Videogiochi > Dragon Age
Segui la storia  |       
Autore: MorganaMF    06/12/2018    1 recensioni
«Quando Duncan è arrivato al nostro accampamento, non avrei mai potuto immaginare tutto ciò che ne sarebbe conseguito. Voleva reclutare un solo elfo Dalish, e invece se ne è ritrovati due: i gemelli Mahariel, fratello e sorella. Gli ultimi rimasti della nostra famiglia, dopo che nostro fratello Tamlen era sparito nelle rovine.
Il Quinto Flagello mi ha portato via quasi tutto: ho dovuto abbandonare il mio clan, ho perso la mia famiglia... ho perso perfino una parte della mia vita, strappatami via dall'Unione. Ma, per assurdo, questo Flagello mi ha portato alcune delle cose più belle: ho trovato l'amore, ho incontrato le persone più strane... ho stretto rapporti profondi con molti umani, cosa che un tempo non avrei mai creduto possibile. Una di loro, in particolare, mi resterà sempre nel cuore: sarebbe diventata parte della mia famiglia, se le cose fossero andate diversamente. La cara, indimenticabile Hawke. È stata con noi fino alla fine, ci ha aiutati a sconfiggere il Flagello e sarebbe dovuta diventare un Custode Grigio; ma alla fine è andata per la sua strada, come tutti gli altri.
Non dimenticherò mai questo Flagello: nel bene e nel male, ha cambiato per sempre la mia vita.»
[M. Mahariel]
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alistair Therin, Altri, Custode, Hawke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tre settimane passarono in un baleno. In quindici giorni fecero ritorno a Redcliffe, dove scoprirono che Arle Eamon era già partito per Denerim: la sua presenza era stata richiesta a corte per organizzare l'Incontro dei Popoli da lui indetto. Aveva lasciato istruzioni per i Custodi, che avrebbero dovuto raggiungerlo in città appena possibile; pertanto, dopo essersi riforniti di provviste, ripartirono immediatamente.
Erano ormai a pochi giorni da Denerim, e come di consueto si erano accampati per la notte. Il golem Shale si era rivelato una sorta di Morrigan di pietra: le due avevano lo stesso grado di acidità. Dalla voce, Shale sembrava essere una femmina; naturalmente il golem non poteva conoscere il suo sesso d'origine, non ricordava nulla del suo passato di nana né tantomeno sapeva di essere stata una nana, in passato. Rimase sconcertata quando apprese la verità sull'origine dei golem.
«Quindi essa mi sta dicendo che tutti i golem erano dei nanetti mollicci, prima di rinascere come creature di pietra?» chiese a Melinor quella sera. L'elfa era stata una dei pochi del gruppo ad avere il coraggio di approcciare quel golem così scontroso. «E mastro Caridin in persona ve l'ha rivelato?»
«Sì, Shale. So che è un grosso boccone da mandare giù, ma ti assicuro che è la verità.»
Shale rimase in silenzio, le cavità illuminate che aveva al posto degli occhi davano l'impressione d'essere perse nel vuoto. «Avrei voluto incontrare Caridin. Il suo nome suona familiare... avrebbe potuto dirmi la verità sul mio passato. È un vero peccato che si sia gettato nella lava.»
Melinor annuì. «Mi dispiace, Shale... il tuo precedente padrone non ti ha detto proprio nulla su come ti ha trovata?»
«Quello stupido mago mi ha trovata per caso nelle Vie Profonde, ed è già tanto se ha saputo riconoscere che sono un golem» ribatté aspra Shale. Sten aveva riferito al gruppo la storia di come aveva trovato Shale: sulla via verso Orzammar era passato per un villaggio, Honnleath, infestato dalla prole oscura. Era riuscito a salvare i pochi abitanti sopravvissuti, e dopo aver saputo che il qunari stava andando ad aiutare i Custodi Grigi contro il Flagello, il capo villaggio aveva deciso di donare Shale alla causa. Il golem era appartenuto a suo padre, un mago che usava Shale per fare esperimenti al fine di aumentarne la potenza; un giorno venne trovato morto, con Shale disattivata accanto a lui. Tutti pensarono che fosse stato il golem a ucciderlo, ma una volta riattivata da Sten, Shale negò d'averlo fatto: anche volendo, non avrebbe mai potuto ribellarsi a colui che deteneva la verga di controllo. Verga che, dopo aver riattivato Shale, si era stranamente rivelata inutilizzabile. Shale era dunque libera di fare ciò che le aggradava, e aveva deciso di sua spontanea volontà di seguire il qunari.
«Ti ha almeno detto in che punto delle Vie Profonde ti ha trovata?» le chiese Melinor.
«Sì, il thaig Cadash. È tutto ciò che so.»
L'elfa si fece pensierosa. «Potremmo tornare a Orzammar, una volta finito il Flagello; se vuoi conoscere il tuo passato, forse gli storici potrebbero aiutarti. Potrebbero dirti qualcosa su quel thaig, magari sentirne la storia riaccenderebbe qualche ricordo.»
«Può essere» ammise Shale. Guardò l'elfa. «Essa non è poi così male, per essere una maga.»
Melinor rise appena: in quelle settimane aveva imparato che Shale odiava i maghi a causa del suo vecchio padrone. Aveva ammesso senza problemi che sarebbe stata ben felice di ucciderlo, se avesse potuto; era dispiaciuta di non ricordare come fosse morto. «Grazie Shale. Allora potresti smettere di chiamarmi "essa"» suggerì l'elfa al golem. Un'altra delle sue stranezze era proprio quella: chiamare le persone come se fossero oggetti.
«Ci penserò» disse con forzata indifferenza Shale.
Dalla parte opposta dell'accampamento, due paia d'iridi le osservavano.
«Come sta?» chiese Merevar ad Alistair, che lo guardò con tanto d'occhi in risposta.
«Lo chiedi a me? Sei tu il suo gemello, la conosci meglio di chiunque altro.»
«Sì, lo chiedo a te» ribadì il dalish. Alistair riprese a guardare Melinor.
«Non è più la stessa, dopo le Vie Profonde.»
Merevar annuì, affatto sorpreso. Da quando erano usciti da Orzammar, Melinor si era fatta più silenziosa: aveva cercato di nascondere la cosa, mostrandosi immersa nel suo addestramento come guerriera, ma il cambiamento non era sfuggito a nessuno. Se da un lato Sten lo aveva apprezzato, iniziando a considerarla una vera condottiera, il resto del gruppo non poteva che essere dispiaciuto per lei. Melinor continuava a comportarsi da Guardiana, parlava con tutti e cercava di tirare su di morale chi ne aveva bisogno; ma era come se la scintilla in lei si fosse smorzata. Persino quando Oghren, il nuovo acquisto del gruppo, allietava le loro serate con ridicole scenette da ubriacone qual era, le sue risate erano distanti; come se non riuscisse più a divertirsi fino in fondo.
«L'esperienza con la madre della nidiata l'ha sconvolta» continuò Alistair. «Avevamo già discusso del fatto che, essendo Custodi Grigi, non potremo mai avere figli. Ci siamo entrambi rassegnati all'idea, ma aver visto Laryn così... la sua femminilità deviata e snaturata in quel modo...» scosse la testa. «Melinor è terrorizzata dal fatto che potrebbe fare quella fine. Non riesce ad accettare che l'unico modo in cui potrebbe procreare sia quello.»
Merevar abbassò lo sguardo a terra; sapeva bene quanto la scelta di seguirlo fosse costata alla sorella. Aveva sempre creduto che sarebbe diventata madre, prima o poi; molte volte avevano fantasticato insieme su come l'avrebbe reso zio, su come lui avrebbe istruito i suoi nipotini per renderli cacciatori. Ora quel futuro era stato strappato a entrambi, ma soprattutto a lei.
«Non c'è solo questo a turbarla... lo sai, vero?» alzò gli occhi su Alistair. «Ha paura che possano metterti sul trono contro la tua volontà.»
Alistair non rispose. Naturalmente lo sapeva. Melinor non si fidava di Arle Eamon, era convinta che avrebbe cercato di mettere Alistair sul trono in ogni caso, anche se lui non voleva. Aveva sempre nutrito quei sospetti, ma con l'Incontro dei Popoli alle porte, la paura relegata nelle profondità più remote dei loro cuori si stava facendo sempre più forte e reale.
Voci schiamazzanti provenienti dalla Gran Via Imperiale poco più in là interruppero ogni conversazione e attività in corso: tutti si affrettarono a raggiungere Leliana e Zevran, posti di vedetta proprio ai margini della strada. Li trovarono accerchiati da quattro malviventi, e altri giacevano già a terra morti. Si affrettarono a raggiungerli e ad aiutarli: si resero conto che quelli non erano dei comuni banditi. Erano assassini addestrati, e non fu così semplice disfarsi di loro.
Leliana azzoppò abilmente il suo opponente, facendolo finire disteso a terra. Gli salì sopra a cavalcioni, lo disarmò e gli puntò il pugnale alla gola.
«Tu verrai con noi. Sarai molto utile per testimoniare contro Loghain all'Incontro dei Popoli» gli disse. L'uomo la guardò smarrito.
«Loghain? Non so di cosa stiate parlando» scosse il capo. Leliana sgranò gli occhi: l'accento dell'uomo era orlesiano. Loghain non avrebbe mai assoldato degli orlesiani.
«Tu sei un bardo! Chi ti ha mandato?» pressò la lama contro la gola quel tanto che bastò a far sgorgare una punta di sangue.
«Vi dirò quello che so, se mi lascerete andare!»
Leliana assottigliò gli occhi. «D'accordo. Parla.»
«Era una donna, un'orlesiana. Non l'ho vista in faccia, indossava una maschera. Ma posso dirvi dove risiede al momento, ha una casa a Denerim; si trova proprio sulla via che porta ai cancelli d'ingresso.»
Leliana sussultò. «Sul lato destro della strada? La quinta casa?»
«Sì, esatto!»
«Che istruzioni ti ha dato?»
«Mi ha detto di uccidere voi, in caso vi foste avvicinata a Denerim. Siamo sulle vostre tracce da quando avete lasciato il monastero di Lothering.»
I membri del gruppo si guardarono fra loro, confusi; erano sicuri che si fosse trattato di un attentato alle vite dei Custodi, ma non era così.
Leliana si rialzò in piedi liberando il bardo. «Vattene, e non farti rivedere» gli intimò, e l'uomo non se lo fece ripetere due volte. Si rimise in piedi e schizzò via in un attimo, sparendo nella notte.
«Chi ti vuole morta?» chiese Zevran, avvezzo a quel genere di cose.
«Che sta succedendo, Leliana?» si fece avanti Melinor. Era preoccupata, e guardandola Leliana non ebbe cuore di continuare a tenere nascosta la verità. Decise di parlare con onestà a tutti loro.
«Ormai lo sapete, anche se non l'ho mai ammesso apertamente. L'ho detto solo a Melinor, perché è la nostra guida, ma... sì, ero un bardo prima di venire qui nel Ferelden». Nessuno si sorprese. «Ho iniziato molto giovane, avevo appena quindici anni. La mia mentore era una donna, una fra i bardi migliori e più spietati. Si chiamava Marjolaine. Mi ha insegnato tutto: a combattere, a tirare d'arco, a creare veleni... mi ha insegnato come fingere d'essere una nobile e una sguattera. Divenni molto brava, grazie a lei. Per un periodo riuscimmo a infiltrarci nella corte d'Orlais, una sorte comune ai bardi più abili: lavorammo a lungo per un nobile che divenne nostro patrono, aiutandolo a muoversi nel Gioco.»
«Gioco?» chiese Merevar, perplesso.
«Sì. È così che viene chiamato il sistema di macchinazioni e complotti della nobiltà orlesiana: il Grande Gioco. In Orlais l'apparenza conta più di qualsiasi cosa, pertanto i nobili si mostrano sempre con la loro facciata migliore, fatta di cordialità e frivolezze. Ma dietro le quinte sono sempre impegnati nella corsa al potere: nel Gioco, tutto è concesso per sconfiggere gli avversari. I bardi sono gli strumenti utilizzati dai nobili per giocare la loro partita. Possono arrivare anche all'assassinio per un piccolo torto subito; l'importante è non farsi scoprire, mantenere la faccia.»
«E tu lavoravi per individui del genere?» s'impressionò Hawke; aveva conosciuto Leliana come una sorella della Chiesa, buona e zelante. Faticava a credere che avesse vissuto una vita simile.
«Sì, Hawke. Ed ero anche piuttosto brava» ammise l'altra con fatica. «Ma durante il nostro periodo a corte, Marjolaine iniziò a complottare qualcosa a mia insaputa. Un giorno partimmo per il Ferelden, per svolgere quello che sembrava un comune lavoro. Marjolaine mi mandò nella tenuta dell'Arle di Denerim per collocare dei documenti incriminanti, a suo dire... ma qualcosa mi puzzava. Marjolaine mi aveva sempre detto tutto sui nostri lavori, prima d'allora... ma non quella volta, era stata troppo vaga. Non sapevo nulla: né il contenuto della busta, né chi ci aveva commissionato il lavoro... così aprii la lettera, e scoprii che conteneva informazioni segrete sull'Orlais; informazioni militari di cui la nobiltà fereldiana avrebbe potuto avvalersi per prevaricare l'impero orlesiano.»
«Marjolaine stava vendendo informazioni al Ferelden?» esclamò Alistair.
Leliana annuì. «Una cosa del genere è considerata alto tradimento in Orlais. È punita con la morte. Portai comunque a termine il lavoro, ma poi tornai da Marjolaine e le chiesi spiegazioni. Le dissi che ero preoccupata per lei, per noi! Se l'avessero scoperta sarebbe stata la fine. Lei si lasciò convincere, e decise di tornare a riprendere i documenti nella tenuta dell'Arle qualche giorno dopo. E io, come una stupida, le credetti...» scosse il capo; un misto di rabbia e tristezza affiorò sul suo volto. «Ci infiltrammo e riprendemmo la busta senza problemi. Era stato fin troppo facile. Ma proprio quando pensavamo d'avercela fatta, Marjolaine mi pugnalò alle spalle... letteralmente. Mi risvegliai nei sotterranei della tenuta, dove venni torturata per giorni. Scoprii che Marjolaine era in combutta con il capo del corpo di guardia dell'Arle di Denerim, il mio carceriere: Harwen Raleigh.»
«Harwen Raleigh? Combatté nella guerra per la liberazione del Ferelden, i suoi uomini vinsero molte battaglie» ricordò Alistair.
«Ma dopo la liberazione, re Maric gli tolse tutte le sue terre... aveva commesso troppe atrocità inutili. Stupri, torture, uccisioni gratuite...» aggiunse Wynne.
«Per questo odiava a morte l'Orlais» riprese Leliana. «Imputava a esso la perdita di ogni suo avere, e aveva pagato Marjolaine profumatamente per quelle informazioni. Per uscirne puliti entrambi, falsificarono i documenti: tennero gli originali, e modificarono le copie in modo da far sembrare che fossi io ad aver commesso il tradimento. Raleigh mi arrestò e mi denunciò all'Orlais, ma le guardie non sarebbero arrivate prima di un paio di settimane... e in quel periodo lui tenne fede alla sua reputazione. Mi fece patire le pene dell'inferno per puro piacere personale» disse a fatica, il dolore ancora vivido nei suoi ricordi.
«Come sei riuscita a sfuggirgli?» tentò di cambiare argomento Melinor.
«Sono stata aiutata dalla persona a cui Marjolaine ha rubato i documenti originali. Una Venerata Madre dell'Orlais, Dorothea. Dopo avermi fornito i mezzi per fuggire, mi ha offerto un posto dove nascondermi; ho scoperto così che Marjolaine l'aveva sedotta con lo scopo di rubarle i documenti. Io volevo la mia vendetta, e lei i suoi documenti; così abbiamo collaborato. Lei ha usato i suoi contatti per rintracciare Marjolaine, che era protetta da Raleigh; quando li ho trovati l'ho ucciso.»
«L'hai ucciso? Solo lui?» si stupì Zevran. Leliana assunse un'aria colpevole.
«Sì, Zevran; anche dopo quello che mi ha fatto, non so se sarei riuscita a uccidere Marjolaine. Non ne ho avuto modo, in ogni caso; è scappata dopo avermi detto un paio di cattiverie. Quel tanto che è bastato a farmi capire che non le era mai importato nulla di me». Sospirò. «Dopo quell'esperienza, sono entrata a far parte delle sorelle della Chiesa con l'aiuto di Dorothea. Mi ha consigliato Lothering, un posticino tranquillo dove ricominciare. Il resto lo sapete già.»
Seguirono alcuni istanti di silenzio. Fu Melinor la prima a rompere il ghiaccio. «Perché cercare di colpirti dopo tutti questi anni?»
«Conosco i metodi di Marjolaine. Speravo che mi avesse ormai lasciata perdere, ma evidentemente non è così. Quel bardo ha detto che era sulle mie tracce da quando ho lasciato Lothering con voi, e che Marjolaine voleva tenermi lontana da Denerim; probabilmente mi ha fatta sorvegliare per anni, nel timore che potessi tentare qualcosa contro di lei.»
«Ma noi siamo già stati a Denerim» le fece notare Alistair. «Quella volta, quando siamo andati a cercare fratello Genitivi.»
«Sì, ma con tutti gli spostamenti che abbiamo fatto, forse abbiamo fatto perdere loro le nostre tracce, per un po'. Ad ogni modo, Marjolaine è a Denerim e mi vuole morta» si portò una mano alla fronte Leliana. «Forse è meglio che andiate senza di me.»
«Cosa? Non esiste!» esclamò Hawke con cipiglio risoluto. «Cosa pensi di fare, qui fuori da sola? Il tuo posto è con noi!»
«Non voglio mettervi tutti in pericolo, Hawke.»
«E cosa è cambiato rispetto a prima? Marjolaine ti ha sempre tenuta sotto scacco. Siamo sempre stati in pericolo». Tutti si voltarono verso Merevar. Le sue parole erano foriere di una scomoda verità, una verità difficile da digerire; ma non c'era accusa nella sua voce, né nei suoi occhi. «Io dico che dovresti venire a Denerim e affrontare questa Marjolaine una volta per tutte.»
Leliana si stupì: non si aspettava certo il supporto del dalish. «Mi stai suggerendo di ucciderla?»
«Sì. Lei non si è fatta alcuno scrupolo nei tuoi riguardi, mi sembra; non vedo perché tu dovresti lasciarla libera di attentare alla tua vita. Devi difenderti, e questo è l'unico modo.»
Leliana non rispose; cercò istintivamente lo sguardo di Melinor, e fu sorpresa da ciò che vi trovò. Comprese subito che era d'accordo con Merevar.
«Se non ti ha lasciata andare per tutto questo tempo, non lo farà mai» disse l'elfa, saggiamente. «Ucciderla o meno sarà una tua decisione, ma devi in ogni caso farle capire che non può giocare con te al gatto e al topo. Non puoi continuare a vivere nascondendoti, non è giusto per te.»
Hawke avanzò fino a portarsi di fronte a Leliana; la prese per le spalle e le rivolse un sorriso incoraggiante. «Siamo tutti con te, Leliana. Andremo a Denerim, e ci libereremo di questa Marjolaine una volta per tutte.»
Leliana annuì. Sapeva che avevano ragione: era ora di fare i conti con il passato.


Una settimana più tardi varcarono i cancelli di Denerim. Avevano atteso la notte per entrare in azione, in modo da passare inosservati. Leliana sapeva qual era la casa di Marjolaine; si diresse verso la porta con passi sicuri, ma con il volto segnato dall'agitazione. Non avrebbe mai pensato che avrebbe rivisto Marjolaine, un giorno.
«Noi entriamo con te. Gli altri resteranno di guardia qui fuori» le disse Hawke; dietro di lei, Merevar e Melinor si fecero avanti.
Leliana annuì, riconoscente. «Alistair, vieni anche tu. Marjolaine tiene sempre qualche mago apostata nei suoi ranghi, le tue abilità da templare potrebbero tornare utili.»
Alistair non fece obiezioni; Leliana si chinò sulla serratura e armeggiò finché non la fece scattare. Posò un dito sulle labbra per dire agli altri di fare silenzio; s'infilarono in casa come ombre.
Leliana si stupì, non trovando alcuna guardia. Continuò a muoversi con grande cautela, conducendo i suoi amici fino al salottino della casa. Tutto era sfarzosamente arredato, alla maniera dell'Orlais: l'aria profumava di fiori e oli essenziali, c'erano arazzi, drappeggi, quadri e tende ovunque. Quando Leliana aprì la porta del salottino si sentì salire il cuore in gola.
«Marjolaine.»
La donna era comodamente distesa sul suo divanetto, adagiata sul fianco destro in una posa sensuale, vestita d'una veste rosa con dettagli dorati e i capelli raccolti. Le labbra truccate dello stesso colore della veste si piegarono in un sorriso.
«Sapevo che saresti arrivata, Leliana. Hai portato degli ospiti illustri, vedo» ammiccò in direzione dei Custodi Grigi.
Leliana sentì un fiotto amaro salirle in bocca: si rese conto solo in quel momento che aveva soltanto creduto di aver dimenticato il suo passato. Il dolore era ancora lì, affatto guarito dal tempo: la ferita sanguinava ancora copiosamente.
«Sei una vipera, Marjolaine. Perché non mi hai lasciata perdere? Pensavi davvero che volessi ancora vendicarmi, dopo tutti questi anni?»
La donna rise, passandosi una mano fra i setosi capelli bruni. La guardò con malizia. «Se non vuoi vendicarti, allora perché sei qui?»
«Hai mandato delle persone a uccidermi!» esclamò Leliana, portandosi a pochi passi da lei, adirata.
«Appunto; e sei venuta qui per rendermi pan per focaccia» replicò con tranquillità Marjolaine, scacciando con la mano una mosca che la disturbava. Si alzò in piedi e mosse qualche passo verso la sua allieva. «Sei stata brava, Leliana. Tutti questi anni trascorsi come una ragazza pia, nascosta in quel monastero... avevo quasi pensato che fosse tutto vero. Ma poi un corvo mi ha recapitato un messaggio, tu eri partita all'improvviso... strani spostamenti, strane compagnie... molto astuta, Leliana. Far perdere le tue tracce così è stato un colpo da manuale, ma io sono più brava di te; sono riuscita a rintracciarti. Non sapevo se avresti abboccato, in fondo sai perché ho voluto attirarti qui. Sei scomoda. Ma ti conosco fin troppo bene; sapevo che non avresti potuto resistere alla tentazione di rivedermi.»
Il viso di Leliana venne distorto dalla rabbia. «Non riesco a crederci, Marjolaine... sei davvero megalomane al punto da credere di essere al centro dei miei pensieri e di ogni mio piano? Io sono andata oltre, e dovresti farlo anche tu! Sto aiutando i Custodi Grigi, ora!»
«Ma per favore» rise con gusto la donna. «Io ti ho creata, Leliana. Devi a me tutto ciò che sei. Ti ho creata a mia immagine e somiglianza, e forse ho fatto un lavoro fin troppo accurato... ma me ne sono resa conto troppo tardi, quando hai scoperto i miei piani. Hai tradito la tua slealtà leggendo quei documenti, quando ti avevo espressamente detto di non farlo.»
«Ero preoccupata per te! Stavo cercando di aiutarti!»
«Certo, certo... ecco che ritornano i miei insegnamenti. Quegli occhioni celesti, così tondi e lucidi... quel bel faccino innocente... sembri davvero sincera. Sono fiera di te, Leliana; stai fingendo proprio come farei io.»
Qualcosa si ruppe dentro Leliana: i suoi occhi si spensero in un istante. Le sue labbra si distesero e si dischiusero, e parlò quasi priva di emozione. «Morrigan.»
Marjolaine tradì la sua sorpresa: non fece in tempo ad accorgersi della metamorfosi della mosca sul suo divano. Morrigan apparve alle sue spalle, seduta sul divano con espressione divertita; piantò un piede sulla schiena di Marjolaine e la spinse in avanti, dritta fra le braccia di Leliana. Questa fu lesta a rivoltarla e a immobilizzarla da dietro.
«I miei amici hanno ragione: non sarò mai libera da te, se non ti uccido.»
Marjolaine rise a fatica, il braccio di Leliana stretto attorno al suo collo. «Hai ragione, tesoro mio. Ti capisco. In fondo noi due siamo uguali: io farei la stessa cosa.»
«L'hai già fatto, Marjolaine. E hai fallito.»
Con un colpo secco le tagliò la gola. Una fontana di sangue zampillò copiosa, facendo scattare Morrigan via dal divano con aria contrariata. Era stanca di togliere macchie difficili dai suoi vestiti.
Leliana rimase a guardare la pozzanghera allargarsi sotto al corpo di Marjolaine, immobile: per chi l'osservava era difficile capire cosa le stesse passando per la testa.
«So che siete nascosti. Uscite. Non ho nulla contro di voi» disse improvvisamente la ragazza.
Un mago e due assassini uscirono dall'ombra; Leliana sapeva sin dall'inizio che erano appostati lì, ma non capiva perché non avessero attaccato. Quando vide in faccia il mago, un elfo mingherlino, comprese tutto.
«Sketch! Non posso crederci... lavoravi ancora per Marjolaine?»
Il mago sostenne il suo sguardo, ma con una certa riluttanza. «Non avevo molta scelta come apostata, lo sai.»
«Avresti potuto lavorare per qualche altro capo bardo. Come hai potuto restare con lei, dopo quello che ci ha fatto? Ha fatto rinchiudere anche te insieme a me! Siamo scappati insieme, l'abbiamo messa in fuga insieme!»
«Era più facile così, Leliana. Io non sono forte come te. Marjolaine sapeva di avermi in pugno, non temeva che la tradissi; per questo mi ha riaccolto. Avevo paura di lei, temevo che avrebbe dato la caccia anche a me, se fossi fuggito.»
Leliana non rispose; lo guardò con aria comprensiva. In fondo capiva le sue ragioni: avevano lavorato insieme per Marjolaine per anni, lui era stato sempre un amico. Un amico troppo buono per una vita simile. Guardò lui e gli altri due galoppini di Marjolaine, due nuovi acquisti che non conosceva. «Andate. Ora siete liberi.»
Sketch le rivolse un sorriso riconoscente; s'incamminò con gli altri due verso la porta, ma poco prima che la varcasse Leliana gli parlò.
«Grazie per non avermi attaccata quando avresti dovuto farlo.»
Sketch si voltò. «Sei sempre stata un'amica, Leliana. Te lo dovevo.»
Uscì dalla porta, lasciando solo il gruppo. Leliana tornò a guardare il cadavere ai suoi piedi.
«Ehi», la raggiunse Hawke. «Tutto bene?»
Leliana continuò a fissare il corpo inzuppato di sangue. «No», rispose secca; si voltò e corse fuori dalla porta.


Decisero di alloggiare alla locanda, per quella sera; era tardi, e non volevano presentarsi alla porta di Arle Eamon a quell'ora. Si sarebbero trasferiti nella sua tenuta di Denerim il giorno dopo, come accordato con il nobile.
Leliana restò sulle sue tutto il tempo; gli altri erano già a letto da tempo quando Melinor decise di raggiungerla fuori, a uno dei tavoli sul patio della locanda.
«Come va?»
Leliana nemmeno la guardò nel risponderle. «Non va.»
L'elfa si sedette di fronte a lei. «È per via di quello che ti ha detto prima di morire, vero?»
Leliana abbassò lo sguardo tormentato. Fece cenno di sì.
«Non è così, Leliana. Tu non sei come Marjolaine.»
«Dici questo solo per confortarmi. La verità è che aveva ragione, mi sono comportata esattamente come avrebbe fatto lei. Io l'ho uccisa, Melinor!»
«Hai fatto quello che dovevi» insistette l'elfa. Leliana la guardò con tanto d'occhi.
«Non posso credere che proprio tu mi stia giustificando. Avrei potuto lasciarla andare, avrei potuto minacciarla, usare ciò che avevo contro di lei come un monito... gli agganci non mi mancano, anche dopo anni. Ma ho scelto la via più facile, la via immediata e sicura... come mi ha insegnato lei.»
Melinor poggiò i gomiti sul tavolo, intrecciò le dita e si protese in avanti. «Leliana, tu sei una brava persona. So che ora senti di non esserlo, hai ucciso una persona che avresti potuto risparmiare. Ma non ti avrebbe dato tregua, e lo sai meglio di chiunque altro». Le sorrise. «Le persone cattive si sentono come te, dopo aver ucciso qualcuno?»
Leliana esitò prima di rispondere. «No», fu costretta ad ammettere.
«E questa non è una prova sufficiente per te?»
«Non lo so, Melinor... sono così confusa! Quando ero al monastero, lontana da tutto questo, credevo d'aver trovato la pace. Ma da quando sono partita con voi è tutto diverso: il viaggio, l'avventura, gli intrighi in cui ci siamo ritrovati... mi è sembrato d'essere tornata alla mia vecchia vita, e la cosa che mi spaventa è che mi è piaciuto». Guardò Melinor con occhi pieni di paura. «Mi piace questa vita, Melinor. Forse non sono la persona che credevo, che tu credevi.»
Melinor la guardò con un'intensità tale da farla quasi sprofondare. «Tu sei una persona buona. Ma a volte le persone buone devono fare cose cattive per proteggere il mondo.»
Leliana non rispose; c'era del vero in quelle parole, ma c'era anche dell'altro.
«Non sono certa che tempo fa mi avresti risposto così, Melinor... perché ora non mi parli di come ti senti tu?»
Melinor abbassò lo sguardo sul tavolo. «Mi sento stanca», ammise senza problemi, tornando ad appoggiare la schiena sulla sedia. «Dico sempre che il mio addestramento da Guardiana mi ha preparata a tutto, a gestire gruppi, crisi, difficoltà... la verità è che nessun addestramento è sufficiente, quando ti ritrovi in mezzo a una situazione del genere. Tutto ciò che abbiamo fatto, tutto ciò che abbiamo visto... inizia a pesare.»
Fu il turno di Leliana di rivolgerle un sorriso incoraggiante. Allungò una mano sul tavolo e afferrò quella di Melinor, abbandonata dall'altro lato. «Hai tanti amici che possono aiutarti a portare quel peso. Non dimenticarlo.»
Melinor strinse la mano di rimando, in un muto ringraziamento.
«Perdonate l'interruzione.»
Due figure incappucciate si avvicinarono al tavolo: l'uomo che aveva parlato era alto e corpulento, la figura accanto a sé era più minuta. Le due scattarono in piedi.
«Chi siete?» chiese Leliana.
«Non temete, siamo amici. Siete voi la Custode a capo del gruppo, vero?» chiese quella che si rivelò essere una donna.
«Chi lo chiede?» replicò Melinor.
I due sconosciuti si guardarono attorno prima di abbassare i cappucci: un giovane uomo sui trent'anni e una ragazza sui venti, che si somigliavano molto. Stessi capelli scuri e stessi occhi grigi: dovevano essere fratello e sorella.
«Sappiamo che volete opporvi a Loghain. Noi possiamo testimoniare a vostro favore all'Incontro dei Popoli» disse l'uomo.
«Non ci avete ancora detto chi siete» incalzò Leliana.
I due si guardarono ancora fra loro, e poi controllarono attorno con fare nervoso. Si avvicinarono di qualche passo per farsi udire dalle due. Fu la ragazza a parlare, in poco più d'un bisbiglio.
«Siamo Fergus e Freya Cousland. Vogliamo aiutarvi.»




NOTE AUTRICE


Rieccomi, dopo (troppo) tempo! Gli impegni sono tanti, non riesco più ad aggiornare settimanalmente. Maa non temete, la storia continuerà fino alla fine!
Questo capitolo è dedicato alla storia di Leliana (da qui il titolo, lo stesso del DLC). E c'è una piccola sorpresa alla fine, che spero abbiate gradito! Una delle mie Custodi preferite, la Cousland che avevo chiamato Freya. L'ultimo cameo previsto per questa storia. La conoscerete nei prossimi capitoli. Fatemi sapere che ne pensate, e alla prossima (speriamo presto)!

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Dragon Age / Vai alla pagina dell'autore: MorganaMF