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Autore: happley    05/12/2018    0 recensioni
Augus/Fabra; modern day AU della Mechanical Lullaby.
Ogni orologio, così come ogni persona, contiene un universo al proprio interno; di questo Augus è convinto, e Fabra per lui costituisce il più profondo e affascinante degli universi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Per Federica. ♥

the beauty of the hours
your hands are like my
heart. on some days how it trembles. let us
hold them together. I am like
you. I too at times am filled with fear.
walk through this with me. walk through this
with me. 

Anis Mojgani


 
III.
morning ~ la mattina di Augus

 
 
La prima cosa che vede, aprendo gli occhi, è il ciuffo di capelli che spunta da sotto le coperte a pochi centimetri dal suo mento. Capelli che gli solleticano viso e collo mentre scivola giù, piano, sotto le coperte, solleva un lembo del lenzuolo e lo lascia ricadere sui loro corpi, così da trovarsi faccia a faccia con l'uomo di fianco a sé.  Ha i pugni stretti, le braccia piegate davanti a sé, le ginocchia tirate al petto – raggomitolato come un gatto per trattenere calore, o come un riccio che si chiude su se stesso e difendersi.
 
Augus gli accarezza il viso con un dito, gli tira delicatamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio e disegna cerchi sulla sua guancia, lasciandosi quasi sfuggire una risata quando l’altro arriccia il naso e aggrotta la fronte, forse percependo quel disturbo al suo sonno. O forse sta combattendo con brutti sogni. Quando dorme, i lineamenti del suo viso appaiono non più duri, spigolosi, bensì diventano morbidi e innocenti. Augus si sporge a premere le labbra sulla sua fronte, un bacio per distendere la piccola ruga che si è formata tra le sopracciglia, e poi uno per rischiarare i suoi sogni. E uno perché in realtà Augus vorrebbe restare a letto per sempre, ora come ora. La loro stanza è chiusa al mondo esterno, ancora avvolta nel buio e nel tepore della notte, e finché restano nel loro nido di coperte e lenzuola e cuscini nulla potrà costringere Augus a staccarsi da Fabra. Continua ad accarezzargli il viso, prima solo con le nocche, poi con il dorso della mano. Nessun rumore può arrivare fin là, nemmeno quello delle lancette dell’orologio, o il canto degli uccelli, o qualsiasi altro segnale il mondo stia cercando di mandargli per farlo alzare. Una congiura contro di lui. È mattina presto, ma per lui, che ha lezione alle otto in università, è già tardi – questo lo sa bene.
 
Fabra sospira e i suoi lineamenti si distendono mentre la tensione si scioglie sotto la cascata di baci; le sue labbra screpolate si socchiudono appena e sono una tentazione irresistibile, ma Augus sa che il tempo smette di esistere quando bacia Fabra e lui, in questo momento, ha degli orari da rispettare. Può soltanto cedere al desiderio di baciargli ancora una volta la fronte. Un bacio sulla tempia. Uno sui capelli. Ora deve andare. Ancora uno. Lo bacia dietro l’orecchio, scostando i capelli e arricciandoli tra le sue dita. Deve andare.
 
Finalmente Augus riesce a trovare la forza di volontà per scivolare fuori dal nugolo di coperte, il più lentamente e delicatamente possibile, così da non disturbare il sonno di Fabra. Le sue lezioni quel giorno non cominceranno che in tarda mattinata, per cui non c’è motivo di svegliarlo, anzi è meglio che Fabra si conceda un’ora o due ore di sonno in più, ogni tanto – ha il brutto vizio di restare alzato a leggere fino a tarda notte, anche quando è esausto, e non si mette a letto finché Augus non lo persuade a lasciar perdere. Augus può dire di sentirsi abbastanza orgoglioso di essere una delle poche persone – se non l’unica, davvero – a cui Fabra dà realmente ascolto.
 
Non appena Augus lascia il letto, Fabra mugugna nel sonno, contrariato, come se avvertisse l’assenza. Si chiude ancora di più su se stesso e striscia verso il lato ora vuoto, ma ancora caldo, come se cercasse di conservare e tenere stretto tutto il calore possibile, il proprio e quello del partner. Augus si sente talmente sopraffatto che è solo con un enorme sforzo di volontà che riesce ad uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle senza farsi sedurre dalla tentazione di tornare sui propri passi e dargli ancora un altro bacio.
 
 
 
 
Il suo orologio da polso è fermo sulle otto, Augus se ne accorge solo dopo due ore di lezione. I ragazzi lasciano l’aula in gran fretta per correre a prender posto alla prossima lezione; i più seri si fermano a salutarlo con un piccolo inchino, qualcuno gli augura persino un buon finesettimana mentre girano attorno alla cattedra per uscire. Jane si ferma davanti a lui per un momento.
 
“Professore, posso?” chiede, esitante, vedendolo alle prese con l’orologio rotto. Augus fa del suo meglio per assumere un’aria amichevole mentre fa segno a Jane di parlare. Il ragazzo annuisce, apre la sua copia del libro di testo davanti a sé e chiede spiegazioni sull’argomento del giorno; le sue domande mostrano sempre una prontezza d’intelletto superiore a quella dei suoi compagni, e Augus si impegna per rispondere in modo soddisfacente.
 
“Capisco. Buona giornata, professore.” Jane gli rivolge un sorriso garbato mentre raccoglie le sue cose, poi coi suoi libri sotto braccio esce dall’aula, probabilmente diretto alla biblioteca universitaria, dove pare passi la maggior parte del tempo. Augus lo guarda andar via e, solo una volta solo, si lascia andare ad uno sbadiglio.
 
La pesantezza di una settimana di lezioni mattutine inizia a farsi sentire arrivati al finesettimana; l’unica cosa che lo fa resistere, al momento, è la promessa di due mattine a settimana per svegliarsi con Fabra, magari cedere alla tentazione di restare a letto più del dovuto.
 
È proprio il nome di Fabra che compare sullo schermo del suo cellulare mentre si sta alzando per raccogliere le proprie cose. Augus non esita un secondo a lasciare tutto dov’è e rispondere alla chiamata, e non fa in tempo ad aprir bocca che Fabra domanda:
 
“Augus. Dove sei?”
 
Augus conosce quel tono – quella domanda. A volte Fabra ha bisogno di essere rassicurato, succede quando i suoi cattivi sogni non lo lasciano nemmeno una volta sveglio.
 
“Università,” risponde, mite e paziente. Fabra resta in silenzio per un momento.
 
“…avresti potuto svegliarmi. Ti avrei almeno salutato… Non te lo avevo già detto?” brontola alla fine. È chiaramente di cattivo umore. Augus non può comunque far a meno di sorridere riconoscendo una nota di affetto in quel tono apparentemente burbero e offeso – in realtà, Augus pensa che sia adorabile, ma probabilmente Fabra non sarebbe felice se glielo dicesse. 
 
“Oggi hai lezione più tardi, no? Ho preferito lasciarti dormire. Sarò a casa sicuramente prima di cena, quindi cucinerò qualcosa io,” dice, senza cambiare tono, riprendendo a mettere in ordine la sua roba con estrema calma. “Hai delle richieste particolari per la cena?”
 
“No,” Fabra fa una pausa, sospira. “No. Però Augus.”
 
“Hm.”
 
“Ti ho detto di svegliarmi quando esci prima di me.”
 
“Hmm… Ma stavi dormendo in modo così…” (carino) “sereno.”
 
“Non importa. Non dimenticartelo più.” Poi Fabra non riesce a trattenere uno sbadiglio. Si è probabilmente appena svegliato. Lo ha chiamato subito dopo essersi svegliato. Augus sente una stana, ma familiare, stretta al petto.
 
“Ho capito,” dice, anche se non può né vuole promettere che non succederà di nuovo, perché se c’è una cosa che Fabra non sembra essere capace di fare è prendersi bene cura di se stesso, lui che si prende cura di tutti gli altri; e quindi deve farlo Augus per lui.
 
“Ci vediamo stasera, allora,” sussurra, piano.
 
Fabra resta in silenzio così tanto che Augus pensa si sia addormentato di nuovo. Sarebbe un guaio se facesse tardi a lezione. Poi però Fabra sospira e mormora, piano, “Sì. A stasera.”
 
 
 
 
La maggior parte delle persone non capisce perché abbia scelto Fabra, ma ad Augus questo non importa. Fabra osserva tutto, capisce tutto, ma permette a pochissimi di osservarlo e capirlo. Forse è per questo che Augus ne è sempre stato affascinato da quando lo conosce. Fabra non si lascia mai leggere tutto in una volta, mai completamente. Augus ama conoscerlo in tutti i suoi angoli bui, le sue imperfezioni, lo ama senza condizioni, e a volte pensa di amarlo troppo. A volte si scopre terribilmente possessivo e geloso di quei lati che Fabra concede soltanto a lui. A volte pensa che il suo attaccamento sia molto più forte di quello dell’altro per lui.

Non glielo ha mai detto, perché sa che Fabra lo guarderebbe storto. Gli si formerebbe una piccola ruga tra le sopracciglia come succede sempre quando è accigliato (Augus la trova adorabile, e neanche questo glielo ha mai detto, non ancora), e gli direbbe che è uno stupido, o non direbbe niente e sprofonderebbe in uno dei suoi umori neri e silenziosi da cui è difficile tirarlo fuori. Fabra è, in breve, un uomo che pensa troppo – i pensieri gli si affastellano nella mente, troppo numerosi e troppo ingombranti, si avviluppano su di lui come tralicci d’edera, e da questo labirinto districarsi e trovare la via d’uscita diventa molto complicato. Fabra non gli racconta quasi mai quel che avviene nella sua testa.

Intanto, pensa, il suo orologio è fermo dalle otto da questa mattina, e lui ha per le mani molte ore pomeridiane in attesa che Fabra torni. Perciò decide di ripararlo lui stesso.
 

 
VI.
longing ~ i pensieri di Fabra
 
Augus non ha capito. Questo Fabra lo sa perfettamente – aver convissuto tre anni con lui, anche prima di diventare una coppia, gli ha insegnato molte cose su Augus e su come pensa, quindi Fabra è matematicamente certo che Augus non lo sveglierà nemmeno la prossima volta. Anzi, quello che è peggio è che Augus non è uno stupido, che Augus ha capito benissimo, ma ha deciso di fare di testa propria. Sembra aver preso a cuore la missione di eliminare le occhiaie di Fabra. Una missione titanica e senza alcun senso, perché Fabra dorme esattamente quanto vuole dormire.

E Augus non dovrebbe mettere se stesso da parte per lui.

A causa di tutto ciò, Fabra è di cattivo umore già prima di entrare in aula e, quando finalmente entra, nella stanza cala un silenzio gelido – come se i suoi studenti avessero paura di essere fulminati.
 
 
Nei suoi sogni rimbomba sempre il rumore delle lancette di un orologio che non sa dove sia, e cosa ci faccia nella sua testa. La torre dell’orologio è sempre al centro della sua immaginazione, in qualche modo, appare sempre pronta a svelargli un segreto inconfessabile, orribile, un segreto che Fabra in realtà non vuole ascoltare, perché sente che porterebbe alla fine del mondo come lui lo conosce. Sarebbe la fine del tempo stesso.

Nei suoi sogni peggiori, Fabra perde Augus continuamente mentre nell’aria si diffonde l’eco di una canzone che va confondendosi col rumore freddo e impersonale delle lancette. È un canto di cigno. Fabra non è mai stato attaccato a nulla nella sua vita, né ha mai lasciato che nessuno gli si avvicinasse al punto da diventare indispensabile. Insostituibile. Senza Augus, Fabra non avrebbe conosciuto nemmeno la solitudine.

Non lui. Questo è il suo grido disperato. Di tutte le cose, di tutte le persone al mondo, non lui, non lui, non lui. Perdere se stesso al confronto sembra quasi un sollievo.

Quando si è svegliato, il posto accanto al proprio nel letto si era già raffreddato. Odia quella sensazione, e sentire la voce di Augus non ha fatto che rafforzare la solitudine e il desiderio. Essendo cresciuto pressoché solo, ostile all’idea di creare legami fissi, scettico sulla possibilità stessa che esistano legami stabili e duraturi, Fabra non è per niente avvezzo al modo in cui Augus gli parla. Al modo in cui lo guarda. Augus è un uomo che mostra i propri sentimenti in modo aperto anche quando non è sua intenzione, e ogni suo gesto trabocca dell’affetto che nutre per lui – come se gli stesse dicendo ti amo ti amo ti amo ad ogni singolo contatto, e per questo Fabra lo ha respinto per molto tempo. L’amore di Augus è schiacciante, travolgente, è il più sincero e onesto, e la cosa più odiosa è che è incondizionato e gratuito. Augus non gli ha mai chiesto niente in cambio e che continua ostinatamente a prendersi cura di lui, prima che di se stesso; anche se non lo dice esplicitamente, a volte la sua espressione è talmente disarmante che Fabra non può non leggere ciò che sta pensando.
Augus non è uno stupido, ma non ha capito niente.
 
 
Mangia in compagnia di Dissen e Octo su una panchina nel cortile, ma sente solo la metà del loro chiacchiericcio, perso nei propri pensieri. In ogni caso, Dissen lo ha praticamente costretto ad accompagnarlo, quindi non può biasimarlo se non gli presta attenzione, mentre Octo è troppo gentile per non accorgersi del suo umore e decidere di non infierire.

“Si direbbe quasi che tu stia contando i minuti per tornare a casa,” commenta Dissen, che invece evidentemente non ha lo stesso tatto. Dissen obbedisce soltanto ai propri canoni e ai propri valori, va sempre per il suo corso come un fiume. È davvero irritante.

“Continui a guardare il tuo orologio. Forse una certa persona ti sta aspettando a casa?”

Fabra lo guarda torvo, ma non gli risponde. Ha imparato negli anni che nulla di ciò che dice sembra turbare Dissen, in ogni caso, quindi l’unica cosa che rimane da fare è ignorarlo quando lo stuzzica. Il loro rapporto è costituito da molti silenzi offesi. Dissen gli rivolge uno sguardo divertito.

“Dissen, non provocarlo… Sono certo che Fabra ha i suoi buoni motivi per essere impaziente, no?” Octo cerca di intervenire, con la pazienza di un santo (…un martire, più che altro. Vivere sotto lo stesso tetto di Dissen e Novem deve essere tragico), ma Dissen ride sottovoce.

“Oh sì. Ne sono certo anche io,” dice, ed è a questo punto che Fabra decide che l’ora del pranzo è finita e soprattutto che questa conversazione è finita, benché lui non abbia spiccicato neanche una parola.

“Torno al lavoro,” borbotta, sbrigativo. Saluta soltanto Octo con un cenno del capo e ignora Dissen, ma lo sente ancora ridere alle sue spalle, incurante del suo malumore, sicuro di aver colto nel segno. È così preso dalla sua indignazione verso Dissen e i suoi commenti mirati che non si accorge dello studente che viene dalla direzione opposta.

Il ragazzo, distratto almeno quanto lui, gli sbatte contro con un verso di sorpresa. Le fotocopie che aveva in mano e che stava leggendo avidamente gli sfuggono e si spargono sul prato. “Ah! Oh no…” esclama. Nonostante stia ancora barcollando, si china subito a terra e inizia a raccogliere i suoi fogli. Fabra sa bene chi è, e non è la prima volta che succede.

Sospira. “Terra. Devi stare più attento. Non puoi leggere mentre cammini,” lo rimprovera pazientemente. “Mi pare di avertelo già detto altre volte, o sbaglio?”

Il ragazzo alza il viso di scatto, lo riconosce, gli rivolge un sorriso innocente. “Mi scusi, professore! Sì, professore, me lo ha detto. Mi dispiace, ma questo articolo che ha trovato Jane era così interessante che—”

“Sono sicuro che puoi leggerlo più tardi,” lo interrompe Fabra. Non riesce mai a essere sinceramente arrabbiato con quel ragazzo, ma allo stesso tempo stare nelle sue vicinanze gli mette addosso una strana agitazione – un inspiegabile senso di disagio che gli fa desiderare di tenerlo il più lontano possibile. Terra non sembra accorgersi di nulla, continua a raccogliere i  fogli mormorando qualcosa tra sé e sé. Ha questa abitudine di canticchiare sottovoce che Fabra non sopporta. Forse perché lo fa pensare alla canzone dei suoi sogni, quell’eco distante che lo chiama e a cui non vuole rispondere.

“Ha ragione, mi scusi!” La voce squillante di Terra lo scuote dai suoi pensieri. Ha finito di raccogliere tutti i fogli e gli offre un inchino e un sorriso di scuse prima di correre via; Fabra lo vede raggiungere suo fratello Cielo, qualche metro più in là, e li guarda andare via senza riuscire a raschiarsi via di dosso quel senso di disagio che non sa spiegarsi.

Vuole tornare a casa. Fabra vuole soltanto tornare a casa il prima possibile e vedere Augus.


 
IX.
compass ~ mani sul cuore
 
Riparare orologi per Augus è un hobby – ironicamente, è nato come modo per far passare le ore di assenza di Fabra, nel periodo in cui lui già lavorava e Augus ancora non aveva trovato un posto fisso. Smontare un orologio, capire cosa non va e rimetterlo a posto, dopotutto, è una serie di azioni che richiede impegno, pazienza e la massima cura. Augus trova affascinanti tutti i meccanismi, tanto che non di rado si è trovato ad aggiustare anche carillon, bussole, o quant’altro. Gli orologi, tuttavia, esercitano su di lui un particolare fascino, forse per la loro inquietante somiglianza all’umanità. In fondo, una classe di studenti non è tanto diversa da una stanza piena di orologi: qualcuno andrà più lento o più veloce, creando dissonanza nel gruppo, qualcun altro si troverà in armonia con una persona, o più persone, e conteranno ore-minuti-secondi assieme. Ogni orologio, così come ogni persona, contiene un universo al proprio interno; di questo Augus è convinto, e Fabra per lui costituisce il più profondo e affascinante degli universi.

Sente da lontano il suono della porta d’ingresso, i passi nel corridoio.

Fabra entra nel salone con aria stanca e abbattuta, ma non appena i suoi occhi si posano su di lui, seduto al tavolo che opera un orologio, la sua espressione cambia e diventa dura, illeggibile. Lascia cadere a terra la borsa, attraversa la stanza e si ferma davanti a lui.

“Sono a casa,” afferma, continua a fissarlo. Augus lo guarda sorpreso. Non riesce a decifrare il suo atteggiamento, ma abbozza ugualmente un sorriso.

“Bentornato. La cena è pronta...”

“Lo so. Dopo.” Fabra scuote il capo e allunga una mano verso la sua, la afferra. “Sono a casa,” ripete, e lo fissa in attesa. Augus lo guarda, poi sposta delicatamente da parte i resti dell’orologio con l’altra mano e si alza. Fabra lo guarda senza dire nulla, e Augus coglie l’occasione per poggiare la mano dietro la sua nuca, chinarsi e premere le labbra contro le sue. È un bacio breve, appena un tocco leggero, ma Fabra chiude istintivamente gli occhi.

“Bentornato,” sussurra di nuovo, poi inclina leggermente il capo per studiare l’espressione di Fabra e capire se stavolta ha indovinato. Fabra sbatte le palpebre un paio di volte, apre la bocca per dire qualcosa, ma ci ripensa e distoglie lo sguardo. Non è abituato a farsi viziare o coccolare – da quando stanno assieme, però, ha cominciato a sciogliersi, e questo Augus lo sa anche se Fabra ha difficoltà a esprimerlo.

(È davvero carino, in un certo senso. Nessuno lo capirà mai, ma non c’è bisogno che lo capiscano. Augus preferisce essere l’unico a saperlo.)

“Fabra,” mormora, gli prende il viso tra le mani e lo bacia di nuovo, senza spingersi oltre il semplice tocco. Preme più volte le labbra contro le sue, sussurrando il suo nome tra un bacio e l’altro. Poi le mani di Fabra si stringono nella sua camicia, Fabra si solleva in punta di piedi e lo bacia con più forza, tirandoselo contro. Riesce a togliergli il fiato con un semplice gesto.

Fabra si scosta e lo fissa torvo, assottigliando gli occhi. “Augus. Ti stai trattenendo?” Lo chiede con una tale esasperazione che Augus si sente andare a fuoco per l’imbarazzo di essere stato colto in flagrante, anzi, si sente quasi in colpa. Sbatte le palpebre, sorpreso, e ricambia lo sguardo.

“Augus,” Fabra sospira, abbassando lo sguardo, “puoi dirmi tutto ciò che pensi. Puoi svegliarmi la mattina, così che io possa salutarti prima di uscire. Puoi darmi un bacio di bentornato.” Il suo volto diventa sempre più paonazzo, le sue guance sempre più calde. Le sue dita afferrano un lembo della sua camicia e lo stringono forte, il suo sguardo fisso verso il basso, ostinato.

“Non devi trattenerti,” mormora, abbassando la voce.

Augus deglutisce. “Posso… fare una richiesta?”

“Certo che sì, stupido, è quello che ti sto dicendo.”

Quando Augus si china ancora una volta e cattura le sue labbra, Fabra non riesce a trattenere un sospiro di sollievo. Augus lascia scivolare le mani lungo le sue spalle, le sue braccia, e Fabra sente i brividi quando arriva ai fianchi. Così, pensa, io non sono qualcosa di fragile. Non devi prenderti sempre cura di me. Fabra preme le mani sul suo petto, lo tira a sé quanto più possibile, come se questo potesse compensare il vuoto lasciato accanto a lui nel letto.

Questo bacio non ha niente di leggero, anche se non ha perso la solita gentilezza. Quando Augus tocca Fabra, non lo fa per ripararlo, ma unicamente per conoscerlo, per disegnare una mappatura sulla sua pelle con la punta delle dita e memorizzare ogni particolare. E quando sono insieme, Fabra non vuole contare i minuti. Persino le ore sembrano rallentare fin quasi a fermarsi. Infinite, bellissime ore. Questo è un bacio che è anche una domanda, e Fabra non ha motivo di non rispondere con gli stessi sentimenti. Quello che Augus non ha ancora capito è che la sua risposta sarà sempre la stessa, come una bussola che punta al nord. Ed è identica alla sua.

 
 
XII.
nocturnal ~ quando le lancette si fermano
 
“Resta con me fino all’alba,” sussurra Augus nei suoi capelli. Fabra brontola contro il suo petto, affondando il viso contro di lui. Come se ci fosse altra scelta, pensa. Non c’è altro luogo dove vorrebbe stare, nessun luogo più sicuro al mondo. Il pensiero di non doversi alzare la mattina successiva è confortante e, per una volta, Fabra sente che non farà brutti sogni. Quando scivola nell’abbraccio di Augus, anche la canzone si spezza e perde il suo potere, mentre il rumore delle lancette si affievolisce e svanisce, sciogliendosi nel silenzio della notte.
 
  
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