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Autore: fotone    02/12/2018    1 recensioni
Andrea e Francesca si trovano in un gruppo di riabilitazione, circondati da tutti i peggiori archetipi della miseria umana; si allontanano, per aprirsi, per scomporre le loro angosce, per sentirsi vicini e per amarsi.
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi alzo improvvisamente, mi allontano da questo gruppo di sedie ed esco dalla stanza. Questo gruppo di supporto dovrebbe aiutare a risolvere i problemi psicologici che ci mantengono strettamente legati alla droga, ma mi fa solamente percepire chiaramente la patetica e deprimente miseria della mia vita. Mi siedo su una delle poltroncine davanti all’ingresso, e mi metto la testa fra le mani. Andrea entra, con passo frettoloso; si siede di fianco a me, mi domanda se c’è una ragione particolare se sono uscita così all’improvviso. Gli dico che sì, c’è eccome: stare lì dentro, in mezzo a quelle persone, mi fa solo sentire parte della misera desolazione da cui sono fuggita per tutta la vita. Mi dice che forse vedo solo io una desolazione che non c’è, che quel gruppo ci aiuterà a rendere la nostra vita migliore e meno patetica, se glielo permettiamo. Lo guardo: guardo i suoi capelli castano chiaro, quasi biondi, guardo i suoi dolci occhi grandi e ambrati. Gli dico che non ci sarà mai fine alla miseria delle nostre vite, della mia vita, e lui dice che tutto ciò finirà, quando noi smetteremo di vederlo. Sospiro, e mi stringo a lui, sotto il suo braccio. Mi chiede, accarezzandomi la guancia, se intendo tornare di là, con gli altri. “No, ti prego. Resta qui ancora un po’, stringimi. Ho bisogno di stare qui da sola; di stare da sola con te.” Gli rispondo io, e lui mi bacia sulla testa. Qualche lacrima mi inizia a spuntare dagli occhi, al pensiero a ciò che la mia vita è diventata. Sono un essere riprovevole, che non merita di essere amato dalla mamma, dal papà, da un uomo. Ho distrutto il mio potenziale, ho distrutto la mia purezza. Di me, è rimasto solo uno scatto non biodegradabile. “Andrea, cosa ne sarà di noi? Cosa ne sarà di me?” gli domando, con gli occhi lucidi. “Riusciremo a sconfiggere i mostri nella nostra testa, riusciremo a risorgere dalle nostre stesse ceneri, come le fenici.” mi risponde lui, e mi prende una mano, intrecciando le dita con le mie. “E se non riuscissimo?” gli domando io, terrorizzata, scoppiando a piangere di nuovo. Lui si avvicina a me, abbassando la voce quasi in un sussurro, fino a quasi farla sparire: “Allora rimarremo qui, sul bordo del mondo, sul bordo della tomba. Ma staremo bene lo stesso perché saremo insieme, saremo vicini”. Detto ciò, posa le sue labbra sulle mie. Mi mette i capelli dietro l’orecchio e mi stringe per la vita. Io gli accarezzo il collo, gli stringo i capelli, mentre lui inizia a baciarmi delicatamente il collo. Accarezzo le sue braccia e la sua schiena, introducendo le mie mani sotto la sua maglietta nera, mentre lui scende ancora fino ad andare a baciarmi i seni, fino a farmi perdere nei miei sospiri e nella mia pace dei sensi. Questo mondo è vivibile, penso. Esistono modi non autodistruttivi per rimanere placidamente sdraiati nell’amabile giardino del piacere.
   
 
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