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Autore: Aky ivanov    08/12/2018    1 recensioni
Yuri si chiese come avesse fatto a non accorgersi di essere seguito fin dall'inizio. All’entrata era andato avanti e indietro tantissime volte e non si era sentito minimamente osservato. Stava sicuramente perdendo colpi.
“Pensavi forse di trovarmi intento a complottare con qualche adepto di Vorkov?” Il tono provocatorio si perse nel vento quando la risposta non arrivò. Yuri ostentava ancora il sorrisino ironico su quelle labbra sottili ma a quel silenzio opprimente avrebbe preferito piuttosto una valanga di insulti, o un pugno scagliato con tutta la forza di cui Boris era capace. Non era il dolore fisico a spaventarlo, quello aveva imparato a sopportarlo fin dalla tenera età. Al contrario, nessuno gli aveva insegnato come poter gestire al meglio il miscuglio di emozioni che lo stava corrodendo.
Quelle stesse emozioni soppresse durante la sua infanzia ora facevano nuovamente capolino con la stessa forza impetuosa di una cascata che rompe gli argini.
Con quel silenzio Boris, aveva inconsapevolmente ferito il freddo Yuri Ivanov.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boris, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il più grande fallimento di Vorkov

 

Il tiepido sole primaverile illuminava con i suoi raggi quel che restava dell’inverno, piccoli cumuli di neve adagiati agli angoli delle strade che imperterriti continuavano la loro resistenza anche se per poco. Distratto dai suoi pensieri il ragazzo dai capelli cremisi ci finì dentro con tutte le scarpe, bagnandosi l’orlo dei pantaloni e imprecando mentalmente nella strada deserta.

Erano le otto di domenica mattina, un orario insolito per girovagare da solo, e lui faceva ripetutamente dietro front ogni volta che arrivava sulla soglia del grande cancello in ferro battuto. Rimaneva qualche secondo ad osservarlo in tutta la sua imponenza, poi si allontanava di qualche metro e ispirando riprendeva il coraggio necessario per riprovarci. Sembrava avere più paura dei morti che dei vivi.

All’ennesimo tentativo si fermò ad osservare l’ampia entrata stringendo la presa attorno al mazzo di fiori che con cura era sistemato nella sua mano. Ripeteva a sé stesso che non c'era nulla da temere, non sarebbe morto oltrepassando quella linea invisibile da lui stesso posta dinanzi agli occhi, semmai avrebbe fatto felice quei poveri defunti che era convinto, in un certo senso, continuassero a vivere lì dentro. Un po’ come nel monastero, si disse, dove quei ragazzini più deboli non ce l’avevano fatta a sopravvivere alle angherie di Vorkov e avevano chiuso gli occhi in un’umida cella o chissà in quale altro subdolo modo, ma continuavano a vivere.  Li sentiva, scendendo all’interno delle segrete, avvertiva chiaramente l’aria diventare rarefatta e la costante sensazione di essere osservato da occhi invisibili. Una volta aveva percepito una sorta di calore alle spalle, quando dopo la disfatta di Vorkov era sceso nei sotterranei per sistemarli, evitando così l’ingrato compito ai compagni di rientrare in quegli angoli del terrore. Ed era proprio lì dentro, in una delle celle più dislocate aveva trovato un piccolo orsacchiotto, appartenuto al ragazzino entrato con lui in quel posto, bambino mai più visto dopo quel giorno.

Aveva raccolto quel piccolo tesoro e sistemato accanto alla piccola lastra eretta nel giardino in memoria delle povere vittime, in quel momento era arrivato quell’abbraccio. Giurava di aver visto dinanzi a sé quel corpicino minuto sorridente.

Quando aveva raccontato questo episodio a Sergey, si era ripromesso di non provarci una seconda volta. Il colosso biondo l’aveva guardato poggiandogli una mano sulla fronte e chiedendogli se si sentisse bene.

Sospirò alzando i freddi occhi azzurri in direzione delle indicazioni presenti sul vialetto e muovendo il primo passo all’interno del cimitero, seguito dal secondo meno riluttante del precedente. Avanzò lungo la stradina acciottolata sperando di ricordarsi il percorso esatto, oltrepassando numerose file di lapidi ben tenute. Pensò che probabilmente non tutti avevano avuto la sfortuna di avere lui come unico custode per la propria tomba.

Un’anziana signora in abito scuro si era appena alzata da terra e con ancora il fazzoletto stretto al petto aveva lasciato un bacio sulla foto dinanzi a lei. Foto di un ragazzo fin troppo aveva immediatamente e malinconicamente pensato.

Si ricordò all’istante perché non aveva avuto il coraggio di entrare fino a quel momento, non voleva vedere la sua tristezza all’interno degli occhi di chiunque in quel posto, era come guardarsi allo specchio e lui odiava la sua parte più vulnerabile. Quella celata dietro la maschera di freddezza e noncuranza che ostentava sempre in pubblico e persino con i sui compagni di squadra, ma che nei momenti in cui era solo o in quel luogo vacillava pesantemente.

 

Svoltato l’angolo Yuri raggiunse la sua meta e si fermò ad osservarla in lontananza. Le sue gambe non collaboravano, inchiodate al suolo come se fossero finite in una lastra di cemento fresco, induritasi improvvisamente al loro passaggio. La piccola tomba bianca ricoperta di rampicanti era uno scenario penoso rispetto alle altre linde e pinte.

Con il peso sul cuore che aumentava di pari passo con lo scorrere del tempo, si avvicinò al freddo marmo sedendosi sull'erba bagnata, a tratti ancora ricoperta di bianco.

I fiori posti nel vaso erano ormai appassiti e distrutti dalle intemperie. Di quelle rose rosse che rammentava era rimasto soltanto uno stelo annerito su cui svettavano le spine.

“Ciao mamma”, il flebile suono della voce si perse nel vento che gli scompigliò i capelli, come se con quella folata la sua interlocutrice lo stesse accogliendo.

Abbassò gli occhi sui fiori ancora stretti a sé “Sono imperdonabile lo so, ti ho lasciato per due anni da sola senza farti una visita”.

Sospirò perdendosi ad osservare il volto della donna sorridente raffigurata, Yuri non ricordava molto di lei, aveva vaghi flashback che gli affollavano la mente, ognuno dei quali aveva il potere di provocargli un nodo alla gola. Ciò che gli era rimasto impresso erano solo momenti felici, e questo faceva sempre più male del previsto. Nella sua mente toccava il cielo con un dito per poi cadere bruscamente nella cruda realtà, rifugiandosi da tutto e tutti crogiolandosi nella malinconia di quei momenti.

Chiunque conoscesse il moscovita, seppur in minima parte, avrebbe stentato a riconoscere in quel momento l’immagine idealizzata creata dal su cipiglio autoritario.

“Sono cambiate tante cose dall’ultima volta che sono venuto qui”, la voce sottile scaturita da quelle labbra era insolita, con una cadenza sbiascicata tanto da faticare lui stesso a riconoscersi “Vorkov è ritornato all’attacco dopo il nostro ultimo incontro. Stavolta con una nuova squadra addestrata in modo totalmente diverso dalla nostra, ma i suoi progetti folli non hanno avuto vita lunga. È stato sconfitto di nuovo, spero per sempre.”

Con la mano libera si toccò la fronte coperta dalla candida benda “Vedi questa?” le chiese indicandola “Non è stata una battaglia facile, non solo per me ma per tutti”.

Si interruppe bruscamente mordendosi l'interno della bocca, si sentiva uno stupido a parlare da solo dando voce ai suoi pensieri, ma ne aveva bisogno. Non aveva avuto molte occasioni per parlare ultimamente, non che lui fosse un tipo di tante parole ma aveva scoperto a sue spese che la sua natura taciturna aveva un limite. Sentiva il bisogno materiale di sfogarsi e incanalare la sua frustrazione nel beyblade non era stata una buona idea, la sua rabbia aveva quasi distrutto la palestra del Monastero.

“Io sono stato in coma, ma al contrario di Sergey e Boris non riporto danni visibili”

Sua madre sarebbe stata sempre lì pronta ad ascoltarlo senza mai interromperlo, e lui decideva di farle visita solo quando si sentiva impotente verso il mondo. Si faceva schifo per questo, la usava per i suoi comodi, un po’ come aveva fatto con i suoi compagni ma infondo al cuore sperava di essere compreso almeno da lei. Aveva cercato di far capire il perché delle sue scelte alle persone a cui voleva bene, senza esito positivo.

Posò il piccolo mazzo di orchidee accanto alla lapide mantenendo lo sguardo fisso sull’erba sottostante che ben presto venne strappata con foga. Yuri ascoltava i battiti veloci martellargli il petto ogni qual volta si soffermava a pensare al casino creato dalle sue stesse mani, ed essi si fecero sentire anche in quel caso. Lui si odiava, provava rancore verso sé stesso e verso il suo carattere maledettamente orgoglioso che lo aveva portato ad un isolamento ben peggiore rispetto a quello passato.

“Prima avevo Boris, Sergey e Ivan pronti ad appoggiarmi in qualunque decisione.”

Dopo lo scontro con la Bega, scoperte tutte le sue carte non era riuscito a sostenere la diffidenza dei due russi nei suoi confronti, tutto quello che aveva saputo dire ai due compagni di squadra era racchiuso in un’unica sfera tematica, il beyblade. Non aveva neanche provato a giustificare il suo comportamento, aveva incassato ogni parola senza replicare o dire la sua. Non si era giustificato.

“Un codardo avrebbe dimostrato molta più dignità”.

La paura di chiedere come stessero e ricevere una risposta negativa, lo aveva bloccato indurendo il loro rapporto in maniera definitiva.

“Boris si è ritrovato a dover fare riabilitazione al braccio destro per la frattura riportata e Sergey per poco non ci rimetteva la schiena.” dirlo ad alta voce era anche peggio, le conseguenze delle sue azioni facevano sentire il proprio peso all'altezza del petto, in una morsa soffocante che gli bloccava il respiro

“Ora non mi rivolgono più la parola” le dita seguirono i contorni delle lettere bronzee accarezzandole dolcemente con piccoli tocchi terminando e il loro movimento sulla liscia superfice marmorea. A tale contatto rabbrividì lasciando però ugualmente la mano poggiata evitando accuratamente i rovi che la ricoprivano.

“Non è stata una buona idea mentire loro sui veri motivi della nostra partecipazione al mondiale.”

Chiuse gli occhi ispirando profondamente, nel vano tentativo di calmare il suo animo irrequieto, all’interno del suo cuore sembrava esserci un animale rabbioso incatenato che con ferocia graffiava le pareti cercando di uscire.

Il silenzio spezzato dal cinguettio degli uccelli avvolse quel posto, l'odore dolciastro dei fiori copriva i restanti e due iridi celesti guardavano malinconiche il cielo del medesimo colore.

“Perché non le dici i motivi? Sono impaziente di sentirli anche io”

La pace dell'ambiente circostante andò in frantumi come uno specchio ridotto in tante piccole schegge. Per Yuri, quelle parole furono una doccia fredda quando arrivarono alle sue spalle. Sussultò sfregiandosi la mano a contatto con i rovi distratto dall'ombra proiettata su di lui in grado di oscurarlo completamente.

Deglutì a fatica voltandosi nella direzione del nuovo arrivato che con la sua stazza sembrava ancora più imponente visto dal basso.

“Cosa ci fai tu qui?” chiese perdendo le incrinature morbide che la sua voce aveva avuto fino a quel momento, diventando improvvisamente freddo come il gelido inverno russo.

Il platinato non rispose limitandosi a osservarlo a braccia conserte, con due occhi smeraldini infuocati, non avrebbe potuto trovare occasione migliore per sentirsi superiore a lui in tutti i sensi.

Yuri si alzò con cautela controllando i movimenti, stagliandosi di fronte al nuovo arrivato in tutta la fierezza di cui era capace. Per terra si era sentito piccolo in confronto alla statura dell'altro, ed anche se in piedi raggiungeva a malapena le sue spalle sapeva di destabilizzare la baldanza di Boris.

“Da quanto tempo sei qui?” il pensiero di essersi mostrato così vulnerabile alla vista di qualcuno lo faceva innervosire, soprattutto se si trattava di colui con cui non aveva più nulla da spartire. I suoi dubbi divennero certezza quando l'altro rispose in tono strafottente “Da quando sei arrivato tu“.

Yuri si chiese come avesse fatto a non accorgersi di essere seguito fin dall'inizio. All’entrata era andato avanti e indietro tantissime volte e non si era sentito minimamente osservato. Stava sicuramente perdendo colpi.

“Pensavi forse di trovarmi intento a complottare con qualche adepto di Vorkov?” Il tono provocatorio si perse nel vento quando la risposta non arrivò. Yuri ostentava ancora il sorrisino ironico su quelle labbra sottili ma a quel silenzio opprimente avrebbe preferito piuttosto una valanga di insulti, o un pugno scagliato con tutta la forza di cui Boris era capace. Non era il dolore fisico a spaventarlo, quello aveva imparato a sopportarlo fin dalla tenera età. Al contrario, nessuno gli aveva insegnato come poter gestire al meglio il miscuglio di emozioni che lo stava corrodendo.

Quelle stesse emozioni soppresse durante la sua infanzia ora facevano nuovamente capolino con la stessa forza impetuosa di una cascata che rompe gli argini.

Con quel silenzio Boris, aveva inconsapevolmente ferito il freddo Yuri Ivanov.

Il rosso indurì la sua espressione, si voltò dandogli le spalle e tornò a sedersi davanti il loculo della madre. Aveva distolto lo sguardo per primo, non se lo sarebbe perdonato ma un secondo in più e la sua maschera imperscrutabile sarebbe venuta meno.

Strofinò la mano lacerata sul pantalone sporcandolo con quelle piccole strisce rossastre mentre sperava che l'altro andasse via al più presto. Il ragazzo dai capelli cremisi sapeva che il suo carattere avrebbe avuto la meglio come al solito, al di là del senso di colpa che provava sicuramente avrebbe preteso di aver ragione e l'altro sarebbe andato via più arrabbiato di prima. Non avrebbe mai ammesso di aver sbagliato, quindi preferiva nettamente stare in silenzio evitando di fare ulteriori danni ancor più irreparabili.

Boris dal canto suo, non aveva risposto alla domanda perché colto impreparato. Se lo sguardo ceruleo fosse stato più attento avrebbe visto lo smarrimento in quegli occhi smeraldini alla ricerca di una risposta sensata. Una risposta che non era stata trovata, non sapeva bene neanche il platinato perché avesse seguito il suo capitano quando aveva visto la sua chioma rossa attraversare il giardino del monastero.

“Hai intenzione di rimanere lì tutta la giornata?” chiese ad un certo punto osservando la schiena di Yuri rigido nella sua postura, deciso a non voltarsi nella sua direzione “Non sono affari tuoi.”

Boris assottigliò gli occhi e si avvicinò afferrando il colletto della maglia e alzando di peso il compagno di squadra, ma prima di riuscire a farlo girare nella sua direzione, il polso gli venne bloccato e Yuri si voltò quel tanto necessario a mostrare il suo astio. Quelle iridi lucenti come il cristallo e dure come il diamante lo trafissero ricolme d’odio.

“Non toccarmi” sibilò calmo aumentando la pressione attorno al polso che era il doppio del suo “Non ho la minima voglia di discutere con te, torna a ignorarmi come hai fatto nelle ultime settimane” concluse spingendolo lontano e strappandogli una smorfia.

“Ah certo, il cattivo della situazione sarei io. Quello che ci ha mandati in un'impresa suicida contro Vorkov sei stato tu!” ribatté l’argenteo alzando il tono di voce e avrebbe anche continuato se la signora poco distante non si fosse girata indispettita nella sua direzione. Avvolta nel suo scialle nero tirato fin sopra la testa rimproverò il russo di mantenere un comportamento rispettoso in quel luogo e che era poco garbato alzare le mani addosso agli altri. Il platinato dovette fare affidamento a tutto il suo bon ton per non mandarla al diavolo mentre Yuri colse al volo l’occasione di quello scambio di battute per tornare nuovamente seduto.

Il suo desiderio era molto semplice, trovarsi a chilometri di distanza, lontano da Boris, lontano dalla consapevolezza di aver rovinato l'unica relazione stabile della sua vita, quella con colui che considerava un fratello. Proprio non riusciva a rispondergli in modo pacato, non riusciva ad ammettere i propri errori. Pensò di non essere mai caduto così in basso, non voleva essere considerato un robot insensibile ma compiva tutte azioni per dimostrare il contrario.

Con il suo comportamento l’avrebbe allontanato completamente, ne era consapevole, forse non avrebbe nemmeno più avuto neanche l’occasione di mettere in chiaro le cose, eppure continuava a rinchiudersi a riccio.

Seduto sul prato preso dai suoi drammi interiori con la coda dell’occhio vide Boris imitarlo borbottando qualche insulto poco velato nei confronti della vecchietta che l’aveva rimproverato, facendosi pure sentire da lei intenzionalmente.

 

Il platinato superato il confronto verbale con colei che considerava una vecchia zitella, era pronto a tornare all'attacco ma non riuscì nell'intento, le parole gli erano morte in gola dopo aver notato il capitano perso nei propri pensieri. Lo conosceva da anni, non aveva mai avuto problemi a rapportarsi con lui perché riusciva a capirlo al volo, finché qualcosa era cambiato. Si era trovato a dare man forte ad una persona che non aveva riposto alcuna fiducia nella squadra, in lui.

Nonostante ciò, per quanto provasse rancore non poteva fare a meno di notare quei cambi lievi e quasi impercettibili in quelle pozze cristalline, al momento meri contenitori vuoti. L’aveva visto quel lampo di tristezza attraversarle e incupirgli lo sguardo, per quanto fosse stato prontamente nascosto sentendosi osservato, a lui non era sfuggito di certo.

Pensò che fino a poche settimane prima non avrebbe esitato nel definirlo un fratello, ed era bastata solo un'occasione per rovinare tutto.

Erano cambiati tutti negli anni, si disse, ma Yuri non aveva mai cercato la compassione di nessuno neanche nei momenti in cui aveva avuto bisogno di aiuto, aveva sempre guidato la squadra in modo impeccabile, anche in quel terzo campionato finché non era venuta a galla la verità.

“Poteva essere davvero così effimera la base del loro rapporto? Da svanire in un battito di ciglia? No, c’era dell’altro, doveva esserci per forza.”

“Perché abbiamo preso parte al terzo campionato mondiale?” il russo spostò la sua attenzione verso Boris, sorpreso di quel repentino cambio di tono, molto più calmo, pacato, quasi come fossero due amici che parlavano del tempo. Il platinato aveva compreso di non potersi aspettare risposte se partiva all’attacco. “Lo sai già il perché” rispose il russo sentendo lo stomaco contorcersi all’idea di quell’interrogatorio “Per riuscire ad avere quante più informazioni possibili su Vorkov. Cercare di vincere il campionato in modo da poter essere chiamati da lui e mandare all’aria il suo progetto nascente.”

Boris puntò i suoi occhi in quelli di Yuri che sosteneva ostinato il suo sguardo, più pallido del solito e sicuramente ancora provato dalla recente esperienza ospedaliera.

“E perché non ci hai voluto dire niente?” Si fermò osservando la mascella contratta del ragazzo “Perché ci hai considerato estranei alla pari di Key?”.

Era questo ciò che più di tutto aveva dato fastidio al moscovita, l'essere stato messo da parte come un estraneo da un progetto che lo coinvolgeva in prima persona, al di là del volere di Yuri. Ancora malediceva il momento in cui aveva appoggiato il folle piano di irruzione alla Bega.

Lo stupore del platinato fu grande quando il primo ad abbassare lo sguardo non fu lui, e diventò ancora più grande quando arrivò la risposta pronunciata riservando maggiore attenzione visiva alle venature della lastra di marmo lì accanto “Non volevo coinvolgervi in una faccenda che avrebbe portato alla luce ricordi che stavamo cercando tutti di dimenticare.”

A Yuri quelle parole erano costate tanto, significava scoprire i suoi punti deboli, essere sdolcinato per i suoi gusti. Rendersi molto più esposto del dovuto e un facile bersaglio.

“Non toccherai i miei compagni di squadra” Boris in quel momento si chiese quante volte aveva sentito quell’affermazione uscire dalla bocca del suo capitano nel corso degli anni.

“Yuri, non siamo più dei bambini lo sai?” dopo attimi di silenzio per la prima volta diede peso alle parole, cercava quelle più adatte pensando attentamente a quella frase sbucata nel suo inconscio all’improvviso “Non c’è bisogno di fare il salvatore della squadra come facevi ai tempi del monastero”

“Io non volevo fare l'eroe” rispose massaggiandosi stancamente la tempia “Ho fatto ciò che ritenevo giusto e poi era una faccenda personale”.

Boris disse addio al suo autocontrollo e inarcò scettico un sopracciglio guardandolo come se avesse detto di provenire da Marte “Faccenda personale?” le parole quasi tremavano per la rabbia incontrollata “Non hai vissuto solo tu nel monastero c’eravamo anche noi!” calcò le ultime parole infervorato beccandosi un’altra occhiata di rimprovero dall'anziana signora che spazientita aveva posto le mani sui fianchi intimandogli di fare silenzio altrimenti avrebbe chiamato il custode per farlo cacciare. Soprattutto gli suggerì di parlare in modo pacato con il suo amico.

Dal canto suo Boris avrebbe tanto voluto dirle che della sua irritazione o dei suoi consigli se ne fregava altamente ma la posizione e la vena pulsante, intravista accanto a quella macchia a forma di esse sul collo della donna, gli avevano ricordato in modo fin troppo nitido gli scatti di rabbia alla Ivanov durante gli allenamenti. La ignorò soprattutto perché aveva altro a cui pensare.

“Non avevi il diritto di escluderci, anche noi siamo finiti contro la nostra volontà in quel posto, anche noi abbiamo sofferto subendo quell’addestramento militare, ma non abbiamo mai pensato di tenerti all'oscuro della minima informazione per avere la tua vendetta. Dovevamo avere la possibilità di riacquistare la nostra libertà tutti insieme” esclamò furioso con il respiro corto cercando di non alzare fin troppo il tono, non ricordava di aver mai parlato così tanto e così a lungo. Forse proprio per questo motivo non riuscì a frenare le ultimi parole che gli uscirono dalla bocca “Sei stato un’egoista”.

Egoista. Quella parola rimase impressa nella mente di Yuri, logorandolo dall’interno. La bocca improvvisamente secca sembrava il deserto più arido e si trovò impreparato a reagire verbalmente. Dopo gli ultimi episodi si sentiva spossato, da quando si era svegliato dal suo stato comatoso non si era ancora completamente ristabilito e quella forza che lo aveva sempre contraddistinto era venuta meno nel momento peggiore. Era diventato il fantasma di sé stesso.

Vide di sbieco Boris aspettare impaziente una sua risposta cercando si darsi una calmata dopo lo sfogo “Non mi interessa la tua opinione e poi come avresti voluto ottenere la libertà se sei caduto neanche iniziato l’incontro contro Garland?”.

Si maledisse mentalmente per il veleno che gli stava rovesciando addosso, ma il suo intento era proprio quello di stuzzicarlo, fargli perdere la pazienza in modo da non dover continuare quell’interrogatorio. Voleva farsi vedere invincibile e restare da solo.

I due si fronteggiarono con lo sguardo finché Boris non si alzò di scatto prendendo l'altro per il bavero della maglia sollevandolo da terra tanto da fargli perdere il contatto con il suolo. Gli occhi azzurri rimasero impassibili come la linea sottile delle labbra ancora serrata orizzontalmente, al contrario del platinato che sembrava una teiera in ebollizione. Si era sentito ferito da quelle parole, o almeno pensava fosse quella la sensazione pungente all'altezza dello stomaco. Lo aveva sempre ammirato anche se non gliel’aveva mai detto apertamente, ma ora quell’ammirazione si era persa come i granelli di sabbia che scivolano via dalle dita nonostante esse provino a trattenerla.

“Tu di certo non sei stato un esempio migliore” soffiò a pochi centimetri dal viso del moscovita con tono mellifluo, Yuri neanche per un attimo temette per la propria incolumità.

Stava per rispondere a tono ma fu interrotto dalla folata di vento gelida e improvvisa, fin troppo fredda ed insolita per quel periodo come se al suo interno trasportasse cristalli di ghiaccio. Essa smosse solo gli abiti del rosso facendo scivolare via un pezzo di carta tutto spiegazzato che il proprietario riconobbe immediatamente.

Notando gli occhi spalancati, quasi spaventati, del peso piuma fra le sue mani, Boris si senti decisamente attratto da quel foglietto e mollando con poca grazia il suo capitano si chinò a recuperarlo. Dall’altra parte Yuri si rimise in piedi barcollante, dopo essere scivolato nell’atterraggio lo scatto repentino fatto per alzarsi aveva destabilizzato l’equilibrio ancora precario.

“Non può essere” sussurrò basito mentre l'altro leggeva avidamente il contenuto di quelle poche righe che lui ricordava di aver bruciato tempo prima.

L’improvvisato lettore rimase con il foglio a mezz'aria al termine della sua lettura.

“Carissimo Yuri, sono lieto di invitarti alla partecipazione del mio nuovo progetto, sai che ti ho sempre considerato il blader migliore del monastero. Ti aspetto sul retro della struttura della BBA per ulteriori dettagli” il platinato citò ad alta voce il testo cercando di mantenere un tono controllato ma il nervosismo era entrato in circolo facendogli affluire così velocemente il sangue al cervello da avere la vista annebbiata.

Con lentezza Yuri si avvicinò e con gli stessi movimenti lenti riprese delicatamente il foglio dalle mani dell’altro accartocciandolo in un colpo solo.

“Se te lo stai chiedendo, sì era un messaggio di Vorkov e mi è stato recapitato prima che la Bega assumesse tutto quel potere” non credeva di poter mantenerne un tono cosi calmo e controllato, parlava come se non ne fosse stato coinvolto personalmente, quando nel momento in cui il messaggio gli era stato recapitato non ci aveva pensato due volte a bruciarlo stizzito nel camino.

“Tu ci sei andato all’incontro?” il suono flebile della voce lasciava trasparire tutta l'amarezza di essere stato escluso nuovamente al di fuori di tutto “Si “

Boris chiuse gli occhi ispirando profondamente, cercava di calmare i fremiti alla mano, non riusciva a resistere alla tentazione di mollargli un pugno. Il braccio si era sollevato, le dita erano state contrarre e il fruscio dello spostamento d’aria non era sfuggito al rosso. Yuri però non si mosse.

Il braccio si agitò di scatto pronto al colpire il pallido ragazzo ma l’impatto non arrivò, le nocche bianchissime per la forza con cui erano strette non avevano concluso la corsa sul viso diafano, si erano fermate a pochi centimetri da esso.

“Perché non ti fidi di dirmi poche semplici parole ma hai piena fiducia sul fatto che non ti potrei mai far del male?” e fu lì che Boris la vide, quell’ espressione sconosciuta celata dietro l’egocentrismo apparente che lo caratterizzava ogni giorno. Il colorito pallido faceva da contorno ai due occhi limpidi e lucidi: umani li definì Boris.

“Io mi fido di te” rispose piano scostando con facilità il braccio ancora teso davanti alla sua faccia, nonostante il disagio crescente nella sua testa una vocina che continuava a ripetergli di essere sincero una volta tanto “Avevo paura potesse farvi del male”.

Boris strabuzzò i suoi smeraldi sbattendo più volte le palpebre incerto se si fosse immaginato o meno quello appena accaduto, ma lo sguardo dell’altro improvvisamente interessato al paesaggio circostante era una conferma più che valida.

“Yuri, non poteva farci nient'altro dopo il primo campionato mondiale, ormai era -” non riuscì a continuare la frase bruscamente interrotto dalla voce dell’altro che si era alzata più del solito ma non con la solita cadenza perentoria e di rimprovero, bensì disperata “Non è vero! Doveva marcire in una prigione eppure è tornato a fare i suoi comodi con altri ragazzi. Aveva si cambiato i suoi metodi di allenamento, anche se Brookyn e gli altri sono stati degli allocchi a fidarsi, ma nulla toglie che potesse ancora vendicarsi su di no!.” riprese fiato prima di aggiungere questa volta in modo più controllato e tagliante “Dovevo fargliela pagare per tutto quello che mi ha fatto e che ci ha fatto, prima di vedere lui pronto a fare altrettanto”.

A Boris sembrò di aver davanti un vero e proprio lupo pronto a sbranare il primo incosciente che provava a toccare il suo branco, e anche se strideva con la situazione si sentì offeso notando che la vecchietta non avesse rimproverato il suo capitano per i toni quando con lui non aveva perso tempo. Voltandosi però si rese conto che era sparita, si chiese che fine avesse fatto dato che per uscire e tornare sul vialetto sarebbe dovuta passare accanto a loro. Soprattutto si chiese perché fosse stata lì, dove nella tomba accanto non c’era sepolto nessuno.

“Boris non è questo il momento di pensare alla signora datata!” si rimproverò mentalmente per il dilagare dei suoi pensieri in quella situazione seria e delicata.

Riprese il suo contegno schiarendosi la voce prima di dire “Infatti abbiamo cercato di fargliela pagare, non ci siamo riusciti in prima persona ma il nostro contributo lo abbiamo dato”.

Yuri scosse la testa da una direzione all’altra fin troppo velocemente “No, dovevamo essere noi a distruggerlo, non Takao. Era un nostro diritto avere vendetta facendolo soffrire per tutto quello che ci ha fatto passare, con le nostre mani “.

Il volto di Boris improvvisamente si illuminò come se avesse fatto la scoperta del secolo.

“Tu nonostante tutto non ce l’hai con noi perché giustamente offesi ti abbiamo messo da parte allo stesso modo di come hai fatto tu per la tua sete di vendetta. Ce l’hai con te stesso per aver fallito miseramente e per averci raccontato una serie di frottole inutilmente”

Il rosso si irrigidì sul posto mordendosi impercettibilmente le labbra nella frustrazione di essere stato scoperto. Gli occhi di Boris lo trafiggevano da parte a parte alla ricerca di una conferma alle sue parole e annuì leggermente in risposta.

Il platinato dovette far leva su tutto il suo autocontrollo per non saltare addosso all’altro con l'intento di ucciderlo per tutto lo sforzo mentale che gli aveva fatto fare negli ultimi giorni pensando a una spiegazione del suo comportamento.

 

“Tu non sai cosa ho passato gli ultimi giorni che precedettero la prima finale contro Takao” esordì a un tratto il moscovita in un moto di coraggio sconosciuto per esternare ciò che provava “E con ciò non voglio fare la vittima del monastero o sminuire la tua situazione. Vorkov non mi lasciava un attimo da solo, mi faceva passare da un laboratorio ad un altro facendomi degli strani test in apposite vasche con temperature bassissime. Al termine di ogni esperimento ripeteva sempre che un bravo blader non prova emozioni sul campo se non il desiderio di vittoria, non ha amici, non ha nessun tipo di debolezza umana” sorrise ironico alla sua ultima affermazione mal celando la tristezza che aveva invaso i suoi occhi, incredibilmente trasparenti per quanto erano lucidi

Il groppo opprimente alla gola diventava difficile da gestire “Dovevo essere il soldatino perfetto, non dovevo essere in grado di pensare con la mia testa, volevo fare una cosa e invece ne facevo un’altra. Mi ha fatto mettere da parte Wolfborg per quegli altri inutili bit power. E la cosa peggiore sai qual è? Al tempo non mi dispiaceva nemmeno la cosa. Sono il suo progetto insensibile, freddo e privo di volontà che si è fatto manipolare. Il suo esperimento perfetto”

Boris improvvisamente ricordò il loro scambio di battute nel corridoio prima che scendesse in campo durante il primo mondiale, il sorriso di superiorità ottenuto in risposta quando gli aveva raccomandato di stare attento. Quella sensazione di disagio provata per la prima volta a contatto con lui.

“Tu sei il suo fallimento perfetto” rispose Boris accantonando il suo orgoglio. Il platinato lo credeva sul serio, aveva posto la sua ammirazione in quel ragazzo mingherlino e privo di un’eccessiva massa muscolare, in grado di uscire vittorioso in ogni conflitto non utilizzando la forza ma la sua lingua tagliente. Si era affidato, quando erano ancora dei bambini, a quel corpicino all'apparenza cagionevole che era stato posto a capo della squadra sotto il suo sguardo scettico. Il rosso aveva conquistato il suo rispetto in pochi semplici gesti, nonostante continuasse costantemente a deriderlo per la sua statura piccina.

“Ti ha dovuto fare il lavaggio del cervello per portarti sotto i suoi ideali, hai una forza di volontà che non immagini neanche. Nonostante le torture sei sempre andato avanti, dopo la sua prima disfatta ti sei rialzato rimettendo in gioco gli insegnamenti ricevuti con l’intento di riscattarti, di darti una vita che tu credevi migliore. La vita che vorresti per te stesso” provava invidia per quell’integrità morale, quel desiderio di difendere i propri ideali mostratosi fin dai primi giorni in quel lugubre posto. La luce ribelle di quegli occhi ceruli era stata l’ancora di salvataggio alla quale si era appigliato ed era sicuro di non essere stato il solo a farlo. Quante volte lo aveva visto trasgredire incurante gli ordini di Vorkov intrufolandosi nelle segrete per portargli da mangiare dopo l’ennesima tortura, quante volte lo aveva visto accollarsi la responsabilità, la colpa e le relative conseguenze per errori commessi da loro. Il tutto senza un secondo fine, faceva tutto quello che riteneva giusto perché desiderava farlo. “Come ha fatto anche durante il terzo campionato”

La consapevolezza a cui quel ragionamento portò Boris, lo fece pentire del modo in cui l’aveva attaccato, di come lo aveva evitato sentendosi escluso restituendogli pan per focaccia, quando probabilmente ciò che il suo amico aveva intenzione di fare, era solo dare loro una vita normale priva di quella paura cieca in grado di farti stare continuamente sull’attenti.

Yuri lo fissava con due occhi increduli, non era preparato a ricevere elogi sinceri era abituato soltanto ad apprezzamenti che riguardavano la sua carriera come blader. Il suo volto stupefatto era fin troppo inusuale e il senso di colpa che portava dentro bussava alle porte dell’animo pretendendo di dire la sua. Le parole di Bori lo avevano colpito, con la stessa intensità con cui lo aveva colpito il silenzio iniziale della loro conversazione, solo in modo totalmente opposto.

Lui era considerato il re dell’autocontrollo e della freddezza, tratti che gli conferivano quell’aria quasi regale agli occhi altrui ma Boris veniva raffigurato come un serial killer, una persona il cui unico pensiero era trovare il modo di ferire il prossimo. In parte era così, ma il moscovita andava oltre quelle apparenze a cui si fermava il resto della popolazione. Sapeva di non aver ceduto facilmente a Volkov ma non immaginava tutta la stima che Boris riservava nei suoi confronti, aveva legato con lui con non poche difficoltà e inizialmente aveva pensato che quel legame fosse dettato soltanto dall’istinto di sopravvivenza.

“Ti ho invidiato per la voglia di vivere dimostrata nei momenti più bui, quando volevo strapparti il ruolo di capitano ma mi rendevo conto che solo tu eri in grado di mantenere unite persone tanto simili caratterialmente quanto diverse. Probabilmente senza i tuoi incentivi noi non saremmo qui ora.”

Yuri serrò gli occhi per placare il bruciore che li stava invadendo, “Non qui, non ora” pensò mentre sentiva quel fastidioso prurito agli angoli crescere sempre più dove quelle piccole goccioline premevano per uscire.

Aprì la sua bocca ma nessun suono ne uscì, il suo apparato vocale non reagiva come desiderato e si ritrovò a boccheggiare alla ricerca di qualcosa da dire prima di scoppiare. Boris inclinò la testa da un lato, era difficile per lui capire l’effetto di quelle parole sul volto del moscovita puntato verso il basso.

 

“Mi dispiace”

Boris per poco non si strozzò con la sua stessa saliva al suono di quelle due paroline cariche di significati, ne immaginava il costo pagato dal capitano verso la sua cortina d’orgoglio invalicabile. In un primo momento pensò di averle immaginate, non aveva mai ricevuto delle scuse da parte sua neanche quando gli erano dovute.

Lo stupore non era nulla paragonato a quello provato nel notare il colorito propagatosi sulle guance del moscovita, molto simile alla tonalità dei capelli infuocati. In quel momento avrebbe preferito di gran lunga nascondere la sua faccia sottoterra.

Strinse le labbra alzando il volto per guardare Boris dritto in faccia, non era da lui nascondersi davanti alle difficoltà, doveva comportarsi come sempre.

Fu in quel momento che Boris si rese conto di un’altra sfaccettatura caratteriale del moscovita, forse non aveva mai voluto vederla o essa c’era sempre stata, ma fu allora che si accorse della sua parte fragile, quella costantemente celata e oscura. Le iridi arrossate furono il colpo di grazia a quell’armatura di orgoglio e testardaggine che si stava sgretolando sotto i suoi occhi.

Sul quel viso stanco e smorto la fierezza però non venne meno. Nonostante l’incrinatura ben visibile non avrebbe mai abbandonato il suo cipiglio, non voleva perderci completamente la faccia.

Boris scosse il capo arrendendosi all’evidenza che quel pel di carota come si divertiva a stuzzicarlo, non si sarebbe mai mostrato debole sentendosi osservato. In silenzio, passo dopo passo, si avvicinò al rosso intento a guardarlo sospettoso. Prima che potesse reagire in qualche modo alzò le braccia attirandolo a sé.

“Non provare a scappare” sibilò aumentando la presa nel momento in cui lo aveva sentito divincolarsi “Non ci provare dopo lo sforzo che sto facendo” aggiunse in modo molto più calmo sospirando.

Yuri si arrese poggiando la fronte sul corpo dell’altro mantenendo le braccia abbandonate inermi lungo i fianchi, lasciandosi andare a quel calore rassicurante. Non rimanevano in quella posizione da quasi dieci anni, ne avevano passate tante eppure non si erano mai aperti così tanto a vicenda.

“Ti odio Boris”

“Io no Yuri”

Nel medesimo istante Boris aumentò la presa poggiando il mento sulla testa fulva e il viso di Yuri venne solcato da due lacrime silenziose e solitarie che dopo aver percorso i suoi lineamenti si persero nell’incavo del collo.

Nessuno dei due portò il conto del tempo passato in quella posizione, era il loro momento segreto lontano dagli occhi critici degli altri. Yuri anche se non l’avrebbe ammesso trovava piacevole quel calore, quella vicinanza dopo tutto il periodo di isolamento forzato. Quel semplice gesto era una cura miracolosa.

“Yuri” disse ad un tratto l’argenteo sospirando pesantemente “Dimentica quello che ti ho detto prima, non sei un egoista”, il rosso si limitò ad annuire per quanto quelle braccia muscolose glielo permisero. “Sei solo un bastardo manipolatore che in qualunque situazione anche quelle sfavorevoli, riesce ad uscirne vincitore. Mi chiedo come diavolo tu faccia brutto bastardo” concluse ironico.

Il pugno del moscovita cozzò con lo stomaco del platinato, scagliato non con eccessiva forza, solo quel tanto necessario per fargli perdere la presa ferrea. Il rosso sgusciò via fermandosi ad osservare il ragazzo dolorante come un artista contempla l’opera appena terminata.

“Ci riesco sempre perché io sono Yuri Ivanov” rispose con un ghigno ironico mimando con il braccio una riverenza fasulla “Vedi di non dimenticarlo”

“E chi se lo scorda un vanitoso come te” sbottò Boris alzando gli occhi al cielo e massaggiandosi la parte lesa continuando a borbottare parole incomprensibili mentre il moscovita si abbassava all’altezza della lapide spostando con cautela i rovi intrecciati.

Nessun altro preambolo, era questo il modo in cui interrompevano sempre una situazione troppo dolce per i loro caratteri.

L’altro si avvicinò guardando per la prima volta la fotografia della donna, immortalata vi era una giovane ragazza dai fluenti cappelli rossi che incorniciavano due occhi color ghiaccio dalla forma meno allungata rispetto al figlio. “Sono due gocce d’acqua “pensò concentrandosi sul sorriso radioso che le aveva illuminato il volto in quel frangete lontano e si soffermò sull’unica differenza che aveva con Yuri, una macchia rosea a forma di esse malferma sul collo. Un brivido gli corse lungo la schiena e si guardò intorno circospetto per poi scuotere il capo mestamente “No, non può essere”.

“Vuoi continuare a fissarmi imbambolato o pensi di darmi una mano?” chiese stizzito il rosso imprimendo una pressione maggiore verso uno degli steli che proprio non ne voleva sapere di venire via. L’argenteo si avvicinò strappandolo con un gesto semplice della mano, cosa che non fece per nulla piacere all’altro che lo guardò corrucciato rimpiangendo in quel momento di avere un bit power dei ghiacci e non del fuoco.

“Wolfborg” il pensiero del suo beyblade gli aveva ricordato il vento gelido che aveva fatto volare via il foglietto, quel pezzo di carta che doveva essere ormai cenere. Senza quel foglietto probabilmente la conversazione non sarebbe mai finita per il meglio.

Estrasse la piccola trottola dai pantaloni assottigliando lo sguardo deciso al voler trovare una spiegazione logica a quel fenomeno. Il suo sguardo venne catturato dal sorriso sornione che il lupo mostrava nel bit chip, non si ricordava un disegno così felice. “Non dirmi che –“

“Hai intenzione di lanciare Wolfborg per staccare i rampicanti?!” chiese agitato Boris osservando l’amico stringere quel pezzo di metallo, per tutta risposta egli inarcò un sopracciglio chiedendosi se potesse arrivare veramente a pensare una cosa così assurda. “Sì, conoscendo Boris tutto era possibile.”

“Ti ha forse dato di volta il cervello? Certo che no!” ringhiò come se la sua risposta fosse la cosa più ovvia del mondo. Il platinato alzò le mani per indicare una tregua e i due occhi azzurri tornarono a rivolgere quello scintillio indagatore verso il bit chip, dove il lupo era raffigurato questa volta con espressione austera senza l’ombra di un sorriso.

“Maledetto lupo” sussurrò mentre un debole sorriso gli incurvava le labbra, una curva all’insù senza alcun secondo fine, un timido sorriso sincero che non sfuggì nemmeno a Boris. Un gesto d’affetto rivolto al suo compagno di una vita.

“Grazie”

 

 

 

 

Ed eccomi qui! Dopo anni di assenza torno con un piccolo testo! (Sempre con Yuri…NdSergey) (Sempre con Boris…ndIvan).

Come hanno fatto notare i due simpaticoni, i protagonisti sono sempre il freddo capitano della Neoborg e Boris! Lo so, vi starete chiedendo se un girono scriverò di altri personaggi XD

Bando alle ciance voglio dirvi di essere estremamente felice di aver visto diverse nuove storie sul fandom che avevo paura di trovare ormai deserto. Spero che questa piccola storiella strappi almeno un sorriso o non vi annoi troppo durante la lettura. Purtroppo non scrivevo da molto e il mio stile è un po’ arrugginito..:/

Sarei lieta di ricevere le vostre considerazioni, positive o negative esse siano. So bene ci sono storie qui dentro di gran lunga migliori di questa ma nel mio piccolo spero di avervi trasmesso qualche emozione.

Ringrazio in anticipo anche tutti coloro che le daranno almeno una possibilità leggendola.

Baci baci a tutti dalla vostra Aky! <3

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki ,questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 

   
 
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