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Autore: Il_Genio_del_Male    01/12/2018    6 recensioni
Non tutti i vicoli sono ciechi.
Se si è sufficientemente disperati, se ci si sente smarriti come se fosse impossibile ritrovare la strada di casa, allora ci sono buone probabilità di imbattersi nel Night dei Sogni Infranti.
Genere: Generale, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kai, Kai, Sehun, Sehun
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quei fagiani maledetti'
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Nel mezzo del cammin di vera vita
eravamo circondati da una malinconia oscura,
che tante parole tristi e beffarde hanno espresso
nel caffè della gioventù perduta.

(Guy Debord)

 

 

 

 

 

Non tutti i vicoli sono ciechi.

Se si è sufficientemente disperati, se ci si sente smarriti come se fosse impossibile ritrovare la strada di casa, allora ci sono buone probabilità di imbattersi nel Night dei Sogni Infranti.
È
l’ultima speranza, in genere. Il rifugio delle anime perdute. La sua insegna al neon vergata in corsivo si staglia nella bruma notturna, in fondo ad una via cieca, che non dovrebbe portare da nessuna parte.

Ed è lì che lo trova Sehun. Lui forse non si è perso, non ne è sicuro; ma gli sembra di aver dimenticato qualcosa e non sa se volerla ricordare o meno.
Le porte del night si aprono senza sforzo. Non c’è un buttafuori né una fila di avventori in paziente attesa del loro turno per entrare. Il locale è deserto, composto da un’unica stanza, di dimensioni tanto modeste che Sehun riesce ad esaminarla attentamente con una sola occhiata. Le pareti sono tappezzate di broccato blu pavone, venato di sfumature cangianti che tendono all’argenteo. Il pavimento sembra ricavato da un’unica lastra di roccia lavica. Poche luci soffuse sotto forma di applique. In un angolo, un pianoforte malconcio ha tutta l’aria di stare agonizzando.
Dal lato opposto, un bar in legno e vetro satinato fa mostra di sé. Le bottiglie, illuminate da tenui faretti azzurrini, hanno una dignità misteriosa, esoterica. Somigliano a fiale di pozioni magiche. Manca il barista, però.

Poco male, pensa Sehun, visto che non c’è nessuno in giro è plausibile che sia andato in pausa. Così si siede su uno sgabello e aspetta. Non passa molto tempo prima che si sentano dei passi percorrere la stanza, lontani e poi sempre più vicini, diretti verso di lui. Sehun si gira, obbedendo ad un impulso ferale. L’uomo che gli si avvicina, flessuoso come un dio e sicuro di sé, appare troppo bello per essere un semplice barista e insieme troppo giovane per essere il proprietario del night. Il completo nero che indossa, elegantissimo, ne sottolinea la figura perfetta ed esalta la sfumatura color miele dei capelli.

“Un cliente, finalmente” la sua voce è velluto, gli occhi gemme verde veleno. “Perdona l’attesa. Cosa ti do?” si insinua dietro al bancone con la scioltezza d’anche di un ballerino.

“Whisky, grazie. Doppio” ordina Sehun, abbagliato, recuperando il portafoglio dalla tasca interna della giacca. “Quant’è?”

Una mano ben curata respinge il denaro, mentre la gemella versa con destrezza la bevanda in un tumbler. “Offre la casa. Sei il primo cliente della serata. Ghiaccio?”

Sehun, confuso, accetta. “Per essere io, a quest’ora infame, il primo cliente… Strano. È nuovo, il locale? Non sono pratico della zona ma non ricordo di averlo mai visto prima d’oggi”.

“Non si presta attenzione a qualcosa finché non se ne ha bisogno” commenta saggiamente il barista. “Apriamo solo quando c’è necessità, diciamo”.

“Non sarebbe così, se lo pubblicizzaste un po’. Fareste il tutto esaurito ogni sera. Voglio dire, tu da solo saresti un motivo più che valido per venire qui” Sehun avvampa e decide di affogare nell’alcol quello sprazzo di spavalderia.

L’altro ride, lusingato e affatto sorpreso. “Sei molto gentile. Ma ciò che piace a te potrebbe non risultare gradito a tutti”.

Una breve pausa. “Se tutti non hanno occhi per guardare, posso pure comprenderlo. In caso contrario, bisognerebbe essere completamente pazzi per non apprezzare una bellezza in grado di rivaleggiare con le opere d’arte del passato” Sehun, ormai persa la faccia, non si fa problemi a scavarsi la fossa con le sue stesse mani.

Simile ad un nastro d’acqua, il barista si lascia fluidamente scivolare sul bordo del bancone, allungando una gamba slanciata in modo da sfiorare uno scaffale pieno di bicchieri con la punta della scarpa [1]. Dà la schiena a Sehun, adesso, e compie una torsione del busto per guardarlo in tralice. “Ne deduco che il mio aspetto è di tuo gusto?” domanda con un sorriso malizioso e indolente.

Sehun gioca la carta della franchezza. “Sei praticamente l’uomo dei miei sogni” confessa dopo aver bevuto un sorso.

“Oh, non mi stupisce. Conosco i tuoi gusti, Sehun. E conosco i tuoi sogni; in particolare quelli infranti”.

A Sehun per poco non scivola di mano il tumbler. “Come fai a sapere il mio nome?” trasalisce, sussurra.

“Lo so e basta” alza le spalle, come rassegnato all’idea. “So tutto di te”.

“Ma io non ti conosco. Non so chi tu sia”.

“Chi… o cosa” si rimette in piedi, un gesto liquido e talmente veloce da non sembrare umano. “Però neppure io ti conosco. C’è una differenza tra sapere e conoscere”.

Sehun, guardingo, lo osserva allontanarsi e raggiungere il pianoforte. “Qual è?” chiede.

“Per conoscere è indispensabile fare esperienza, vivere sulla propria pelle una tale cosa. Il sapere resta sul piano teorico. A volte si rivela istintivo, un richiamo ancestrale di cui ignoriamo l’origine ma che ci indica la via migliore” le sue dita sfiorano i tasti del pianoforte, che sorprendentemente non è scordato. Il suono che ne ricava è limpido.

Sehun non ha parole adatte per replicare, perciò si affida alla propria curiosità. “Hai un nome?”

“Puoi chiamarmi Jongin”.

Una melodia scaturisce da sotto le sue abili mani: è vivace, briosa, evoca la luce. A Sehun piace. “Che brano è?” si informa.

“Il rondò alla turca di Mozart [2]. Grande compositore”.

“Lavori da solo?”

“Ho dei colleghi, ci diamo il turno”.

Esista a porre la domanda successiva. “A seconda dei clienti che vi capitano, immagino?”

Senza smettere di suonare, Jongin gli rivolge un sorriso sornione. “Sei un tipo sveglio”.

“Pensavo lo sapessi già” tenta una battuta.

“Te l’ho spiegato. Un conto è saperlo, un conto è averne la conferma”.

“Ha senso” concorda Sehun. Il suo bicchiere è vuoto. “Posso prendere dell’altro whisky?”

“Serviti. Sei il padrone, qui dentro. Tutto è studiato per esserti gradito. Me compreso” ridacchia sinistramente.

“Deve trattarsi di un sogno, per forza” riflette lui, afferrando la bottiglia. “Nella vita vera, uno come te non mi degnerebbe di mezzo sguardo”.

“Sbagli, invece. È tutto vero”.

“Anche i sogni lo sembrano, fintanto che durano” sbuffa.

“È per questo che fanno così male quando non si realizzano” osserva Jongin, quasi sovrappensiero.

La musica cambia tenore. I tasti del pianoforte vengono pestati con energia brutale, di certo eccessiva, che pare nascondere della rabbia repressa. Risentimento. Sconfitta.

Le sue parole colpiscono Sehun. Lo pungolano. “Già. Dimenticavo che tu affermi di conoscere tutti i miei sogni infranti” ribatte d’un tratto.

“Lo affermo a ragion veduta. Sono la mia specialità”.

“I tuoi colleghi si occupano di altro, quindi. Di altri clienti” pondera.

“A ciascuno il suo. Sembri deluso, Sehun. Non capisco. Ho fatto il possibile per venire incontro ai tuoi desideri” intanto la sonata termina, e anche la pazienza di Jongin. Forse quello veramente deluso, tra i due, è lui.

“Ci sei riuscito. Fin troppo bene” sospira Sehun, facendo tintinnare i rimasugli di ghiaccio nel bicchiere. “Proprio per questo non può che trattarsi di un sogno. L’ennesimo”.

“Ti ripeto che sono reale, invece. Diresti mai che il tempo non esiste solo perché non puoi classificarlo? Mai sentito parlare della relatività?” incalza, grondante sarcasmo.

Sehun si rende conto di essere stanco. Scuote la testa. L’alcol inizia a fare effetto. Il silenzio, se avesse un volume, sarebbe assordante.

“Che vuoi da me?” sospira, una mano sulla nuca.

Ammansito dalla resa, Jongin perde ogni traccia di irritazione. “I tuoi sogni infranti, ecco cosa voglio. Per ripararli e dargli nuova vita. È un’altra delle mie specialità” sorride come un bambino, il tono di voce fermo e dolcissimo.

Sehun non se lo aspettava. Abbandona il whisky, lo sgabello del bar. Si piazza di fronte a Jongin, che ne ricambia lo sguardo senza paura.

“Chi- cosa sei davvero?”

“Tutto ciò che hai sempre desiderato” è la risposta. (La verità.)

Si fissano. Poi Sehun prende posto davanti al pianoforte. Le loro ginocchia si toccano. “Suoneresti ancora per me?”

Jongin non se lo fa ripetere due volte.

 

 

Non tutti i vicoli sono ciechi.

Se si è sufficientemente disperati, se ci si sente smarriti come se fosse impossibile ritrovare la strada di casa, allora ci sono buone probabilità di imbattersi nel Night dei Sogni Infranti.
È l’ultima speranza, in genere. Il rifugio delle anime perdute. La sua insegna al neon vergata in corsivo si staglia nella bruma notturna, in fondo ad una via cieca, che non dovrebbe portare da nessuna parte.

Ed è lì che Sehun trova la sua vera casa.

 

 

 

 

[1] Chi mi segue su Facebook ricorderà la foto spoiler di questa scenetta (https://www.facebook.com/IlGeniodelMaleEFP/photos/pb.152349598213950.-2207520000.1541856249./1880164545432438/?type=3&theater).

[2] Concordo con Jongin (https://www.youtube.com/watch?v=quxTnEEETbo).

Don’t Mess Up My Tempo è stata una mezza delusione -preferisco mille volte Ooh La La- mentre il mv mi ha regalato questa idea. Poteva andarmi peggio!
Per chi se lo stesse chiedendo, Jongin è una creatura che potrebbe rivelarsi sia malvagia sia benevola. Lui ed i suoi colleghi hanno il compito di giungere (materializzando dal nulla il loro night) in soccorso di chi, quale che sia il motivo, ha perso il proprio scopo nella vita. Sono sirene? Angeli custodi? Demoni? A voi l’ardua sentenza, e anche il toto-nome per indovinare le identità degli altri baristi xD.

Una cliccatina è sempre gradita: https://www.facebook.com/IlGeniodelMaleEFP/.

Buone feste!

   
 
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