stessero guardando verso di loro e non dessero alcun segno di aver sentito, Regulus poté notare come le orecchie di Littleton fossero paonazze, e Jason non riuscisse a tenere bene in mano la forchetta per via del tremolio alla mano.
Ma perché non li lasciano in pace? Pensò Regulus. Anche nella sua prima vita non si era mai abbassato a quella parte della vita dei futuri Mangiamorte, preferendo ignorare coloro che riteneva inferiori piuttosto che prenderli in giro così. Ma Jayne Husher era del settimo anno, e se la stava prendendo con due primini…
“Staremmo molto meglio a Hogawrts senza Silente che fa entrare certi esseri.” Continuò a dire Jayne Husher. “Dovremmo cacciarli tutti quanti.”
“Possiamo sempre aspettare che il Ministero capisca da che parte schierarsi.” Sibilò Rosier, sorridendo maligno. “E cosa fare davvero con loro.”
Ingoiando insulti e retoriche, Regulus li superò senza degnargli di un’occhiata, e si presentò davanti a Littleton e Stuart. “Hey.” Esclamò. “Domani abbiamo lezione di Incantesimi alle nove sicuri di voler rimanere ancora qui?”
Littleton alzò gli occhi, ma Jason continuò a infilzare una pizzetta con la sua forchetta, in silenzio.
Sfortunatamente, avvicinarsi a loro sembrava aver aperto le gabbie. “Allora è vero quello che si dice in giro.” Esclamò Rosier, avvicinandosi insieme al resto del gruppetto. “Regulus Black se la fa con i Sanguemarcio.”
“Ci sto semplicemente parlando, Rosier. E’ quello che succede quando si è una persona educata, invece che un maiale uscito da un porcile.” Regulus sospirò. “Non che tu possa conoscere altro.”
“Stai bene attento a come parli, Black. Qui non hai mamma e papà a proteggerti.”
“Strano. Stavo per dire la stessa cosa.”
Jayne Husher fece una risatina cattiva. “E’ perché non ci sono mamma e papà, che ti mischi con la feccia? Com’è dormire insieme al fango?”
“Non è affar vostro.” Replicò Regulus, seccato. Era stressato, stanco e voleva solo tornare a letto a dormire: l’entusiasmo per il Lumaclub era sparito del tutto, una scarica di adrenalina andata ad esaurirsi. Se avesse potuto, avrebbe Imperiato tutti e tre per lasciarlo in pace. Anzi, due: Claudius Bulstrode sembrava volersi dileguare quasi quanto loro. Era stato suo compagno di dormitorio per sette anni la prima volta e per quanto non fossero mai diventati amici, non era mai stato spiacevole. Almeno quello.
“Non siete parte della mia famiglia né delle mie amicizie, grazie al cielo, e non ho bisogno dei vostri giudizi né tanto meno della vostra scorta.” Lanciò un’occhiata a Rosier, che era stato fra quelli che avrebbero dovuto “intercettarlo” sul treno. “Girate i tacchi e smettetela di prendervela con due undicenni, siete patetici.”
“Altrimenti?” Chiese Rosier facendo un passo avanti. “Mi mordi? Mi tiri i capelli? Mi illumini con un Lumos? Attento, Black, non saresti l’unico a pagare per le conseguenze delle tue azioni, dovresti averlo ben capito.”
“Che diavolo vuol dire, Rosier? Mi stai minacciando!?”
Adesso sia Littleton che Jason si erano alzati in piedi. Jason sembrava essere estremamente preoccupato, ma Littleton guardava la scena come se sperasse che effettivamente Regulus si lanciasse all’attacco.
E avrebbe potuto. Forse quelli del primo anno avevano imparato solo un Wingardium Leviosa, o un Lumos, o varie magie del genere, ma lui conosceva tutto un arsenale che avrebbe fatto implorare Evan Rosier di essere lasciato stare per tornare a casa a piangere dalla mammina. Regulus fu tentatissimo di tirare fuori la bacchetta e schiantarlo così forte da fargli sentire gli effetti fino alla fine della sua carriera scolastica, ma l’arrivo di Lumacorno lo trattenne da commettere quella che sarebbe stata, effettivamente, una cazzata.
“Cosa sta succedendo qui?” Chiese Lumacorno, stupito. Era evidente che avessero alzato la voce e attirato l’attenzione. “Va tutto bene, Signor Rosier e… Signor Black?” Lanciò a Regulus un’occhiata preoccupata e il ragazzino deglutì, nervoso. L’immagine di Orion e Alphard Black giovanissimi intenti a picchiarsi con un uomo sconosciuto gli fece capolino nel cervello. Ma lui non aveva fatto ancora niente, no…?
“Stavamo parlando degli addobbi, professore.” Intervenne improvvisamente Jason. Sia Lumacorno, che Regulus che Rosier lo guardarono perplessi e stupiti. “Tipo il pupazzo di neve, avevamo detto che sono molto carini, anche se Rosier non li apprezza molto. Li ha definiti… pacchiani, credo?”
Rosier aprì la bocca per protestare, ma Jason si affrettò a continuare.
“Professore, domani abbiamo lezione, è un problema se ce ne andiamo adesso?”
“Cosa? Ma no, ma no, figuriamoci, è importante il vostro curriculum scolastico…” Borbottò Lumacorno, che ora stava guardando male Rosier. “Buonanotte, Signor Black, Signor Littleton, Signor Stort.”
Jason afferrò per un braccio Littleton e Regulus, e si affrettò a trascinarli fuori dalla sala, non prima però di aver afferrato un altro muffin al mirtillo ed esserselo portato alla bocca.


“Non capisco.” Mormorò Littleton, confuso, una volta nei corridoi. “Perché non hanno detto niente sulla tua bugia?”
Regulus stava per rispondere, ma Jason lo precedette. “Beh, prima di tutto non gli ho dato molto tempo.” Sembrava essere ora a disagio e in ansia, nonostante fosse sembrato così sicuro di sé poco prima. E in effetti se non messo davanti a qualcuno di “spaventoso” come determinati Professori, Jason aveva sempre una faccia tosta non indifferente. “E poi gli conviene così. La maggior parte dei Professori punisce chi usa certi termini, tipo la McGranitt poco prima delle vacanze lo ha fatto proprio con Rosier, me lo ha detto Freddie Wilson ieri, quindi non è che qualcuno crederebbe a Rosier se dice che non è vero.” Si affrettò a spiegare. “E non gli conviene, no no.”
Regulus lo sguardò, poi fece un sorrisetto. “Verde e argento nell’animo.” E per la prima volta in tutta la sua vita fece qualcosa che non si sarebbe mai sognato nemmeno di pensare fino a poco tempo prima: alzò la mano per dare un batti e cinque al ragazzino.
Jason batté la mano contro la sua, ma debolmente.
“Fantastico.” Disse Littleton, ma sembrava stanco. Portò una mano a stropicciarsi gli occhi, e sospirò. “Va bene… grazie, ci si vede a lezione.”
E con un’ultima occhiata a Regulus, e solo a Regulus, si allontanò.
“Patetici, comunque.” Commentò Regulus, guardandolo allontanarsi. “Davvero patetici. A cercare rogna con quelli del primo anno, come se potessimo difenderci facilmente.” Lui poteva, certo, ma non senza attirare l’attenzione. “A prescindere dalle loro idee, sono proprio stupidi di base. Non è vero?” Si voltò, ma Jason aveva distolto lo sguardo. “Jason?”
Il ragazzino aveva un braccio contro il volto, come a nascondersi, e tirò su col naso. Regulus si rese conto, sussultando, che il giovane stava piangendo.
“Jason.” Ripeté. “Hey, va tutto bene. Non è successo nulla.” Quando il bambino non accennò a sollevare lo sguardo ma anzi, scosse la testa, Regulus aggiunse. “Io ti chiamo sempre con certi termini…”
“Ma è diverso!” Sbottò Jason, singhiozzando. “Cioè, no, è comunque una cosa brutta, ma tu lo so che anche se pensi certe cose, sei mio amico! L’ho capito che è per via della tua famiglia, ne ho parlato anche con papà durante le vacanze, ma poi con me sei gentile e a parte blaterare qualcosa n-non fai nulla!” Il ragazzino si asciugò prepotentemente gli occhi con una mano, ma le lacrime non accennavano a passare. “M-Ma loro no! Loro le pensano davvero perché sono cattivi, queste cose, e se potessero ci farebbero davvero del male!”
“Jason…” Era ironico, come la realtà fosse stata al contrario. Era Regulus quello che era diventato un Mangiamorte, non Jayne Husher: lei si era sposata con un funzionario del Ministero e aveva cominciato la sua vita da casalinga senza dare fastidio a nessuno.
Ma Jason… Jason non lo sapeva. E Jason si era convinto che Regulus non credesse davvero in ciò che diceva. Si era convinto che ripetesse a pappagallo ciò che gli raccontavano i genitori, cosa che non era vera. Regulus aveva sviluppato un senso critico e una sua propria idea da tanto tempo, sia prima di tradire il Signore Oscuro che dopo.
“Sono abbonato alla Gazzetta del Profeta, me lo ha fatto fare Violet.” Singhiozzò Jason. “Quando sono arrivato a Hogwarts ero così tranquillo… sì, c’era della gente che voleva unirsi a quel Signor Coso, e allora? E poi durante le vacanze, ecco. Diciassette Babbani scomparsi misteriosamente solo sotto Natale, due funzionari del Ministero aperti verso il mondo non magico trovati morti nelle loro case, cinque Nati Babbani che non si sa che fine hanno fatto. Io avrò anche undici anni, e la gente pensa che io non capisco, ma io capisco eccome!” Jason tirò nuovamente su col naso, che si era molto arrossato per il pianto. “E anche mamma e papà. Nonna è così preoccupata, ha detto che è così che è iniziata anche fra i Babbani, e che se continua devo tornare a frequentare la scuola “normale”. Io non voglio tornare fra i Babbani, mi piace Hogwarts e ci sono i miei amici, qui!”
Jason era stato così tranquillo, l’ultima volta che avevano affrontato un discorso del genere. Quasi disinteressato mentre parlava di Mangiamorte e paragonava il presente al passato. Adesso, invece, sembrava quasi come se fosse terrorizzato, e a Regulus si strinse il cuore. Il problema è che quello non era nemmeno l’inizio, no: solo negli anni a venire la gente si sarebbe conto che la guerra era già iniziata, era soltanto stata silenziosa. Se davvero la guerra babbana era stata così simile alla loro, era normale che la famiglia di Jason se ne fosse accorta subito, anche se formata da Babbani.
Eppure… “Jason, sono passati solo pochi mesi. E’ successo qualcosa in particolare?”
Jason si irrigidì, poi distolse lo sguardo.
“Niente.” Mentì, perché era evidente che fosse una menzogna.
“Jason.” Ripeté Regulus, freddamente, e infatti vide Jason sussultare. “Sei un pessimo bugiardo, quando sei spaventato. Che cosa è successo? Hai visto qualcosa?”
Il ragazzino rimase in silenzio. Poi, silenziosamente, si alzò le maniche del maglione che indossava.
Le sue braccia erano ricoperte da piccole ustioni, come se qualcuno si fosse divertito a bruciarlo con una candela più e più volte. Era l’effetto di un Exulcero, facilmente riconoscibile. Regulus si ritrovò a trattenere il fiato. “Cosa-“
“La sera del nostro ritorno a Hogwarts, non mi sono perso per davvero.” Mormorò Jason. “C’erano dei ragazzi più grande, soprattutto Serpeverde, anche se ho riconosciuto un Tassorosso. Mi hanno preso da parte e ho saltato la cena.”
“Figli di puttana.” Si ritrovò a dire, sconvolto, Regulus. Sì, sapeva che un sacco di suoi futuri (o ex?) compagni Mangiamorte si divertiva con i Nati Babbani, se la prendeva con loro ma… andare da un ragazzino del primo anno e ustionarlo? Così, al rientro delle vacanze? “Ma perché…”
Jason distolse lo sguardo, a disagio.

Attento, Black, non saresti l’unico a pagare per le conseguenze delle tue azioni, dovresti averlo ben capito.

“Jason.” Ringhiò Regulus. “Dimmi, e per favore sii sincero, che questo non è stato a causa mia. Ti prego, dimmi che non è così, perché altrimenti mi espelleranno per ciò che gli farò.”
“Non è stata colpa tua!” Esclamò subito Jason, scandalizzato. “Mica gli hai detto tu di venire da me! E non mi interessa quello che dicono, io sono comunque tuo amico- “
“Fanculo ‘sta merda.” Regulus lo superò, estraendo la bacchetta, con tutta l’intenzione di tornare dentro alla festa e lanciare una fattura sullo stupido viso di Rosier. No, era troppo poco, certamente solo con qualcosa di molto peggio quel pezzo di merda si sarebbe reso conto che non doveva permettersi mai più di fare una cosa del genere.
Jason gli si attaccò alla schiena, cercando di fermarlo, quasi come un koala. “Smettila, Regulus, non fare il Grifondoro!” Esclamò. “Sto bene, ti metterai solo nei guai così.”
“Non sto facendo il Grifondoro.” Sibilò Regulus, cercando di scrollarselo di dosso. “Tocca qualcuno a un Serpeverde, e sei morto. Non mi sembra giusto che Rosier la passi liscia al riguardo.”
“Prima di tutto, non c’era solo Rosier.” Jason si asciugò le lacrime un’ultima volta, un’azione abbastanza difficile visto che era ancora attaccato a Regulus per bloccarlo. “E secondo, se ti espellono io perdo uno dei miei amici, e a me questa cosa non sta bene. Violet e Aaron sono miei amici, sì, ma li posso vedere sempre quando sono a casa, a te non ti rivedrei mai più.” Rimase un attimo in silenzio. “E a me questa cosa non piace proprio.”
Regulus lo fissò, cercando di calmarsi. Jason aveva ancora gli occhi lucidi, ma adesso c’era un’espressione determinata sul suo volto. Pian piano, il giovane Black abbassò la bacchetta e il braccio, e Jason lo lasciò andare. “Se lo faranno di nuovo.” Sentenziò, però. “Non rimarrò fermo.”
Jason annuì, come se sapesse di non poterlo fermare. Silenziosamente gli prese un braccio, e lo accompagnò fino al dormitorio.
 

 
Quella notte, Regulus rimase a guardare il soffitto in silenzio.

Jason è un’eccezione, mi si è praticamente accollato anche lui, e non puoi ignorare qualcuno che dorme nel letto accanto a te. E poi è un Serpeverde mancato.

Come si poteva, in pochi mesi, arrivare a una situazione del genere? Prima dell’inizio della scuola, o meglio, nella sua precedente vita, era stato un Mangiamorte. Aveva cambiato idea sulle cose più fanatiche, su quelle più crudeli, su quelle così tipicamente del Signore Oscuro, ma era vissuto comunque per quasi diciott’anni con un determinato pensiero. Anche adesso, Regulus sapeva benissimo ciò in cui credeva – i Maghi, soprattutto se Purosangue, erano superiori ai Babbani e, di conseguenza, ai Nati Babbani. Era semplice, era la vita, era una verità che nessuno avrebbe potuto portargli via, tutti i tentativi sarebbero stati inutili.
Eppure… eppure perché provava qualcosa di così forte per Jason? Non aveva mai avuto un amico così, solo conoscenti e contatti che ora realizzava aveva sempre chiamato amici in maniera sbagliata. Per sua stessa scelta, vero, perché Regulus era stato inizialmente un ragazzo timido, e quando si era liberato dall’ansia si era concentrato soltanto sul suo destino al fianco del Signore Oscuro, e su quello da Erede della Nobile Casa dei Black, e su tutto ciò che avrebbe dovuto fare…
E si era andato a scegliere, se scelta poteva essere chiamata, proprio un Nato Babbano. Un Sanguemarcio. In poche settimane, nonostante i suoi pensieri, Regulus aveva fatto e detto cose che lo avrebbero fatto giustiziare o allontanare da non solo il Signore Oscuro, ma da tre quarti delle persone che conosceva in poco meno di qualche secondo. Sua madre in primis, e ci sarebbero stati due buchi neri nell’Arazzo in quella generazione, invece che solo quello di Sirius.
Il pensiero lo terrorizzava, tanto. Jason Stuart lo terrorizzava. Per un attimo gli venne in mente la malsana idea che lo avesse incantato, o che gli avesse fatto bere un qualche tipo di strana pozione, perché non si poteva spiegare altrimenti. Ma Regulus cacciò via questi pensieri assurdi, e si addormentò pensando ancora a ciò che era successo.
Chi diamine sto diventando?
 




 
 
 
L’oscurità lambiva tutto, intorno a lui.
Regulus si ritrovò ad ansimare, spaventato. Riconosceva questo posto, c’era già stato in sogno. Ma questa volta era reale, no? Non poteva star ancora dormendo…
Si guardò intorno, cercando di capire qualcosa, di trovare una via d’uscita, ma prima che potesse succedere sentì un ringhio alle sue spalle e, d’istinto, cominciò a correre.
Corse, e corse, e corse ancora, cercando di seminare la bestia. La sentiva dietro di sé, sempre così vicino ma allo stesso tempo abbastanza lontana da non poterlo raggiungere; le sue zampe veloci sul pavimento oscuro erano l’unico rumore in quel luogo, sovrastavano persino il suo respiro affannoso.
Scappa scappa scappa scappa.
Di nuovo, da lontano, vide la luce. Corse più veloce, sforzando le gambe e i polmoni, costringendosi ad andare avanti, sempre più vicino. Un’ombra lo superò, e gli tagliò la strada: lui frenò così bruscamente che si ritrovò a rotolare a terra, davanti alla creatura.
La bestia ringhiò e gli si parò davanti, così grossa e nera da quasi oscurare la luce, e lui indietreggiò ancora a terra, cercando di scapparle.
Ma la bestia non ringhiò verso di lui, no. Invece voltò il capo verso la luce e…
 
 



Quando Regulus si svegliò di scatto, si rese conto che tutti gli oggetti della stanza ad eccezione dei letti stavano levitando ad almeno un metro del terreno. Compreso sé stesso.
Nel momento esatto in cui se ne accorse, la magia sembrò finire. I bauli, i vestiti abbandonati per terra, le gabbie vuote di alcuni gufi e vari altri oggetti ricaddero a terra con un fracasso enorme. Eppure, l’unico a svegliarsi fu Bertram Aubrey, che si guardò intorno confuso e poi si rivoltò nel letto, tornando subito a russare.
Regulus, che ansimava forte, atterrò sul letto e ci si ancorò, spaventato. Non aveva un eccesso di magia così forte da quando, a otto anni, non aveva fatto volare metà dei libri della biblioteca privata di suo padre per attirare la sua attenzione. La magia era così potente in una persona solo ed esclusivamente prima di prendere una bacchetta, quando i bambini cominciavano a mostrarla per le prime volte, e in maniera del tutto accidentale.
Si portò una mano alla fronte sudata, cercando di calmarsi. Non c’erano segni che potessero accertare, questa volta, che quello non fosse stato un sogno, eppure Regulus era lo stesso convinto che fosse stato tutto reale.
E l’evento questa volta era stato più lucido, persino più lungo. Regulus si sforzò di riportare alla mente ciò che aveva visto per poterlo analizzare, ma era difficile. Tuttavia, si rese conto di due cose.
Numero uno, quella bestia non era un animale indistinto, o una bestia feroce. Assomigliava a un cane nero molto grosso. Per un attimo a Regulus venne in mente il Gramo, il presagio di morte per eccellenza, e gli venne da ridere. Un po’ in ritardo, se davvero si trattava di quello.
Numero due, la bestia non ce l’aveva con lui. No, sembrava quasi che stesse cercando di fermarlo dal correre per proteggerlo dalla luce.
Regulus si ritrovò, alle quattro del mattino e in un dormitorio completamente addormentato, a ridere istericamente.
Avrebbe dovuto proprio bere quel Whisky Incendiario, alla festa.
 










Benritrovati e scusate per il ritardo! So che nel capitolo avviso (ora cancellato) avevo parlato di 21 Novembre, ma ho avuto dei problemi e ho cambiato PC, quindi alla fine mi sono preso un'altra settimana di tempo, anche perché avevo scritto parte del capitolo sotto febbre e ho voluto ricontrollarlo per evitare di lasciare qualche cavolata. Spero che, a parte gli errori di grammatica voluti nei dialoghi, non ci sia più niente di strano nel testo.
Questo capitolo è la metà del solito (normalmente sono diciotto pagine, ma questa volta sono quattordici). Ho voluto tagliare dei pezzi che mi sono sembrati precoci, inutili o prolissi, ma volevo comunque dedicarlo tutto al Lumaclub. Alla fine qualità è meglio di quantità, spero quindi che vada lo stesso bene.
Due piccole specifiche sul capitolo, perché mi piace approfondire quello che scrivo! In primis, Regulus non è cosciente della situazione reale per i Nati Babbani durante il 1972, l'anno in cui è cominciata la storia. Non solo lui era un Purosangue, ma come già specificato non ha mai partecipato alle angherie degli altri suoi compagni contro gli studenti di Hogwarts. Tenendosi sulle sue, non sa quindi che una cosa come prendere Jason da parte per maltrattarlo era del tutto plausibile (in fondo, nei libri c'è scritto che la gang di Mangiamorte andava a maledire ragazzini a caso).
In secondo luogo, immagino sempre che la Prima Guerra magica non sia stata dissimile dalla seconda, sopratutto perché è una cosa confermata nei libri e nei film da vari personaggi ("E' proprio così che è iniziata l'ultima volta"). Immagino che inizialmente ci sia stato un periodo in cui nessuno comprendeva davvero che fossero in guerra, pensavano a Voldemort forse come a un terrorista pazzo isolato (quelli pro Nati Babbani), come a qualcuno che forse forse aveva ragione (quelli contro i Nati Babbani), o a qualcuno che sarebbe stato presto arrestato e basta (quelli neutrali). Solo da un certo punto la gente si è resa conto che erano in guerriglia aperta, e immagino che sia successo circa al terzo o quarto anno di Regulus. 

Un'ultima precisazione, ci tengo a farla. Quello che pensa Jason di Regulus è sbagliato. Essere amici con qualcuno che vi considera inferiore e che ti insulta, seppur non in maniera feroce come tanti altri, è qualcosa che può farvi seriamente del male, psicologicamente e purtroppo in certi casi anche fisicamente. Jason ha undici anni e si è autoconvinto che non solo Regulus sia solo influenzato dalla famiglia, ma che esistano due categorie di persone: quelle che ti trattano male e quindi sono cattive, e quelle che ti trattano bene e quindi sono gentili. Non sa che esistono i grigi, solo il bianco e nero. Ora, noi sappiamo cosa pensa davvero Regulus, e sappiamo che ci sarà un cosiddetto Redemption Arc, che è già iniziato. Jason no. Poiché questa è una fanfiction la questione non è grave, è solo una storia. Nella realtà, per favore, state al sicuro e scegliete solo persone che non giudichino voi o la vostra famiglia, non importa quanto possano sembrare gentili. Be safe and take care of yourself!
  
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