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Autore: Ciuffettina    06/12/2018    5 recensioni
Con il Figlio del Padre in fuga verso l’Egitto, insieme alla Sua famiglia umana e il cugino del Figlio del Padre nascosto insieme alla madre in una grotta di una montagna in Galilea, fu subito chiaro a tutti che Gabriel non poteva occuparsi di entrambi i pargoli…
Storiella natalizia, senza troppe pretese, scritta per il giornalino del mio paese.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gabriel, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il dietro le quinte del Vangelo'
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Con il Figlio del Padre in fuga verso l’Egitto, insieme alla Sua famiglia umana e il cugino del Figlio del Padre nascosto insieme alla madre in una grotta di una montagna in Galilea, fu subito chiaro a tutti che Gabriel non poteva occuparsi di entrambi i pargoli: era un arcangelo ma non aveva certo il dono dell’ubiquità, pertanto si decise di affidare il piccolo Giovanni a Uriel, mentre Gabriel avrebbe accompagnato la Sacra Famiglia in Egitto.
Giuseppe tirava l’asino, sul quale sedeva Maria che stringeva a sé il Bambino con fare protettivo, mentre l’arcangelo le svolazzava accanto.
«Ma perché Erode vuole ucciderLo?» domandò la donna angosciata al suo protettore.
«È convinto che questo Piccolino voglia spodestarlo dal suo trono, come se a Lui interessassero quelle brutte seggiole intarsiate» rispose Gabriel con aria disgustata.
«Forse se Erode lo capisse, non vorrebbe più ucciderLo… Non potresti andarglielo a spiegare?» domandò lei speranzosa.
«Credi che non ci abbia già pensato?» sbuffò l’arcangelo. «Purtroppo non ho ricevuto ordini in tal senso… Sarebbe bastato che quell’umano si fosse degnato di leggere un po’ più attentamente le profezie per capire che il trono destinato al Messia è quello celeste e non avr… e voi non avreste dovuto traslocare.» Non era il caso di angosciarla anche con la strage di quei poveri innocenti, uccisi solo perché sospettati di essere il Messia.
Giuseppe si voltò a guardarli. Pensò che era comodo avere un arcangelo che procurava loro qualcosa da mangiare, visto che erano dovuti scappare talmente in fretta che c’era stato soltanto il tempo di prendere un asino, tuttavia, per l’ennesima volta, si chiese perché dovesse sempre svegliarlo strillandogli nelle orecchie. «Ma proprio in Egitto dobbiamo andare?» domandò preoccupato. «I nostri avi furono fatti schiavi dal faraone, fino a quando…»
«Lo so» rispose Gabriel interrompendolo, «non dimenticarti che c’ero anch’io all’epoca, comunque se l’attuale faraone ha studiato la storia, avrà capito che non conviene far arrabbiare quelli dei Piani Alti. Fidatevi, nessuno farà del male a voi o al Bambino.»
 
Un giorno, mentre costeggiavano una montagna, sentirono in lontananza galoppare i cavalli dei soldati.
«Presto, entriamo in quella grotta!» esclamò Giuseppe, dirigendosi verso un antro che aveva scorto.
«E se entrassero?» domandò Maria spaventata.
«Non entreranno, non lo permetterò» le promise Gabriel con aria decisa.
Gli occhi di Maria si abbassarono sulla spada che l’arcangelo aveva al suo fianco e impallidì.
«Tranquilla, piccola» le disse Gabriel, chiamandola con il vezzeggiativo che usava quando lei era ancora una bambina e lui andava a trovarla nel Tempio. «Questa serve solo per far scena, non l’ho mai utilizzata e credo proprio che non la utilizzerò nemmeno oggi.»
Gli umani entrarono nella grotta con l’asino e, una volta che furono dentro, Gabriel schioccò le dita, facendo comparire una grossa ragnatela all’ingresso talmente spessa e intricata che sembrava un pizzo.
Quando i soldati giunsero alla grotta, stavano per entrare e perquisirla, ma il comandante li fermò.
«Lasciate stare» disse. «Non vedete che c’è una grossa ragnatela intatta? Se qualcuno fosse entrato, l’avrebbe certamente rotta!»
I soldati passarono oltre con grande gioia di tutti quanti.
 
Finalmente il gruppetto arrivò ai confini di Ermopoli ed entrò in una città dell’Alto Egitto chiamata Syene. Siccome in essa non vi era alcun conoscente al quale potessero chiedere ospitalità, gli umani entrarono in un tempio in cui vi erano 355 idoli. Appena l’ebbero fatto, tutte le statue caddero con la faccia a terra, completamente spezzate.
«Ma che hai fatto?» domandò perplessa Maria a Gabriel.
«Non sono stato io ma Lui» così dicendo indicò sorridendo il Bambino che si guardava in giro con aria incuriosita.
Un’altra profezia si era avverata(1): la loro permanenza in Egitto non poteva cominciare in maniera migliore.
 
*****
 
Racconto vagamente ispirato al Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo.
1) “Crollano gli idoli d'Egitto davanti a Lui e agli Egizi vien meno il cuore nel petto.” Isaia 19,1
   
 
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