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Autore: daphtrvnks_    04/12/2018    3 recensioni
La mia pelle una volta pallida, un vanto per chi viveva nel lusso, ora è scura.
L'americana continua a guardarmi, abbiamo legato in queste ultime settimane, sa che io, una stupida cinese, non posso fare molto.
Riproverò questa notte. 
Sopravviverà, ne usciremo insieme.''
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Chichi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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20 Ottobre 1942

Pioveva, gocce fredde e lucide a piombare giù come proiettili dalle nuvole cariche e nere, i lampi come scatti argentei a decorare col vento impetuoso e caldo il cielo di quella giornata. Un uomo legato ad un palo in legno, i polsi stretti in corde fracide e dure, la pelle arrossata delle caviglie anch'esse legate. Il capo era chino e la folta chioma d'ebano copriva il viso stanco. Gli occhi socchiusi in due fessure fissavano immobili la terra divenuta fango, ignoravano il petto nudo disseminato da ferite grondanti sangue, ardevano quelle ogni qualvolta le lacrime del dio finivano tra i solchi dei tagli. Scivolava mischiandosi con acqua l'inchiostro della vita, scappava dallo zigomo violaceo scavalcando la mandibola e percorrendo la sua strada fino a perdersi sul suo corpo massiccio e poi, con un tonfo sul suolo. Ma bruciava più del dolore l'umiliazione, tradito da colui che considerava amico, e lo vedeva ora in maniera diversa, come se quello che per anni aveva conosciuto fosse solo l'ombra corrotta della persona che celava. Vegeta era maligno e solo adesso se ne rendeva conto. Quando aveva imposto ai suoi sottoposti di trattarlo in quel modo, legato e picchiato e la scusa, inesistente e mera bugia: ' Ha disonorato la nostra patria e il nostro imperatore, lo merita.' Si era ritrovato solo al mondo, fermo sotto le intemperie, ignaro che qualcuno stesse osservando. Dietro frasche e rami umidi la cinese lo guardava disperata, non era pietà ciò che provava ma anch'ella rabbia e frustrazione che come un fiume in piena si tramutava in odio, nelle sue diverse sfumature violente e screpitanti dai colori oscuri e opachi simili a quelle delle sue ciocche corvine, tagliate nelle forme più disparate incorniciavano il viso lucente. Intorno nessuno, a ripararsi tutti dalla furia del tempo e loro due fuori da ogni dimensione. Quel giorno stesso avrebbe voluto fuggire, ma decise che avrebbe portato con sé anche Goku, non importava come. Una mano sicura si posò sulla sua spalla scuotendola appena, si girò convinta di trovare un volto familiare, una delle donne o addirittura Bulma, sfortuna volle che gli occhi d'ebano che si incatenarono nei suoi furono quelli dell'uomo a cui tutti i mali erano stati riservati in quelle ore. 

'Ti senti in colpa comunista?' 

Egli teneva un ombrello blu nella mano sinistra, alti anfibi a fasciargli i piedi fino al ginocchio e la solita divisa, i guanti non erano candidi come ricordava ma in pelle dura e nera. Percepiva il fiato solleticarle le guance, un odore aspro simile a tabacco. Il labbro inferiore le tremò esangue, la paura la invase facendole fare diversi passi indietro e piombare nel fango. Ancora si tirò, trascinandosi nell'ignoto e continuando a tenere un contatto visivo, lui si avvicinava passo dopo passo, portò la mano libera nella tasca della sua divisa cacciando la rivoltella e puntandogliela. Chichi girò il viso di lato, strinse con forza le palprebe e urlò un 'No!' gremito di sofferenza.

'Bang!'

Niente altro. Nessuno sparo o schizzi di sangue, aveva semplicimente imitato il suono dell’aggeggio infernale per poi ridacchiare soddisfatto e riporlo nuovamente in tasca. Quando riaprì gli occhi non c'era più nessuno, solo l'incessante pioggia e lo sguardo pungente di Goku fisso su di lei. Si alzò e correndo, per quel che poteva, ritornò nella baracca. Il respiro affannoso e l'incarnato pallido fecero risvegliare tutte dallo stato di quiete in cui erano cadute, l’austriaca si avvicinò per accertarsi se stesse bene e lei la cacciò scuotendo il capo ed andando verso il suo giaciglio, al fianco di Bulma che ignara fumava l'ennesima sigaretta.

'Dobbiamo andare via da qui.'

Pronunciò poggiando la schiena bagnata contro la superficie alle sue spalle, l'altra annuì semplicemente e buttò con superficialità il fumo dalla bocca.

01:43 

Aveva finito di piovere da un pezzo ed i rumori della foresta risaltavano ora più che mai, quella che era l'unica strada per la salvezza terrorizzava nel buio della notte. Dormivano le loro compagne mentre le due, senza far baccano, sgusciavano fuori tenendo tra le mani delle coperte sgualcite. Si diressero verso quel Gesù in croce, tradito da Giuda, che apparentemente sembrava morto. I cuori palpitavano ruggenti, sembravano i tamburi negli spettacoli a teatro, li stessi che l'americava aveva visto volentieri nella sua città natale. Chichi si sentiva come quando all'insaputa del padre fuggiva verso il fiume a Wohan, da sola nei pomeriggi assolati per bearsi delle acque limpide e fresche saltando le ore di Storia con la maestra. Una cosa che non dovevano fare e per cui sarebbero state punite. Scattanti, slegarano polsi e caviglie sorreggendolo con attenzione. La cinese lo accolse tra le braccia lasciando che si appoggiasse interamente, lo sentì sospirare e mormorare qualcosa, le braccia a penzoloni. 

'Shh, ti portiamo via…' 

Gli sussurrò facendosi poi aiutare dall'amica, dimezzarono il peso tenendolo per le spalle e lasciando che i piedi si trascinassero sul terreno creando solchi. Non bastarono che tre metri perché le forze iniziassero a mancare, Goku pesava e non accennava a riprendere lucidità borbottando frasi distaccate in un dialetto incomprensibile. Nell'oscurità iniziarono a velocizzare il passo, ci sarebbero state guardie poste ovunque e non avevano un piano vero e proprio se non quello di prendere il giapponese, di cui l'americava non sapeva neanche il motivo, e scappare via. Ingenue, sciocche, non avevano considerato tutte le ostilità. Uomini circondavano il perimetro brandendo fucili e con l'ordine di sparare ad ogni movimento, i fari puntati verso la baracca e l'ufficio del generale. Quando dopo dieci metri Goku crollò sulle ginocchia con un lamento le ragazze capirono che non avrebbero potuto farcela, non in quelle condizioni, bisognava mettere il giapponese al sicuro, in un posto in cui nessuno avrebbe potuto cercare, il problema era che esso non esisteva e loro erano in trappola.

È una follia, torniamo dentro, ti scongiuro.'

Piagnucolò la turchina girandosi intorno e sul punto di una crisi, non aveva idea di come sentirsi, frastornata e colta impreparata da quello che accadeva e che le si gettava addosso senza avvertimenti. Chichi cercava di rialzare l’uomo, gli accarezzava il viso con dolcezza e si tratteneva dal non alzare la voce, gli parlava nell'orecchio cercando di dargli forza. Lo ringraziava e poi, sfiorando con la punta del naso le sue labbra, gli canticchiava pezzi di una vecchia canzone della sua terra. 

'hǎo yī duǒ, mĕi lì de mò li huā, fēn fāng měi lì mǎn zhī yòu xiāng…'

Inginocchiata al suo fianco, lui non accennava a riprendersi, cadaverico e malconcio lasciava cadere la testa sulle spalle della ragazza cercando un rifugio, incosciente con occhi spenti. La sua fronte era bollente, segno che si fosse ammalato. Il tono titubante con le labbra tremanti della donna e le dita frenetiche a muoversi tra i capelli del soldato. 

'Yòu bái rén kuā wô làoi jiāng nî zhāi xià... Sta' zitta, maledizione! Sòng g- Vuoi essere stuprata ancora?!.'

Non si trattenne ed urlò, le luci dei fari rifletterono sui loro corpi, vennero scoperte. La tensione bloccava i loro muscoli tenendole con i piedi piantati come radici, immobili ed in balia degli eventi, come una nave in un mare in burrasca trascinato dalle onde.

'Vegeta non mi ha stuprata! Stupida! Sei solo una stupida bambina che crede che tutto sia un gioco, non lo è ed io come una deficiente ti ho seguita!' 

In lacrime aveva lasciato cadere le coperte portandosi le mani tra i crini e tirandoli appena, si era poi messa a singhiozzare vedendo arrivare le guardie che nel frattempo avevano iniziato a gridare ordini che per lei non avevano alcun senso.

'Una stupida sì… non mi hai detto nulla tu! Guarda… guarda che diavolo hai combinato con le tue bugie.' 

Aveva tirato su col naso continuando a stringere quel corpo martoriato, iniziava a non temere per se stessa ma per la sorte che sarebbe toccata agli altri due. Si sentiva sporca dentro, un’ingrata per aver portato innocenti sull'orlo del baratro. Era colpa sua se Goku aveva subito quel trattamento e nuovamente colpa sua se Bulma si era ritrovata in quel guaio. 

‘È finita…' 

La sentì biascicare. Venne spintonata, il fucile puntato alle spalle per intimarla a camminare verso l’ufficio.

__________________________

Respirava piano per non far rumore, non le era stato fatto nulla e di questo doveva ringraziare il generale. 

Non aveva idea il giapponese e Chichi che fine avessero fatto, ricordava fossero dietro di lei ma dopo essere entrata nella stanza di Vegeta non aveva sentito più nulla se non i rimproveri dell'uomo, le aveva urlato più e più volte di non riprovarci, che altri non sarebbero mai stati caritatevoli come lui e che adesso gli doveva qualcosa. Era stata in silenzio per ore e il suo unico svago erano i ticchettii dell'orologio a segnare le tre e un quarto. Lui era rimasto seduto sulla sua poltrona in pelle ad osservarla, prima a farle domande con tono arrogante e poi, come nulla fosse, a chiederle se volesse bere; aveva risposto di no ed alla fine neanche il più impercettibile dei rumori sopraggiunse. Quando anche il sonno del generale divenne profondo e gli zigomi bagnati si asciugarono, seduta sulla sedia in legno si lasciò cullare dalle tiepide braccia di Morfeo e ricordi sbiaditi. 

Dall’altra parte dell'edificio i due erano rimasti uniti, chiusi in una delle celle adibite ai prigionieri meno obbedienti. La giovane era seduta sul pavimento freddo, stringeva ancora il ragazzo tra le braccia cercando di infondergli calore e curare le ferite sul costato, a nulla era servito recuperare la coperta gettata da Bulma. Ad ogni modo i suoi pensieri erano unicamente rivolti a Goku; madido di sudore era costantemente in un sonno agitato che lo portava a parlare e a muoversi, lo sentiva rabbrivire, stringersi contro il suo ventre e poi, guardandolo in viso, premere con forza le labbra come se dentro la sua imprescrutabile mente stesse combattendo contro il più temibile dei demoni. Ora intuiva la domanda del generale e quello che aveva visto non era solo un illusione.

'Sòng gěi bié rén jiā, mò li huā ya mò li huā…'


*la canzone è Mò li huā: 

Un bel fiore di Gelsomino

Odoroso, bello, pieno di petali

Fragrante e bianco, compiace chiunque

Lascia che io ti colga

Ti dia a qualcuno

Fiore di Gelsomino.



  
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