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Autore: mirimellecarlottina    01/12/2018    1 recensioni
Dopo l'ennesimo rifiuto Dominic conclude che il proprio sogno non si realizzerà. Da sempre desidera diventare un cantante, ma comincia a pensare che nessuno pagherà mai per la sua voce, che forse converrebbe concentrarsi sulle cose più reali. Preso dalle difficoltà economiche di tutti i giorni, un padre pericoloso, un lavoro che odia, tenta di dimenticare ciò in cui ha sperato per tutta la vita. Almeno finché non incontra Alex, un ragazzo strano, un musicista eccentrico, uno spirito indipendente. Con lui accanto i sogni sembrano più reali, la musica viene dal cuore e ogni cosa appare semplicemente per come è. Con Alex vicino Dominic sente di poter ribaltare finalmente tutte, ma proprio tutte le proprie certezze. Una nuova band è pronta a fare la sua entrata in scena.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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L'aveva scritta la canzone. Teneva il foglio stretto nella mano, nella tasca della giacca, mentre con l'altra stringeva in vita Alex. L'avevano pensata insieme, in un pomeriggio di cielo grigio disteso come un lenzuolo, lassù sulla collina da cui la città sembrava in pace. Le parole gli erano venute in mente tra un pensiero impuro dovuto alla sensazione di Alex seduto in braccio a lui ed uno preoccupato per la paura irrazionale che potesse sporgersi troppo e cadere dal terrazzo panoramico. Ne era venuta fuori una ballata, un qualcosa di dolcissimo e scuro come melassa, appiccicoso, in cui erano rimasti invischiati. Erano dentro fino al collo, nella loro storia, nella loro opportunità, nella loro canzone.
“Tu sei la mia chiave per il paradiso"
“Il nostro nome è dedicato a me" non era una domanda, era una constatazione. Dom ebbe il dubbio che lui lo sapesse, che lo avesse saputo da subito, che quel tormento in cui si era crogiolato per giorni all'inizio di tutto, per Alex, fosse chiaro come il sole di giugno.
“Ti dannerai l'anima per amor mio, Domi"
“Andrò all’inferno in ogni caso, voglio meritarmelo, con te"
Era nata così la loro canzone, da accordi oscuri e parole piene di vecchio rancore e nuovo, caldo cuore. Quel foglio era un portafortuna, quelle parole sarebbero state il loro mantra.

Sei la mia città infernale in cui bruciare in estasi
Sulla tua pelle ho trovato una mappa, che nessuno conosceva
La via per il Paradiso, diceva
Una via tra scapole dorate, che hai percorso troppe volte
Bellezze naturali, amore vero cercasi

Alex alzò gli occhi, ancora più azzurri con quel disegno felino di eyeliner.
“Ho paura” disse, senza parlare e Dom lo strinse a sé, strappando nervosamente un angolo dal suo foglio, nascosto nella tasca. Il cancello davanti a loro era quasi invisibile oltre la massa di persone. Sembrava così assurdo essere arrivati lì, da lì a poco avrebbero avuto il permesso di entrare, si sarebbero sistemati e per un lungo, lunghissimo giorno avrebbero atteso il proprio turno e se fossero stati giudicati interessanti avrebbero atteso un altro lunghissimo giorno per avere un pubblico a cui presentarsi.
“Anche io" mentì. Non era paura, era voglia di passare oltre, poter arrivare di là e pensare al passato, a quella giornata di ansia.

Sei il mio angolo di pace, sicurezza
Nei tuoi occhi il mio riflesso assume un contorno diverso
L’inferno nel cervello che sfugge dai denti
Sei il mio ultimo, definitivo desiderio perverso
Il porto d’attracco, con lo sguardo che accarezza

Quando l'uomo con l’auricolare si avvicinò al cancello con la cartelletta tra le mani, la gente si affollò lì intorno. Chiamava nomi e mani si alzavano, a volte una sola, a volte in massa. Dom contò ben sei persone nello stesso gruppo. Quelli dovevano essere avvantaggiati, avevano qualsiasi strumento si potesse desiderare. Ma nessuno degli altri concorrenti aveva un Alex. Quel piccoletto scintillante con i suoi capelli color zucchero filato e la giacca lucida rosa e sul collo la parola “mio" che lui stesso gli aveva scritto con un pennarello.

Non me ne frega niente
Non me ne importa niente
Finché questa tua bocca resta sulla mia
Non me ne frega niente se tutto adesso crolla
Perché la mia realtà la scrivo solo io
Non me ne frega niente
Non me ne importa niente
Mi hai preso all'improvviso e hai denudato i nervi
Non me ne importa niente di ciò che siamo stati
Promettimi le notti quando i giorni sono eterni

“Heaven's Gate" chiamò l'uomo con l’auricolare ed Alex saltellò per farsi notare dal basso della sua statura con un “Qui!” energico che dovette aver assordato tutti i vicini.
“Comincia il gioco" mormorò Dom, stringendogli forte la mano.
Attraversare il cortile del teatro fu difficile, con il timore di perdersi il suo ragazzo tra la folla, finché non fece che caricarselo in spalle e portarlo in giro così, felice del suo peso addosso. Stavano attirando di nuovo l'attenzione, forse era un loro talento. Dominic si trovò a chiedersi se sarebbe stato sufficiente, se nella giuria ci sarebbe stato qualcuno di impressionabile come Ross a cui rivolgere il loro spirito scandaloso. Nei giorni precedenti non si erano mai soffermati a pensare al premio, solo al fatto che vincere avrebbe sistemato le cose, la realtà materiale dei soldi non li aveva toccati e il cantante si impedì di pensarci, tenendo le gambe di Alex per non farlo cadere. Li avrebbero fatti entrare in teatro un concorrente alla volta per esibirsi davanti ai quattro giudici che nessuno ancora conosceva, si trattava ogni anno di talenti molto conosciuti, ma era impossibile scoprirne i nomi prima dell'inizio dell’evento.
Non parlarono, mentre attendevano, il chitarrista con il suo strumento sulle gambe, quasi come un animale da coccolare, Dom in piedi, nervoso che passeggiava su e giù per il loro angolo di cortile. Avevano conosciuto qualche concorrente nei primi minuti di attesa, ma poi il clima si era gelato e a volare erano bisbigli maligni ed occhiatine da un capo all'altro dello spazio. Ognuno era finito per ritagliarsi qualche metro e persino la città sembrava più silenziosa. Dominic non era mai entrato in quel teatro o in qualsiasi altro, se si escludeva una gita alle scuole medie finita male quando un compagno gli aveva rovesciato sulla testa la sua bottiglietta di aranciata e lui lo aveva aggredito rompendogli un polso.
Aveva cercato di esprimerlo il suo cambiamento, nella canzone. Di tutte le cose che si era lasciato sfuggire di mano nella sua vita l'unica che voleva conservare era la sua attrazione e poi il suo amore vero e proprio per Alex. Se lo guardava, camminando, godendosi la sensazione della sua pelle sulla propria provata quella notte e rimasta come un'aura a nobilitare il suo profumo. Stava ripensando ai suoi sospiri lievi, alla paura di essere sentiti, al suo corpo fragile raggomitolato contro di lui una volta soddisfatto, quando la folla scoppiò in un boato.
“Benvenuti" qualcuno stava parlando dall'alto dei due gradini che conducevano in teatro dall’ingresso per gli artisti
“Quante facce, sicuri di volerci provare tutti?”
L'uomo sulla quarantina, con i capelli lunghi sulla faccia e il sorriso sornione era Bret Folks, niente meno che il cantante degli Apocalittica, una delle band più mitiche che Dom ricordasse di aver mai ascoltato. Gli venne un colpo al cuore ricordando per quanti quel tipo era stato il suo idolo e gli si seccò la bocca all'idea di dover cantare davanti a lui. Gli pareva di avere la cassa toracica piena di farfalle quando si voltò a guardare Alex con occhi scintillanti.
L'espressione sul viso del ragazzo rosa gli ammazzò tutte le farfalle.
Le labbra morbide serrate, le sopracciglia lievemente aggrottate, le mani che si tormentavano a vicenda in grembo, tutto dimostrava che c'era qualcosa di sbagliato. Forse era la tensione. Si fissarono per un istante, prima che Dom aprisse la bocca per chiedere che cosa non andava e Alex scuotesse la testa. “Non è niente”. O forse “Non ora".
Folks continuava a parlare, spiegando qualcosa riguardo al non bere troppo prima dell'esibizione per evitare di vomitare sul palco. Il cantante degli Heaven's Gate aveva smesso di ascoltarlo, irrequieto e correva indietro a ciò che sapeva di Alex alla ricerca disperatissima di un motivo per quel suo visino teso e triste. Dopo qualche minuto la folla si ritirò da sotto agli scalini, ognuno tornò verso la sua zona di competenza, ma il silenzio non tornò, c'era una nuova eccitazione sottile, che vibrava nell'aria intiepidita appena dagli impianti di riscaldamento dei palazzi accollati al cortile.
C'era ancora tanto tempo per aspettare e per farsi prendere dalla preoccupazione e tormentarsi nel tentativo di comprendere. Avrebbero potuto parlare se non fosse stato per lui.
“Ciao bei bambini, voi siete?”
Dominic si girò di scatto, riconosciuta la voce, incerto se poter mostrare tutta la propria venerazione o doversi trattenere per rispetto verso l'umore del suo ragazzo. Sorprendentemente fu proprio Alex a farsi incontro a Brett Folks con un sorrisetto
“Heaven's Gate, ricordati il nostro nome” quel cambio così repentino confuse Dom al punto da impedirgli di parlare
“Che spavaldo il piccoletto” Folks rise, così naturalmente sicuro di sé nei suoi tatuaggi sul collo e nei suoi abiti sciupati. Tirò fuori le mani dalle tasche per toccare la giacca di Alex, anzi, per scostarla e sbirciare sotto ad essa.
“I vostri nomi?”
“Lui è Dominic" presentò il chitarrista, con una calma innaturale, nonostante la mano dell'altro ancora posata sul petto “Io sono Alex"
“Dominic e Alex" ripeté sottovoce Folks. Li guardò, fissò le scritte fatte a pennarello sulla loro pelle, giudicò la giacca rosa di uno e quella nera dell'altro e il diamante disegnato al centro del petto di Dom, che eppure mai avrebbe ammesso di morire di freddo, così svestito e ridacchiò
“Siete carucci. Non perdiamoci di vista” fece per andarsene, salvo fermarsi dopo due passi e rivolgere tutta la sua attenzione ad Alex
“Tu non mi sei nuovo"
Nello sguardo del ragazzo rosa Dom colse una scintilla di orgoglio che male si accompagnava alla sua aria improvvisamente triste. Non gli piaceva non capire, si sentiva tagliato fuori da qualcosa di grande che sentiva lo avrebbe dovuto riguardare. Quella bella creatura era l'unica cosa a cui avesse mai dedicato la totalità delle sue energie in una volta sola, ciò lo faceva sentire come se avesse avuto una sorta di credito. Perlomeno voleva avere accesso ai suoi pensieri.
“Noi ci conosciamo” disse Alex, attirando gli sguardi di un paio di persone vicine
“Davvero?” Folks si grattò la barba pensieroso
“Sono Alexander…”
L'altro scosse la testa
“Alexander Rose”
seguì un silenzio che rischiava di diventare imbarazzante per tutti, almeno finchè
“Sei Alexander Rose!” il cantante parve illuminarsi di una sorpresa sincera, ma poi la sua espressione passò piano piano ad un’ilarità maligna. Quel nome che per Dom significava promessa di felicità e purezza anche nel cosiddetto peccato, in bocca a quell'uomo aveva un sapore amarognolo.
“Ti sei messo su un gruppo alla fine eh, bravo, bravo" Folks posò le mani sulle spalle di Alex, gli tastò le braccia, gli accarezzò appena il collo ed il cantante sentì che se avesse continuato lo avrebbe colpito. Un bel pugno in mezzo alla faccia, sul naso. Oh come avrebbe sanguinato.
“Te lo sei anche scelto caruccio l'amichetto. Niente di eccezionale, ma ha potenziale”
A Dominic era sempre piaciuta la parola “potenziale” ma in quel contesto gli sembrò qualcosa di così sconcio da farlo rabbrividire.
“Spero passiate il turno. Potremmo passare del tempo insieme”
Fino a pochi momenti prima quella frase gli sarebbe sembrata un sogno, ma d'un tratto non era più così bello avere quell'attenzione e sperava che davvero se ne andasse ad importunare qualche altro concorrente. Per segnare il territorio, Dom cinse Alex con un braccio e se lo portò vicino.
“Ci vediamo sul palco” quelle parole lasciarono le sue labbra come una minaccia, che, accompagnata allo sguardo inconsciamente feroce, fu sufficiente a far allontanare il giudice da loro. Lo guardarono allontanarsi, stretti l'uno all’altro.
“Mi dispiace” mormorò il chitarrista, aggrappandosi al collo del suo ragazzo per cercare un bacio consolatorio. L'altro lo assecondò, incapace tuttavia di nascondere il sospetto.
“Voi vi conoscete”
“Sono stato a letto con lui quando avevo diciassette anni"
 
 
Non lo so che cosa sto facendo, so solo che devo fare in modo di non farmi beccare dalla sicurezza o mi cacceranno dal concerto a calci nel culo. Voglio solo incontrare Brett Folks. Sono un bravo ragazzo anche se mi sono introdotto furtivamente nel backstage. I corridoi qua dietro sembrano tutti uguali, non ero mai venuto a ballare in questo locale e davvero non credevo potesse essere così grande, l'entrata per gli artisti era lì, così allettante, spalancata e il guardione era così impegnato con la sua fottuta sigaretta. Non credevo che mi sarei perso qua dentro. Che devo fare? Fermare qualcuno e chiedere
“Scusa, non dovrei nemmeno essere qui, ma mi sono perso. I camerini?”
Giro un altro angolo soltanto poi torno indietro e prego che nessuno mi veda uscire. Svolto in fretta, guardandomi alle spalle per controllare i passi che ho sentito e sbatto contro qualcosa. Un muro? No, una porta. E oltre la porta c'è lui, uno dei miei idoli. A torso nudo, con i capelli legati da una fascetta e la birra in mano è così fottutamente sexy, accidenti se me lo farei volentieri. Mi vede, mi squadra, alza un sopracciglio, beve un sorso
“Che fai qua, dolcezza?”
“Incontrarti è il mio sogno"
“Vuoi un autografo?”
Non mi aspetto che mi faccia entrare in camerino, ma lo fa. Siamo soli, sono imbarazzato, ma tiro fuori le mie armi migliori. Non ci vuole molto perché la gentilezza di una celebrità verso un fan diventi qualcosa di più. Lo vede che sono vulnerabile. In dieci minuti mi ritrovo seduto sulle sue ginocchia, con la paura che mi chieda quanti anni ho perché sembra che stia per capitare qualcosa. Brett è bello, ha il fascino del vip, quello che guardo su instagram, perso nel suo stile grandioso e nei suoi muscoli. Io sono il ragazzino dai capelli rosa, con questo mio corpo acerbo e i miei occhi giganteschi, ne ho già sedotti altri. Ne vado ancora fiero, imparerò tra un po' quanto possa essere alto il prezzo da pagare.
“Ti piaccio?” Mi chiede ed io annuisco come un bambino colpevole. Ha quindici anni in più di me, ma è stato a lungo il mio migliore amico con le sue canzoni. Le sue mani mi accarezzano le cosce e io lo lascio fare perché forse… forse non aspetto altro.
“Come ti chiami?”
“Alexander Rose" non so perché io gli dia il mio nome completo. Non è l'unica cosa che gli do. Il concerto inizierà tra mezz'ora e io mi ritrovo senza pantaloni, con gli slip abbassati, le sue mani addosso, il suo corpo nel mio. Mi sento importante anche io, ora che un uomo importante mi dedica queste attenzioni. Mi dice che sono bello, che ho un buon profumo, mi stringe i fianchi e spinge più forte e io sono in estasi. Comincio a farmi castelli per aria, a immaginare il nostro amore, sono un bambino e sogno ancora senza coscienza; non mi preoccupo del fatto che tiene una scatola di preservativi in camerino, come se fosse la cosa più utile da avere dietro. L'unica cosa che mi importa è che ora sta facendo l'amore con me, con me soltanto.
Povero, stupido, bambino. Ci metterò anni a capire cosa significa fare l'amore. Finché non arriverà Lui, io non conoscerò altro che sesso ed errori e crederò anche di essere nel giusto.
“Sei bravo, Alexander Rose" mi piace come pronuncia il mio nome, con lo stesso tono sgraziato e fluido con cui poco fa mi ha posseduto. Mi piacerà sentir pronunciare il mio nome da lui per una settimana, quando, fiero del mio pass per il backstage vengo a trovarlo prima o dopo ogni concerto qua al teatro e lascio che mi faccia ciò che vuole. Passo persino una notte nel suo albergo, mi ubriaca, fa entrare in camera due uomini della troupe e io mica mi oppongo. Glielo devo concedere, no? Lui è un grande. E poi lo voglio, lo voglio tantissimo. Gli parlo di me mentre lo facciamo, della mia passione per la chitarra, del mio sogno e sono sicuro che questo sia l'inizio di qualcosa di meraviglioso.
Poi l'ultima sera, preso dell’angoscia della sua partenza glielo dico.
“Sono innamorato di te”
E lui ride di me, sgraziato e fluido, come se fosse la cosa più idiota mai sentita e fosse naturale riderne. Il mio cuore si spezza, migliaia di piccoli frammenti a farmi male, ricordandomi il fastidio che ho sentito per giorni tra le gambe.
“Perché ridi?” chiedo
“Sei una puttana, Alexander Rose.”
 
Dominic aveva poche certezze nella vita. L'amore per Alex, il rispetto per i suoi genitori, l'odio per il proprio padre e la passione per la musica. Ora ne aveva acquistata una nuova. Avrebbe fatto a pezzi Brett Folks. Non un pugno, non uno spintone. Se si fosse avvicinato ancora a loro lo avrebbe scannato ed avrebbe gettato il corpo ai cani randagi del suo quartiere. Aveva ascoltato il racconto del suo ragazzo in religioso silenzio, ribollendo lentamente dall'interno, abbrustolendo per bene gli organi della rabbia, pronto a scoppiare.
“Ce l'hai con me?” Chiese Alex, sedendosi sulle sue gambe, abbracciandogli il collo
“Eri un bambino e lui si è approfittato di te” non c'era altro che gli venisse in mente. Era sufficiente a spiegarsi quel dolore e quel fuoco lento che sentiva nel petto. Che quella creatura che a lui dava così tanta pace e vita potesse essere usata a quel modo non era possibile. Non sarebbe dovuto succedere mai più.
Dominic strinse piano quel bel corpo sfruttato che ormai conosceva meglio del proprio, appoggiò l'orecchio a sentire il battito del suo cuore
“Mai più” ripeté “Mai più”
“Mai più” promise il ragazzo rosa
“Heaven's Gate" chiamò l'uomo con l'auricolare, dalla porta.
 
L'interno del teatro Dom non l'aveva mai visto, non se l'era mai potuto permettere. E se non fosse riuscito a far sbollire un po' di rabbia, prima di cantare, probabilmente non se lo sarebbe potuto permettere mai più. Era strano vedere un posto simile vuoto, si sarebbe detto che cessasse il suo scopo. Chi mai si sarebbe esibito per quattro persone sedute in fila davanti al palco?
Alex tirò la manica della sua giacca, indicandogli la donna dai capelli biondi seduta ad un capo del tavolo.
“Alesia" mormorò, una delle più belle e grandiose cantanti in circolazione. Dominic dovette fare uno sforzo notevole per evitare di fissarla troppo a lungo, almeno il suo abito aderente fu utile a scordare un po' del nervoso verso quell'altro orrido essere umano che le sedeva di fianco. Pensare che le sue canzoni erano state così importanti per lui quasi lo feriva, si chiedeva come avesse potuto non vedere ciò che nascondeva.
Quando si avvicinarono agli scalini del palco, Dom lasciò che fosse il chitarrista a salire per primo, in un gesto un po' di cavalleria ed un po' di timore. Alex, con la sua chitarra rosa, non sembrava poi così turbato dell’accaduto, se si escludeva quella lucina bieca nello sguardo con cui ogni tanto controllava il suo umore. Avrebbe voluto dirgli che era tutto a posto, spiegare ciò che prima non era stato capace di esprimere, ma era tardi e presto allo stesso tempo.
“Ciao"
“Ciao" il ragazzo rosa sfoderò il suo sorriso magnifico, in posa nei suoi jeans stretti
“Come siete carini"
Alesia era gentile, in quel tentativo di mettere a loro agio i comuni mortali proprio delle celebrità più sensibili
“Grazie”
“Siete?”
“Heaven's Gate"
Dominic guardò il pavimento del palco, il soffitto, le pareti rivestite di velluto nero, l'asta del microfono che sembrava dirgli che non ce l'avrebbe mai fatta. Guardava tutto tranne la giuria e certamente la giuria se ne sarebbe accorta.
“La vostra canzone si chiama?”
“Heaven's Gate" Alex ridacchiò quanto bastava per far capire che era un vero inizio, il loro. Un salto dal trampolino.
“Cominciate quando siete pronti"
Si osservarono a vicenda per un po', preparandosi, mentre qualcuno al tavolo diceva chiaramente “Sono quelli di Ross". Dom si chiese se ne sarebbero dovuti andare fieri o se sarebbe stato un pretesto per quei quattro per essere ipercritici nei loro confronti.
Sembrano stupiti quando sentirono i primi accordi. Forse si aspettavano un altro genere di canzone, forse non si aspettavano che qualsiasi cosa suonata da Alex avesse un timbro così preciso, limpido e riconoscibile. Chissà che cosa si sarebbero aspettati dalla sua voce, i tre rispettabili e la merda, si chiese Dominic. In quel momento gli fu chiara una cosa, però, che cambiò il suo umore con leggerezza. Lui, Dominic Olsen, era stato scelto da Alexander Rose, in fin dei conti. Non c'era da essere geloso, c'era da essere solo disgustato dal comportamento di in uomo che sarebbe dovuto essere maturo ed avrebbe dovuto proteggere l'innocenza di una creatura indifesa. Quella canzone era proprio ciò che serviva per dichiararlo. Loro due si appartenevano e il resto del mondo stava fuori.
Così si lasciò andare, con delicatezza. Lasciò scivolare le parole sensuali accompagnate nella sua mente alle immagini che le avevano costruite. La pelle d'oro bianco di Alex, i suoi capelli rosa quel pomeriggio al supermercato e poi il peccato con lui e la comprensione di ciò che gli veniva davvero offerto. Cantò della libertà di amare e sentirsi sé stesso, cantò la sua non voglia di essere definito, perché in fin dei conti si era innamorato di una persona, non semplicemente di un ragazzo, e di un'idea e di migliaia di sensazioni. Dominic chiuse gli occhi, ripensò alla prima volta che avevano dormito insieme, al viaggio in bus durante il quale aveva capito che voleva essere libero e sciolto da vincoli e che voleva proprio lui.
Poi passò a cantare di ciò che Alex diceva di lui. Diceva che lo faceva sentire sicuro e non c'era nulla che desiderasse di più in quel momento che tenerlo al sicuro da qualsiasi sguardo e qualsiasi ricordo. Poi c'era la sua rabbia, la sua brutta vita che alle volte gli sfuggiva di mano, passando per la bocca, per tutto il veleno che sputava; quella stessa bocca era, però, in grado di trovare parole per quel piccolo punk che nessuno aveva mai trovato.
Non era la canzone migliore di sempre. Ma poteva essere la più sincera. Lo scoprì nella nota sbagliata da Alex, nascosta subito in un virtuosismo non previsto, come una capriola per chiudere il numero. Doveva averlo colpito.
Nemmeno si  ricordava di dover riaprire gli occhi, quando lo fece si trovò inconsciamente già rivolto verso il suo ragazzo, fermo, delicato come un uccello pronto a spiccare il volo. Questa volta non lo fece per lo scandalo, anche se probabilmente funzionò, ma lo fece perché ne aveva bisogno. Per dimostrare che quelle labbra erano sue. Che nulla era importante finché poteva averle. Prese il viso di Alex tra le mani e lo baciò a lungo, nel silenzio.
Non importa. Gli stava dicendo. Non può più averti, ora sei mio ed io sono tuo.
“Scenetta strappalacrime"
Brett Folks ridacchiò
“Per i ragazzi che vengono qui, questa occasione è unica. Bisognerebbe pensarci prima di ridere” lo redarguì un uomo in giacca e cravatta che Dom non conosceva
Gli Heaven's Gate si rivolsero verso la giuria. Sembrava impossibile che ciò che doveva essere fatto ormai fosse effettivamente stato fatto.
“Che dire" esordì Alesia “Hai una bella voce, timbro riconoscibile, vorrei sentirti ancora in qualcosa di più brioso. Il ragazzo con i capelli rosa suona bene, ha uno stile tutto suo. Mi piace la vostra estetica e a questo proposito, vi vedo più punk di così, musicalmente, se posso permettermi"
Alex si avvicinò al microfono, stando sulle punte “Lo siamo" sorrise “Non volevamo sconvolgervi alla prima apparizione”
“Una buona canzone, magari se ne potrebbe fare un arrangiamento un filo più moderno. Testo notevole” disse l'uomo in giacca e cravatta
Dominic si costrinse a parlare per la prima volta per balbettare un “Grazie” appena udibile
“A me piacete. Potete comodamente andare avanti, c'è posto per voi nella gara" la quarta giurata era una donna di bassa statura e di mezza età con l'aria dell'intenditrice dietro ai piccoli occhiali rettangolari
“Io non sono convinto" Folks li squadrò dall'altro lato del tavolo e Dom non poté evitare di pensare che se non ci fosse stato quell'impedimento strangolarlo sarebbe stato estremamente più semplice.
“Il ragazzino con la chitarra ha l’aspetto giusto, ma tu che canti mi sembri deboluccio"
“Vuoi mettermi alla prova?” Non avrebbe dovuto dirlo. Se ne rese conto subito, dalla smorfia stizzita dell'intenditrice. In realtà dubitava che potesse aver capito che cosa intendeva davvero, ossia cercare la scintilla per potergli saltare addosso.
“L’arroganza non paga, ragazzi" disse la donna, segnandosi qualcosa su un foglio
“Calmino, pupo. Dico che ti manca un po' di mordente, dovresti imparare da lui… Dominic”
A quel punto intervenne Alex a calmare la acque “Allora mettici alla prova, domani la nostra cover toglierà ogni dubbio"
I giudici si parlarono tra loro, sottovoce. Dom non si preoccupò di sentirli, intento solo a controllare che lo sguardo di una certa persona non si potesse più sulle gambe del suo ragazzo come già aveva fatto troppe volte negli ultimi minuti. Voleva solo portarselo via da lì. Quasi non se ne accorse quando Alesia dichiarò con un sorriso che erano “presi”.
Non si rese conto di quanto davvero lo desiderasse finché non furono usciti e il suo più grande istinto fu quello di abbracciare Alex, forte come mai prima di allora. Dominic scoppiò a piangere, sentendosi sciocco, esposto agli sguardi degli altri concorrenti, cosciente solo dell'orgoglio nutrito nel petto e della mano del ragazzo rosa che gli accarezzava i capelli.
“È il nostro momento” mormorò Ally
Niente più supermercato. Niente più casa desolata. Niente più notti tra le braccia di uomini sbagliati. Niente più paura. Non avrebbe mai creduto che avrebbero potuto fare un passo avanti così grande in soli cinque minuti. Eppure erano lì. E più piangeva, più Dominic si rendeva conto che era vero.
“È il nostro momento".
 
 
 
Qui Mirime. Mi spiace davvero un sacco per la luuuunghissima attesa. Colpa di un esame da preparare e poi dei miei dispositivi elettronici che per ben due volte hanno cancellato tutti i miei progressi nella stesura. Collaborativi, eh. Spero che il capitolo piaccia, ci si risente presto. ^.^
   
 
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