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Autore: Indaco_    30/11/2018    3 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Sonic quella notte si era svegliato principalmente per due motivi: i mugugni che il piccolo aveva emesso a notte fonda e le lenzuola improvvisamente bagnate. Ancora intontito dal sonno, il blu aveva semiaperto gli occhi per capire cosa fosse successo e per cambiare le lenzuola che risultavano completamente zuppe e parecchio fastidiose. La stanza era immersa nel buio e dovette sbattere le palpebre numerose volte per mettere a fuoco l’arredamento. E fu proprio in quel momento che un urlo di puro terrore lo investì, risvegliandolo completamente e rizzandogli gli aculei dalla paura.
Il suo sguardo volò al piccolo, con la temuta sicurezza che si trattasse nuovamente di un incubo. Justin era nascosto sotto le coperte tremante come una foglia, le piccole orecchie appiattite sulla testa e gli occhi serrati, mentre lamenti e parole senza senso venivano scandite dalle labbra a velocità sorprendente.
Senza un minimo di esitazione, Sonic, zoppicando, saltò giù dal letto e si precipitò al suo fianco in preda all’ansia, iniziando ad estrarlo dalle coperte umide a cui il piccolo stava saldamente attaccato. Con un brusco strattone riuscì a sollevarlo di peso e a districarlo da quell’ingarbuglio di lenzuola bagnate, ma nemmeno per un istante il suo lamento cessò.
< Svegliati! Forza! Apri gli occhi! >  Esclamò il ragazzo preoccupato a morte, scuotendo il piccino blu come una scatola di tik tak. Non ricevendo alcuna risposta positiva da quel trattamento, lo tirò in piedi sperando che la forza di gravità bastasse a svegliarlo,
< JUSTIN! > insistette ancora, continuando a scrollarlo violentemente. Ma il bambino sembrava irraggiungibile, completamente assorto nel suo mondo immaginario fatto di chissà quali mostri. Sonic temette di non riuscire più a svegliarlo, il corpo irrigidito ma penzolante del piccolo, gli sgusciava tra le braccia come sabbia.
Ma finalmente, dopo un’agghiacciante grido carico di panico, il piccino aprì gli occhi. I suoi grandi fanali verde magnetico erano ancora appannati dal sonno, lucidi e incredibilmente stanchi, più che dormito sembrava avesse corso per tutta la notte a velocità folle. L’adulto sospirò di sollievo e lo avvolse tra le braccia senza tante cerimonie, grazie a Dio si era svegliato! Non avrebbe sopportato un secondo in più tutta quella sofferenza. Si staccò e lo osservò con particolare attenzione, cercando qualche dettaglio che lo aiutasse a capire come stava,
< hey piccolino, ci sei? > gli domandò con apprensione inginocchiandosi di fronte a lui, a dire il vero non gli sembrava del tutto cosciente, sembrava più in uno stato di dormiveglia. Justin alla domanda sbatté le palpebre confuso toccandosi il pigiama bagnato. Si rese conto che quello che lui credeva fosse sangue, in realtà non era altro che pipì.
Il suo sguardo già disperato, peggiorò ancor di più alla scoperta e iniziò a singhiozzare a pieni polmoni, devastato dall’intera situazione
< eravate tutti morti stavolta! Anche tu! > Esclamò il piccolo, iniziando a bagnare anche la maglietta con le tantissime lacrime che gocciolavano dal piccolo mento.
Sonic respirò paziente accarezzandogli la testa con dolcezza,
< era solo un brutto sogno Justin. Siamo tutti straordinariamente vivi e soprattutto sani, vedi? >  rispose Sonic asciugandogli le lacrime con il pollice e un sorriso che sperava fosse incoraggiante. Il bambino smise di singhiozzare e tirò su con il naso, gli occhi arrossati si riempirono di nuovo di preoccupazione,
< ho fatto la pipì nel letto, mi dispiace tanto > mormorò a bassissima voce colorandosi di porpora dalla vergogna. Gli scappò un sorriso di tenerezza dall’improvvisa reazione del piccolo,
< non preoccuparti, non è nulla di grave! Adesso ti lavo, cambio le lenzuola e poi dormiamo un altro po’ ok? > mormorò il blu, ricordando in quel preciso istante le sgridate delle suore quando ancora si trovava all’orfanotrofio. Un brivido gli fece salire la pelle d’oca sulle braccia, mamma mia quante punizioni si era beccato le poche volte che aveva bagnato il letto, ricordava a memoria tutte le sfuriate di suor Maria-qualcosa.
Il piccino annuì alla proposta del riccio e a testa bassa lo seguì silenziosamente nel bagno, cercando di non svegliare l’altra camerata, che non si sa come, non aveva udito assolutamente nulla. L’adulto era completamente assorto dall’intera vicenda, non sopportava vederlo in quello stato di sofferenza, si sentiva talmente impotente davanti a quegli incubi! Era un’autentica impresa riuscire a svegliarlo figuriamoci tentare di non farlo sognare. Sistemato il piccolo, che ora indossava una maglia dell’adulto come pigiama, Sonic cambiò le lenzuola fradice accorgendosi però di avere il cambio nella camera degli ospiti, proprio in quella in cui dormivano le ragazze. Scrollò le spalle sbuffando e prese due semplici coperte, non voleva svegliare le piccole ospiti per un paio di lenzuola e poi c’era caldo, quelle bastavano ed avanzavano.
< Forza mirtillino, vieni > mormorò l’adulto vedendo il piccolo ancora sconvolto dal brutto sogno, il suo sguardo mortificato era perso nel vuoto e con le mani dietro alla schiena, si appoggiava mestamente alla scrivania straripante di vestiti. Con la testa tra le nuvole, il piccolo riccio si arrampicò sul letto asciutto e si sdraiò accanto alla sua fotocopia con sguardo completamente assente.
Sonic che aveva tentato invano di farlo sorridere o di svagarlo almeno un po’, si preoccupò maggiormente, bambini così seri non ne aveva mai visti e cosa ancor peggiore non aveva idea di cosa fare o dire per consolarlo o distrarlo. Decise così di discutere senza mezzi termini con lui. Non era un bambino “normale”, l’esperienza negativa con Jason l’aveva fatto crescere molto velocemente, fin troppo, ed ora le belle parole non avevano più effetto su di lui. Non che gli andasse a genio quel tipo di rapporto, ma il piccolino aveva le sue idee e le sue teorie riguardo a quell’argomento e tentare di cambiarle era praticamente inutile, non rimaneva che dirgli la pura verità.
< Justin. Ascoltami bene. > Iniziò deciso guardandolo dritto negli occhi, catturando subito la sua attenzione. Il piccolo alzò la testa e gli occhi pieni di panico di un verde meraviglioso lo guardarono fisso e incuriositi,
< Jason non ucciderà nessuno e soprattutto non ti farà mai più del male. Mai, mai più. Capito? Mai più. > Esclamò serio, il suo tono di voce era basso e fermo, completamente convinto delle sue parole. E Justin gli credette subito, senza riflettere se fosse possibile o meno, si fidava a prescindere di quel riccio così simile a lui, sapeva che diceva la verità. Quelle parole piene di speranza, che gli confermavano che il suo più grande desiderio poteva diventare realtà, scatenò una forte emozione al riccetto. Gli occhi gli diventarono lucidi e le labbra tremarono per un breve istante, quando lacrimoni lucidi e rotondi rotolarono giù dalle guancie. Sbattendo le palpebre velocemente, il piccino andò a rannicchiarsi sul petto dell’adulto con lo stesso sguardo di un cucciolo di capriolo. Inutile dire che all’adulto gli si strinse il cuore dalla compassione e dalla tenerezza,
< come fai a saperlo? E se lui venisse quando tu non ci sei? E se tu fossi a ballo e lui venisse in quel momento? Ci ucciderebbe tutti Sonic! > Mormorò in singhiozzi fissandolo dritto nelle pupille. Il riccio blu rimase un attimo in silenzio per raccogliere le parole giuste, asciugando le lacrime copiose del piccolo. Cavolo quanto era difficile affrontare questi temi così delicati,
< Justin, ti assicuro che Jason non ucciderà proprio nessuno. Nessuno. E nemmeno verrà qui, te lo assicuro. Se dovesse arrivare, tua madre mi chiamerà nel giro di trenta secondi ed io arriverò in due > spiegò con convinzione tranquillizzandolo un po’.
Il riccetto si calmò e iniziò ad arrotolare tra le piccole manine un aculeo del ragazzo, tic che aveva palesemente assorbito dalla madre,
< glielo dirai alla mamma? > Domandò titubante lanciandogli un’occhiata carica d’ansia. Sonic che iniziava a sentire chiaramente le ore di sonno mancanti, sbadigliò e strinse forte a se il piccino, sperando di farlo addormentare in tempi brevi.
< Di cosa? > Approfondì lui iniziando a deconcentrarsi sempre più, sentiva chiaramente le palpebre diventare pesantissime
< che ho fatto la pipì nel letto > mormorò a bassa voce il piccino, carico di imbarazzo e vergogna. Il blu soppresse una risata e accarezzò pigramente la testolina del suo tesoro, divertito dall’orgoglio che già ora dimostrava,
< no, non glielo dirò se non vuoi > borbottò con un mezzo sorriso, iniziando ad addormentarsi profondamente,
< allora per favore non dirglielo > concluse Justin con un sospiro, infagottandosi bene sotto le coperte e sopra l’addome del riccio. Sonic gongolò di gioia nell’abbracciare quel piccolino che profumava di fragole, come la madre, e vederlo totalmente a suo agio.
Ora mancava solo la riccia rosa al suo fianco e poi la vita sarebbe stata perfetta, se mai ci fosse ritornata.
< Sonic? > Lo richiamò un’ultima volta il piccolo,
< mmmh? >  
< io ho fame >.

Il giorno dopo, Amy si svegliò più presto del solito, disturbata dal vociare confuso e agitato delle piccole che saltellavano sopra il letto manco fosse un gonfiabile. Così, ancora assonnata si era trascinata giù per le scale per preparare la colazione alle piccole prima che i genitori venissero a riprenderle.
I suoi due blu erano ancora a letto ma li lasciò indisturbati, dopotutto era l’unico giorno libero di Sonic e ieri era stato spremuto come un limone dai cuccioli. La casa era immersa dalla luce e dalla pace grazie al muro di mattoni rossi che accerchiava tutta la casa, i rumori esterni erano filtrati da quella muraglia, permettendo una certa tranquillità e un certo silenzio. Silenzio rovinato mezz’ora dopo, quando il campanello trillò. Amy impegnata a pulire la bocca di Beyoncè dalla nutella, corse alla porta sperando che fossero i genitori delle piccole.
Certo, erano adorabili, le amava e non si pentiva affatto di aver fatto quel piacere, ma cavoli, erano due piccole furie! Non smettevano neanche per mezzo secondo di parlare, far domande, giocare e correre.  Justin perlomeno era meno caotico e più gestibile, inoltre l’ascoltava quasi sempre, più o meno.
La risata maliziosa della gatta lilla si levò dietro alla porta e la rosa capì subito di aver fatto centro, difatti di fronte a lei stavano Silver e Blaze, avvinghiati tra loro, con due facce che lasciavano intendere chiaramente quello che era avvenuto quella notte. Amy non riuscì a trattenere un sorriso malizioso
< buongiorno piccioncini, chiarito? > Esclamò ironica, lasciando passare le due bambine di corsa, felicissime di tornare a casa. Blaze raccolse Beyoncè da terra e la coprì baci stringendola forte a se, contraccambiò poi il sorriso alla rosa, indicando chiaramente che le avrebbe raccontato per bene l’intera faccenda.
< Oh si, tutto apposto … Sonic? > Si limitò Silver con un sorriso, prendendo in braccio Rihanna a dir poco euforica. La riccia incrociò le braccia e con un sorriso furbetto indicò le scale con un cenno della testa,
< sono ancora a letto, vuoi che te lo chiami? > Si propose sollevandosi dalla porta. L’argentato per qualche istante sembrò stupito, dopodiché la sua espressione mutò e sogghignò beffardo
< bhe, approfittane! Vai su e chiarisci anche tu, presumo abbiate molto da dirvi … e da fare > concluse con una smorfia ed un occhiolino. Amy sgranò gli occhi stupita dalla proposta indecente dell’argentato, Blaze sbuffando per la battuta di poco tatto lo colpì alle costole con una leggera gomitata per intimarlo a tacere.
< Dopo ci sarai? > Le chiese con un sorriso cambiando volutamente discorso.
< Dove? > Domandò la rosa di rimando, aggrottando le sopracciglia dubbiosa.
< Da Ginevra! Ci ha chiesto se possiamo darle una mano con gli inviti del matrimonio … non hai letto il messaggio? > Chiarì Blaze perplessa, prendendo per mano la piccola gattina che tentava invano di liberarsi.
< Uhm … no. Stamane non ho ancora preso in mano il cellulare a dir la verità. Comunque si, ci sarò! > Esclamò senza ombra di dubbio. Ginevra era una delle sue care amiche, nonostante fosse più grande di lei di parecchi anni aveva sempre trovato ascolto e buoni consigli. Aiutarla per il suo matrimonio sarebbe stato più che divertente! Il destino l’aveva riportata a Mobius proprio al momento giusto.
 < Ottimo! Allora ci vedremo più tardi. Ti ringrazio ancora per l’aiuto che ci avete dato con le piccole, spero si siano comportate bene > Esclamò la viola squadrando da cima a fondo le bambine con aria dubbiosa. Era la prima a notare che le sue figlie non erano gli stinchi di santo che sembravano ed era quasi certa che le piccole avevano fatto ciò che volevano. La rosa sorrise forzata
< oh certo che si! Sono molto vivaci è vero, ma nulla di così grave > esternò grattandosi la tempia imbarazzata, di certo non poteva dirle quanto era stato difficile tenerle a bada! D’altronde si era proposta lei di tenerle e controllarle.
Dieci minuti dopo, quando la coppia e relative figlie se ne furono andati, uno scalpiccio lento e zoppicante preannunciò l’arrivo di Sonic, il quale portava con se Justin, incollato al suo collo con un’espressione sofferente. Ad Amy bastò vedere la faccia dei due per capire che la nottata non era stata per nulla piacevole. E probabilmente sapeva anche il perché, nonostante una parte di lei sperava che tutta quella stanchezza e malinconia fosse causata da un banale cambio di letto e di stanza.
< Cosa vi è successo? > Esclamò allarmata avvicinandosi trapelata al suo riccetto e al blu. I loro visi non erano riposati e sotto gli occhi notava gli aloni scuri tipici della stanchezza. E Justin era troppo, esageratamente silenzioso, inoltre voltò la testa e la spinse nell’incavo del collo dell’adulto, dandogli praticamente le spalle.
Vedendo che il suo riccetto non accennava a parlare, spostò lo sguardo su Sonic allarmata, sperando che potesse fornigli la risposta tanto temuta. Il ragazzo si smosse gli aculei con una mano e respirò profondamente per prendere tempo, non voleva preoccuparla più di quello che già era.
< Ha avuto un altro incubo stanotte e ha impiegato molto tempo per svegliarsi. E stavolta siamo morti tutti, tutti quanti > descrisse velocemente lanciando un’occhiata al piccolo incollato a lui. Il bambino raggelò al ricordo di Jason trasformato in quel mostro e involontariamente si strinse ancor più forte al blu cercando di toglierselo dalla testa inutilmente: i suoi occhi famelici continuavano ad apparire perfino sotto le palpebre. Amy sospirò non sapendo cosa rispondere e incrociò le braccia al petto, cosa, cosa poteva fare per liberarlo da quel tormento?
< E … e come mai ci sono le lenzuola nel corridoio? > Domandò con voce piatta portandosi una mano sulla fronte. Quella mattina si era trovata la pila di lenzuola ammucchiata nel corridoio, tanto che per un momento aveva creduto che fosse stata opera delle bambine. A quella domanda Justin ebbe un fremito e si rizzò, guardando in panico Sonic. Ma con efficacissima non-chalance, ricordando la promessa fatta, il blu scrollò le spalle e prese posto al tavolo,
< ho spanto … della … aranciata > Esclamò cercando di mantenere un’aria indifferente come chi non ha nulla da nascondere. Justin, che nel frattempo si era accomodato al suo posto, gli sorrise grato della piccola bugia, sorriso che l’adulto ricambiò con un occhiolino d’intesa.
< E tu come stai? > Le chiese il riccio di rimando osservandola con quei bei occhi verdi, d’altronde aveva dormito con le due satana e sembrava straordinariamente viva anche lei, anche se un po’ spossata. La rosa presa un po’ alla provvista dalla domanda si lasciò cadere sulla sedia, sconsolata dall’incubo di suo figlio
< oh bhe, se vi può consolare sono caduta dal letto, Rihanna mi ha tirato un calcio talmente forte che son rotolata giù > esclamò appoggiando i gomiti sul tavolo cercando di rilassarsi un po’. Le due fotocopie davanti a lei risero nello stesso identico modo, stupendo di nuovo la madre che credeva finite le uguaglianze tra i suoi ricci.
Se solo avesse potuto annullare quei dannatissimi 5 anni. Se solo fosse rimasta! Tutto sarebbe stato perfetto: Justin avrebbe avuto il suo vero padre, non avrebbe mai fatto incubi, salvo durante le indigestioni notturne di chili dog, mentre lei avrebbe avuto Sonic al suo fianco. Sorrise al pensiero, immaginandosi come una normale famiglia felice, tipo quelle del  Mulino Bianco. Scosse la testa facendo crollare l’enorme castello in aria che aveva creato e si alzò in piedi,
< questa mattina vado da Ginevra per aiutarla con gli inviti del matrimonio … cosa vuoi fare Justin? > Lo interrogò portandosi dietro di lui,
< uhm … ci sono anche gli altri bambini? >
< non penso, sarà un’uscita tra adulte credo > rispose sincera, sistemandogli ordinatamente la matassa di aculei spinosi.
< Allora sto a casa con Sonic > decise sicuro, lanciando un’occhiata gioiosa all’adulto. Il diretto interessato sorrise compiaciuto, nascondendosi dietro la tazza di caffè per mascherare l’evidente e grandissima soddisfazione.


Spazio autrice: buonasera! So di essere in ritardo, ma ho modificato il capitolo centinaia di volte. Inoltre sono indecisa se accorciare i capitoli o meno, a volte mi sembrano troppo lunghi.  Errori, consigli, critiche e quant'altro sono molto graditi, grazie e baci.
  
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