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Autore: Abby_da_Edoras    04/12/2018    10 recensioni
Per vostra grande sfortuna, le mie grinfie e i miei deliri sono arrivati anche su questa serie TV! Sì, voglio sottolineare che mi sono ispirata totalmente alla serie TV e che non voglio minimamente mancare di rispetto ai personaggi storici, però la mia "sindrome da lieto fine" è arrivata a tanto che ho deciso di... fare in modo che la Congiura dei Pazzi non ci sia proprio stata! Come ho fatto ad arrivare a tanto? Beh, con una storia a metà tra la parodia e la commedia, in cui ho inserito un nuovo personaggio, Antonio Orsini, completamente inventato, un ragazzo sensibile, allegro e generoso che si impegnerà totalmente per riconciliare Medici e Pazzi... e ci riuscirà, perché nelle mie storie un lieto fine lo devono avere proprio tutti (e chi lo ha detto che i cattivi non hanno un lieto fine? Con me sì!). Ah, il mio prestavolto per Antonio Orsini è il Romeo del musical Ama e cambia il mondo.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono ad autori, registi, sceneggiatori e produttori della serie TV I Medici 2.
Genere: Angst, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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IL MIO NOME E’ MAI PIU’
Capitolo primo
 
Io dico sì dico si può
saper convivere è dura già, lo so.
Ma per questo il compromesso
è la strada del mio crescere.
E dico sì al dialogo
perché la pace è l’unica vittoria
l’unico gesto in ogni senso
che dà un peso al nostro vivere,
vivere, vivere.
Io dico sì dico si può
cercare pace è l’unica vittoria
l’unico gesto in ogni senso
che darà forza al nostro vivere.

(“Il mio nome è mai più” – Ligabue, Jovanotti, Piero Pelù)
 
Antonio Orsini era a Firenze da poco tempo e si era già inguaiato fino al collo come non si sarebbe mai aspettato!
In realtà era partito da Roma soltanto perché la sorella Clarice aveva richiesto la sua presenza: fratello e sorella erano sempre stati molto uniti e lei si sentiva trascurata dal marito Lorenzo de’ Medici. La presenza di Antonio aveva rasserenato Clarice, che pian piano si era tranquillizzata ed era riuscita anche a trovare un’intesa con Lorenzo.
Era stato così che Antonio aveva iniziato a guardarsi intorno, curioso com’era sempre stato e desideroso di rendersi utile a qualcun altro… e aveva avuto la geniale idea di impegnare le sue energie per l’impossibile impresa di riconciliare le famiglie Medici e Pazzi! O meglio, nello specifico, di consolidare il rapporto appena instauratosi tra i fratelli Medici e i giovani Guglielmo e Francesco Pazzi e, progetto ancor più ambizioso quanto improbabile, coinvolgere anche Jacopo Pazzi in questa nuova idea di famiglia allargata.
Non si può dire che Antonio Orsini mancasse di entusiasmo e di coraggio, ma di certo difettava in senso pratico e realismo! Lorenzo e Giuliano, tuttavia, lo avevano preso in simpatia e speravano anche, in fin dei conti, che tanto fervore potesse rivelarsi utile perlomeno a rendere più concreta e sicura l’alleanza con Francesco, ancora non del tutto stabile.
Non c’è bisogno di dire, ovviamente, che per loro Jacopo era una causa persa, ma che Antonio ci provasse pure, ben presto se ne sarebbe accorto da solo.
Fu così, dunque, che il giovane Orsini si ritrovò ad assistere, insieme ad altri cittadini illustri, al Consiglio dei Priori in cui sarebbe avvenuta la votazione per approvare o meno il trattato con Milano, stipulato da Lorenzo con il Duca Sforza. Il ragazzo, già emozionato per quell’onore, si tratteneva a fatica dal sottolineare con qualche esclamazione felice ogni voto a favore e dovette esercitare un notevole e ammirevole autocontrollo per non urlare un entusiastico E vai! quando, inaspettatamente, Francesco Pazzi votò in favore del trattato, ancora in collera perché suo zio Jacopo aveva disconosciuto Guglielmo…
Jacopo Pazzi si era alzato infuriato e aveva lasciato il suo posto con un’aria che non prometteva nulla di buono, dirigendosi verso l’uscita mentre gli altri membri del Consiglio si congratulavano con Lorenzo e i fratelli Medici ringraziavano Francesco per il suo voto.
Antonio, con un tempismo alquanto singolare, pensò bene di scegliere proprio quel momento per fare due chiacchiere amichevoli con Jacopo Pazzi e si affrettò a seguirlo, raggiungendolo sulla piazza antistante il palazzo.
“Buongiorno, Messer Pazzi” esordì con un gran sorriso che, bisogna dirlo a suo onore, non si incrinò nemmeno davanti all’occhiata con cui Jacopo lo incenerì sul posto.
“Questo non è affatto un buon giorno” gli rispose bruscamente l’uomo, senza capire bene se quel giovane sconosciuto volesse pure prenderlo per i fondelli… “Chi sei, ragazzino, e che vuoi da me?”
“Sono Antonio Orsini, il fratello di Madonna Clarice!” rispose il giovane, senza lasciarsi smontare.
Jacopo Pazzi lo squadrò da capo a piedi come se si fosse trattato di una nuova specie di insetto strano.
Aveva tutta l’aria di pensare: Pure il cognato di Lorenzo mi doveva toccare, oggi? Ma che razza di giornata…
“Questa cosa che è successa poco fa… sì, insomma, la votazione per il trattato con Milano, non dovete prenderla per forza come qualcosa di negativo per voi” riprese Antonio. “Io penso che…”
“Chi ti credi di essere per venirmi a dire cosa devo o non devo fare?” gli rispose l’uomo, a brutto muso… e non lo prese per il collo probabilmente solo perché si trovavano in mezzo alla piazza. “Questa cosa, come la chiami tu, è un danno enorme per Firenze, un modo per arricchire ulteriormente la banca del tuo amico Lorenzo e, come se non bastasse, ha portato mio nipote Francesco a tradirmi, a votare contro di me! E io non dovrei considerarla negativa? Hai intenzione di prendermi in giro, forse?”
“Non mi permetterei mai, Messer Pazzi” insisté il giovane con un invidiabile coraggio. “E’ proprio questo il punto: vostro nipote non vi ha affatto tradito, ha semplicemente aperto la strada a una nuova collaborazione che…”
“E io ti sto pure a sentire… Ascoltami bene, ragazzo, se è Lorenzo che ti manda per farsi beffe di me, ti assicuro che non ne ricaverai niente di buono.”
“Lorenzo non mi ha mandato da nessuna parte, non sa nemmeno che vi sono corso dietro, a dire il vero” replicò Antonio con candore. “E’ stata una mia iniziativa, mi è sembrata l’occasione giusta per conoscervi di persona e potervi dire quanto sia importante per tutti noi l’unione tra la vostra famiglia e quella dei Medici!”
Jacopo Pazzi non riusciva a credere a quello che stava succedendo: con che faccia tosta quel ragazzino veniva a complimentarsi per qualcosa che per lui era la peggiore delle disfatte?
“Penso che non abbiate preso ancora in considerazione tutte le opportunità e i vantaggi che potranno derivare dall’armonia e dall’amicizia fra le vostre famiglie” insisté Antonio, sfoderando tutto il suo entusiasmo. “Due famiglie così importanti e prestigiose unite assieme renderanno questa città un posto migliore, più sicuro, più forte e…”
Armonia? Amicizia? Famiglie unite? Ma si ascoltava mai, quando parlava?
“Non c’è e non ci sarà mai nessuna unione, né tanto meno amicizia, tra Medici e Pazzi” tagliò corto Jacopo. “Guglielmo e Francesco hanno tradito la mia famiglia, perciò non ne fanno più parte. E i tuoi amici Medici saranno la rovina di Firenze, non certo la sua fortuna. Ma che lo spiego a fare a te, che vieni da Roma e non sai niente di quello che succede qui? Vattene a fare i tuoi discorsi edificanti a qualcun altro e lasciami in pace!”
Antonio sembrava piuttosto deluso.
“Quindi non parteciperete al matrimonio di vostro nipote con Bianca?” domandò.
“Assolutamente no! Con che coraggio mi chiedi una cosa del genere?”
“Beh, credevo… sarebbe stata un’occasione felice per riconciliarvi con…”
“Forse non ti è chiaro il concetto: io non ho la minima intenzione di riconciliarmi con nessuno, Guglielmo e Francesco hanno fatto la loro scelta e per me è come se fossero morti” replicò l’uomo, in tono tagliente. Voltò le spalle al giovane e fece per andarsene, seccato. Non bastava aver perduto la votazione, aver visto Francesco passare al nemico… no! Adesso ci si metteva anche il cognato di Lorenzo con una pletora di discorsi deliranti su pace, amicizia e riconciliazione. Decisamente quella giornata era cominciata male e stava continuando ancora peggio. Jacopo Pazzi si diresse a passi concitati verso il suo palazzo, voleva solo chiudersi dentro e recriminare sulla sua sconfitta… ma non era ancora giunto al portone quando udì di nuovo, dietro di sé, la voce del testardo ragazzino.
“Perdonatemi se insisto, Messer Pazzi, ma non è un po’ triste che restiate da solo in questo palazzo vuoto quando potreste essere accolto con gioia a Palazzo Medici per festeggiare un matrimonio e l’inizio di una nuova era di pace e prosperità?”
Non ci credo… mi ha seguito fin qui? Ma che accidenti vuole da me?
Si fermò e, con un sospiro rassegnato, si voltò verso Antonio, che continuava a mantenere un’espressione speranzosa sul volto.
Non riusciva a capire l’ostinazione di quel ragazzo, la sua assurda quanto fastidiosa insistenza su un’impossibile amicizia tra le casate dei Medici e dei Pazzi. Cos’è che aveva detto? Accolto con gioia a Palazzo Medici? Certo, già se la vedeva la gioia con cui lo avrebbero accolto. Volevano portargli via i suoi nipoti, avevano tentato fin dal principio di strapparglieli e adesso, dopo tanti anni e tante macchinazioni, c’erano riusciti.
Non c’era proprio niente da festeggiare, per lui.
Non sapeva se gli bruciava di più la sconfitta per l’approvazione del trattato o il fatto che fosse stato proprio Francesco a pugnalarlo alle spalle, dando il voto decisivo a favore di Lorenzo.
E quello sciocco ragazzino insisteva sul fatto che doveva vedere il lato positivo… ma che ne sapeva, lui? Quali erano le sue vere intenzioni? Aveva detto che non era stato Lorenzo a mandarlo e, dopo i primi sospetti, cominciava a crederci: perché mai il giovane Medici avrebbe dovuto spingere suo cognato a invitarlo al matrimonio, ad assillarlo con quelle chiacchiere? No, quella doveva essere davvero un’iniziativa personale, ma a quale scopo, allora?
Non lo capiva proprio e la cosa lo innervosiva. Non gli piaceva affatto quando qualcosa sfuggiva al suo controllo…
“Insomma, si può sapere cosa vuoi? No, non dirmelo un’altra volta, non voglio sentire altri discorsi assurdi su amicizia, pace e accoglienza. Da quanto tempo sei a Firenze? Due, tre mesi al massimo? Allora non ti impicciare di cose delle quali non sai un bel niente. La mia famiglia e quella dei Medici si fanno la guerra da anni, quei rinnegati hanno causato la rovina della mia casata e adesso pensano di aggiustare tutto con un matrimonio? I Medici distruggono tutto ciò che toccano e usano chiunque possono per i loro interessi. I miei nipoti non hanno voluto capirlo e allora peggio per loro, ma di certo non riusciranno a ingannare anche me!” disse, rovesciando tutta la sua rabbia e la sua amarezza sull’incolpevole Antonio… che, comunque, se l’era un po’ cercata.
Il giovane ascoltò attentamente, fissandolo con molta serietà. Sembrava aver perso tutto il suo inopportuno entusiasmo. Alla fine scrollò tristemente il capo.
“Vi chiedo perdono per avervi disturbato, allora. Sono sinceramente addolorato per voi e per come state vivendo questa situazione” replicò, lasciando allibito Jacopo Pazzi che di certo non si aspettava una reazione del genere. “Avete ragione, non sono di qui e non so niente delle vostre famiglie. Mi scuso se ho detto involontariamente qualcosa che può avervi offeso. Una cosa, però, credo di averla capita…”
Si fermò un istante per riprendere fiato, poi continuò, con lo sguardo fisso sull’uomo.
“Voi siete ferito, state soffrendo e per questo cercavo di aiutarvi e di coinvolgervi. Mi dispiace veramente che i vostri nipoti vi abbiano lasciato solo, speravo di trovare il modo di risolvere questo problema… ma ora capisco di essere stato presuntuoso. Vi chiedo perdono. Non vi disturberò più… anche se spero ancora che possiate cambiare idea. Vi porgo i miei saluti, Messer Pazzi.”
Antonio, a testa bassa, fece per andarsene.
Le sue parole, però, avevano colpito nel segno.
Stupito lui per primo da quello che stava dicendo, Jacopo Pazzi lo richiamò.
“Aspetta, ragazzo… giovane Orsini. Tra tutte le chiacchiere che hai fatto, non mi hai ancora detto perché ti dovresti preoccupare tanto di me. Non mi conosci nemmeno!”
Antonio si voltò con un timido sorriso.
“E’ che… non mi piace vedere qualcuno che sta male. Per quanto posso, vorrei che le persone intorno a me fossero serene. E… è vero, non vi conosco ancora, per questo volevo rimediare” disse.
Quel ragazzo era davvero strano. E disarmante. E ostinato.
Ma, per qualche strana ragione, Jacopo si sentiva più divertito che innervosito dal suo atteggiamento e questo non era necessariamente un male, anzi.
Era qualcosa di diverso dal solito, perlomeno.
E, a dirla tutta, con la sua parlantina il giovane Orsini gli aveva fatto perfino dimenticare, almeno per un po’, l’amarezza provata al Consiglio dei Priori.
Anche quello non era necessariamente un male.
“Riguardo a quel matrimonio… potrei anche ripensarci e decidere di presenziare, almeno per un po’. Forse” disse, ancora una volta sorpreso dalle sue stesse parole.
“Ne sarei estremamente lieto, Messer Pazzi. Sarebbe… no, basta, ho già chiacchierato abbastanza per oggi. Vi auguro una buona giornata e… allora spero di potervi parlare di nuovo al matrimonio” replicò Antonio, riacquistando subito la sua allegria.
“Ho detto forse, giovane Orsini.”
“E forse sia, Messer Pazzi. Buona giornata!”
Così, molto soddisfatto senza nemmeno sapere bene il perché, Antonio Orsini riprese la sua strada verso Palazzo Medici.
Jacopo Pazzi entrò nel suo palazzo senza riuscire a trattenere un sorrisetto.
La rabbia che lo aveva invaso dopo il voto dei Priori pareva essersi attenuata… chissà perché.
E quella giornata, alla fine, non era stata poi del tutto negativa.
Forse.
Fine capitolo primo
 
 
 
   
 
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