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Autore: Alyss Liebert    06/12/2018    2 recensioni
[ established!Leopika; pre!York Shin City arc; What if? ]
Quello stesso giorno di quattro anni prima, la tragedia del clan Kuruta era stata resa pubblica.
Quel giorno, Kurapika ne era venuto a conoscenza.
E Leorio lo sapeva bene.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kurapika, Leorio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Disclaimer
I personaggi e le ambientazioni sono proprietà di Yoshihiro Togashi.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
 
Inori
 
 
Un verecondo fascio di luce – sussulto dell’alba, messaggero di un nuovo giorno – tradì il roseo incarnato di due corpi nuovamente reduci dal fomento di un’unione passionale, dall’ebbrezza di due anime lese che non cessavano mai di desiderarsi.
Stretti in un placido abbraccio, avvolti dalle lenzuola candide e stropicciate, cullati dal calore scaturito dal loro contatto, esalavano lievi respiri e ascoltavano la ritmica cadenza dei loro cuori, consapevoli della monotona realtà che stava incombendo, della fine di una magia che solo il cobalto di un cielo stellato poteva scatenare.
L’inarrestabile voce del silenzio regnava nella loro stanza durante quella mattina contemplante, intima, complice.
Quello stesso giorno di quattro anni prima, la tragedia del clan Kuruta era stata resa pubblica; l’antica purezza di quella terra violata dal feroce massacro.
Quel giorno, Kurapika ne era venuto a conoscenza.
Quel giorno, il sapore salato delle lacrime si era mescolato a quello metallico del sangue sulle sue stesse labbra martoriate per la collera, la disperazione.
Quel giorno, il peso di una fatale responsabilità aveva iniziato a gravare sulle sue spalle.
Quel giorno era morto per poi risorgere sotto una nuova luce, in veste di mietitore di anime dannate.
Entrambi erano svegli, ma Leorio assecondava la quiete dell’amante e l’aggravata tensione aleggiante in quell’atmosfera solenne. Egli era difatti a conoscenza di quella verità, ma non aveva mai avuto l’occasione di parteciparvi spiritualmente insieme all’interessato.
E sapeva, sapeva che in momenti come quelli non poteva fare niente per estirpargli quel senso di vuoto accentuato dalla lontananza del suo cuore da coloro che lo amavano.
Un senso di compassionevole impotenza lo pervase; con flebile audacia passò una mano sul collo niveo di Kurapika, lambì alcune bionde ciocche di capelli, carezzò le sue spalle.
E d’improvviso, interpretando forse quei gesti come un’esortazione, Kurapika spezzò la quiete con il mormorio della sua voce.
 
«Sole al cielo, verde alla terra»
 
«Il mio corpo è nato dalla terra, la mia anima è nata dal cielo»
 
«Le mie membra sono inondate dalla luce del sole e dalla pallida luce della luna»
 
Lo stupore iniziale di Leorio svanì presto. Riconobbe che la mente del compagno non era più intrappolata fra quelle mura, ma vagava per chissà quale dimensione, ricordo; riconobbe che stava levando una preghiera, come probabilmente era sua tradizione fare alle idi di quel giorno.
 
«Il mio corpo è dissetato dal verde. Io lo affido al vento che attraversa questa terra»
 
Le dita affusolate di Kurapika raggiunsero quelle di Leorio, sfiorandole con dolcezza e una certa timidezza, non incrociandole però con esse.
 
«Ringrazio i Kuruta del miracolo di essere qui»
 
Le sue spalle divennero rigide. Trascorsero vari secondi di silenzio, percepiti uno ad uno.
 
«Un giorno, col cuore in pace, dividerò gioia e tristezza con loro»
 
«E ne canterò le lodi»
 
La sua voce si fece più roca.
 
«E poi…»
 
Un sospiro, poi un sussulto.
 
«I miei occhi rossi e la mia vita diverranno, con i peccati che ho commesso, l’ultima goccia di sangue degli amati Kuruta»
 
I raggi che filtravano dalla finestra si espansero, inondando di luce il pallido corpo del più giovane, spazzando via le tenebre restanti che rendevano quasi lugubre quella semplice dimora. Con uno scatto involontario, come se volesse proteggerlo dalla veglia indiscreta del sole, Leorio strinse Kurapika ancora più forte mentre si lasciava illuminare il viso mesto; volse poi lo sguardo verso il cielo terso che stonava con i tormenti del suo animo.
 
«Prego di non morire finché… il mio desiderio non si sarà avverato»
 
Desiderio nato dalla sete di vendetta.
Desiderio fatto di sacrifici etici, morali, e dolore fisico.
Desiderio egoistico, in cui non vi era spazio per sentimenti, buon senso e ausili; non vi era sufficiente spazio nemmeno per la persona con la quale aveva condiviso fino a quel momento l’intimità, perché Kurapika aveva già preso la tragica decisione di andare incontro al suo destino.
E Leorio lo sapeva bene.
Sapeva ciò che Kurapika stava cercando di fargli comprendere.
Sapeva che ben presto le loro strade si sarebbero divise; che non bastavano le effimere rassicurazioni, i “ti amo” sussurrati, il piacere carnale per appagare il fuoco dilaniante che condizionava la sua psiche come un morbo.
Sapeva che non gli sarebbe stata per sempre concessa la beatitudine di stargli accanto, di godere della sua mite presenza, perché i demoni nella testa del Kuruta, le urla e i lamenti della sua gente risuonavano più forti del nome di Leorio da lui invocato durante le loro notti trascorse insieme.
Sapeva che le lacrime, che avevano iniziato a rigare le sue guance, non avrebbero potuto sortire alcun effetto contro quelle di cieca rabbia e amarezza di Kurapika.
 
“Leorio, non puoi salvarmi”, esprimevano queste ultime.
“Devi fartene una ragione”.
“Dimenticami, finché sei in tempo”.
 
Come poteva assecondarlo? E come poteva, allo stesso tempo, maledirsi per aver donato il cuore a una persona che non sarebbe mai stata pronta ad offrirgli il proprio?
Amare qualcuno significava anche trattenerlo contro la sua volontà dal prendere certe decisioni o lasciargli la libertà di scegliere, non essendo padroni della sua vita?
Il suo istinto lo portò a celare il suo disappunto, a continuare ad assecondare il suo silenzio, impotente.
Perché le timide carezze di Kurapika, accoccolatosi al suo petto, erano un’implicita ricerca di comprensione, sicurezza, perdono, per una travagliata scelta dettata da un impulso che non poteva controllare.
E Leorio, per tutta quella mattina, non riuscì a scorgere il suo viso, a baciarlo, ad ammirare l’acquamarina di quegli occhi così preziosi. Kurapika non osò voltarsi; celò la sua tristezza, o forse una sconcertante freddezza.
Il suo sguardo puntava già oltre; oltre la loro relazione, oltre quella stanza, oltre il presente. Aspettava di abbracciare un futuro sempre più prossimo, macchiato di peccati, intriso di sangue vermiglio al sapore di redenzione.
 
© Alyss Liebert
 
 
•••
 
 
{Note e curiosità}
Questa fanfiction non è recente. La scrissi l’anno scorso prima di prendermi l’ennesima pausa da quest’attività (Togashi e le sue cattive influenze). L’ispirazione provenne da una fanart trovata su Tumblr, raffigurante Kurapika e Leorio - che mi è impossibile smettere di amare, abbiate pazienza - sdraiati a letto, abbracciati, e Kurapika che recitava la sua preghiera con volto triste. Non ricordo l’autrice. Da lì mi venne in mente quest’idea semplice, che ambientai prima della saga di York Shin (supponendo, quindi, che i due avessero cominciato una relazione durante il periodo dell’esame Hunter) e che poi segregai in una cartella per tutto questo tempo. Da poco mi sono detta “Non può andare perduta: devo trovarle un posto nel mio profilo”; così l’ho revisionata, riscritta totalmente in alcuni punti, prima di postarla. Ed eccola qua.
Che dire? Spero ci sia ancora qualcuno che bazzica questa sezione ormai quasi abbandonata. Io tornerò sicuramente. Non so quando, perché altri fandom mi chiamano; ma HxH è – come alcuni sapranno – un’opera speciale per me, e ho intenzione di portarci nuovi progetti/focus.
Vi ringrazio per aver letto questa breve storia; spero vi sia piaciuta. Come sempre, ogni eventuale commento non può che farmi piacere.
 
Jā ne,
Alyss
  
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