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Autore: PrincessintheNorth    02/12/2018    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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MURTAGH
 
Dovevo assolutamente impedire che April stesse così tanto tempo con Belle.
Amava insegnarle a fare le cose più schifose, come mettersi le dita nel naso. Certo, la mia bimba non era ancora in grado di farlo, ma di certo avrebbe imparato se April avesse continuato a scaccolarsi davanti a lei.
Avevo anche scoperto a mie spese che era impossibile tenere Katherine “completamente” in maternità. Quel mattino si era svegliata con in mente solo la gestione delle città portuali, e si era messa a redistribuire i fondi per le opere pubbliche di Northern Harbor mentre giocava con Belle.
Aveva finito in dieci minuti, e non soddisfatta aveva fatto per farsi una maschera: pur di risparmiarmi la visione di lei travestita da mostro del Lago di Leona le avevo dato in mano i documenti della gestione economica di Lionsgate.
Il risultato?
Mentre facevo per cambiare il pannolino a Belle e cercavo di impedire ad April di usare le proprie dita come spazzacamino, Katie era entrata piuttosto arrabbiata, mi aveva dato senza mezzi termini dell’idiota incompetente e poi era uscita di nuovo, diretta non so dove.
Era proprio l’archetipo della mogliettina perfetta, lei.
Quando finalmente, però, ero riuscito a cambiare il pannolino alla bimba, che continuava ad agitarsi, ero rimasto sconvolto.
Le era caduto il pezzettino di cordone ombelicale che le era rimasto.
A quel punto ero corso fuori, chiamando Derek e Jasper e … beh, qualunque essere umano di sesso maschile che avesse uno o più bambini e che potesse spiegarmi perché mia figlia perdeva parti del corpo.
Quando entrai nel suo studio, Derek sollevò gli occhi da un provvedimento, fissandomi incuriosito.
- Dunque?
- Belle perde pezzi! – urlai terrorizzato.
- Ne dubito fortemente. Cos’avrebbe perso?
- Il cordone ombelicale!Lo notai solo a quel punto: nella stanza c’erano anche Alec e Jasper, e tutti e tre cercavano di non ridermi in faccia.
- Non c’è niente da ridere! – protestai.
- Tu ce l’hai ancora attaccato? – fece Jasper.
- No, però …
- E perché pensi che a lei debba restare attaccato in eterno? – ridacchiò.
- Che succede? – sbraitò Katherine entrando. Quel giorno non era molto a posto, la ragazza.
- Belle perde pezzi di corpo. – la avvisai.
- Eh, avrà perso il cordone ombelicale … - liquidò la questione lei. – Era anche ora. Hai fatto su tutto questo casino per niente?
- Niente?! Niente?! Non so se te ne rendi conto, ma ha-perso-una-parte-di-sé! – cercai di farle capire la gravità della cosa.
- È normale. – a quel punto Jasper ebbe pietà di me, e la piantarono di prendermi in giro. – Quel pezzettino di cordone ombelicale è morto e ora le si è staccato. Non le serviva a niente.
Per almeno un minuto, dovetti ragionarci su: d’altra parte, non è facile recuperare tutte le facoltà mentali dopo uno spavento simile.
- Quindi starà bene?
- Benissimo. – ridacchiò Alec.
- E dirlo prima?! – stavolta fui io a sbraitare.
- Ma è così divertente vederti alle prese con i terrori da neopapà … - commentò Derek ridendosela. – E il vomitino, il brufolino, il cordone …
- L’hanno fatto anche con me. – mi sostenne Alec. – è normale.
- E allora tu non farlo con me!
- Ma è tradizione … - si giustificò.
- Sai dove potete mettervela la vostra tradizione?!  
- Dai, basta. – ridacchiò Katie. – Poverino, deve ancora abituarsi.A quel punto mi girai verso di lei, dandole la bambina, che nel vedere la sua mamma aveva iniziato a scalpitare per andare da lei.
- Tu la devi piantare di farmi passare per l’idiota di turno!
- Ma se lo sei … - tentò di giustificarsi, ridendo. – Va bene, la smetto.
- Brava.
L’attimo dopo, Belle scoppiò a piangere disperata.
La piccola puzzola aveva fame.
Beh, meglio: almeno ce ne saremmo dovuti andare e non sarei più stato oggetto di quelle prese in giro.
Ci allontanammo, tornando in camera, e improvvisamente Belle smise di piangere, tornando a ridacchiare contenta e a tirare i capelli alla sua mamma.
- Ma cosa … - fece Katie, stranita.
- Ferma. – dissi a quel punto. Stava succedendo qualcosa di strano.
Sentivo uno strano formicolìo sulle mie difese magiche, soprattutto quelle che impedivano a chiunque, eccetto Katie, di divinarmi. Non me n’ero reso conto, ma ora che ci riflettevo, quella sorta di prurito era iniziato già da prima che notassi che Belle aveva perso il cordone ombelicale.
- Murtagh? – commentò.
- Qualcuno ha cercato di divinarmi. E probabilmente c’è riuscito. – le spiegai in fretta, mentre sentivo la mia voce tremare dalla paura.
Non tanto per me, quanto per Belle.
Che io e Kate avessimo avuto una bambina era ormai cosa nota in tutta Alagaesia: se erano riusciti a valicare le mie difese, quanto ci avrebbero messo a superare le sue e a farle del male?
 
 
 
 
 
Se uscii dalla biblioteca, tre giorni dopo, fu solo perché Katherine mi obbligò utilizzando in modo malvagio e spudorato le minacce del sesso.
Fu così che, terminato il succulento filetto di maiale al miele e frutti di bosco che mi aveva preparato in un improvviso e raro momento di gentilezza e terminato l’incantesimo che avrebbe protetto ancora di più la mia cucciola, uscii in giardino.
- Magari stavolta riuscirai ad affrontare Altair. – ridacchiò.
- Altair?
- La tigre di Belle. Mica potevamo andare avanti a chiamarla semplicemente “la tigre”.
Sospirai, e ci avviammo verso il recinto.
 
 
 
 
 
KATHERINE
 
Come immaginavo, i rapporti di Murtagh e Altair non migliorarono.
Non appena lei, tutta contenta, gli si avvicinò e gli sfiorò il palmo con la testa, lui strillò e saltò indietro.
- VA BENE! VA BENE! NON SBRANARMI! – urlò. – KATIE! TIENILA BUONA!
- Ma è buona. – osservai divertita. – Ti stava solo facendo una coccola.
- Stava cercando di mangiarmi!
- Non è vero. Eh dai, Cavaliere, hai più paura di una bambina di una settimana? – lo provocai a quel punto, e mi guardò di sbieco.
- Belle non ha paura perché ancora non sa cosa voglia dire. – sibilò.
- Va bene, dicevo tanto per dire.
Ma come pensavo, la mia provocazione fece effetto.
Quando fu sicuro che non guardassi, Murtagh riprese ad avanzare verso la tigre, tendendo una mano verso di lei ad occhi chiusi.
Quando sentì di avere ancora una mano, aprì lentamente gli occhi, scoprendo la piccola Altair che strusciava il testone contro la sua mano.
- Va bene … basta che non me la mangi, mi serve. – brontolò, iniziando ad accarezzarla.
Probabilmente la tigre aveva capito che con lui non poteva mostrare tutta la sua esuberanza, perché invece di saltargli addosso, come aveva fatto con Alec quella mattina, si limitò a fargli le fusa, facendo sì che lui si abituasse a lei con i suoi tempi.
Belle, per fortuna, era tranquilla: quella notte mi aveva tirata matta, dormiva mezz’ora e stava sveglia tre ore. Magari era stanca anche lei, dopo tutti quei balordi notturni.
- Puzzolina. – sbuffai in fretta, e scoppiò a ridere. – Il tuo papà ha visto chissà che cosa e ho dovuto cambiarti io i pannolini per tre giorni. Quando sarai grande e avrai dei soldini tuoi mi dovrai risarcire.
Feci per andare verso la panchina, ma sentii i punti di sutura dovuti al parto tirare.
Di nuovo?
Avevo fatto l’incantesimo che ne eliminava il dolore solo quella mattina …
Irritata, brontolai quelle quattro maledette parole magiche, e grazie agli dei il dolore sparì, permettendomi di nuovo di camminare.
Mi sedetti, coprendo meglio Belle col mio mantello: in fondo, era settembre, ma eravamo al Nord, e il clima non era certo mite.
Il cielo era già gonfio di neve, che si attardava a coprire di bianco il paesaggio, e il sole filtrava pigramente dalle nuvole con una luce spenta e fredda.
Tuttavia, Belle non sembrava avere freddo: il suo colorito era roseo e sano, il naso non era arrossato.
- Non mi ha ucciso! – esultò Murtagh raggiungendoci. – Katie, sono riuscito ad accarezzare la tigre e sono ancora vivo!
- Cosa ti avevo detto? – ridacchiai prendendomi la mia rivincita.
- Dalla tua faccia di prima credevi che non ce l’avrei fatta. – mi schernì ridendo. – E invece guarda un po’ chi è ancora vivo?! Dillo …
- No!
- Voglio sentirtelo dire, stronzetta. – ridacchiò.
- Tanto non lo dico!
- E invece lo dirai, o ti faccio il solletico. – mi minacciò.
- Non puoi, ho Belle …
- ERLEEEEND! – urlò, e meno di due secondi dopo mio cugino era lì.
- Non si urla! – protestò.
- Tieniti pronto a tenere Belle. Dillo. – ripeté, fissandomi.
- No!
- Dillo.
- Murtagh …
- Dillo.
- No.
- Molto bene.
Erlend riuscì a prendere Belle, e Murtagh ad avventarsi su di me, e non mi lasciò stare finchè non pronunciai quelle fatidiche parole.
- Tu … sei … vivo … - ansimai cercando di respirare.
- Non ho sentito … - rise, provocandomi un’altra fitta al costato.
- SEI VIVO! – strillai a quel punto, e la tortura finì. – E SEI ANCHE UN PEZZO DI STERCO!
- Niente parolacce davanti alla bambina. – mi ricordò divertito e con la sua miglior espressione di vittoria, mentre Erlend mi ridava la mia nanetta.
- Sei poco onorevole. – dissi a quel punto.
- Niente insulti davanti alla bambina! – protestò di nuovo.
A quel punto gli ripetei la stessa cosa in nordico, sapendo che non era ancora arrivato al punto da capire quello, nelle sue lezioni settimanali.
- Adesso me lo devi tradurre però! – protestò quando si rese conto di non riuscirci da solo. – Katherine!
- No … - stavolta risi io.
- Stronza.
- Scusa, chi ha appena detto niente parolacce davanti alla bambina? – gli feci eco.
- Tanto mi avrai insultato in nordico. – sbuffò.
- Che volo d’acume. – ridacchiai, e mi guardò storto.
- Vuoi un’altra dose di solletico, amore? – mi minacciò.
- Sto bene così, grazie. – commentai. Tutto, ma non altro solletico.
- È ORA DELLA CACCIA AL TESORO! – sentimmo urlare i miei cuginetti più piccoli.
Mamma aveva organizzato un gioco che li tenesse impegnati tutto il pomeriggio per salutarli, dato che sarebbero partiti il giorno dopo: l’obiettivo era stancarli talmente tanto che si sarebbero fatti un bel po’ del viaggio addormentati, cosa di cui zio Ivarr era stato molto grato.
- Iniziate ad andare. – dissi, perché nel mentre avevo notato una cosa.Murtagh mi guardò preoccupato, ma annuì rapidamente, lasciandomi un bacio a fior di labbra, per poi allontanarsi seguendo Erlend.
Io, con Belle, mi inoltrai nel giardino segreto di April, dove avevo visto scomparire rapidamente Alec con Susie in braccio.
Scostai i rampicanti dalla porticina in legno e la tirai verso di me, così da poter entrare: una bella ventata d’aria calda mi investì in pieno, e non appena fui dentro fummo avvolte da un piacevolissimo tepore.
Seduto sul bordo della fontana, Susie in una cesta per bambini, Alec fissava pigramente l’acqua muoversi altrettanto svogliatamente.
- Che ci fai qui?
- Non sei bravo a non farti notare. – risposi.Sospirò, e annuì tra sé e sé.
Fu in quel momento che lo notai: stava piangendo.
Grosse lacrime gli scivolavano lungo le guance, fermandosi un secondo sul mento per poi cadere in acqua senza far rumore.
- Alec …
- Non è niente … - mormorò. – Davvero.
- Non sembra niente.
Sospirò. – è solo … beh, speravo che ammazzarlo mi facesse stare meglio. – disse. – Invece no. L’unica cosa che è cambiata è che, quando penso a lui, quindi praticamente sempre, posso anche aggiungere “almeno l’abbiamo vendicato”. Ma … è sempre morto. – si asciugò una lacrima. – L’averlo ammazzato non mi ha riportato Mike, né alleviato alcunchè, o fatto sì che smettessi di rivivere il momento in cui è morto ogni notte …
Gli si spezzò la voce quando non riuscì più a trattenere le lacrime, e odiai profondamente quel momento, in cui non potei far altro se non abbracciarlo, quando invece volevo solo far sì che smettesse di soffrire.
- E ciò che è peggio … è che lui è morto … e non soffre più. Mentre io … noi …  
- Sai che il dolore del rito lo perseguiterà anche dopo la morte. – sussurrai. – In quanto a noi … papà ce l’ha fatta, mamma ce l’ha fatta. Ce la faremo anche noi.
- Lo so. – disse, con voce grave. – Che anche i tuoi sogni non cambiano, ormai da un anno e mezzo. Lo vedo ogni mattina, a colazione, e ogni sera, quando hai paura di addormentarti per non riviverlo di nuovo. Murtagh e Audrey … beati loro, che riescono a concentrarsi sulla vita nonostante tutto.
Non sapevo come avesse fatto a capirlo, che da quando mi avevano strappato George, quasi due anni prima, le mie notti erano popolate da un unico sogno, o meglio, ricordo: quello della sua morte, ogni volta ricordato in ogni minimo dettaglio.
Il sogno era rimasto immutato fino ad una settimana prima, quando era nata Belle: ed ora, era presente anche lei nel ricordo, tra le braccia di Murtagh, entrambi che mi fissavano con disprezzo e odio per aver, seppur inconsapevolmente, scelto Annabeth al posto di George, del loro fratello e bambino.
Quando mi svegliavo, ovviamente, tutte quelle credenze si dissolvevano: ciò non impediva che tornassero a bussare alla mia porta, ogni singola notte.
- Beati loro. – sospirai.
Fuori dal giardino segreto, i bambini giocavano, urlando e mandando schiamazzi di pura gioia: quel muro di rose separava la loro felicità dalla nostra tristezza, perché mentre loro giocavano, noi eravamo consapevoli che due dei nostri figli non avrebbero mai potuto unirsi a loro, che non li avremmo mai visti giocare, urlare e divertirsi.
Quando uscimmo da lì, qualche ora dopo, una volta che entrambi non avevamo più lacrime da versare, il paesaggio intorno a noi era ricoperto da una delicata, ma spessa, coltre di neve: il cielo si era infine deciso e l’aveva lasciata cadere.
In lontananza, un bambino chiamava la sua mamma, pregandola di raggiungerlo, e Josie, la nostra cuginetta, raggiunse Alec, prendendolo per mano e trascinandolo via per giocare: dalla leggera nebbia che pervadeva l’aria fece capolino, con in braccio Belle, Murtagh.
Fu in quel momento che me ne resi conto: quel momento era maledettamente simile ad un sogno che avevo fatto tre anni prima, quando Murtagh era arrivato a Winterhaal. Certo, la cosa aveva dell’incredibile …
- C’è una bimba bella che vuole la sua stupenda mamma. – sorrise, porgendomi la bimba che scalpitava per venirmi in braccio.
- Eccoti qua, cucciola …
Solamente averla in braccio, vederla, potermi beare del suo viso e dei suoi occhioni pieni di vita, gioia e amore lenì ogni dolore.
George non c’era più, certo, ma la mia piccola Belle, la mia puzzona, era lì con me e non chiedeva altro se non di essere amata.
Neanche gli dei sanno quanto ti voglia bene, piccola mia … lo saprò solamente io.
- Andiamo dentro. – mi spronò Murtagh, passandomi un braccio intorno alla vita e guardandomi con l’aria di chi ha capito benissimo cos’è appena successo.
Quell’ “andiamo dentro” non era solo una proposta per andare a cercare un posto più caldo: era una spinta ad andare avanti, a godere di ciò che la vita mi aveva dato e non morire per ciò che mi aveva tolto.
E non avevo intenzione di fare diversamente.



 
FINE. 

 
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Ebbene sì, anche questa storia è giunta al termine! Non sapevo scegliere fra un finale dolce o uno amaro, quindi ne ho fatto uno dolceamaro ahaha! 
In ogni caso, non temete, perchè dopo le feste arriverà la nuova edizione di Family! 

E magari nel frattempo qualche OS ci potrà scappare, ahaha! 

Voglio ringraziare in modo particolare RosaNera_Rinnegata, che non ha mai fatto mancare in nessuna delle mie storie qua sul fandom di Eragon una recensione positiva e parole di sostegno <3 Non ci sono parole per ringraziarti abbastanza! 


Ci vediamo dopo Natale! 

Un bacio dalla vostra Renes.
   
 
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