Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: _Agrifoglio_    05/12/2018    21 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Di fortezze e di primule
 
– Io ho un full d’assi e la mano è mia! – disse la sentinella ai compari, appoggiando le carte sul tavolaccio di legno, con aria trionfante.
– Ah! Maledizione! Io ho soltanto una doppia coppia! – sbraitò il vicino, sbattendo le sue carte sul tavolo, con aria delusa e bocca storta. Lo stesso fecero altri tre giocatori dalla mano poco fortunata.
– Aspetta, aspetta a cantar vittoria, pezzo d’asino e ammira prima il mio poker di re! – disse un’altra sentinella, con aria ancora più trionfante di quella precedente che, in un istante, abbandonò la sua sicumera per assumere un’espressione di umiliazione e di rammarico.
– Pezzo d’asino lo dici a tua sorella, pidocchio col cimurro! – fu la prima riposta che l’altro riuscì a pescare dal suo repertorio di frasi colorite, a parziale ristoro della delusione per la vittoria sfumata.
– Mia sorella la lasci in pace, figlio di baldracca!
– Mia madre non la insulti o ti rispedisco con un calcio nel bordello dove sei nato!
– Zitti tutti e due, idioti calzati e vestiti! La vittoria è mia, guardate qua! Scala reale! – scandì, con una risata a trentadue denti, la settima sentinella, aprendo con solennità il suo ventaglio di carte sul tavolo e allungando, subito dopo, le mani sulla posta.
– Ehi! Fermo un attimo, Pierre! Cosa ti esce dalla manica? Sì, dalla manica! Ma tu stai barando, dannato imbroglione che non sei altro e non è la prima volta! – disse la prima sentinella al preteso vincitore.
– Ehi, ehi, fai vedere! – ingiunse una delle guardie che si erano ritirate in buon ordine – I bari, qui, non sono ammessi!
– Ma cosa diavolo volete! La vittoria è mia e i soldi pure! – ringhiò l’imbroglione smascherato.
– C’è tempo per stabilirlo – disse il pidocchio col cimurro – Intanto, fai vedere qua! – aggiunse, poi, afferrando la manica del baro dalla quale caddero molte carte.
– Battete le mani al nostro vincitore! – urlò il pezzo d’asino – Per la pioggia di fiori, invece, dovrai aspettare! Adesso, beccati questo! – e gli assestò un potente destro sul grugno.
L’altro incassò il colpo, ma si riebbe in un istante, sufficiente a fargli mandare a segno un cazzotto in direzione dell’avversario che, però, si scansò fulmineamente, facendo finire la percossa sulla guancia del pidocchio col cimurro il quale, per la rabbia, si issò il tavolo sulla testa, scaraventandolo, subito dopo, addosso alle sentinelle che erano rimaste in silenzio, col risultato di scatenare una rissa furibonda.
– Signori, per una volta, la sorte ci arride! – disse il Colonnello de Girodel ai suoi compagni di avventura – Procedete senza fare rumore, ora che le guardie si stanno prendendo a botte!
Quasi non credendo a quel colpo di fortuna, gli uomini, mascherati e vestiti di scuro, si affrettarono in fila indiana per il corridoio, attenti a non richiamare l’attenzione delle sentinelle, impegnate a darsele di santa ragione. Pochi minuti prima, avevano varcato la soglia del passaggio segreto ed erano stati accolti nella fortezza dal ghigno del gargoyle i cui occhi di pietra avevano subito occultato la loro via di fuga.
Erano, ora, diretti, nelle cantine, situate sopra le segrete, dove, dal pomeriggio di quello stesso giorno, erano stipate delle giare e delle casse piene di armi e di uomini. Il Generale de Jarjayes, infatti, aveva inviato alla fortezza due carri, nei quali erano stati trasportati quei recipienti, simulando un dono di olio, grano e altri generi alimentari da parte del Duca di Germain che, essendo fuori città, non avrebbe potuto incontrare il Duca d’Orléans e fare crollare l’inganno.
Si era deciso di differenziare le modalità di accesso alla fortezza per moltiplicare le possibilità di riuscita della missione, così che, mentre Girodel, il Capitano de Valmy e trenta Guardie Reali, insieme ad André che aveva già percorso quella strada, erano passati dal cunicolo sotterraneo, il Conte di Fersen, il Conte di Canterbury, Sir Percy Blakenay e le restanti venti Guardie erano entrati nel palazzo nascosti nelle giare.
In quei giorni, alcuni scrivani avevano ricopiato, in fretta e furia, la cartina della fortezza di cui esistevano, adesso, dieci copie che il capitano de Valmy aveva distribuito agli uomini per gruppi.
– Signori, ricordateVi di fare piano e di non perdere di vista il componente del Vostro gruppo munito di cartina!
Seguendo la mappa, giunsero nelle cantine che, per fortuna, non erano state chiuse a chiave e, una volta là, iniziarono ad aprire le giare.
– Fortuna che siete venuti a liberarci, Colonnello! – disse il Conte di Fersen a Girodel mentre usciva dalla sua giara – I miei muscoli sono tutti anchilosati!
– Non lagnateVi, Conte di Fersen – lo esortò Sir Percy, facendo roteare la spada e muovendosi a rapidi passi per sgranchirsi – Che, adesso, viene il bello!
– Le cantine inglesi non hanno nulla da invidiare a quelle francesi! – scherzò il Conte di Canterbury, guardandosi intorno.
– La guerra dei cent’anni c’è già stata e non ci interessa stabilire da quale parte della Manica si trovino le cantine migliori – disse, con impazienza, André – Sbrighiamoci, piuttosto, a salvare Oscar!
– Apriamo anche le casse e prendiamo le armi! – ingiunse il Capitano de Valmy.
Gli uomini obbedirono e, al termine dell’operazione, si trovarono armati fino ai denti.
 
********
 
Mentre la compagnia si era ricongiunta nelle cantine, Oscar, rinchiusa nella sua segreta, si era accorta, dai passi concitati che provenivano dal piano di sopra, che, quella sera, qualcosa di diverso stava accadendo nella fortezza. Il carceriere che stazionava fuori della cella, invece, dormiva della grossa e nulla aveva udito.
Iniziò, quindi, a spingere le mani contro gli anelli delle catene che le imprigionavano i polsi, nel tentativo di farle scorrere fuori, ma l’unico risultato che ottenne fu di scorticarsi la pelle, già arrossata a causa dell’attrito.
Devo uscire di qui! Devo farcela! – pensava la donna mentre si divincolava.
 
********
 
I membri della compagnia, intanto, erano usciti dalle cantine e si erano diretti verso le scale, alla volta delle segrete.
– du Muriel, restate qui a sorvegliare. Giunti al piano delle segrete, a ogni snodo, una guardia vi stazionerà accanto per fare da palo – ordinò Girodel – E state bene attenti, perché la sorte non ci sarà favorevole per sempre!
Non aveva ancora finito di parlare quando una sentinella spuntò di fronte a loro, sgranando gli occhi per la sorpresa. Sir Percy le si avventò contro come un falco sulla preda, tramortendola prima ancora che quella potesse, non soltanto dare l’allarme, ma finanche rendersi conto di ciò che stava accadendo.
– Fate attenzione! – disse Girodel – Più ci avvicineremo al Comandante e più aumenterà la sorveglianza!
Arrivati vicino a un arco, scorsero, nella penombra, le sagome di due sentinelle girate dall’altra parte. André e il Conte di Canterbury piombarono silenziosamente alle loro spalle e le colpirono alla nuca, facendole svenire prima che quelle si accorgessero di loro. Un terzo uomo che sopraggiungeva fu prontamente atterrato dal Conte di Fersen.
Stavano continuando a seguire la mappa, quando udirono delle urla:
– Allerta! Allerta!
Un ragazzo li aveva, infatti, notati in lontananza ed era corso via per cercare aiuto.
– Signori, la bisboccia è finita…. – disse Sir Percy – Da ora in poi, si fa sul serio!
Preso atto che la segretezza della missione era sfumata, si prepararono tutti all’imminente battaglia.
Nello stesso lasso di tempo, al primo piano della fortezza, Robespierre, Théroigne de Méricourt e Saint Just erano intenti a discutere fra loro. Gli ultimi due facevano a gara a chi era il più esaltato ed era tangibile una certa intesa fra di loro mentre Robespierre aveva un’espressione più tirata del solito, perché la presenza di Théroigne de Méricourt lo innervosiva.
– Cercate di non esaltarvi e ragionate lucidamente – ingiunse l’avvocato di Arras agli altri due.
– Voglio soltanto farti notare che dobbiamo pianificare tutti i possibili scenari, a partire dal linciaggio, perché il Re non abdicherà…. Figurati se non ha il sedere ben incollato sul trono quello là! – rispose, frenetico e allucinato, Saint Just.
– Mi incaricherò io stessa di guidare il linciaggio! – disse, con sguardo crudele e febbricitante, Théroigne de Méricourt che mal sopportava la reputazione specchiata, la fierezza e il fare altero di Oscar – Le strapperò gli occhi dalle orbite con queste mani!
– Tacete, maledetta pazza! – ringhiò Robespierre che proprio non la tollerava – Questo è un affare serio e non una delle vostre mattane!
– Allerta! Allertaaaa! – urlò il ragazzo nel raggiungerli – Uomini nella fortezza! Uomini nella fortezza!
– Cosa dite? – gli chiese Robespierre.
Ci sono degli uomini mascherati, vestiti di nero come la notte nera, che sono penetrati nella fortezza!
– Andate ad avvisare le guardie ai piani inferiori! – ordinò Robespierre al giovanotto.
– Per fortuna, quando quella cagna ha tentato l’evasione, abbiamo fatto arrivare dei rinforzi e, ora, siamo circa una settantina! – osservò Saint Just.
In conseguenza dell’ordine impartito da Robespierre, i membri della compagnia e le cinquanta Guardie Reali furono presto raggiunti da una masnada di gente raccogliticcia, ma estremamente aggressiva e nerboruta.
– Dannazione, ma quanti sono?! Non dovevano essere soltanto venti?! – esclamò il Conte di Fersen.
Il combattimento iniziò e vide distinguersi, fra tutti, Sir Percy Blakenay che era davvero il superbo spadaccino che tutta l’Inghilterra magnificava. Un gaglioffo gli si avventò contro, tentando di infilzarlo con la lama e di tirargli via la maschera, ma quello lo disarmò con una stoccata e, prima di tramortirlo, gli mise in mano una primula rossa, dicendo:
– Questa è l’unica mia identità che conoscerete, marrano!
Gli altri, pur non potendo competere con la raffinata tecnica di Sir Percy, si difendevano comunque egregiamente. Il Colonnello de Girodel e il Capitano de Valmy facevano volteggiare la spada con gran maestria e avevano già sconfitto tre avversari ciascuno. Il Conte di Fersen e il Conte di Canterbury combattevano spalla a spalla e, a dispetto della loro aria aristocratica e raffinata, rintuzzavano il nemico con furia e ardimento. André tirava di scherma come se fosse stato Ettore sotto le porte Scee, concentrato sugli avversari, ma anche impaziente di raggiungere Oscar e di portarla via da quell’inferno. Un uomo gli si slanciò contro con un affondo ed egli rispose con un coupé e con una serie di stoccate per, poi, disarmarlo con un molinello. Un altro lo fece cadere in ginocchio con uno sgambetto, ma egli reagì, raggiungendolo con un fulmineo montante.
Oscar, dalla sua cella, aveva capito che sopra si combatteva e, di conseguenza, scalpitava. Aveva aumentato i movimenti frenetici per liberarsi e, con essi, le escoriazioni ai polsi e alle mani.
– Le cose si stanno mettendo male! – urlò un uomo trafelato ai tre sovversivi che discutevano al primo piano – Gli assalitori stanno prevalendo! Noi siamo in superiorità numerica, ma quelli sono più destri!
– Andiamo via, Saint Just – disse, con voce contrariata per l’imprevisto, Robespierre – Gli assalitori sono mascherati, ma mi ci giocherei la testa che sono delle guardie e noi non possiamo farci catturare…. Abbiamo un popolo da guidare…. La nostra presenza, qui, è superflua: tu sei ferito e io non so tirare di scherma.
– Io non me ne vado! – proruppe Théroigne de Méricourt – Venderò cara la pelle!
– Fate come volete, folle che non siete altro! – urlò, con isterismo, Robespierre – Nessuno verrà a salvarvi.
Detto ciò, si rivolse a uno dei suoi uomini di fiducia, ordinandogli:
– Gabriel, andate subito a sgozzare la prigioniera! Ci ha visto tutti in faccia e non possiamo guidare una rivoluzione da carcerati o da latitanti!
 
********
 
Gabriel Sabatier si affacciò sulla cella polverosa, aprendo di scatto la porta che emise un cigolio stridulo. All’udire quel rumore, Oscar – già in piena agitazione a causa del rumore di una battaglia alla quale non poteva partecipare – si alzò di scatto dal giaciglio, in uno sferragliamento di catene e guardò con aria di sfida il nuovo arrivato. Questi mosse alcuni passi in avanti, estrasse un pugnale e lo puntò contro la prigioniera che, d’istinto, si avventò contro l’aggressore, finendo, però, trattenuta dalle catene alle quali era stata assicurata. L’uomo le si avvicinò ulteriormente, la guatò con occhi freddi e sibilò:
– Spero che abbiate raccomandato l’anima a Dio, perché i vostri giorni sono giunti alla fine.
All’udire ciò, Oscar si accasciò sul giaciglio e il sicario le si accostò vicinissimo, pensando a un mancamento. Fu un attimo e la donna, agile come un felino, rapida come un fulmine e inesorabile come la morte, tolse di mano il pugnale allo sgherro e glielo conficcò in gola, capovolgendo, in poche frazioni di secondo, le sorti di entrambi.
Scansato il cadavere di Gabriel Sabatier, che le era rovinato addosso, prese il mazzo di chiavi dalla cinta di lui e si liberò dalle catene, nascondendosi, subito dopo, dietro la porta della cella.
Il carceriere, udito il tonfo di un corpo, entrò nella segreta, vide il cadavere del sicario, ma non quello di Oscar e, prima ancora di potersi guardare a destra e a sinistra, fu raggiunto da un colpo alla nuca che lo spedì fra le braccia di Morfeo. Con una delle chiavi tolte al cadavere, Oscar rinchiuse il vivo e il morto nella cella e, col pugnale e la spada che aveva sottratto a quelli, si incamminò nella direzione già percorsa due giorni prima, alla ricerca dei suoi alleati e all’inseguimento della libertà mentre Théroigne de Méricourt stava intraprendendo il cammino inverso.
 
********
 
La battaglia, intanto, infuriava e qualunque ordine doveva essere impartito urlando.
– de Marillac, andate a controllare l’accesso del passaggio segreto e il tombino che porta alle fogne – gridò Girodel a una delle Guardie Reali.
Gli uomini continuavano a combattere, più impavidi e determinati che mai anche se la stanchezza stava cominciando a fiaccare le loro membra e il dubbio si era insinuato nelle loro menti: perché continuavano ad arrivare sempre nuovi nemici? Da dove sbucavano fuori? E quel lezzo insopportabile che emanavano da dove veniva?
Dopo circa dieci minuti, tornò de Marillac che si rivolse, urlando, a Girodel:
– Colonnello, la strada che porta al passaggio segreto è ostruita da una barricata formata da mobili e da sacchi mentre, dalle fogne, stanno sbucando decine e decine di uomini che muovono in questa direzione!
– Maledizione, siamo in trappola! – tuonò Girodel.
Oscar, nel frattempo, si era avvicinata alla rampa di scale che l’avrebbe condotta al piano superiore, quando proprio da lì spuntò, come una furia, Théroigne de Méricourt. Il primo istinto del Comandante fu di dare una pedata a quell’erinni sanguinaria per proseguire il suo percorso verso la libertà, finché lo sguardo di lei non si posò sul fianco della nuova arrivata, al quale era cinta la spada che la belga le aveva sottratto la sera della cattura. Alla vista dell’antica spada di famiglia così indegnamente portata, il sangue di Oscar ribollì. Théroigne de Méricourt se ne accorse e, con espressione carica di dispetto, brandì il suo cimelio, che tutti i giorni e tutte le notti le ricordava di avere avuto la meglio sul Comandante Supremo delle Guardie Reali in persona, dicendo, con voce acuta e insolente:
– In guardia!
Oscar non se lo fece ripetere due volte e, impugnando la spada sottratta al carceriere, si mise in posizione d’attacco. Sulle prime, vedersi puntata contro l’antica spada dei de Jarjayes le fece uno strano effetto e, per una sorta di timore reverenziale, non riuscì a muoversi con disinvoltura. L’avversaria se ne accorse e la caricò con tutta la forza che aveva in corpo. Dopo un attimo di smarrimento, Oscar si riebbe e parò l’assalto con maestria, rintuzzando la furia belga con una serie di stoccate sempre più veloci che la misero in difficoltà. Malgrado fosse notevolmente indebolita dalla prigionia e i polsi le dolessero, non c’era paragone fra la tecnica di lei e quella molto più grossolana e sgangherata della rivale. Théroigne de Méricourt, rendendosi conto di non potere parare a lungo gli attacchi, si spostò di lato, facendo sbilanciare e scivolare Oscar che, però, si riprese quasi subito e contrattaccò con un montante al quale l’altra rispose con un’infinità di rozzi fendenti sempre più improvvisati e sconclusionati. A quel punto, Oscar, roteando il polso, disegnò in aria un veloce molinello con cui fece schizzare via la spada dalle mani di Théroigne de Méricourt, per, poi, recuperarla al volo dall’elsa.
Alla contentezza del fiero Comandante nel riprendere ciò che le apparteneva di diritto, fece da contraltare il feroce disappunto della furia scarlatta per essere stata privata di un trofeo che aveva sancito la prevalenza di un’orfana plebea su una nobile di sangue antico. Livida dalla rabbia, la bella di Liegi estrasse una pistola e la puntò contro Oscar che le si fiondò addosso come un fulmine e le bloccò il braccio con una stretta di ferro. Vedendosi intrappolata, Théroigne de Méricourt morse il braccio di Oscar che, con la mano sinistra, estrasse il pugnale già appartenuto a Gabriel Sabatier e lo puntò sotto il mento della folle avversaria, rimediandoci uno sputo in faccia.
Dopo avere disarmato Théroigne de Mericourt e averla rinchiusa a chiave, ringhiosa e bestemmiante, in una stanza che affacciava su quel corridoio, Oscar riprese il percorso che la conduceva verso la libertà. Giunta di nuovo alla base della scala, vide, sulla sinistra, una masnada di uomini correre inferociti verso di lei e sentì uno di loro gridare:
– Ecco la prigioniera! Robespierre ha ordinato di sgozzarla!
 
********
 
Sir Percy Blakenay stava duellando con un grassone che aveva l’alito puzzolente di vino e il corpo imbevuto dell’afrore della fogna dalla quale, insieme ai suoi compari, era spuntato.
In poche mosse, il gentiluomo inglese disarmò l’avversario e, dopo essersi appropriato della spada di lui, con aria spavalda, lo canzonò:
– Siete uno spadaccino talmente mediocre che questa povera lama merita di tentare la sorte con un proprietario migliore!
Ciò detto, salì su un alto gradino, aprì una delle finestre della fortezza e gettò la spada di sotto.
– Santa misericordia, che dolore! – urlò una voce maschile dalla strada.
Sir Percy montò sul davanzale, guardò di sotto e vide un uomo che si massaggiava la testa che era stata colpita dall’elsa della spada. Attorno a lui, era radunata una torma di popolani intenti a fare tumulto. Pochi istanti dopo, sopraggiunse una pattuglia di soldati della Guardia Metropolitana che, col pretesto di sedare il disordine, iniziò a colpire il portone del palazzo.
Alain aveva, infatti, contattato alcuni ladruncoli e altri micro criminali di strada ai quali le Guardie Metropolitane garantivano l’impunità, in cambio di informazioni su delitti più gravi e di aiuto in affari come quello e aveva ordinato loro di assaltare la fortezza, così da offrire alle Guardie l’occasione per intervenire.
Siamo salvi! – pensò Sir Percy mentre un sorriso gli rischiarava il volto.
– Soldato de Soisson! – urlò, subito dopo, al gigante che spiccava sopra tutti gli altri – Forzate la porta della fortezza e irrompete dentro!
– Avete trovato il Comandante? – urlò Alain, con la testa rivolta all’insù.
– Ancora no, purtroppo!
Udite queste parole, i soldati della Guardia Metropolitana si misero a caricare il portone con tutta la forza che avevano in corpo.
Sir Percy Blakenay balzò giù dal davanzale e, al posto del ciccione, trovò Théroigne de Méricourt che lo scrutava con gli occhi di una gatta selvatica.
La donna, con furbizia e destrezza, era riuscita a liberarsi dalla stanza nella quale Oscar l’aveva rinchiusa e, appropriatasi della spada di un morto, era tornata a cercare rissa.
– In guardia! – ingiunse la menade, ansiosa di rivincita e di nuova esaltazione emotiva e nervosa.
– Io alle signore obbedisco sempre! – celiò Sir Percy.
– Andate all’inferno, maledetto! – ringhiò quella, per tutta risposta, dopo essersi scagliata contro di lui.
Sir Percy si mise in posizione d’attacco, stando bene attento a non cadere nel tombino che immetteva nelle fogne e, tanto era carente la tecnica dell’avversaria, che riuscì a disarmarla in meno di due minuti. Mentre la spada della furia belga volava via, Sir Percy afferrò la mano destra di lei e, improvvisando uno sgangherato minuetto, la fece roteare su se stessa finché quella non si trovò seduta a terra.
Umiliata per il trattamento ricevuto e adirata per la seconda sconfitta subita nel giro di pochi minuti, la donna incominciò a inveire contro Sir Percy:
– Dannato damerino da strapazzo! Figlio di buona donna! Bifolco ignorante! Pezzo d’idiota!
– Vi amo anch’io, mia cara! – ridacchiò Sir Percy.
– Che il diavolo vi porti, brutto infame! Verme schifoso che non siete altro! – continuò quella, a mano a mano che l’umiliazione e il desiderio di rivalsa crescevano dentro di lei.
– Non siete una brava spadaccina e non siete una signora, ma mi inchino ugualmente di fronte alla Vostra beltà – disse, scanzonatamente, Sir Percy, profondendosi in un’elegantissima riverenza, al termine della quale fece scivolare, nella mano destra di Théroigne de Méricourt, una primula rossa.
La donna, ormai fuori della grazia di Dio, si risollevò, ma, girandole la testa a causa delle piroette, perse l’equilibrio e cadde nella fogna, in uno scroscio di acqua putrida e puzzolente mentre il fiore purpureo planava ai piedi di Sir Percy Blakenay.
 
********
 
– Avanti, sgozzatela, lo ha ordinato Robespierre! – tuonò uno degli uomini ai suoi compari.
Dato il numero degli assalitori e la vicinanza della scala, Oscar preferì la fuga alla lotta e iniziò a divorare i gradini a due a due, con tutta la velocità di cui era capace. Giunta quasi in cima alla rampa, avvertì una mano abbrancarle la caviglia e, prima ancora di potersi divincolare, perse l’equilibrio e batté la testa contro un gradino. Cercò di risollevarsi, facendo leva sulle braccia, ma, intorno a lei, tutto iniziò a vorticare e a diventare buio, finché non perse conoscenza.
Il portone della fortezza, intanto, era ceduto e, nel tetro edificio, era entrata una moltitudine eterogenea di soldati e di popolani in tumulto che, con gran clamore, caricò gli sgherri del Duca d’Orléans, i quali si trovarono imbottigliati fra due fuochi e furono, presto, sconfitti.
Mentre i rumori della battaglia andavano scemando, André udì il grido lanciato da Oscar al contatto della fronte con lo spigolo dello scalino e si precipitò nella direzione dalla quale esso era provenuto, sopraggiungendo un istante dopo che ella ebbe perso i sensi. Con uno scatto fulmineo, afferrò la donna dalle braccia prima che gli inseguitori la raggiungessero e, dopo averla adagiata sul pavimento, diede un calcio al primo arrivato degli aggressori che cadde all’indietro, facendo ruzzolare dalle scale, in un effetto domino, tutti i suoi compari.
André si chinò su Oscar, la guardò con infinito amore e, con un fazzoletto, le asciugò un rivolo di sangue che le colava dalla fronte. Dopo averla presa delicatamente in braccio, la portò all’aperto, affinché l’esposizione all’aria fresca della notte la facesse rinvenire.
Fuori del palazzo, le Guardie Metropolitane e quelle Reali, che, nel frattempo, si erano tolte le maschere, erano intente a mettere in ceppi i pochissimi sgherri che erano sfuggiti alla morte e che non avevano preso la via della fuga.
Alcuni curiosi, attirati dal baccano e usciti di casa in vestaglia e con le lucerne in mano, guardavano la scena con aria interrogativa mentre i più ardimentosi si accostavano ai soldati e rivolgevano loro qualche domanda.
André, sorreggendo Oscar fra le braccia, si avvicinò a Girodel e a Fersen e, dopo avere consegnato la donna amata al Colonnello, con aria triste, sussurrò:
– Colonnello de Girodel, Conte di Fersen, Ve la affido. Portatela a Palazzo Jarjayes e chiamate subito un medico. Io torno a Lille.
Detto questo, si voltò dall’altra parte e si allontanò.
Alain, che aveva assistito alla scena, si avvicinò ad André, lo afferrò per una manica e gli disse:
– André, dico io…. ma ti sei bevuto il cervello?! Hai partecipato alla missione di salvataggio…. l’hai portata fuori dal palazzo…. è la volta che ti sposa….
– Non voglio che mi accetti per gratitudine, Alain…. Io torno a Lille….
– André, ormai, ho capito che mia sorella Diane non ha speranze con te. Tu vuoi il Comandante. La vuoi infinitamente, appassionatamente, disperatamente…. Non gettare tutto alle ortiche per un momento di sconforto….
– No, Alain, io, prima, volevo lei. Adesso, io voglio il bene e la felicità di lei e il bene e la felicità di lei non includono l’intrappolamento in un matrimonio indesiderato e in una vita che non le appartiene con…. uno come me….
Pronunciate queste parole, si allontanò e sparì nelle tenebre.







Una preghiera per chi legge: adesso, per favore, non organizzate una spedizione punitiva per andare a malmenare il povero André. E’ molto provato e ha i suoi motivi. E’ vero che Oscar non gli ha riso in faccia come ha fatto col Conte di Compiègne, ma gli ha, pur sempre, rifilato un due di picche coi fiocchi.
Non c’è pace per i nostri. Cosa accadrà?
Il personaggio di Sir Percy Blakeney proviene dal ciclo dei romanzi dedicati alla Primula Rossa della Baronessa Emma Orczy e dai film e dagli sceneggiati che ne sono stati tratti.
Buona lettura e a presto!
   
 
Leggi le 21 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: _Agrifoglio_