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Autore: MonicaX1974    03/12/2018    0 recensioni
Attenzione! SPOILER! Si consiglia la lettura solo dopo aver letto "The beginning".
Approfondimenti, momenti inediti, restroscena e spin-off, in questo libro troverete tutto quello che ancora non sapete su Harry, Chloe e tutti gli altri protagonisti dai quali proprio non riesco a separarmi.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Dylan

Sdraiato sul letto a pancia in su, un braccio piegato dietro la testa e gli occhi fissi al soffitto.

Mi manca. Mi manca da morire.

Non lo vedo da due settimane. Non siamo riusciti a far coincidere i nostri impegni e l'unico modo che abbiamo avuto per vederci è stato tramite lo schermo del computer.

La lontananza fa schifo.

Il rumore di qualcuno che bussa alla porta della mia camera da letto mi fa sospirare. Non ho voglia di parlare adesso. Mamma mi ha visto pensieroso negli ultimi giorni e mi ha chiesto cosa ci fosse che non andava. Era preoccupata.

Mio padre si è messo in contatto con lei. Voleva pagare il nostro silenzio. Dio, che schifo quell'uomo! Le ho detto che ci avrei pensato io a lui, ma mia madre mi ha fatto promettere di non fare nulla perché quello non ne vale la pena.

E vedendomi così cupo aveva immaginato che stessi pensando ancora a come fargliela pagare, ma non ha così tanta importanza da occupare ogni mio pensiero. Così, le ho spiegato che è a causa della mancanza di Kurt che sono giù di morale e che, per quanto abbia voglia di fare di quell'uomo un mucchietto di ossa per come l'ha trattata al telefono, il mio unico pensiero adesso è che domani è il compleanno di Kurt e io sono bloccato qui a Boston.

Bussa di nuovo. Farò finta di dormire anche se è passata poco meno di un'ora dal pranzo. Voglio solo annegare nel mio malessere per un po', poi accenderò il computer quando lui avrà finito il suo turno al negozio, e passerò il resto di questo pomeriggio a parlare con Kurt. Non voglio parlare con nessun altro.

Bussa ancora, stavolta con più energia. Forse non è ignorandola che se ne andrà.

Mi alzo dal letto e vado ad aprire per farle vedere che sono ancora vivo. «Che c'è mam... Harry?» Lo guardo con aria confusa. Non mi aspettavo certamente di vederlo qui.

«Hai un aspetto di merda» dice lui entrando in camera mia senza aspettare di essere invitato a farlo.

«Ciao anche a te Styles» affermo con tono sarcastico per poi voltarmi e guardarlo mentre prende posto sul mio letto. «Che ci fai qui?» gli domando andando a sedermi sulla poltroncina accanto al letto.

«Sono venuto a trovarti, è tanto difficile da immaginare?» Conosco bene il sorriso che ha in questo momento. Sta tramando qualcosa.

«Te l'ha detto mia madre di passare?» Devo essere stato insopportabile se mamma ha chiamato Harry per farmi distrarre.

«In realtà l'idea è di Chloe.» Lo dice con un sorriso divertito.

In queste settimane io e Chloe ci siamo ritrovati spesso a pranzo. Lei passava dall'ufficio per Harry, che però nell'ultimo periodo è parecchio preso dal lavoro perché suo padre non è ancora rientrato dopo la scomparsa della moglie. I due fratelli Styles stanno mandando avanti la società in maniera egregia, ma con grandi sacrifici. Harry è diventato un altro, molto più responsabile e affidabile - a parte quando si tratta di cravatte - ed è un piacere lavorare con lui adesso, ma tutte queste responsabilità gli portano via del tempo, così, quando Chloe passava dall'ufficio per lui, si fermava da me per aspettarlo e abbiamo legato sempre di più.

Condividiamo l'amore per due persone molto importanti per noi e mi è stata di grande aiuto. Parlare con lei di mio fratello è confortante. Parlare con lei di Kurt lo è anche di più. Mi sono confidato con Chloe su quanto inizi a non reggere più la distanza da lui e forse ha chiesto a Harry di passare a consolarmi.

«Beh poteva venire lei, sarebbe stata una visione migliore della tua.» Lui alza gli occhi al cielo, poi si piega in avanti appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Ha uno sguardo strano, adesso sono assolutamente certo che abbia in mente qualcosa, glielo leggo negli occhi.

«Passi già fin troppo tempo con la mia ragazza, e poi volevo essere io a darti questo.» Dalla tasca interna della giacca estrae una busta bianca e me la porge.

Resto per un attimo a guardarla, aggrotto le sopracciglia poi afferro la busta e torno a guardarlo negli occhi.

«Che cos'è?» gli domando.

«È il regalo di compleanno per Kurt» dice con un mezzo sorriso compiaciuto.

«E perché lo stai dando a me? Non è che posso darglielo attraverso il computer...»

«Evans vuoi aprire quella cazzo di busta!?» Harry sembra particolarmente impaziente, quindi allargo i due lembi della busta e ne tiro fuori un foglio bianco, dentro al quale è chiuso un biglietto aereo. Il mio cuore perde un battito quando leggo la destinazione.

«Montréal...» dico con filo di voce tornando a guardarlo negli occhi. Lui sorride ampiamente, e io sono sicuro di sembrare un idiota.

«Già, e devi anche sbrigarti perché il volo è stasera» dice indicando il biglietto che tengo ancora tra le dita.

«Stasera!?» esclamo quasi colto dal panico mentre mi affretto a controllare la data stampata sul biglietto.

«Il compleanno del tuo ragazzo è domani, non vorrai che il suo regalo arrivi in ritardo no?» Ruoto leggermente gli occhi e non trattengo un sorriso alla sua stupida battuta. «È da parte mia, di Chloe, Jordan e Hazel.» La sua voce si fa più dolce e io torno con i miei occhi nei suoi.

Per i nostri stipendi non è possibile affrontare settimanalmente questa spesa, ed è per questo che non riusciamo a vederci spesso. E queste ultime due settimane hanno fatto il resto, troppi impegni e pochi soldi, combinazione pessima per le relazioni a distanza.

«Non so cosa dire...» Sono sorpreso, felice, ma sorpreso.

«Non c'è niente da dire Dylan, ma davvero dovresti muoverti se vuoi arrivare in tempo.» Il suo tono è canzonatorio, ma non importa. Adesso ho un unico pensiero per la testa: potrò essere con lui il giorno del suo compleanno.

«Grazie!» Guardo Harry, poi ancora il biglietto.

Harry si alza, lo faccio anch'io perché ho voglia di abbracciarlo. È un amico straordinario e ho potuto contare su di lui nel periodo peggiore della mia vita, e pare proprio che possa continuare a farlo.

«Adesso vado, ho una riunione con il consiglio di amministrazione.» Porta una mano dietro la nuca e l'altra in tasca.

«Harry dovresti rallentare un po'.» Da quando è tornato da Londra sembra essersi rifugiato negli impegni. Dice continuamente che sta bene, ma siamo tutti preoccupati per lui. Io e Chloe ne abbiamo parlato proprio un paio di giorni fa, ed entrambi siamo stati d'accordo sul fatto che abbia bisogno di una pausa. Non credo al fatto che la morte di sua madre gli sia realmente così indifferente, e l'arrivo di una sorella dall'oggi al domani non può non averlo spiazzato.

«Tu e Chloe siete degli scassa palle. Sto bene, l'argomento è chiuso. Adesso muoviti che hai una valigia da preparare.» Parla sorridendo, come fa sempre quando vuole dare a intendere che è tutto a posto, ma so che non è così, lo conosco troppo bene. Oggi, però, non posso approfondire l'argomento.

«Grazie Harry. Ringrazia anche gli altri.» Ho degli amici meravigliosi, ed è anche per questo che li sto ringraziando, perché sono rimasti sempre al mio fianco.

«Anche Grace ti manda un abbraccio.» Sorrido nel sentirgli nominare sua sorella con tanto affetto. I due fratelli Styles stanno instaurando un bel legame con Grace, ma sono certo che non sia tutto rose e fiori. Harry non è il tipo da farsi scivolare addosso le cose e fino a che non riuscirà ad analizzare ogni avvenimento con cura, non potrà essere davvero felice.

«Abbracciala per me e dille che mi deve ancora un caffè.» È passata qualche volta in ufficio e ci siamo trovati bene insieme.

Il mio amico non aggiunge altro, sorride e basta. So che non ama particolarmente le manifestazioni d'affetto quindi mi accontento del suo sorriso ampio, quello che mette in mostra le fossette, perché so essere il suo sorriso più sincero.

«Adesso devo andare.» ci salutiamo ancora con mezzo abbraccio e pacca sulla spalla, poi si allontana, ma si ferma quando è ancora sulla soglia della porta. «E vedi di dire al tuo ragazzo di trasferirsi a Boston, perché è fuori discussione che tu vada a Montréal!» Ridacchio alla sua affermazione, ma lui resta serio, poi le sue labbra si alzano leggermente da un lato. «Augura buon compleanno a Kurt» dice infine, e io resto a guardarlo come un idiota.

Sono ancora incredulo, frastornato, ma immensamente felice perché stasera sarò da lui.

********

«Avvisami quando atterri, o almeno prima di arrivare da Kurt, che poi quando sei con lui ti dimentichi di me... Anzi lo chiederò a sua madre. Che dici? Li invitiamo di noi per Natale?...» Siamo in aeroporto, mia madre ha voluto accompagnarmi, e adesso sembra una macchinetta spara parole.

«Mamma! Prendi fiato!» Finalmente smette di parlare a raffica e so che sta facendo così perché è preoccupata. È felice che io mi veda con Kurt, ma teme che possa incontrare quel bastardo e che possa comportarmi fa incosciente. «Andrà tutto bene.»

«Ok...» sospira pesantemente, poi riprende a parlare. «Comunque ho parlato con la mamma di Kurt stamattina e ha detto che terrà impegnato suo figlio fino al tuo arrivo.» Quando ho detto a mia madre del biglietto aereo, mi ha rivelato che ne era già a conoscenza, lo sapeva anche la madre di Kurt, mancavo solo io a saperlo, e ora lui.

Dio, non vedo l'ora di vederlo!

«Ok, adesso vado. Ti chiamo quando arrivo.» Mia madre si stacca a fatica da me, mentre io sono impaziente di oltrepassare il check-in, imbarcarmi, atterrare su suolo canadese e correre da lui alla velocità della luce.

******

Sono arrivato.

Esco dall'aeroporto a passo sicuro dopo aver inviato un messaggio a mia madre avvisandola del mio arrivo. Sono venuto a Montreal già diverse volte e ormai so bene come muovermi. Raggiungo in fretta il centro - fortunatamente oggi ho trovato poco traffico. L'orario di chiusura del negozio è vicino, Kurt dovrebbe essere ancora lì se sua madre è riuscita a trattenerlo.

Dopo essere entrato controllo che lui non sia nei paraggi. Ci sono solo un paio di clienti tra gli stand. Lascio il trolley in un angolo e cammino silenziosamente verso l'interno del negozio.

«Dai Kurt, ancora dieci minuti!» Sorrido nel sentire la voce di sua madre arrivare dal retro.

«No mamma, o mi dici cosa sta succedendo, oppure me ne vado adesso!» Faccio un altro paio di passi in quella direzione con il cuore che batte sempre più in fretta. Mi asciugo la mani sudate sui jeans, poi faccio ancora un passo.

«Kurt aspetta!» Le loro voci sono sempre più vicine e io sprofondo sempre più nell'agitazione.

«Ti ho detto di no, adesso io...» Improvvisamente spunta da dietro la porta. Io smetto di respirare, lui anche.

Il cuore martella forte nel petto. Non lo vedo da giorni e non l'ho mai visto così bello come oggi. È immobile vicino alla porta e io mi sto dando dello stupido perché ho fatto tutta questa strada quasi di corsa per raggiungerlo e adesso non riesco a muovere più nemmeno un muscolo.

«Cazzo!» È lui a parlare per primo, ed è sempre lui a muoversi per primo.

D'un tratto non vedo più nulla. le sue mani sono sul mio viso e le sue labbra sono sulle mie. Dopo tanti giorni in cui non ho fatto che desiderate questo momento, ora è finalmente realtà. Sto tornando a respirare mentre porto le mani a stringere la sua maglietta, mentre le sue non mi lasciano andare.

Non immaginavo mi fosse mancato così tanto. Adesso che sono di nuovo con lui mi sento di nuovo completo, vivo, e in pace con il mondo.

«Dio, quanto mi sei mancato!» mi dice allontanandosi leggermente. «Come hai fatto a...» Smette di parlare e aggrotta le sopracciglia, poi si volta e noto sua madre alle sue spalle che ci sta osservando con gli occhi lucidi. «Tu lo sapevi!» Sua madre sorride ancora di più per poi asciugarsi con un dito l'angolo dell'occhio destro. «Per questo insistevi così tanto che restassi qui...» Si scambiano uno sguardo, poi lui torna a guardare me. «Ancora non ci credo... Sei davvero qui...»

«Sono qui Kurt...» Ci guardiamo come se ci vedessimo per la prima volta, poi lo abbraccio, lo stringo, perché mi è mancato più dell'aria.

«Avevi detto che non saresti venuto...» Lo dice con evidente sollievo.

«Abbiamo qualcuno da ringraziare per questo.» Kurt mi guarda con aria confusa e io gli racconto di Harry e del regalo di compleanno.

«Quanto resti?» Il suo sguardo è carico di aspettative e non vorrei dover rispondere perché non vorrei dover andare via...

«Solo per il fine settimana.» Kurt sorride e io sento il bisogno di averlo solo per me.

«Allora non abbiamo tempo da perdere» dice per poi voltarsi verso sua madre. «Suppongo che il mio turno sia finito adesso, giusto?» Lei sorride, la salutiamo entrambi prima di uscire quasi di corsa dal negozio, recupero il trolley e lo seguo fino alla sua auto sulla quale carichiamo il bagaglio, poi salgo dal lato passeggero.

Faccio appena in tempo a chiudere lo sportello che la sua mano è di nuovo sul mio viso. Le sue labbra tornano sulle mie, ma stavolta mi bacia con molto più impeto. Il suo assalto è travolgente, non avevo baciato in questo modo mai nessuno, nemmeno lui. Forse è stata la lontananza ad alimentare questa forza, e la cosa mi piace parecchio. Sembra non averne ancora abbastanza perché anche l'altra mano arriva sul mio viso e io non riesco più a stare fermo. Afferro di nuovo la sua maglietta che in questo momento vorrei solo far sparire. In questo bacio lascio andare tutte le preoccupazioni di questi giorni, la mancanza che ho sentito e ogni pensiero negativo.

«Cazzo se mi sei mancato!» È di nuovo lui a parlare perché io sono letteralmente senza fiato. Lo fa restando a pochi millimetri dalla mia bocca, come se non potesse allontanarsi. «Avevo così voglia di vederti che per un attimo ho creduto fossi un'allucinazione.»

Sorrido divertito nel sentire le sue parole. Kurt è sempre così tranquillo e rilassato che vederlo così eccitato ed entusiasta mi rende particolarmente felice.

«Non vedevo l'ora di vedere la tua reazione quando sarei arrivato.» I suoi occhi chiari brillano e io ho di nuovo voglia di lui perciò lo bacio di nuovo.

«Basta adesso, prima che abbasso quel sedile...» mi dice quando mi allontano senza smettere di guardarmi.

«Già, forse è meglio...» rispondo a corto di fiato tanto quanto lo è lui.

«Ricordami di chiamare la mia migliore amica più tardi» mi dice quando allenta la presa delle sue mani su di me fino ad allontanarsi del tutto per metterle sul volante. «Hai già mangiato?» mi domanda mettendo in moto.

«No, pensavo di cenare con te.» Non avrei comunque potuto buttare giù niente, ero troppo in ansia.

«Ryan ha già chiuso a quest'ora, andiamo da un'altra parte.» Kurt ingrana la marcia per poi immettersi nel traffico e io vorrei dirgli che mi sta bene qualunque posto, l'importante è essere con lui.

*****

Da quando ho accettato me stesso per quello che sono - per ogni sfumatura di me - vivo molto più sereno, e ogni giorno riesco ad apprezzare fino in fondo tutte le piccole cose che mi succedono: ad esempio svegliarmi accanto al ragazzo che ha cambiato la mia visione della vita.

Ieri sera abbiamo cenato fuori e ci siamo fatti una birra prima di tornare a casa. Al nostro rientro sua madre era già a dormire e ci siamo infilati in camera sua per poi prendere sonno decisamente tardi, ma nessuno dei dei riusciva a staccarsi dall'altro. Due settimane è un periodo decisamente troppo lungo per stare lontani.

Il nostro rapporto sta diventando incredibilmente importante per continuare ad essere vissuto a distanza. Non ho più voglia di guardarlo attraverso uno schermo e nemmeno di passare ore al telefono perché è l'unico modo che ho di sentire la sua voce. Questa cosa deve finire.

Mi giro su un fianco dopo essermi svegliato. Kurt sta ancora dormendo, mi dà le spalle, così sono costretto a mettermi seduto e appoggiarmi sulla sua schiena perché voglio svegliarlo. Ha detto lui stesso che non abbiamo tempo da perdere e poi voglio essere il primo a fargli gli auguri.

Gli accarezzo un braccio. Lui accenna un piccolo movimento. Mi avvicino ancora di più alla sua schiena, lui emette un piccolo verso. Gli lascio un bacio sulla spalla e quel verso si trasforma in un gemito di apprezzamento, ma non mi dà ancota modo di vedere i suoi occhi. Mi stringo ancora di più al suo corpo, poi avvicino le labbra al suo orecchio per potergli sussurrare i miei auguri.

«Buon compleanno Kurt, ti auguro una  giornata meravigliosa.» Lui sospira, poi finalmente si gira e mi guarda negli occhi.

«Lo è Dylan... Tu sei qui...» E quando mi dice queste cose mi sento felice, ma anche triste allo stesso tempo, perché le oltre trecento miglia che ci dividono stanno diventando insostenibili.

«Io non lo so cos'ho fatto per averti, e non so nemmeno se me lo merito uno come te...» Il suo sorriso mi fa perdere un battito, o forse due.

«Uno come me?» mi domanda incuriosito.

«Già. Uno come te. Non dirmi che nessuno ti ha mai detto quanto sei speciale?» Sorride di più, posa la sua mano sul mio fianco e io torno a pensare a come mi stringeva stanotte.

«Intendi a parte Hazel, Chloe e mia madre?» Sento una stretta allo stomaco quando lo immagino con qualcuno che non sono io.

«Sai bene cosa intendo, non farmelo dire per forza...» Abbiamo già affrontato il discorso "ex", non mi piace l'idea di doverlo fare di nuovo, soprattutto oggi perché ho poco tempo a disposizione per stare con lui. Non voglio pensare ad altri che a Kurt nelle prossime ore.

«Non c'è niente di speciale in me, sei tu che mi rendi quello che sono.» Kurt crede di essere come tutti gli altri, ma non lo è. Lui è molto di più.

«Sai che non è vero. Non c'è solo una persona a doverti la vita... Non sono mai stato in pericolo fisicamente, ma hai comunque salvato la mia...»

«Vieni qui...» mi dice per poi stringermi tra le braccia.

È vero che non so se me lo merito, ma so che non ho alcuna intenzione di lasciarlo andare.

******

«Mamma sei pronta!?» Kurt chiama ad alta voce la madre.

Io e lui siamo già pronti per uscire. Ci siamo seduti sul divano in attesa che anche lei abbia finito di prepararsi per la cena di stasera.

Siamo stati insieme tutto il giorno, l'ho tenuto solo per me più che potevo, come se potessi fare scorta di baci e abbracci per domani e i giorni a venire quando sarò di nuovo a Boston, a deprimermi sul mio letto come un adolescente.

Siamo passati da Ryan e Emma. Ho potuto vedere la nuova arrivata, la piccola Evie. È bellissima ed è stato meraviglioso poter condividere quel momento con Kurt.

Stasera, invece, mi trovo costretto a condividerlo con sua madre e Hazel. È giusto che possano festeggiarlo anche loro, lo so, è solo che vorrei avere la possibilità di viverlo di più.

Usciremo a cena, passeremo a prendere la sua amica e andremo al ristorante che sua madre ha prenotato. Domani tornerò a casa, ma non voglio ancora pensarci, soprattutto perché non ho ancora trovato il momento adatto per dirgli che questa distanza inizia a pesarmi davvero troppo. 

«Che c'è?» mi domanda restando con lo sguardo fisso avanti a sé.

«Niente, perché lo chiedi?» Non voglio rovinare la sua giornata, perciò non ho alcuna intenzione di parlargli delle mie paranoie.

«Oh andiamo Dylan, sei diventato improvvisamente silenzioso. Avanti dimmi che succede...» Si volta verso di me solo con la testa appoggiata all'indietro sullo schienale del divano. «È perché domani torni a casa?» Non voglio dirglielo adesso.

«Anche... Ascolta Kurt, ne possiamo parlare più tardi?»

«Devo preoccuparmi?» mi domanda alzando la testa per guardarmi meglio.

«Kurt...»

«Sono pronta!» La voce euforica di sua madre ci interrompe. Per fortuna lui non perde il suo sorriso. Appoggia le mani sul bordo della seduta, fa per alzarsi, ma prima mi si avvicina e sussurra qualcosa all'orecchio.

«Salvato dal gong...» si alza in piedi, lo faccio anch'io, ma sento che ormai l'atmosfera allegra della giornata che abbiamo trascorso si è incrinata, e la colpa è solo mia.

Usciamo per salire in auto, passiamo a prendere Hazel, poi ci rechiamo al ristorante. Mi sto impegnando a far tornare sul mio viso l'espressione allegra di oggi, ci sto davvero provando, e Hazel e di grande aiuto in questo. Abbiamo chiacchierato per tutto il tragitto, abbiamo preso in giro scherzosamente Kurt e Chloe, io ho raccontato loro aneddoti riguardanti Harry e Jordan, e da quando abbiamo preso posto al nostro tavolo siamo tornati ad essere tutti sorridenti. Non ho più pensato a domani, o alla lontananza. Mi sono concentrato sul momento e ha funzionato.

Questa serata si sta svolgendo come speravo. Kurt è felice, sorride, non c'è bisogno di altro adesso.

Ed era davvero perfetto questo momento, almeno fino a quando non ho notato una piccola variazione nell'espressione del suo viso. È stata quasi impercettibile, probabilmente se in quell'istante non l'avessi guardato non me ne sarei nemmeno accorto, ma i miei occhi erano nei suoi, e ho letto chiaramente il disagio per qualcosa che stava avvenendo alle mie spalle.

La scena successiva si è svolta al rallentatore. Con i gomiti appoggiati al bordo del tavolo mi sono voltato all'indietro, appena in tempo per vedere i signori Peters sedersi ad un tavolo appartato in fondo al locale.

Il mio umore precipita all'istante. Sento tornare con prepotenza la rabbia e tutto il rancore. Dopo la telefonata che quel bastardo ha fatto a mia madre tutti i sentimenti negativi che provo per lui non hanno fatto che amplificarsi. Lo detesto con ogni parte di me e l'istinto di alzarmi e andare da lui sta diventando difficile da controllare.

«Dylan?» La voce di Kurt - unita alla sua mano sulla mia - è l'unico contatto che mi riporta alla realtà.

Mi volto verso di lui e non vedo nient'altro che i suoi occhi chiari. Mi sta chiedendo di lasciare perdere, e giuro che ci sto provando, vorrei davvero ignorarlo, ma proprio non ci riesco.

«Dylan...» mi richiama ancora, e di nuovo non rispondo. Ormai sono in un mondo tutto mio, e mentre stringo la tovaglia tra le dita e provo con tutte le mie forze a restare seduto su questa sedia, sento l'amaro risalire dalla gola e impastarmi la bocca.

Mi volto di nuovo indietro e penso che non ha alcun diritto di sorridere in quel modo mentre sta prendendo in giro la donna che ha sposato. Così, quando vedo sua moglie alzarsi dal tavolo e allontanarsi, sembra che il mio corpo agisca in maniera autonoma.

Sposto la sedia all'indietro, strisciandola lentamente sul pavimento. Appoggio le mani al bordo del tavolo e mi alzo in piedi. Mi sembra di sentire la voce di Kurt chiamarmi ancora, ma è come se avessi qualcosa nelle orecchie che non mi permette di sentire chiaramente i suoni. Mi alzo in piedi e ho l'impressione di muovermi come un automa. Mi volto ed inizio a camminare verso il suo tavolo. Lo stronzo sbianca quando si accorge di me e posa il bicchiere di vino che ha in mano per prestarmi tutta la sua attenzione.

Quando sono ad un passo da lui vedo chiaramente nei suoi occhi l'ondata di panico che l'ha appena travolto.

«Che cosa vuoi?» mi domanda restando seduto.

«Mi spieghi come cazzo fai a dormire la notte?» Sento quasi bruciare la gola per la rabbia con cui pronuncio queste parole.

«Ho già detto a tua madre che...»

«Non azzardarti nemmeno a nominarla, non ne sei degno. Ti ho già detto che non voglio proprio niente da te, ma tu ti sei messo in contatto con mia madre. Devi lasciarla stare, non chiamarla mai più, non devi nemmeno pensarci a lei. Tu non esisti per noi come noi non siamo mai esistiti per te...» Se dessi retta all'istinto avrei già ribaltato il tavolo sopra la sua testa, ma ho promesso a mamma di non mettermi nei guai e non voglio rovinare la serata a Kurt.

«Bene, adesso che hai detto quello che dovevi puoi anche tornare da dove sei venuto.» Ha paura. Lo sento nella sua voce, glielo leggo negli occhi, riesco persino a fiutarlo.

«Perché? Hai paura che tua moglie torni al tavolo e scopra che tu l'hai tradita? O che hai un figlio illegittimo di cui lei non sa niente!?»

«Cosa?» Un piccolo sorriso compare sulle mie labbra quando vedo la sua espressione terrorizzata dopo aver sentito quella voce femminile alle mie spalle.

Di nuovo mi volto lentamente e so bene l'effetto che faccio alle persone che hanno conosciuto mio fratello. La signora Peters mi guarda con occhi sgranati - la mia somiglianza con lui è notevole.

Non voglio ferirla, questa donna non lo merita, eppure provo una piccola soddisfazione nel sapere che la verità è venuta comunque a galla.

«Chi... Chi sei?» mi domanda spaventata.

Sento una mano posarsi con gentilezza sul mio braccio. Mi volto in quella direzione e vedo il volto di Kurt. «Dai... Andiamo...» mi dice a bassa voce, e io vorrei seguirlo, ma è come se i miei piedi fossero inchiodati al pavimento, tanto che lui è costretto ad insistere. «Per favore Dylan...»

«Dylan? Tu ti chiami Dylan?» La donna mi si avvicina e mi guarda con attenzione. Osserva i miei occhi, il mio viso, mi guarda come se stesse memorizzando ogni dettaglio di me. Poi si rivolge al marito. «Che significa?» gli domanda confusa.

«Perché non ne parliamo a casa?» tenta lui.

«No Ethan, ne parliamo qui, adesso...» La voce della donna è molto più sicura di poco fa, mentre lui comincia a vacillare. «Chi è questo ragazzo?» gli domanda con più convinzione, ma lui sembra aver perso la lingua e tutta la sua sfrontatezza.

«Ascolta tesoro è meglio se ne parliamo a casa...»

«Io non voglio aspettare...»

«Signora Peters forse è meglio se dà retta a suo marito...» Kurt interrompe ogni discussione e tutta l'attenzione della donna è su di lui. «Non è il posto giusto per parlarne. È meglio se ne discutete da un'altra parte... Noi dobbiamo andare...» Kurt mi fa allontanare da loro prima che chiunque possa dire qualcosa, e mi riporta al tavolo. L'espressione amareggiata delle due donne mi fa capire che ho rovinato la serata a tutti.

In uno strano silenzio recuperiamo le nostre cose e ci rechiamo all'esterno, saliamo in macchina, poi accompagniamo Hazel prima di rientrare. Il tutto nello stesso rigoroso silenzio che ci accompagna da quasi un'ora a questa parte.

Siamo rientrati in casa, ci siamo seduti sul letto in camera sua, ma io non ho ancora ritrovato il dono della parola, al contrario di lui.

«Ti va di dirmi come stai?» Dio, dovrebbe essere arrabbiato con me perché mi sono comportato da egoista e invece lui si preoccupa per me.

«Da schifo Kurt. Ho rovinato la tua cena e probabilmente anche la vita di quella donna. Per non parlare del fatto che domani me ne devo andare...» Mi volto a guardarlo e lo trovo girato verso di me.

«Non avresti dovuto andare a parlare con lui, è vero, ma è umanamente comprensibile il tuo comportamento. Non importa per la cena Dylan...» mi appoggio in avanti con i gomiti sulle ginocchia, mi prendo la testa tra le mani e quasi non sussulto quando sento la sua mano sulla mia schiena.

«Certo che importa invece. Volevo che fossi felice, doveva essere la tua serata...» Mi metto di nuovo dritto per guardarlo di nuovo negli occhi. «... e invece mi sono fatto trascinare dalla rabbia!» Sto alzando la voce, ma non ce l'ho con lui, bensì con me stesso.

«Ti ho già detto che non fa niente, insomma lo capisco che tu non sia riuscito a stare zitto, specialmente dopo quella telefonata che lui ha fatto a tua madre. Io probabilmente avrei fatto molto peggio se avessero fatto qualcosa del genere con la mia...» La sua mano è ancora sulla mia schiena, riesco a percepire il tocco delle sue dita attraverso la stoffa della camicia bianca che indosso.

«Dio, Kurt! Perché non ti arrabbi e basta?» gli domando tenendo lo sguardo fisso nel suo.

«Te l'ho detto quando sei arrivato Dylan. Resti qui poco, non posso permettermi di perdere del tempo prezioso restando arrabbiato con te...»

«Questa distanza fa schifo Kurt...» Gliel'ho detto, finalmente gliel'ho detto. «Io non ce la faccio più a restare così lontano per così tanto tempo...»

«Era questo che stavi pensando prima di uscire?» La sua mano arriva sulla mia, l'altra è ancora sulla mia schiena, e i suoi occhi chiari sono così brillanti da illuminare l'intera stanza.

«Era questo. Quando mi sveglio con te la mia giornata è decisamente diversa, migliore. Adesso che so davvero chi sono, e ho ben chiaro cosa voglio, non posso averlo, perché ci sono centinaia di miglia che mi tengono lontano da te e...» Vengo zittito con un bacio intenso. Labbra, bocca, lingua, lui si sta prendendo tutto, e allo stesso tempo mi sta trasmettendo tutto quello che prova.

«Credi che per me sia diverso?» mi dice con il fiato corto quando si allontana, ma senza farlo del tutto. «Da quando mi hai baciato la prima volta ho sentito qualcosa di diverso per te... Tu sei così passionale... Nonostante io fossi il tuo primo ragazzo, non ti sei mai risparmiato. Quello che tu dai a me è qualcosa a cui non potrei mai rinunciare Dylan. Io riesco a sentire quello che provi, te lo leggo negli occhi, nei tuoi gesti...»

«E allora cosa facciamo Kurt?» Ho bisogno di essere guidato da lui, come ha sempre fatto con me.

«Io so bene quello che voglio fare Dylan. E tu invece?» mi chiede accarezzandomi dolcemente una guancia.

So cosa voglio? Certo che lo so!

«Vuoi che sia di nuovo egoista Kurt?» Ho pensato a me stesso da quando sono partito. Volevo vederlo, volevo passare il giorno del suo compleanno con lui, volevo parlare con mio padre e voglio che lui venga a Boston.

«Non sei affatto egoista Dylan, tu mi hai regalato una giornata meravigliosa, un compleanno incredibile e non avrei potuto stare meglio di così. Poi, diciamocelo, mi dispiace per la signora Peters, ma era giusto che sapesse la verità, e quello stronzo si merita di passare un bruttissimo quarto d'ora...» Sorrido nel sentire le sue parole, e penso che forse è arrivato il momento di dargli il mio regalo di compleanno.

«Devo darti una cosa» gli dico alzandomi dal letto per andare a recuperare il pacchetto nascosto dentro al mio trolley.

Apro la cerniera, poi alzo i pochi indumenti che mi sono portato, e prendo il piccolo pacchetto azzurro chiuso da un nastro dorato. Torno a sedermi vicino a lui per darglielo.

«Credevi davvero che non ti avessi portato nessun regalo?» gli dico quando lo vedo osservarmi confuso.

«Sai che non m'importa del regalo...» lo afferra incerto, poi tira il nastro che lo chiude.

«Alla fine siamo sempre allo stesso punto. Io sono egoista, e quel regalo è più per me forse...» Mi guarda per un attimo, poi torna a guardare il pacchetto che ormai è quasi aperto.

Trattengo il fiato quando apre la scatolina. Lui mi ha detto che sa bene cosa vuole, spero solo che sia la stessa cosa che voglio io.

«Dylan...» Mi guarda di nuovo mentre toglie dalla scatola il piccolo portachiavi argentato. È un cigno, come quello che aveva regalato mio fratello a Chloe.

«È questo quello che voglio Kurt, è te che voglio...» Lo guardo e aspetto che mi risponda.

«Chiedimelo Dylan!» Lo dice con una tale intensità che è come se mi togliesse le parole dalla bocca.

«In quel portachiavi puoi mettere le chiavi di un appartamento solo nostro, e so che è passato poco tempo, ma... voglio te... Vieni a vivere con me Kurt...» Di nuovo trattengo il fiato in attesa che lui dica qualcosa, qualunque cosa.

«Sai che non è una cosa sensata...» Annuisco in silenzio. «Che potrebbe essere un disastro...» Annuisco e sorrido. «Che ci saranno momenti difficili...»

«E anche momenti incredibili, come svegliarsi insieme ogni mattina... Tu nemmeno ti immagini cosa vuol dire per me aprire gli occhi e vederti sdraiato accanto a me...» Il pensiero di averlo per me ogni giorno mi manda già fuori di testa.

«Dylan tu sei davvero sicuro...»

«Mai stato più sicuro di qualcosa in vita mia...» Lo voglio con tutte le mie forze. Kurt è stato il mio punto di svolta, l'unico che è riuscito a capirmi davvero. Non gli serve nemmeno che io parli per sapere cosa penso. Stare con lui mi ha cambiato la vita. Mi fa sentire bene con il mondo, bene con me stesso e benissimo con lui. «E non m'importa dove. Se vuoi stare a Montréal va bene, se vuoi venire a Boston va bene, ma dimmi di sì...»

Lui mi guarda ed è visibilmente emozionato. Stringe tra le mani quel portachiavi. Lo guarda per un attimo, poi torna a guardare me. Mi ritrovo all'improvviso con la schiena contro il materasso, lui sopra di me, che mi bacia come se non lo facesse da giorni. Non so se questa sia la sua risposta, ma sentire come le sue labbra si plasmano sulle mie è sempre un piacere indescrivibile, intenso.

Kurt è in grado di azzerare i miei pensieri e fare venire fuori la parte migliore di me.

«Sì...» Ho sentito la sua voce, ma è stato un bacio così travolgente che non sono certo di aver capito bene.

«Cosa?» Glielo chiedo con un filo di voce, con il poco fiato che mi è rimasto dopo che mi ha baciato.

«Ho detto sì...» mi sorride, io sorrido a lui, e adesso che il mio cuore sta per esplodere nel petto so che quello che provo per lui è vero, è sincero.

Io mi sono innamorato per la prima volta in vita mia, ed è una sensazione meravigliosa.

«Hai detto sì...» Lo ripeto come se avessi bisogno di una conferma, e forse ne ho davvero bisogno.

«Sì Dylan... Ho detto sì...»

Funzionerà? Non lo so, ma devo assolutamente provarci, perché meglio di Kurt non potrei avere nella vita.

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

Non dovevo scrivere questo capitolo. In realtà ero impegnata nella stesura del capitolo di un'altra storia che sto scrivendo, ma Dylan ha preso il sopravvento. Aveva la necessità di raccontare questo suo momento nonostante io avessi previsto altro per Their Stories (qualcosa che arriverà a breve) e quindi eccoci qua.

Dylan ha fatto molti passi avanti e ha raggiunto una consapevolezza tale di sé stesso che ha preso una decisione molto importante.

Nel frattempo ha affrontato di nuovo suo padre. Gli dispiace che la madre di suo fratello soffra, ma non trovate giusto anche voi che sia venuta a conoscenza della verità?

Alla fine del capitolo Dylan mi ha sorpreso con quel regalo per Kurt, pare proprio che entrambi abbiano perso la testa l'uno per l'altro perché anche Kurt sembra proprio voler assecondare questa pazzia, ma dove andranno a vivere?

Grazie sempre di cuore per essere qui con me.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

 
   
 
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