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Autore: Old Fashioned    07/12/2018    20 recensioni
Las Vegas. Una donna si suicida saltando dalla sommità della celebre Stratosphere Tower. Poco dopo, un uomo condivide lo stesso destino, poi un altro ancora...
Cosa sta succedendo sulla torre? Perché la gente si butta?
Cinismo becero, sarcasmo, scorrettezza politica a man bassa. Chi non ama il genere è pregato di astenersi.
Prima classificata al contest "Politicamente Scorretto", indetto da WodkaEiffel sul forum di EFP, a pari merito con "La città maledetta", di Alessandroago_94.
Genere: Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'SS'
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Lemming 2 Salve gente,
eccoci alla fine della vicenda, un enorme grazie a tutti coloro che mi hanno seguito e commentato. Rimando alla fine del capitolo per gli spiegoni.






Seconda parte


Un piano sotto l'Air Bar, padroni del ristorante evacuato, Schneider e Stevenson pescavano distrattamente ghiottonerie dal carrello degli antipasti e intanto parlavano fra di loro.
Silenziata quasi del tutto, la radio di servizio che portavano appesa alla spallina gracchiava di tanto in tanto qualche concitata comunicazione.
Il problema è che qui la sicurezza fa schifo,” disse il primo. Si fece scivolare in gola un'ostrica, le mandò dietro una mezza birra per non farla sentire troppo all'asciutto, poi proseguì: “Ci sono i metal detector come in aeroporto, ma lo sai cosa successe a uno che conosco?”
No, cosa?”
Beh, il tizio è un fotografo, ok? Foto d'arte, roba del genere.”
Donne nude?” chiese Stevenson speranzoso.
Nah, paesaggi. Comunque le vende e ci tira su un bel po' di verdoni.” Altra pausa, altra ostrica. “Insomma, questo tizio va su per fare le foto notturne. Anche un idiota sa che per fare le foto notturne ci vuole il treppiede, dico bene?”
Certo.” Stevenson provò a sua volta un'ostrica, ma dopo tre secondi dovette appropriarsi di un tovagliolo e sputarcela dentro. Optò per nachos e guacamole.
Schneider proseguì col racconto: “Insomma, il tizio sale su, passa il metal detector e ovviamente gli beccano il treppiede che ha nello zaino. Scoppia il casino, manco avesse cercato di portare su una nucleare tattica. Quelli della security gli dicono che deve portarlo giù al guardaroba. Il tizio fa: 'e sticazzi. Ve lo lascio qui un attimo e intanto vado a fare due foto, poi lo riprendo quando torno giù.' Ancora peggio. Salta su il capo di quegli idioti e fa: 'non possiamo assumerci la responsabilità.' Gli affibbiano una squinzia che lo accompagna giù al guardaroba, che rispetto al punto in cui si trovava il banco controlli era praticamente nel culo del mondo. Lui da bravo lascia il suo treppiede, si fa dare la ricevuta e quando è a posto la squinzia gli fa: 'allora ciao, eh?' e se ne va. Lui torna su, i tizi della security lo vedono arrivare da lontano, sempre col suo zainetto in spalla, gli fanno vedere i due pollici alzati per fargli capire che era stato bravo e non lo fanno ripassare sotto il metal detector. È andato su senza fare altri controlli.”
Tra un nacho e l'altro, Stevenson si concesse una risata. “Cioè, quello poteva essere andato a recuperare qualsiasi cosa, anche la famosa nucleare tattica, e la security l'ha fatto passare senza controllarlo?”
Te l'ho detto, sono dei cretini.”
Già.” Stevenson guardò distrattamente la porta che dava sulle scale e disse: “Chissà a che piano saranno gli altri?”
Boh, cazzi loro,” rispose Schneider. “Hai visto gente passare?”
Un paio.” L'altro indicò la vetrata panoramica con un nacho carico di guacamole. “Di là. Sembravano un uomo e una donna, col buio non ho visto bene.”
Teste di cazzo.”
Già.”
Altri corpi sfrecciarono.
Mi sembra che ne stiano cadendo un po' troppi,” constatò Schneider.
Stevenson ghignò. “Fanno i lemuri.”
Non lemuri: lemming.”
Sempre bestie strane sono. Cazzo facciamo? Io ho il cellulare scarico.”
Che te ne fai del cellulare?”
Per le foto, se riesco a beccarne qualcuno.”
In quel momento, provenne dalle radio una comunicazione concitata: “Stato d'allarme! Fare irruzione immediatamente!”
I due, uno con un'ostrica e l'altro con un nacho ancora in mano, si scambiarono un'occhiata.
Irruzione?” ripeté Schneider. Ingoiò il mollusco facendo il rumore di un sifone ingorgato. “Che cazzo di irruzione vuoi che facciano quelli là? Saranno al cinquantesimo piano, con la lingua che gli arriva per terra. Andiamo su a vedere, va'.” Sfoderò la pistola e si diresse a grandi passi verso l'ascensore.



Sempre con l'immagine dell'albero che cadeva davanti agli occhi, il negoziatore scattò in piedi.
E adesso dove vai?” gli chiese Jim in tono ironico. “A mettere le reti tutt'intorno alla torre?”
Tabacchi si piantò con le mani ai lati del portatile e lo fissò con durezza. “Vengo su,” si limitò ad annunciare, quindi raggiunse gli ascensori.
Chiuso nella cabina, l'uomo ascoltava la musichetta di sottofondo e fissava le pubblicità delle varie attrazioni della torre che si susseguivano una dopo l'altra sullo schermo a cristalli liquidi. Per quella settimana, il bungee-jumping era scontato.
Regalato, direi, si trovò a pensare, nonostante gli innumerevoli corsi di assertività, empatia e ascolto positivo frequentati.
Sollevò lo sguardo sul display: i piani aumentavano con velocità crescente. Si mosse a disagio, cercando di contrastare la sensazione che una mano enorme lo schiacciasse sul pavimento.
Terapia d'urto. Per quanto nella sua carriera non gli fosse mai capitato di dovervi fare ricorso, aveva letto da qualche parte che quando tutto il resto falliva, quando il criminale decideva di mettere comunque in atto il suo piano, quello era l'unico tentativo che rimaneva da fare. Poteva darsi che messo così brutalmente di fronte alle proprie responsabilità, chi stava per compiere il gesto estremo decidesse di desistere.
Oppure poteva darsi di no, ma tanto in quel caso la situazione non avrebbe comunque potuto peggiorare.
Il display si fermò sul 108, le ante si schiusero adagio. Tabacchi lesse le indicazioni che si trovavano sulla parete, quindi percorse un corridoio e raggiunse una porta alla cui sommità si trovava un'insegna luminosa che recitava 'Air Bar.'
La varcò.
Al di là vi era un'ampia sala in penombra. Riconobbe il bancone illuminato di verde e le vetrate panoramiche. La sedia su cui sedeva Jim era vuota. Si guardò intorno, poi tese l'orecchio e udì dei clamori, come di parecchie persone che stessero urlando tutte insieme.
Seguendo le voci arrivò alla scala che conduceva alla terrazza panoramica.

I due agenti lo videro passare. Stevenson fece per seguirlo, ma l'altro lo trattenne per un braccio. “Lasciamo che Papà Orso si diverta,” ghignò. “Io quei negoziatori di merda non li ho mai sopportati, quindi prima gli andiamo dietro pian piano e vediamo cosa fa, poi, se mai, interveniamo.”
E se il tizio lo fa secco?”
Uno stronzo di meno.”
I due si incamminarono lentamente.
Dopo un po’, Schneider ripeté: “Io non li ho mai sopportati, quei cazzo di padreterni. Arrivano con la puzza sotto il naso, sanno tutto loro, sono bravi solo loro. Hanno la pretesa di dare ordini ad agenti che stanno sulla strada tutti i santi giorni, quando magari sono dieci anni che non sentono uno sparo se non in televisione.”
Dall’alto cominciarono a giungere clamori sempre più concitati.
Mi sa che stavolta ce lo togliamo dalle palle,” considerò Stevenson.
Beh, andiamo almeno a goderci lo spettacolo,” fu la risposta di Schneider, che poi soggiunse: “Tira fuori il cannone: non si sa mai cosa combinano quei fottuti suicidi, quando decidono di farla finita. Capace che cercano di tirare sotto anche uno di noi.”
Se ci provano, sperimenteranno il suicidio per interposta persona.”
Sarebbe?”
Li faccio secchi io, sparandogli in faccia.”
Ottima scelta.”



I l negoziatore si lanciò verso la scala della terrazza con tutta la velocità che i chili di troppo gli consentivano. Salì i gradini incespicando, mentre i canti e le grida si facevano di attimo in attimo più forti.
Già udiva dei vibranti ‘Io scelgo,’ gravati da un inquietante effetto doppler. Le grida si succedevano a grappoli, prima due, poi tre, poi altri due, poi quattro...
Arrivò in cima alla scala e quando fu sulla soglia della terrazza si offrì ai suoi occhi uno spettacolo granguignolesco: uomini, donne e anche bambini erano aggrappati ai parapetti e tutti ripetevano con foga il mantra del loro maestro:

Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo.
Sani di mente o pazzi.
Stinchi di santo o sesso-dipendenti.
Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi.
A lasciare che sia il passato a decidere il nostro futuro.
Oppure possiamo scegliere da noi.
E forse inventare qualcosa di meglio è proprio il nostro compito.

Le voci erano perlopiù alterate: incrinate dal pianto, non necessariamente di dolore, o vibranti di fanatismo. Nonostante il vento, la zona emanava penetranti odori umani: urina, sudore, il sentore acre del vomito.
Ogni tanto, qualcuno scavalcava la barriera, si fermava oltre il parapetto qualche secondo a braccia aperte e tra le acclamazioni degli altri si lasciava cadere.
Jim passeggiava su e giù con aria soddisfatta, attento a evitare le chiazze di vomito o i convulsi abbracci dei suoi seguaci, ai quali si limitava a indicare il parapetto prima che essi giungessero a sfiorarlo.
Fermi!” urlò il negoziatore con quanto fiato aveva in gola. “Fermi! Ci sono altre soluzioni, possiamo parlarne insieme, possiamo capire! Ci sono tante cose che si possono fare, prima di decidere di morire!”
Tutti si voltarono a fissarlo, la scena sembrò cristallizzarsi in una specie di quadro di Ensor, in cui mille facce stralunate guardavano tutte nella stessa direzione.
Possiamo parlare,” ripeté Tabacchi, facendo qualche passo avanti. Gli adepti, che si erano avvicinati, si ritrassero come una specie di marea. “Possiamo capire insieme cosa fare,” insisté il negoziatore, catturando ora l’uno ora l’altro degli sguardi che lo stavano seguendo, e che perlopiù erano accesi di furore mistico.
Passarono alcuni secondi di silenzio, durante i quali si udì solo il rotolare di qualche cartaccia spinta dal vento, poi una donna fece un passo verso di lui. Era un’afroamericana di mezz’età, obesa, alta non meno di un metro e ottanta. I capelli le si appiccicavano alla testa per effetto del sudore, sulle guance aveva righe di lacrime ormai disseccate.
Gli occhi nerissimi lasciavano vedere un’ampia porzione di sclera, il che le conferiva l’angosciante espressione di un vitello al mattatoio.
Io scelgo,” disse. Fece un altro passo.
Tabacchi tese una mano a incontrare quella che la donna gli stava porgendo, le dita si intrecciarono, ella strinse la presa con tale forza che il negoziatore dovette impedirsi di strattonare indietro il braccio. “Io mi chiamo George, tu chi sei?” le chiese in tono affettuoso, rivolgendole un sorriso.
Tutt’intorno, gli altri rumoreggiavano incerti. L’uomo colse una specie di calo di tensione, un lieve venir meno dell’energia mistica.
Vuoi dirmi il tuo nome?” insisté in tono soave.
Georgine.”
Ma guarda, ci chiamiamo quasi nello stesso modo. Hai voglia di scendere giù con me, Georgine? Ti prometto che troveremo insieme una soluzione ai tuoi problemi.”
Mosse un cauto passo verso la scala. Dopo un iniziale tentennamento, la donna lo seguì.
Molto bene, Georgine, molto bene. Sei davvero molto brava. Ora andiamo a sederci da qualche parte, vuoi?”
No.” La donna si immobilizzò.
Coraggio, non succederà niente di male,” disse Tabacchi. Lanciò un’occhiata di sbieco a Jim, che in piedi al centro della terrazza, le braccia incrociate sul petto, lo stava osservando con gli occhi socchiusi. “Andrà tutto bene.” Poi, a voce più alta, girandosi a parlare da sopra la spalla aggiunse: “Amici, questo vale per tutti. Venite con me, troviamo insieme un modo per risolvere i problemi!”
Un altro paio di persone si mossero nella sua direzione.
Venite, amici!” ripeté il negoziatore con maggiore entusiasmo, “Torniamo giù tutti insieme. Io vi ho a cuore, voglio che stiate bene.”
Jim era ancora immobile.
Quando Tabacchi e la donna raggiunsero il primo gradino, egli disse: “Mi deludi, Georgine. Io credevo in te, mi fidavo di te.” Il tono era quello dell’amara constatazione di qualcosa di molto brutto e completamente inaspettato.
Non dargli ascolto,” intervenne prontamente il negoziatore. “Sta solo cercando di far leva sul tuo senso di colpa. Ma tu non puoi sentirti in colpa se scegli di vivere, non credi?”
Silenzio da parte della donna.
Non credi, Georgine?”
Io pensavo che tu fossi diversa, Georgine,” disse Jim. “Ti credevo più decisa, più libera. Pensavo fossi superiore a questi miseri espedienti da grossista di pentole. Eppure io ti ho insegnato tante cose, ti ho insegnato a riconoscere le menzogne del sistema. Ti ho insegnato che possiamo scegliere, al di là di quello che il mondo cerca di imporci.”
La donna tentennò.
Per quanto fosse già ferrea, Tabacchi risaldò la presa sulla mano dell’adepta, quindi le disse: “Non ascoltare, Georgine, decidi con la tua testa. Tu vali, tu hai ancora tante cose da fare.”
Davvero?” fu la timida domanda della donna.
Non farti fregare,” intervenne Jim alle sue spalle. “Cosa vuoi, Georgine? Cosa cerchi veramente? Un’esistenza misera, triste, fatta di regole imposte da altri, oppure una scelta definitiva, irrevocabile, che toglie al sistema il potere che ha su di te? Vuoi essere tu a decidere o vuoi che sia il sistema a decidere per te?”
Io voglio essere libera,” mormorò Georgine.
E allora salta! Lanciati nel vuoto, dimostra che sei capace di prendere in mano la tua vita!”
Non farlo,” intervenne il negoziatore. “Scegli me, Georgine, scegli la vita.”
Tutt’intorno, i presenti seguivano in silenzio lo scambio. Una ragazza che non poteva avere più di quattordici anni, con un ampio abito bianco e i capelli sciolti, crollò a terra con un gemito e cominciò a contorcersi in preda alle convulsioni mentre un rivolo di schiuma bianca le colava da un angolo della bocca. Un uomo ossuto si inginocchiò, levò le mani al cielo e cominciò a recitare il mantra di Jim mentre copiose lacrime gli scendevano lungo le guance ispide.
Non lasciarci, Georgine!” invocò un’altra donna di colore.
Sempre fermo al centro dello spiazzo, Jim disse: “Coraggio, amici miei! Fatemi vedere che scegliete davvero! Fatemi vedere che non date ascolto alle menzogne di questo emissario del sistema inviato apposta per farvi dubitare!”
L’uomo che aveva recitato il mantra si rialzò in piedi. Inspirò a occhi chiusi inclinando la testa all’indietro, quindi si raddrizzò e in tono fervente disse: “Io non mi faccio dire dal mondo cosa sono. Io scelgo.”
Salì sul parapetto.
Tabacchi, che aveva seguito la scena senza abbandonare la presa ferrea di Georgine, fece per muoversi verso di lui.
Aspetta!” gridò. “Non farlo, possiamo parlare, possiamo risolvere tutto!”
Ma l’uomo era già nella posizione del Cristo Redentore. Un istante dopo ripeté “Io scelgo!” e si lasciò cadere all’indietro.
Aspetta…!” urlò comunque il negoziatore, ma in quello stesso momento Georgine, con voce stentorea, proclamò: “Io scelgo!” E partì decisa verso il parapetto. Tabacchi tentò di ritirare la mano, o perlomeno di fermare l’impeto della donna, ma non riuscì a fare nessuna delle due cose.



Che fine del cazzo,” commentò Schneider.
Già, spiaccicato per colpa di una negra,” rispose Stevenson.
Bella grossa, però.”
Attaccato a un bisonte del genere, ci credo che quello stronzo è finito di sotto.”
Si scambiarono un’occhiata. “Beh, sarà ora che ci guadagniamo la paga, direi,” proclamò il primo, quindi si mosse a grandi passi verso Jim. Gli puntò contro la pistola, estrasse le manette con la mano libera e in una frazione di secondo, con un’abilità degna di un prestigiatore, gliele fece scattare intorno a un polso. L’altro bracciale lo assicurò a un tubo d’acciaio. “Saltano tutti fuorché te, Zorro,” lo informò con un ghigno.
I due poliziotti rimasero poi a osservare la gente che in una frenesia di fuga si assiepava contro le ringhiere, le scavalcava con gesti resi maldestri dall’urgenza e si lasciava cadere.
Schneider si sollevò la visiera del berretto con la canna della pistola, quindi disse: “Chissà a che punto saranno gli altri?”
Stevenson alzò le spalle con indifferenza. “Boh. Guarda come saltano quegli stronzi. Bisognerà che dabbasso stiano attenti a non beccarsene uno in testa.”
Già,” assentì Schneider.
Passò qualche minuto, poi Stevenson chiese: “È vero quello che dicono?”
Cosa?”
Che anche se arrivano giù da quest'altezza non si sfracellano.”
L’altro annuì. “Il coroner dice che restano interi, tanto che quando la gente trova un suicida stecchito per la strada, di solito crede che gli sia venuto un colpo.”
Sì, ma anche da trecento e passa metri?”
Non lo so. Quando torniamo giù possiamo dare un’occhiata, se sei curioso.”
Non che me ne freghi poi più di tanto. È solo che una volta avevo sentito raccontare la storia di uno che era caduto dal deltaplano e il tizio l’ha trovato in mezzo al suo campo pensava che fosse morto d’infarto, solo che non sapeva come cazzo avesse fatto a finire lì, dato che ovviamente non c’erano impronte da nessuna parte.” Stevens fece una pausa, facendosi da parte per lasciare spazio a una donna che stava correndo con aria spiritata verso il parapetto, quindi proseguì: “Volevo vedere se è vero che da fuori sembrano ancora interi, anche se dentro sono sfracellati.”
Interi o sfracellati, sono sempre degli stronzi. Io potevo essere a fare i cazzi miei, adesso, invece per colpa di questi idioti sono qui.”
Però ti sei rimpinzato di ostriche. Quant’era che non ne mangiavi?”
Veramente non le avevo mai mangiate, però costano un sacco di soldi, ho pensato di approfittarne.”
Sei sicuro che erano ostriche?”
Sì, a parte il colore, somigliavano a delle fighe. E avevano quasi lo stesso sapore.”
La figa è molto meglio di quegli affari.”
Solo perché sai che dopo segue una scopata, se no farebbe schifo esattamente come quegli affari.”
Uhm. Preferisci il cazzo?”
Fottiti, Stevenson.”
Scherzavo.”
La gente frattanto aveva finito di saltare. Era rimasto uno sparuto gruppetto di sei o sette persone rannicchiate in un angolo. Un paio piangevano, un altro si dondolava avanti e indietro gemendo parole smozzicate mentre si circondava il torso con le braccia.
Di quando in quando, essi lanciavano qualche fugace occhiata all’uomo con il volto coperto, che rimaneva silenzioso e cupo, saldamente immobilizzato dalle manette d’acciaio.
E voialtri?” chiese Schneider col tono che usava di solito per farsi consegnare i documenti dai fermati.
Nessuno rispose.
L’agente fece un passo avanti. “Dico: che cazzo fate voialtri? Chi siete, i più stronzi?”
Di nuovo i superstiti mantennero un circospetto silenzio.
Ah, benissimo,” disse allora Schneider, puntandosi le mani chiuse a pugno sui fianchi. “Mi butto, scelgo, decido della mia vita… un cazzo! Tutti ammucchiati come delle pecore di merda! Ma li avete visti gli altri?”
Il tizio che si stava dondolando smise di farlo. “Noi vogliamo andare via,” rispose timidamente.
Ah davvero? E pensate che la faccenda si chiuda così? Scusi tanto, scherzavamo, arrivederci e grazie?” Poi, a voce più alta: “Pensate che sia così facile? Avete visto cosa c’è là sotto?” Fece una pausa, in attesa di una risposta che però non giunse. “C’è tutta la fottuta polizia di Las vegas,” proseguì allora, “Mezzo ospedale, una dotazione di ambulanze che non c’era neanche durante lo sbarco in Normandia, elicotteri, profiler, negoziatori e scommetto che sta arrivando anche la Guardia Nazionale. Avete idea di quanto verrà a costare questo casino?”
Alla domanda seguì un silenzio siderale.
Senza contare che vi prenderanno per matti,” insisté l’agente imperterrito. “Vi beccherete un ricovero al mattile come minimo, vi riempiranno di medicine fino a ridurvi come larve sbavanti, poi verrete schedati, apriremo un fascicolo su ognuno di voi.”
A quelle parole fece seguito un silenzio carico d’angoscia.
E forse – anzi, quasi sicuramente – vi faranno anche pagare tutto quanto,” intervenne Stevenson raggiungendo il collega. “Dovrete vendervi la casa per far fronte alle spese, dovrete tirare fuori i soldi che avete messo via per mandare i figli all'Università e comunque non basteranno.”
I superstiti si scambiarono sguardi smarriti.
Saranno cazzi da cagare,” promise Schneider in tono sinistro.
Stevenson annuì grave. “Al posto loro, io salterei. Hai idea dei casini che li aspettano appena tornano giù?”
Se tornano giù con l’ascensore.”
Già, nell’altro modo invece avrebbero risolto tutti i problemi.”



Quando gli agenti che erano saliti per le scale raggiunsero la terrazza panoramica, trovarono il sospettato numero uno ammanettato a un tubo d’acciaio e gli agenti Schneider e Stevenson appoggiati al parapetto, che si indicavano l’un l’altro gli alberghi della Strip con l’aria dei turisti in vacanza.
I nuovi arrivati si fecero avanti col fiato grosso e le uniformi fradice di sudore. “Ci sono gli SS,” ansò un agente, in un tono a metà fra stupore e risentimento.
Ben arrivati, ragazzi,” li accolse Schneider, gentilissimo.
Cosa ci fate qui?” volle sapere il poliziotto di prima.
Abbiamo catturato un pericoloso criminale.” Indicò l’uomo ammanettato.
E gli altri?”
Schneider fece un gesto vago con la mano. “Andati. Del resto, erano saliti quassù con l’intento di suicidarsi, sarebbe stato impossibile fermarli.”
Non è vero!” sbraitò a quel punto il sospettato, strattonando la catena che lo teneva prigioniero. “Questi due hanno spinto al suicidio tutti quelli che avevano rinunciato a saltare.”
Schneider lo fulminò con uno sguardo di ghiaccio. “Nientemeno,” disse. In tono professionale soggiunse: “Signore, a me risulta che sia lei quello che ha spinto tutte queste persone al suicidio. Non ci troveremmo qui, se lei non avesse portato su i suoi fedeli e non avesse cominciato a suggerire loro di saltare nel vuoto.”
Anche voi l’avete fatto.”
L’agente scosse la testa ostentando un’espressione costernata. “Che lei cerchi di negare l’evidenza è non solo meschino, ma anche decisamente controproducente. Scaricare le sue responsabilità su due agenti che fanno con coscienza il loro dovere, poi, è veramente uno schifo. Che idea pensa che si faranno i giudici di lei, se si comporta in questo modo?”
Stevenson intervenne: “Che è uno che cerca di scaricare le sue responsabilità addosso agli altri.”
Schneider scosse la testa. “Gran brutta cosa.”
Veramente brutta,” confermò il collega.



Ma tu guardali, quei due stronzi,” brontolò l’agente Keller.
Teste di cazzo,” replicò il suo compagno, l’agente Page.
L’oggetto delle invettive erano Schneider e Steveson, che si ergevano tronfi, ostentando la loro aria da poliziotti dei manifesti di propaganda, sotto i riflettori improvvisati di un’importante emittente nazionale.
Una giornalista li stava intervistando. Rivolta alla telecamera, cominciò: “Abbiamo qui gli agenti Schneider e Stevenson, coloro che hanno materialmente catturato il pericoloso criminale che ha plagiato e indotto al suicidio settantadue persone.” Si rivolse ai due poliziotti: “Potreste raccontare ai telespettatori qualcosa sulla cattura di Clifford ‘Jim’ Hardy?”
Fu Schneider a rispondere: “Ma certo, signora. A un certo punto è giunto l’ordine di salire sulla torre. Io e il mio collega, il qui presente agente Stevenson, abbiamo valutato la situazione e abbiamo capito che non era possibile esitare. Invece di salire a piedi come ci era stato ordinato, abbiamo utilizzato l’ascensore e siamo arrivati giusto in tempo.”
Avete salvato delle vite innocenti?”
Schneider scosse la testa con l’espressione di chi deve sottostare all’ineluttabilità del destino. “Purtroppo no, signora. Quei poveretti erano stati plagiati, non avevano più una loro vita, non avevano più una loro volontà. Non sarebbe stato possibile salvarli.”
La giornalista emise un sospiro. “Capisco.”
Ma abbiamo catturato Hardy, signora. Lui non ci è sfuggito.”

A qualche passo di distanza, Keller grugnì: “Lo credo bene che non vi è sfuggito, teste di cazzo. Era su una torre presidiata da cinquecento sbirri, dove poteva andare?”
Che paraculi,” disse Page. “Gli SS sono stronzi come sempre. Noi a farci scoppiare le emorroidi su per quelle fottute scale e loro in ascensore, alla faccia degli ordini, dei colleghi e di tutto quanto.”
Bastardi.”
E adesso finiscono al telegiornale, come se fossero loro i due eroi di tutta la faccenda.”
Scommetto che il capo li proporrà anche per un encomio, fanculo a loro.”



Beh, questa cazzo di notte dei lemming è finita,” sospirò l’agente Schneider. Seguì con lo sguardo l’ultima ambulanza che si allontanava, a sirene debitamente spente, quindi si voltò a guardare la Strip. Ormai albeggiava e la magia di luci e colori dei grandi alberghi cedeva implacabilmente il passo a statue di plastica e impalcature polverose.
Passava qualche veicolo, perlopiù furgoni di fornitori diretti ai vari hotel. Una squadra di spazzini stava raccattando le cartacce lasciate in giro da chi aveva seguito la vicenda aggrappato alle transenne.
Arrivarono un paio di tizi in tuta bianca e mascherina sterile e cominciarono a spargere disinfettante sulle macchie di sangue che erano rimaste un po’ ovunque.
Un cazzo di casino, eh?” buttò lì Stevenson.
Già.”
Laggiù c’è ancora Ron Jeremy col suo carretto, andiamo a vedere cosa gli è rimasto? Metterei volentieri qualcosa sotto i denti.”
Schneider si fermò a squadrare il messicano che stava chiudendo l’ombrellone, poi rispose: “No, ho voglia di farmi una pisciata, levarmi di dosso questo cazzo di giubbotto antiproiettile, andare a casa mia e buttarmi sul letto. Va’ tu, se vuoi.”
Stevenson alzò le spalle. “Nah, hai ragione. Ho mangiato troppo messicano stanotte.”
Robaccia. Andiamo a prendere la macchina.”
Ok.”

Edmundo Vasquez seguì con lo sguardo i due imponenti poliziotti che si allontanavano. Quando fu sicuro che se ne stessero effettivamente andando, chiamò i quattro amici che durante la notte si era procurato e indicò loro il carretto degli hot dog di Morales. “Vedete quel cavron?” chiese. “Mi ha minacciato con un tubo di piombo, mi ha cacciato via dal mio posto e si è preso tutti i soldi che sarebbero spettati a me. Voi mi aiutate a sistemarlo e io vi do il cinquanta per cento.”
Settanta.” Un tirapugni brillò sinistro nella luce del mattino.
Sessanta,” rilanciò Vasquez.
Ci fu un giro di sguardi, infine l’uomo col tirapugni disse: “Andata. Quanto male dobbiamo fargli?”
Non deve darmi più problemi.”
L’uomo mise via il tirapugni e fece scattare la lama di un coltello a serramanico.



Agenti, agenti! Vi prego, agenti, correte!”
Schneider e Stevenson si fermarono. “Che cazzo c’è ancora?” brontolò il primo fra i denti, “Eppure mi sembrava che si fossero ammazzati tutti, quegli stronzi.”
Agenti, per favore!”
Si girarono. Una donna orientale – una cameriera appena smontata dal turno di notte, a giudicare dai vestiti – stava indicando concitata un capannello di gente riunito intorno a un ombrellone chiuso.
Ma guarda un po’, è il carretto di Ron Jeremy,” constatò Stevenson. Poi, in tono professionale: “Qual è il problema, signora?”
È morto!” strillò la donna.
Beh, se è morto non c’è più tanta fretta, non le pare?”
Schneider staccò comunque la ricetrasmittente dalla spalla e comunicò il fatto alla centrale, quindi si diresse assieme al collega verso il capannello vociante.
Ron Jeremy, al secolo Jesús Morales, appariva in effetti decisamente morto: giaceva supino, in una posizione che ai due ricordò quella che assumevano gli aspiranti suicidi un attimo prima di saltare, e aveva la gola aperta da un orecchio all’altro.
Ma porca merda,” ringhiò Schneider, i pugni puntati sui fianchi. “Volevo solo tornarmene a casa dopo una notte di servizio. È chiedere troppo, forse? Ce l’avranno anche gli sbirri il diritto di riposarsi, dico io.” Abbassò lo sguardo sul corpo, intorno al quale il sangue cominciava a farsi nero, quindi in tono risentito proseguì: “E invece no. Arriva questo stronzo a rovinare tutto.” Poi, rivolto al collega: “Chiama il coroner, va’. C’è bisogno di un furgone porta-morti.”
L’ultimo è appena partito.”
Merda!” imprecò Schneider. “Adesso si alza il sole e questo stronzo si copre di mosche.” Fece girare lo sguardo sulla gente, che lo stava fissando perlopiù ammutolita, e in tono professionale disse: “Via, circolare. Non c’è niente da vedere.” Afferrò per il braccio un ragazzino che si era sporto a vedere il corpo e lo strattonò indietro. “Fuori dalle palle, moccioso. Va’ a vendere crack davanti alle elementari, invece di startene qui a intralciare un’azione di polizia.”



Schneider rimase per un po’ a guardare i paramedici che raccoglievano le spoglie mortali del messicano, quindi si rivolse al collega e disse: “Che palle. Facci caso, ‘sti stronzi scelgono sempre il momento peggiore per farsi ammazzare: quando devi smontare, quando c’è un tempo del cazzo o quando stai per intervenire in un locale di lap dance.”
Che ci vuoi fare,” replicò Stevenson con filosofia, “mio zio lo diceva sempre: il rompicoglioni ha un sesto senso.”
Andiamo a fare colazione da Hooters?”
Ottima idea, così ci rifacciamo gli occhi. È ancora aperto?”
Hooters è sempre aperto.”
Mi piacerebbe che fosse così anche per le gambe della bionda che serve al banco. Quella piccoletta, hai presente?”
Nah, quella è talmente piccola che ti può fare un pompino stando in piedi. Preferisco la sua amica mora.”
È sua amica?”
Uh-huh.”
Dici che se la brucano?”
Se lo fanno, voglio un posto in prima fila.”
Montarono in macchina. Per prima cosa Schneider spense la radio di servizio, quindi avviò il motore. Il veicolo prese a percorrere la Strip, a quell'ora quasi deserta.
Dopo un po', Stevenson buttò lì: “Certo che... quanti ne sono crepati stanotte?”
Settantaquattro, alla fine.”
Un bel po', eh?”
Avranno intasato l'obitorio,” rispose Schneider. Poi sorrise e disse: “Guarda là: ecco Hooters. Tettone, arriviamo!”














SPIEGONE

Ok, gente, prima le cose pratiche:
- La Strip è la strada di Las Vegas dove ci sono gli alberghi e i casinò più famosi, ovviamente è anche molto frequentata dai turisti.
- La Stratosphere Tower è questa: https://it.wikipedia.org/wiki/Stratosphere_Las_Vegas
- I lemming sono roditori artici. La leggenda vuole che quando le colonie diventano troppo grandi saltino in massa dagli scogli uccidendosi. Ovviamente non è vero, ma la faccenda è rimasta nelle credenze popolari.
- Ron Jeremy è un celeberrimo attore porno, molto amato dagli uomini perché è brutto, laido e con la pancia, ma nonostante ciò ha centinaia di donne.
- La faccenda del Mandalay Hotel è questa: https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Las_Vegas
- Per i suicidi di massa, rimando all'ampia letteratura presente in internet. Jim Jones fu l'ispiratore di uno dei più grandi suicidi collettivi della storia, in cui morirono più di 900 persone.
- Hooters è una catena di locali famosa per le cameriere dal seno particolarmente abbondante e vestite in modo succinto (Hooters in inglese significa “Tettone”).
- La vicenda del metal detector è accaduta, esattamente come la descrivo, al sottoscritto, al momento di salire sulla Stratosphere. Da allora, il treppiede della mia macchina fotografica è soprannominato “Arma di fine di mondo”.
- La storia del deltaplano è a sua volta un fatto vero, raccontatomi dal medico legale che eseguì l'autopsia sul soggetto.


L'idea per la storia:
tutto è partito dalla citazione che ho scelto: mi è sembrato un proclama da imbonitore, una specie di mantra new age nel quale riconoscersi mentre si coltiva l'illusione di aver capito tutto della vita e di essere in grado di scegliere quando in realtà non si sta scegliendo proprio nulla, ma si sta semplicemente aderendo a un'idea massificata e stereotipata di “comportamento alternativo.”
Uno dei protagonisti della storia è infatti un furbastro che ne ha fatto il motto della sua “setta”. La sua intenzione non è ovviamente promuovere una nuova consapevolezza nei suoi adepti, ma spingerli al suicidio collettivo, cosa che a suo parere rappresenta la massima manifestazione di controllo sulla volontà altrui. La sua idea è quella di passare alla Storia per quel motivo, e in pratica ha impostato tutta la sua vita su tale obiettivo.
Fanno da contrappunto al Jim Jones dei poveri i due sbirri SS, cinici e paraculi, che in pratica ci forniscono un commento diretto e politicamente scorrettissimo di quello che succede sulla torre.
Ho aggiunto poi alcuni personaggi collaterali, il negoziatore, il venditore di hot dog, il sergente Wilkes e l'altro messicano (quello che viene sloggiato dal primo) per mostrare un'umanità avida, cinica, che in pratica se ne sbatte le balle del fatto che settanta persone si stanno suicidando e pensa solo a trarre un tornaconto dalla faccenda, a non perdersi lo spettacolo o a non sprecare comunque troppe energie.
Nessuno si salva, e i pochi che più o meno si salvano moralmente non si salvano comunque fisicamente.



   
 
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