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Autore: AllisonHermioneEverdeen    06/12/2018    1 recensioni
Henry Stark. Iris Foster. Chloe e Jennifer Rogers. Scott Greyworld.
Cinque ragazzi brillanti, figli degli eroi più potenti della Terra.
Si può vivere tranquilli con un'eredità del genere sulle spalle? E' tutto rose e fiori come gli altri credono?
I cinque ragazzi saranno trascinati in una storia più grande di loro. Riusciranno a scoprire che fine ha fatto Natasha Romanovv? E perché Thor non torna sulla Terra da settimane?
Ma soprattutto: chi tra loro è la preda di qualcuno molto potente, e perché?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo cinque



Appena la sensazione di star per vomitare scomparve, Henry fece un respiro profondo e aprì gli occhi. Non aveva idea di dove fosse, l'oscurità la circondava, ma tastando intorno a sè sentì delle pareti lisce, umide, strette... un corridoio.
Ancora tremante, si alzò in piedi, cercando di fare mente locale per capire cosa diavolo fosse successo: era a casa sua, stava parlando con Scott, Iris e Chloe delle ultime scoperte, ma quando si era alzata per consolare Iris era successo qualcosa... si era sentita male, proprio come in classe, anche se questa volta non era svenuta, era solo finita in un altro posto.
- Teletrasporto, - sussurrò. Le sembrava assurdo anche solo pensarlo! Certo, sapeva che c'erano individui con capacità fuori dal comune, e conoscendo il lavoro di suo padre non avrebbe dovuto stupirsi più di tanto... ma perchè lei? I suoi genitori non avevano capacità che potesse aver ereditato, nè aveva partecipato a qualche folle esperimento... Sospirò: non aveva alcun senso.
In quel momento, però, non era la sua priorità: doveva risolvere la situazione in cui era precipitata.
Per non cedere al panico, cercò di stilare una scaletta di cose da fare:
1) cercare di capire dove diavolo fosse finita, quindi in sostanza percorrere il corridoio buio fino ad una porta, un'uscita, un'altra stanza o qualunque cosa ci fosse;
2) trovare un modo per comunicare con la sua famiglia, e per questo bastava una radio da sintonizzare sul canale di emergenza, come le aveva insegnato Tony quando aveva solo sei anni (il cellulare era rimasto a casa sua, dove sarebbe stato molto utile); 3) aspettare rinforzi o trovare un modo per tornare da sola a casa (dipendeva strettamente da dove era finita).
Avere in mente una lista di cose pratiche da fare la rassicurò il tanto che bastava per drizzarsi bene in piedi, fare un respiro profondo e cominciare a percorrere il corridoio immerso nell'oscurità.

Per un attimo, nessuno fece niente. Stettero lì, immobili, a fissare il punto vuoto dove solo un attimo prima stava Henry. Se qualcuno fosse passato in quel momento, avrebbe potuto facilmente scambiarli per statue: Iris in ginocchio, le mani a coprire la bocca, terrificata; accanto a lei Chloe, gli occhi spalancati nella stessa, identica espressione di Scott, che stava in piedi dietro le ragazze. Più indietro, tra il divano e le scale, Pepper e Tony, immobili e con lo sguardo perso di chi deve ancora elaborare ciò che è appena successo.
La prima a riprendersi fu Iris.
- Henry! - esclamò con voce strozzata, rialzandosi in piedi di scatto. - Cos'è successo? Dov'è finita?! - e prese a guardarsi intorno, come sperando di vederla spuntare da dietro il divano gridando: "Scherzetto!".
- E' sparita, - disse Chloe con voce incredula. - E'... è semplicemente sparita... -
- Dobbiamo fare qualcosa! - questo era Scott, già pronto ad indagare, a violare i sistemi di sicurezza di qualunque computer mondiale... - Signori Stark? - si voltò verso i due. - Che cosa facciamo? -
Adesso tutti e tre i ragazzi fissavano Pepper e Tony, ma se la prima resitutuì il loro sguardo e si sbloccò, pronta all'azione, il secondo stava ancora fissando il tappeto vuoto.
- Tony? - lo chiamò gentilmente, poggiandogli una mano sulla spalla per scuoterlo. L'uomo sobbalzò come attraversato da una scossa elettrica.
- Wormhole, - affermò.
- Come? -
- Henry ha aperto un wormhole, un portale che l'ha trasportata da qualche altra parte, - spiegò Tony. Cercava di apparire sicuro di sè, ma era scosso da tremiti.
- Com'è possibile? - chiese Chloe. - Nessuno di voi ha capacità straordinarie... -
- Non al momento, - rispose Tony mentre Pepper lo conduceva sul divano. Si sedettero tutti attorno a lui.
- Signor Stark, può spiegarsi meglio? - lo incitò Scott.
- Bene, - sospirò Tony. Raccolse le idee e riprese: - Sapete che capacità straordinarie possono essere ereditate dai genitori, e avete ragione nel dire che io e Pepper siamo assolutamente privi di super poteri, ma molti anni fa Pepper è stata rapita da un mio vecchio amico... -
La donna sbiancò. - Non starai dicendo...?! -
- Questo mio vecchio amico la sottopose ad un esperimento, e per qualche tempo Pepper ebbe effettivamente capacità straordinarie -
- Ma le avevi cancellate! - esclamò Pepper.
- Non ho potuto cancellarle, erano ormai inserite nel tuo DNA, rischiavo di danneggiarlo, ma le ho soppresse con appositi geni soppressori, ideati artificialmente da me e perfettamente coordinati con il tuo DNA per evitare danni, in modo che i tuoi poteri non si esprimessero -
- Ma Henry non ha ereditato i geni soppressori, solo quelli mutati, così ha sviluppato questo superpotere, - completò Chloe.
- Non credevo sarebbe stata possibile una cosa del genere, ma i geni mutati di Pepper si sono legati ad alcuni geni miei dando luogo a nuove capacità, - affermò Tony. - Me ne sono accorto osservando il campione di sangue -.
Per qualche secondo, nessuno parlò, tutti troppo occupati ad elaborare le ultime scoperte.
- E adesso che facciamo? - chiese infine Iris. - Non possiamo stare con le mani in mano! Henry è scomparsa, adesso è chissà dove senza avere idea di cosa sia successo...! -
- Potrei localizzare il suo cellulare! - esclamò Scott, mano sulla borsa contente il portatile.
- Inutile -. Chloe indicò il telefono di Henry, abbandonato sul divano bianco.
- Non ha altri dispostivi elettronici con sè, - disse Tony quando Scott si voltò a guardarlo.
- D'accordo, allora... - il gruppo si spremeva le meningi per capire cosa fare...
- Le telecamere di sicurezza! - esclamò d'improvviso Iris, voltandosi verso l'amico.
- Ma certo! - si illuminò lui. - Controllerò se è comparsa in un altro punto della città... - e si mise subito a lavoro, impaziente di fare qualcosa.
- Dobbiamo chiamare i vostri genitori, - affermò Pepper.
- Non vorrete rimandarci a casa! - esclamò Chloe. L'idea di passare la serata in un ristorante con i suoi genitori e Jennifer mentre Henry era là fuori da qualche parte, sola e confusa la faceva inorridire!
- Niente del genere, - si affrettò a rassicurarla Pepper. - Ma se non li avvisate della situazione si preoccuperanno. Tony, pensi che... Tony? - l'uomo non era più seduto accanto a lei: si era spostato accanto a Scott.
- Sì, un modo originale per bypassare i sistemi di sicurezza... ingegnoso... - lo sentì sussurrare, indicando lo schermo e annuendo.
- Così è più veloce, - spiegò Scott, le dita che si muovevano veloci sui tasti. - Altrimenti ci metterei il doppio del tempo, lasciando una traccia fin troppo evidente... Ci ho messo due anni ad ideare questo algoritmo... Ecco, ci siamo! - e sul computer apparvero quadranti che ricevevano immagini dalle varie telecamere di sicurezza della città.
- Posso vedere solo quattro telecamere alla volta, ci metterò una vita... - sbuffò l'hacker.
- Friday, - esclamò Tony. - Collegati al computer di Scott e trasmetti le immagini delle telecamere su ologrammi -.
- Subito-. Così le luci della sala si oscurarono e davanti al divano comparvero immagini olografiche delle centinaia di telecamere della città.
- Le collego subito all'ora in cui Henry è scomparsa, - disse Scott.
Iris e Chloe si sistemarono in modo da poter studiare meglio le telecamere.
- Diamoci da fare! -

Dopo quelle che le sembravano ore, finalmente sentì un materiale diverso dalle umide pareti di cemento: una porta metallica. Sospirando di sollievo, Henry tastò nel buio la maniglia, la abbassò e spinse... Niente. Ritentò, con tutte le sue forze, ma non si apriva. Allora provò a tirare, ma la porta non si mosse. Un'orrenda sensazione allo stomaco la nauseò. Non poteva tornare indietro e tentare dalla parte opposta, ci avrebbe messo troppo, e non sapeva neanche se dall'altra parte c'era qualcosa o era solo un vicolo cieco. Si appoggiò alla porta, sconfortata.
Non uscirò mai da qui...
No! Non puoi lasciarti prendere dallo sconforto! Sei Henrietta Stark, figlia di un Avanger, genio e regina delle risse vinte! Adesso usa il cervello e trova un modo!
Sentendosi più determinata, si staccò dalla porta. Per prima cosa controllò che non fosse solo bloccata momentaneamente (sarebbe stato imbarazzante escogitare un modo geniale per aprirla e scoprire che è stato completamente inutile). Non si muoveva. Bene, cosa poteva fare?
Fece un respiro profondo e chiuse gli occhi, concentrandosi per accedere al suo "archivio di memoria" o, come amava chiamarlo "hardisk personale". Andò alla ricerca di quello che sapeva sulle porte: nella maggior parte delle abitazioni si aprivano verso l'interno, negli esercizi commerciali verso l'esterno; le porte potevano essere, principalmente, di quattro materiali: cave, in legno o con qualche altro materiale, molto semplici da sfondare; piene, in compensato, con armature di laminato su ogni lato, per sfondarle occorre un po' più di forza, ma comunque fattibile; in legno massello, che richiedono buona forza per essere sfondate. La sua però non era in legno, perciò le scartò e si concentrò sulle altre due tipologie: quelle rivestite di metallo, realizzate con legno dolce e un sottile rivestimento di metallo e che per essere sfondare richiedono una forza media o sopra la media, e quelle cave in metallo, molto più pesanti di altre, con dei canali rinforzati intorno ai bordi e nella zona della serratura, alcune anche con materiali isolanti, richiedono la massima forza per essere sfondate, e spesso è anche impossibile. Trattenendo il fiato, Henry diede dei colpi di nocche alla porta: non risuonarono. Sospirò di sollievo: non era cava. L'unico problema era che non aveva abbastanza forza per sfondare una porta a calci: il teletrasporto l'aveva sfiancata e la camminata aveva dato il colpo di grazia. Decise che sarebbe ricorsa allo sfondare la porta come ultima opzione. Perciò adesso doveva solo capire se la porta non si apriva perchè era chiusa a chiave o perchè era vecchia e rovinata. L'aria e le pareti umide e la muffa suggerivano un luogo abbandonato, perciò Henry propendeva per la seconda. Se le sue supposizioni erano esatte bastava un oggetto sottile di plastica per aprirla. Si frugò nelle tasche, il cuore che batteva all'impazzata: pochi giorni prima Iris l'aveva trascinata a fare shopping, pur conoscendo la profonda avversione di Henry verso i negozi di vestiti, se non aveva toccato le tasche da allora... Tastò quello che cercava e lo tirò fuori con un sospiro di sollievo: non aveva mai apprezzato tanto la sua carta di credito!
Inserì la carta dal lato più largo, nella fessura tra infisso e stipite (affatto facile con quel buio!), sopra la zona in cui la serratura andava ad inserirsi nello stipite. Spinse la carta verso il basso fino a farle toccare la serratura, poi girò la maniglia e tirò la carta verso di sè. Come sperava, la carta andò a fissarsi tra il lato smussato della serratura e l'infisso. Spinse la serratura in dentro, liberandola dall'infisso. Trattenne il fiato... la porta si aprì.
Con il peso allo stomaco decisamente alleggerito, si affrettò ad uscire dal corridoio da incubo. La porta si chiuse di scatto alle sue spalle, e davanti a lei, al centro di una piccola stanza dalle pareti bianche e ammuffite, c'era un uomo sulla cinquantina, capelli radi, occhi di ghiaccio e un sorriso affabile, e le stava puntando contro la pistola. Dietro di lui c'erano circa cinquanta uomini armati.
- Henrietta... - sussurrò l'uomo, l'inquietante sorriso fisso in volto. - Finalmente -

Jennifer stava avendo una serata tranquilla. Certo, non aveva potuto vedere Erik o andare a fare shopping, ma era riuscita a finire tutti i compiti prima di cena, a chiacchierare una buona mezz'ora con Patty, la sua migliore amica, che aveva comprato un nuovo smalto, e la nausea che in quei giorni l'aveva assalita sembrava scomparsa; doveva essere stata solo un effetto collaterale dello stress scolastico, come aveva detto Patty, perciò non c'era stato neanche bisogno di avvertire i suoi genitori. Ad ogni modo, era di buon umore quando sua madre bussò alla porta e aprì senza aspettare risposta.
- Dobbiamo andare al ristorante? - chiese Jennifer, finendo di sistemarsi i capelli e girandosi verso Amanda. L'espressione di sua madre, però, era incredibilmente preoccupata.
- Che succede? - si allarmò subito la ragazza.
- Cambio di programma, - affermò Amanda. - Andiamo alla torre degli Avengers, da tua sorella, è successa una cosa ad Henry -. Ed uscì dalla stanza. A Jenny non rimase che arraffare il giubbotto viola, infilarsi gli stivali neri e correre dietro alla madre.

- Ho inserito i dati fisionomici di Henry nel programma di riconoscimento facciale che ho creato l'anno scorso, ma fin'ora niente: non è comparsa in negozi o in strada - disse Scott.
- Telecamere interne delle case? - propose Chloe. - Magari è finita in casa di qualcuno -
- Posso sempre controllare, ma credo che se fosse comparsa in una casa privata la polizia ne sarebbe subito stata allarmata - ribattè Scott.
- Allora controlla le ultime chiamate al 911 o le ultime denuncie, - suggerì Tony, che stava analizzando gli ologrammi delle riprese della città. Scott obbedì subito, ma...
- Niente, - sbuffò. Chloe si lasciò cadere sul divano, massaggiandosi le tempie: erano a lavoro da ore e le ricerche erano ancora infruttuose. Henry le diceva sempre che con il suo incredibile cervello avrebbe fatto grandi cose, ma in quel momento Chloe si sentiva assolutamente inutile: a cosa servivano tutti i calcoli matematici e gli schemi che calcolava in un attimo, se non riusciva ad aiutare la sua migliore amica?
Iris si sedette accanto a lei.
- La troveremo, - disse solo.
Pepper entrò in sala con un vassoio di tazze di caffè, che tutti accettarono di buon grado.
- Stanno arrivando Steve e Amanda, Jane è immersa nel traffico e Michael dovrebbe essere qui a momenti - disse. I ragazzi si limitarono ad annuire: non riuscivano a concentrarsi su nient'altro che non fosse la loro amica scomparsa.
- Bene, - disse Tony. - Scott, continua a cercare recenti denunce o chiamate al 911, magari spunterà fuori qualcosa, - il ragazzo annuì. - Iris e Chloe, continuate a controllare i video olografici delle telecamere di sicurezza della città, se entro un'ora non troviamo Henry in città, proveremo anche più lontano -. Le ragazze posarono le tazze di caffè e ripresero il lavoro.
- Pepper, appena arrivano i loro genitori spiega loro la situazione -. Ormai cominciavano ad esaurire le idee, non potevano far altro che continuare la loro ricerca disperata.

- Chi diavolo sei tu? -. Henry non voleva iniziare una conversazione brusca con un tizio che le stava puntando contro una pistola, ma quella giornata stava andando sempre peggio: era svenuta a scuola, quando credeva di stare finalmente bene si era sentita malissimo e si era ritrovata in un corridoio buio e umido,completamente sola e senza possibilità di chiamare casa, e quando finalmente era riuscita a trovare un'uscita, si era ritrovata una pistola puntata contro. Non era esattamente di buon umore.
- Scusa per questa, - continuò a sorridere l'uomo in questione, indicando la pistola con un cenno della testa. - E' solo una precauzione, sei pur sempre figlia di Iron Man -.
- Non hai risposto alla mia domanda, - ribattè la ragazza. Le mani le tremavano leggermente, tradendo il terrore che provava, così le chiuse a pugno e assottigliò lo sguardo, mostrandosi più temeraria possibile.
- Beh... - disse l'uomo. - Potremmo dire che, in un certo senso, sono il tuo creatore -.
- E il mio creatore ha un nome? - insistette la ragazza, ma prestava solo metà della sua attenzione alla conversazione: stava analizzando la stanza, in cerca di una possibilità di fuga. C'era una decina di agenti dai volti coperti alle spalle di Senza Nome, tutti armati a pronti a scattare, la pistola era ancora puntata contro il suo petto, la porta alle sue spalle chiusa ermeticamente da un altro agente. La sua unica possibilità di fuga era far abbassare la pistola all'uomo, poi causare una distrazione e scattare prima che potessero spararle.
- Tutte le risposte a tempo debito, - stava dicendo intanto l'uomo.
Fece una veloce scaletta di obiettivi: primo, fargli abbassare la pistola; secondo, provocare una distrazione; terzo, darsela a gambe. Sulla seconda ci stava ancora lavorando, e per la terza doveva ancora capire come attraversare la stanza invasa dagli agenti.
Un momento! Quella alla sua destra era forse una porta socchiusa? Per poco non si voltò a controllare, ma riuscì a bloccarsi appena in tempo.
- Bene, - disse. - Allora, Senza Nome, cosa vuoi? -
Sì, era una porta. Davanti c'era un'agente, ma di uno solo poteva occuparsene.
- Non voglio farti del male, se è questo che temi, - disse Senza Nome.
Perfetto! Adesso so come fare...
- Ah sì? - incrociò le braccia al petto, guardandolo scettica. - E quella pistola? Se non vuoi farmi del male è completamente inutile, perciò come ti aspetti che ti creda se continui a puntarmela addosso? -.
- Giusto, - rispose l'uomo, un luccichio divertito negli occhi. - Allora seguirò il tuo gioco, - e l'abbassò, per poi riporla nella fondina. Evidentemente riteneva di poterla accontentare, essendo circondato da agenti armati.
Passo uno, completato . - Sai perchè sei qui, Henrietta? - chiese poi l'uomo. Henry lo scrutò, cercando di valutare quanto poteva dire: Senza Nome sapeva già che lei poteva teletrasportarsi? Certo, era la ragione più ovvia per cui l'avrebbe presa di mira, ma se ce ne fosse stata un'altra che ora non le sembrava abbastanza plausibile o che non aveva ancora preso in considerazione, rischiava solo di esporsi.
- Lo prenderò come un no, - continuò Senza Nome. - Vedi, sei qui perchè ti abbiamo attirata qui, - e sorrise di nuovo in quel suo modo affabile, come se le stesse facendo gli auguri di compleanno, invece di rivelarle che era stata attirata in un edificio abbandonato chissà dove da degli sconosciuti.
- Spiegati, - disse solo lei.
- Ti sei sentita male stamattina, non è vero? -. Bastarono quelle parole e cancellarle tutto il resto dalla mente.
- Cosa... - balbettò, perdendo momentaneamente il controllo. - Come lo sai? -
- Ho i miei informatori, - affermò Senza Nome. -Per non parlare del fatto che sono stato io a provocare il tuo malessere... -
- Di che cosa stai parlando? - chiese ancora Henry. Era esasperante come le volesse rivelare tutto poco a poco, invece di andare dritto al punto.
- Intendo dire che ho inserito un macchinario nella tua scuola per trovarti, e attivandolo ho stimolato i tuoi geni mutati che si sono manifestati all'improvviso, facendoti sentire male -.
La testa le girava. Per quanto le stesse rivelando nuove informazioni, si sentiva sempre più confusa. Cosa diavolo voleva da lei quel tizio? Chi era e come faceva a sapere dei suoi poteri, se neanche lei ne sapeva niente fino a pochi minuti prima?
Decise di suotersi: doveva accantonare quelle domande e andarsene da lì, da Senza Nome con tutti i suoi segreti.
Tornò lucida piano piano, ma finse l'opposto. Cominciò a respirare affannosamente, come se avesse uno dei suoi attacchi, e piano piano cadde in ginocchio.
- Non agitarti! Non sei in pericolo! - tentò di dire Senza Nome. Lei non lo calcolò, e continuò la sua recita.
- Aiutatela! - esclamò l'uomo. - Se scatena di nuovo il suo potere potrebbe comparire chissà dove! -
Non appena il primo agente si chinò su di lei per aiutarla, stordirla o chissà che altro, lo colpì con un pugno improvviso, scattò a destra e diede un pugno anche all'agente davanti alla porta, per poi mollargli un calcio nel punto sensibile, poi una gomitata sul fianco e lo buttò da una porta. Fu rapidissima, e gli agenti erano stati colti alla sprovvista, unico motivo per cui riuscì ad arrivare tutta intera dall'altra parte della soglia. Non attese oltre: cominciò a correre veloce come mai nella sua vita, attraversando un'altra stanza ammuffita e completamente vuota e finendo in un intrico di corridoi. Sentì degli spari alle sue spalle mentre girava l'angolo, seguiti da un ordine: - Non sparate! -.

- Che succede? -. Micheal non le lasciò il tempo neanche di uscire dall'ascensore: la raggiunse sulla soglia.
- Scott? - chiese. - Lui sta... -
- Sta bene, - lo rassicurò. - E' di sopra ad aiutare con le ricerche -
- Quali ricerche? Non si sarà di nuovo infilitrato nel database del Pentagono... -
Pepper non fece in tempo a rispondergli: era arrivata la famiglia Rogers, seguita da Jane, tutti con le stesse espressioni preoccupate.
- Qual è l'emergenza? - chiese subito Steve. - I ragazzi stanno bene? -
- I vostri figli stanno bene, - affermò Pepper, facendo entrare gli ospiti in ascensore. - Henry ha manifestato dei poteri che non credevamo potesse avere, è scomparsa, teletrasportata chissà dove, la stiamo cercando per tutta la città -.
Per quanto non volessero darlo a vedere, gli altri erano leggermente sollevati di sentire che i loro figli stavano bene. Il loro sollievo, però, fu subito sostutuito dalla preoccupazione per Henry.
- Hanno trovato niente? - chiese Jane.
- Finora no, ma non si arrendono -.
Le porte dell'ascensore si aprirono e tutti uscirono nel salotto avvolto dall'ombra. Iris stava analizzando gli ologrammi delle riprese della città, Scott smanettava al computer come un matto, alla ricerca spasmodica di nuove informazioni, Chloe era rintanata in un angolo del divano, taccuino in mano, espressione di assoluta concentrazione in volto. Tony girava tra i tre ragazzi, osservando il loro lavoro e aiutandoli. Non riusciva a stare fermo un minuto...
Marisa e Steve si avvicinarono a Chloe, che non sembrava neanche essersi resa conto della loro presenza.
- Chloe? - provò a chiamarla Marisa. Niente. Provò a picchiettarle sulla spalla, allora la ragazza alzò una mano come per scacciare una mosca e, senza guardarli, disse: - Non adesso, sto lavorando -. Steve e Marisa sapevano benissimo che quando la loro figlia entrava in quello stato di concentrazione era quasi impossibile distoglierla dal lavoro, e sopratutto sapevano che non era il caso di provarci, se davvero ci tenevano alla loro vita! Così decisero di lasciarla stare per il momento.
Micheal, intanto, andò incontro al figlio.
- Ciao papà, - lo salutò Scott senza alzare gli occhi dallo schermo. Micheal non disse niente: si limitò a sedersi accanto a lui.
Jane raggiunse Iris quasi di corsa.
- Ehi? - le sussurrò. La ragazza controllava in maniera quasi nevrotica le riprese, muovendosi a scatti. Non guardò verso la madre, ma Jane si accorse comunque che aveva gli occhi lucidi.
- Come stai? - chiese.
- Benissimo, - rispose Iris.
- Iris... - sospirò Jane: conosceva sua figlia, sapeva quanto era sensibile e quanto teneva ad Henry.
- In questo momento non c'è tempo per stare in nessun altro modo, - affermò duramente Iris. - Perciò sto benissimo -.
Jane sospirò, ma evidentemente non era il momento giusto per cercare di parlare con sua figlia. In quel momento le ricordava un po' se stessa nel primo periodo di ricerche di Thor, quando era scomparso dal Messico... Al pensieri di Thor sentì che le stringeva il cuore, così decise di scuotersi: non era il momento adatto per sentirsi tristi.
- D'accordo, - disse allora. - Ti aiuto -. Iris accennò ad un sorriso di riconoscimento.
Pepper, intanto, cercava di avvicinarsi a Tony, ma quello continuava a sgusciare da un ragazzo all'altro, incapace di fermarsi.
- Chloe, come va l'argoritmo? - chiese.
- Ci sto lavorando -.
- Ehi, Tony... - tentò Pepper. L'uomo si voltò e la superò.
- Iris, niente dalle riprese? -
- Non ancora -.
- Tony... - . Le sgusciò accanto e raggiunse Scott.
- Niente dalla polizia? -
- Per ora no -.
- Tony! -. L'uomo si decise a fermarsi e finalmente guardò la moglie.
- Respira un attimo, daccordo? - gli disse lei.
- Non ho tempo, - ribattè Tony. - Dobbiamo continuare a cercare... -
- Certo che dobbiamo! - gli si avvicinò e gli mise le mani sulle spalle. - Ma non le saremo d'aiuto se impazziamo in questo modo: dobbiamo ragionare, non cercare alla cieca -.
Tony fece un respiro profondo e annuì. Pepper sospirò di sollievo: aveva paura che non sarebbe riuscita a calmarlo, e ne aveva bisogno, perchè se lui cominciava ad impazzire, lei non sarebbe riuscita a reggere molto.
Jennifer osservava tutto da un angolino, stretta nella sua giacca, completamente inutile. Non faceva che pungolare Chloe perchè stava dietro ai suoi calcoli tutto il tempo, ma almeno sua sorella era utile, lei non poteva fare assolutamente niente per aiutare. I suoi genitori stavano controllando le riprese con Jane ed Iris; Jennifer decise che almeno quello poteva farlo, ma fece appena in tempo a fare mezzo passo avanti che Scott balzò in piedi, rischiando di rovesciare il computer.
- Colpi da arma da fuoco in un edificio abbandonato! - esclamò. - Mi sto connettendo alle telecamere della strada proprio... adesso -. Le immagini olografiche delle riprese cambiarono: adesso mostravano una strada sporca, contornata da edifici semi-disabitati divisi tra loro da recinzioni in fili di metallo.
- Potrebbe essere lei? - chiese Pepper, con l'aria di sperarlo ma di non volerci credere troppo.
- Torna indietro di due ore e quaranticinque minuti, - ordinò Chloe. Scott eseguì all'istante, e tutti studiarono gli ologrammi: dopo pochi secondi, la strada tremò leggermente, qualche lampione si piegò appena, poi tutto tornò normale.
Non ci fu bisogno d'altro.
- Andiamo, - disse Tony.


Angolo malata di mente
Eeeee sì. Non sono stata rapita dai Chitauri, nè rapita dalla DC comisc, e no, neanche fatta sparire dallo schiocco di dita di Thanos...
Non sapete quanto mi dispiace per il ritardo! Non mi sono potuta avvicinare al computer neanche per mezzo secondo e, credetemi, il fatto che sia riuscita ad aggiornare oggi è già un miracolo: non avevo più speranze di farcela prima delle vacanze natalizie...
Ho studiato come una matta, poi mi sono stata male e bloccata a letto per una settimana e, quando finalmente stavo meglio, è morto per uno stupido incidente un mio vecchio compagno di classe... Ancora non ci credo.
Cercherò di aggiornare prima possibile, ma purtroppo non posso promettervi che ci riuscirò prima di Natale. Ce la metterò tutta, però, adesso che sto meglio!
Grazie a tutti voi lettori silenziosi, sappiate che anche se rimanete nell'ombra, per me contate molto.
Grazie di cuore anche a chi segue, preferisce o ricorda.
A presto!
AllisonHermioneEverdeen
   
 
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