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Autore: weareonmars    05/12/2018    1 recensioni
[AU ispirato al capolavoro di Miyazaki, "Il castello errante di Howl", con rielaborazioni]
"Perdonami se ti ho fatto aspettare così tanto".
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

La cappelleria e nuovi incontri



Sospirò ancora una volta guardando fuori dalla grande vetrata della sua stanza, lasciando vagare gli occhi sulle alte montagne che facevano da sfondo in quella tela piena di colori. 
Dal verde acceso delle vallate, con i suoi boschi e vasti prati, all'azzurro cielo che si riflette nel grande specchio d'acqua ai piedi delle alture.
Tutto sembrava esattamente essere al posto giusto, nel momento giuro. Eppure lui, nonostante tutto, si sentiva sempre e comunque nel posto sbagliato, forse al momento giusto.

Essendo il più grande di tre figli aveva il suo bel peso, voleva dire prendersi più responsabilità; ed era esattamente quello che gli era toccato fare. Assumersi il pesante carico che la vita gli aveva lasciato a soli 18 anni.
Il suo defunto padre, stroncato da un malore mentre tornava a casa da uno dei suoi viaggi di lavoro che lo avevano portato fino alla capitale del Regno, aveva lasciato scritto nel suo testamento che era lui a dover accettare o meno di rilevare la sua attività.
Pensando al bene della famiglia, non ci mise molto a decidere e prese buona parte del lavoro sulle sue spalle, alleggerito dalla presenza della madre, anche lei esperta di commercio di cappelli, e i suoi fratelli; nonostante il più piccolo, Jinwoo, avesse deciso di andare a trascorrere del tempo insieme a dei parenti che abitavano ai confini con le Lande e la sorella, Mei, lavorasse nella panetteria situata in centro città.

Il suo lavoro, però, gli piaceva molto. Fabbricava cappelli da quando ne aveva memoria, infatti aveva cominciato che non era altro che un bambino guardando il padre insegnare ai propri allievi l'arte del mestiere.
E allora realizzava dei piccoli cappellini per le bambole della sorella, oppure aiutava sua madre a riparare dei vecchi modelli che, come diceva lei, prima o poi sarebbero tornati di moda.
Passava la maggior parte del suo tempo a destreggiarsi con ago e filo, inserendo le più svariate decorazioni per tenersi al passo con i desideri dei clienti; dai lustrini che davano risalto al cappello, fino alle bacche rosse che ricordavano l'arrivo imminente dell'estate.

Era anche vero che gli sarebbe piaciuto viaggiare; sentiva proprio il bisogno di evadere dalla sua vita, andando alla ricerca di qualcosa di nuovo, qualcosa che potesse ridestarlo da un sogno che sembrava perenne.
Sempre chino sul suo tavolo da lavoro, un cappello dopo l'altro, mentre il resto degli assistenti che lavoravano in quella cappelleria ormai da tempo, andavano e venivano, trovandosi dopo il lavoro per tornare a casa insieme o fermarsi a mangiare qualcosa.
Lui invece evitava la maggior parte delle volte di uscire, voleva finire in tempo i diversi ordini che arrivavano, tenendosi sempre un passo avanti per non arrivare all'ultimo arrancando.

"Signorino Jimin!". Una delle dipendenti lo richiamò, risvegliandolo da suo stato di trance, ancora perso con lo sguardo fuori dalla finestra.

"Si?".

"Noi stiamo uscendo per il pranzo, vuole unirsi a noi?". Jimin, con un gran sorriso dipinto sulle labbra, la ringraziò per la sua gentile offerta e rifiutò, dicendole che voleva finire ancora un modello prima di andare a pranzare a sua volta.
La signora annuì appena e lo lasciò nuovamente da solo, uscendo per raggiungere il resto del gruppo che si era già spostato fuori dal negozio.

Rimanendo concentrato sul cappello, Jimin inserì gli ultimi brillanti e poi, sistemandolo sopra una testa da manichino, rimase a guardare la sua ultima creazione, annuendo soddisfatto.

Una volta lasciato il suo sgabello, decise che era arrivato il momento di andare a trovare sua sorella Mei. Durante la giornata facevano fatica ad incrociarsi e questo stava distruggendo l'animo di Jimin.
Lei era la sua sorellina, la sua prima confidente, la sua migliore amica, sentirla lontana nonostante il muro che divideva le loro camere era straziante.
Non voleva piombare in camera sua dopo un'intensa giornata di lavoro per parlare dei propri problemi, togliendole preziose ore di sonno. Però, qualche volta, andava a rimboccarle le coperte, lasciava un dolce bacio sulla sua fronte e le augurava una buona notte, guardandola sorridere leggermente nel sonno.

Si sistemò meglio il gilet verde, abbottonando nuovamente i tre bottoncini che, quando lavorava, si premurava sempre di aprire. Arrotolò nuovamente le maniche della camicia bianca e afferrò al volo il suo cappello di paglia con una semplice fascia color porpora come decorazione.
Amava profondamente quel cappello, era il primo che aveva fabbricato quando aveva iniziato a lavorare nella cappelleria come apprendista ufficiale. 

Da quel giorno non aveva mai indossato altro, troppo affezionato ad esso anche solo al pensiero di lasciarlo a casa per mezza giornata.

Uscì dal negozio, chiudendo a chiave la porta principale e si incamminò verso la stazione dei tram, salendo al volo su quello che lo avrebbe portato il più vicino possibile al luogo in cui lavorava Mei.
Durante il tragitto si guardava attorno, sospirando pesantemente nel vedere le truppe marciare in ogni dove, mentre gli aerei dell'aeronautica volavano facendo sventolare le bandiere del regno, carri armati sfilavano per le strade, mostrando ai cittadini che potevano stare sicuri, sarebbe stati difesi con ogni mezzo.
Jimin aveva sentito le ultime notizie, era saltata ogni possibilità di arrivare a firmare un accordo di pace e la guerra era ormai imminente.
Era terrorizzato da un avvenimento simile, non tanto per lui, ma per i suoi familiari. Pensava solamente che avrebbe dovuto proteggerli da tutto e tutti e, nel mentre il tram proseguiva il suo viaggio, la sua mente lavorava veloce per trovare delle soluzioni. Se fosse accaduto qualcosa, sarebbero potuti scappare verso le Lande, trovando rifugio dai parenti.

 

Una volta arrivato, scese dal mezzo, cominciando a camminare per le stradine del centro, alla ricerca della via più veloce per arrivare alla panetteria.
Non era molto pratico di quella zona della città, nonostante fosse andato molte volte a trovare Mei. Ogni volta prendeva un vicolo diverso, allungando il suo percorso di qualche minuto, o addirittura mezz'ora, sbucando in piccole piazzette che non aveva mai visto.
Ovunque si voltasse, si trovava davanti gruppi di soldati che marciavano o pattugliavano le diverse stradine, non facendo troppo caso a lui che, anche in quel momento, si era perso.

"E tu chi sei?" gli domandò un'infermiera da campo, facendolo sobbalzare all'indietro, portandosi una mano sul cuore. Subito dietro di lei un'altra infermiera. Entrambe lo guardavano con uno sguardo divertito.

"Dove te ne stai andando tutto solo?" gli chiese la seconda, avvicinandosi a lui per guardarlo più da vicino. Era proprio un bel ragazzo, probabilmente uno dei più belli che avesse mai visto in tutta la sua vita.
Il luccichio nei suoi occhi fece capire a Jimin che il lei qualcosa era scattato e non vedeva l'ora di uscire da quella situazione che lo stava opprimendo. Se avesse anche solo pensato di fare qualcosa di avventato, le due avrebbero potuto urlare e un intero esercito sarebbe potuto accorrere.

"Amico, ti stavo cercando!" urlò una voce dietro di lui, distogliendo anche l'attenzione delle due ragazze che guardarono dietro la sua spalla, mentre la mascella di entrambe cadeva letteralmente a terra.
Jimin si voltò incuriosito di sapere da chi provenisse quella roca voce che lo aveva appena salvato. Si ritrovò immerso negli occhi azzurri più belli che i propri avessero mai visto. Erano profondi e sembrava quasi di poterci vedere l'infinità del mare, immergendosi completamente mentre si avvicinava a loro, sorridendo gentilmente a Jimin.

"Non ti trovavo più – aggiunse, prima di alzare lo sguardo sulle due infermiere e prendere la mano di ognuna, guardandole dritte negli occhi – sono sicuro che ci rivedremo presto". E, come se avesse pronunciato un incantesimo, le due donne, in trance, sorrisero languidamente al ragazzo e, girando i tacchi, cominciarono a camminare nella direzione opposta lasciandoli da soli.
Jimin, rimasto in silenzio, non poteva credere ai suoi occhi. Che cosa era appena successo? Come aveva fatto ad allontanare le due donne solamente guardandole per qualche istante negli occhi? Ma soprattutto, da dove diavolo era spuntato? Era per caso sceso dal cielo?

Il ragazzo davanti a lui ridacchiò. "Avrai tempo per ringraziarmi più tardi, ti dispiace accompagnarmi?" domandò, prima di prenderlo sottobraccio e trascinarlo con sé, sperando di passare inosservato.

Le guance di Jimin si colorarono appena, mentre sentiva il sangue scorrere più velocemente all'interno del suo corpo. Per non pensare troppo al colorito roseo del suo volto, seguì il ragazzo dai capelli biondi lunghi fino alle spalle. Gli incorniciavano perfettamente il volto, coprendogli appena gli occhi con una piccola frangia.
Indossava una blusa bianca e dei pantaloni neri che fasciavano perfettamente le sue lunghe gambe, mentre sulle spalle portava una strana giacca, sembrava quasi un mantello dalle lunghe maniche. Era di un rosa pallido, decorata con dei ricami di un giallo tendente all'oro. Il bavero era rialzato, sembrava che così tenendolo, riuscisse a proteggere il proprio volto.
Indossava anche degli orecchini ed erano verdi a forma di goccia, sembrava quasi scintillassero di luce propria, ed una collana con un ciondolo della stessa forma, ma di un azzurro celeste che aveva la stessa brillantezza di un cielo inondato di raggi solari.
E poi c'erano i suoi che erano qualcosa di meraviglioso. Nonostante non potesse vederli in quel preciso istante, li aveva ben impressi nella sua mente. Erano grandi e rotondi, adornati da delle lunghe ciglia. Non erano completamente simmetrici, uno lievemente più grande dell'altro, e ciò li faceva sembrare ancora più grandi. Intensi, tanto quando lo sono le profondità del mare. Ed erano unici.
Avrebbe voluto continuare a pensare a ciò, ma il braccio del ragazzo stringe il proprio, attirandolo più vicino a lui. Lo sentì ridacchiare appena.

"Cavoli, penso proprio il mio trucco non abbia funzionato, mi dispiace averti coinvolto, corri!" e detto ciò, cominciò a correre, trascinando con sé anche il povero Jimin che sentiva l'adrenalina far pompare sempre più velocemente il suo cuore. E se non fosse sopravvissuto? Se così non fosse stato, non avrebbe potuto raccontarlo.
Un istante dopo, dei calpestii dietro di loro lo fecero voltare appena con lo sguardo. I suoi occhi si spalancarono completamente alla vista di uomini di melma nera che correvano loro dietro. Che il suo compagno di avventure fosse un criminale?

Svoltarono a sinistra, continuando a correre a perdifiato, ritrovandosi altri uomini di melma nera anche davanti a loro. Siamo circondati, pensò subito Jimin mordendosi il labbro inferiore.
Chiuse gli occhi, stringendosi al misterioso ragazzo, pronto allo scontro che sarebbe avvenuto da lì a qualche secondo. Pensò alla sua famiglia, chiedendosi se mai sarebbero venuti a sapere di una morte simile, che cosa avrebbero pensato di lui?

"Apri gli occhi" sussurrò il ragazzo al suo orecchio, solleticandolo appena. Jimin non se lo fece ripetere due volte e, una volta aperti entrambi gli occhi, si ritrovò a fluttuare nell'aria insieme a lui.

"Stiamo volando!" esclamò Jimin, mentre il misterioso uomo afferrava entrambe le sue mani, guidandolo al suo fianco. Quest'ultimo si mise a ridacchiare, annuendo e gli intimò di muovere le gambe come se stesse camminando.
Jimin gli diede retta e, con sua grande sorpresa, cominciarono a camminare nell'aria, spostandosi in avanti come se fossero su di una normalissima strada.
Guardò verso il basso, osservando tutta quella gente che popolava quelle strade che ormai erano colme e sembravano potessero esplodere da un momento all'altro. Sorrise nel sapere che stavano passando del tutto inosservati, mentre sotto si chiacchierava e si rideva, si discuteva e si ballava in mezzo alle piazze, godendosi quegli ultimi momenti di serenità, di spensieratezza, allontanando il pensiero di una guerra ormai alle porte.

"Molto bene" mormorò il ragazzo al suo fianco, facendo arrossire nuovamente Jimin che solo in quel momento si era accorto che le sue mani stavano stringendo le proprie e lui, come se tutto ciò rientrasse nella norma, aveva risposto a quella stretta.
Continuava a fluttuare insieme a lui, senza nemmeno sapere il suo nome o da dove venisse o perché fosse corso proprio in suo soccorso in quel vicolo. L'unica cosa di cui in quel momento era sicuro, era il fatto che fosse felice, il suo animo – nonostante la corsa e lo spavento – aveva come trovato la pace interiore.

"Dove stavi andando?" gli chiese, distraendolo dai suoi pensieri.

"A-alla panetteria" rispose Jimin, sollevando appena lo sguardo verso di lui, vedendo il suo sorriso. 

Non sarebbe mai riuscito a spiegarsi cosa provò nell'istante in cui quella meravigliosa curva si dipinse sul volto del ragazzo, ma sapeva di per certo una cosa: l'avrebbe sognata quella notte stessa e tutte quelle a venire.

"Mi hai proprio salvato prima, ti ringrazio" mormorò il misterioso ragazzo che, chiudendo gli occhi, posò la fronte contro la testa di Jimin, inspirando appena il suo profumo come a volerselo imprimere addosso.
Tutto ciò ebbe delle conseguenze sulle guance di Jimin sulle quali, probabilmente, era ormai possibile cucinare tranquillamente uova e pancetta. Nonostante non avesse fatto molto per meritare la sua gratitudine, si sentiva felice di aver aiutato quello sconosciuto.

Una volta arrivati alla panetteria, il ragazzo dai capelli biondi, come se stesse trasportando una piuma, fece scendere lentamente Jimin all'interno della veranda del secondo piano, avendo cura che toccasse il parquet con entrambi i piedi prima di lasciare le sue mani.

"Ecco qui – mormorò abbassandosi verso di lui, arrivando con il viso a pochi centimetri da quello di Jimin – ora io vado a seminarli, tu aspetta un po' prima di uscire".

"S-sì" annuì lui, incantato nel guardare i suoi grandi occhi azzurri.

Lo sconosciuto sorrise. "Bravo bimbo" e detto ciò, saltò all'indietro, lasciandosi cadere verso il basso, causando a Jimin un verso e proprio attacco di cuore, spingendolo a lanciarsi anche lui in avanti per vedere cosa fosse successo.
Ma quando guardò verso la piazza sottostante, lo sconosciuto era svanito.

   
 
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