Adesso la scena era tutta sua.
Come una moderna
Cenerentola, Demelza notò immediatamente l’effetto
dell’incantesimo prodotto dal suo
arrivo negli occhi intrigati di chi, discretamente oppure in maniera
molto più
sfacciata, continuava a
osservarla con
curiosità sempre più crescente. Nonostante si
sentisse davvero splendida nel
suo abito di velluto smeraldo, consigliatole con immenso entusiasmo
dalla sua
fata madrina Verity, l’unico sguardo che per lei contava
davvero era quello di
Ross.
Facendosi strada a fatica
tra sete pregiate e chiffon vari,
la prima persona che ebbe la
sfortuna di incontrare fu George. Il giovane rampollo dei Warleggan
ebbe
l’audacia di porgerle un flûte
di
champagne senza neanche conoscerla, fidandosi
della prima impressione che quella ragazza così carismatica
aveva esercitato
non soltanto su di lui, quanto piuttosto sulla maggior parte delle dame
e dei
signori che potevano vantarsi di detenere il monopolio assoluto del
potere
sociale ed economico in Cornovaglia. Come loro, anche George non si
sarebbe
lasciato sfuggire dalle mani l’occasione succulenta di
accattivarsi l’amicizia
di una personalità di punta, magari scoprendola prima di
tutti gli altri e
quindi ponendosi in cima alla lista di coloro i quali avrebbero potuto
trarre maggiore
vantaggio da una simile conoscenza.
“Mi pare di non avere mai
avuto l’onore di incontrala,
signorina. Eppure, se ci troviamo entrambi qui stasera vuol dire che
abbiamo
qualcosa in comune di cui ancora ci sfugge
l’esistenza.”
“No, infatti.”
Demelza non sapeva cos’ altro dire, sentendosi
presa alla sprovvista dall’irruenza dell’approccio
di George. Si limitò a
ringraziarlo per la gentile offerta dello champagne, una dose di
coraggio
liquido di cui aveva davvero bisogno per
non sentirsi a disagio in quell’ambiente sofisticato e
completamente estraneo
alla sua natura.
“E’ una parente
dei Poldark? Oppure dei Chynoweth?”
“Sono solo
un’amica di Ross, oltre che del signor Francis
naturalmente…” In quel momento si rese conto della
rapidissima e quasi impercettibile
smorfia fatta da George con le labbra, presto contratte in un finto
sorriso a
cui Demelza rispose con semplice educazione. Qualcosa
nell’espressione generale
di quell’uomo era cambiata da quando aveva sentito
pronunciare il nome di Ross,
tanto che Demelza trovò scontato immaginare una malcelata
antipatia tra i due. Mentre
George tentava di dischiudere il
mistero della sua presenza a quella festa, Demelza si sentì
insistentemente osservata
da un giovane affascinante, che si
trovava all’angolo estremo del tavolo dove sarebbe stato
servito il buffet.
La sua pelle d’alabastro,
resa ancora più visibile dalla scollatura
del suo abito finemente confezionato e per niente volgare, brillava di
riflessi
dorati fungendo da piacevolissimo contrasto all’acconciatura
semi raccolta dei
suoi capelli vermigli. Pareva il soggetto di un ritratto preraffaelita
a cui
fosse stato dato il dono di un’anima, soltanto per diffondere
le vestigia di un
antico ideale di bellezza ormai eclissato da una moda scadente e di
pessimo
gusto in un mondo salottiero sì, ma non più
mecenate e divulgatore di cultura
emozionale di alto livello.
Della rarità di quella
creatura, il primo a meravigliarsi fu
il giovane nipote di Lord Flamuth, il tenente Hugh Armitage, il quale
trovò opportuno
congedarsi dalla sua compagnia di conoscenti per avvicinarsi al duo
composto da
George e Demelza nel più rapido tempo possibile.
Ogni volta
che la
mancanza di argomenti in comune con George rasentava il limite, Demelza
sperava
che la si lasciasse libera di riprendere la sua ricerca di Ross, ma
l’inaspettato sopraggiungere di quell'altro uomo
sembrò allontanarla ulteriormente
dal suo obiettivo e accrescere la sua tensione.
“Quale fortuna ha baciato
la mia mano perché potessi
ritrovarmi di fronte agli occhi tanta bellezza!”
George si voltò di scatto,
notando con un certo fastidio la
presenza di Armitage, “La signorina Carne sembra attirare
tutti gli uomini come
una calamita, caro tenete. Potrebbe aiutarmi lei a convincerla a
svelarmi
qualcosa di più sul suo conto? E’ un tale peccato
essersi accorti soltanto
questa sera di lei, che vorrei rimediare in qualche modo.”
“Non sono così
importante come crede lei, signor
Warleggan. Anzi, vuole sapere la verità? Avevo paura che
sarebbe rimasto
deluso se avesse saputo chi sono in realtà,
perciò ho preferito tenerla sulle spine
e rimandare finché lei me lo avrebbe concesso.”
Demelza cercò
l’appoggio di Hugh, il quale continuava ad
ammirala come se fosse un esemplare unico di un essere divino ancora
sconosciuto agli uomini. Le si avvicinò con passo elegante
per farle il
baciamano, “Non
è una mano, né un
piede, né un braccio, né un viso, nulla di
ciò che forma un corpo. Prendi un
altro nome.
Che cos'è un nome? Quella che chiamiamo "rosa" anche con un
altro
nome avrebbe il suo profumo…”
“È
molto gentile.” Demelza arrossì in preda al
più totale imbarazzo, ma la delicatezza e
l’onestà del modo in cui Hugh si
rivolgeva a lei colpirono piacevolmente la sua sensibilità.
Era una specie di
corteggiamento affatto molesto, diversamente dalle occhiate che
più di qualcuno
aveva avvertito la necessità di lanciarle da lontano.
“Forse
farebbe meglio a ringraziare Shakespeare...”
Aggiunse George a bassa voce, alquanto seccato da quel patetico
tentativo di
lusinga.
“Ma
se lei è Giulietta, allora chi è il suo Romeo?
Non voglio credere che sia sola, sarebbe un affronto troppo
grave!”
“Un
momento di silenzio, per favore.”
Quando Francis richiamò
l’attenzione collettiva per proporre
un brindisi in onore della serata e di tutti gli amici che avevano
accolto il
suo invito, Demelza trovò fortunatamente
l’occasione per fuggire dalle grinfie
di George, ritrovandosi per contrasto tra le braccia forti e protettive
dell’uomo che stava cercando. Ci mancò poco
perché non cadesse a terra, a causa
della difficoltà con cui ci si muoveva tra tutte quelle
persone riunite in una
stanza piuttosto stretta, ma la figuraccia che avrebbe potuto fare
sarebbe
valsa centomila inciampi se solo le avesse garantito quel conforto
assoluto del
contatto con Ross.
Si sorrisero a vicenda, entrambi con
gli occhi lucidi e
stregati dalla propria reciproca bellezza.
“Amici miei, mi dispiace
disturbarvi proprio nel momento in
cui Francis ha deciso di renderci partecipi della sua
felicità, ma ho qui
qualcuno che vale notevolmente di più di tutte quelle parole
melense che
altrimenti otturerebbero le nostre orecchie.”
“Io non ho nulla in
contrario alla dichiarazione d’amore di
un giovane realmente innamorato, e spero ricambiato, della sua
fidanzata. E’
raro di questi tempi, ma sono felice di sapere che l’amore
non si sia ancora
estinto del tutto.” Le
parole di Dwight
contenevano una sottilissima ironia nei confronti di Caroline, che
presto si
accinse a rendere chiara la sua diversa opinione a riguardo.
“Oh cielo,
neanch’io ho voglia di affogare nel romanticismo
se ne ho la possibilità! Allora, chi è questa
meravigliosa creatura che morivi
dalla voglia di presentaci, Ross?” Caroline
incrociò le braccia al petto,
studiando attentamente i delicatissimi lineamenti del viso di Demelza.
Ma, prima che Ross potesse svelare
loro il suo nome, Dwight
fu preso da un’imminente epifania, “La dottoressa
Carne!”
Lo sguardo di Ross prese a vagare con
stupore dall’uno
all’altra, mentre nel frattempo anche Demelza era riuscita a
mettere a fuoco
quel volto conosciuto.
“Come ha fatto a ricordarsi
come mi chiamo?”
Dwight le rivolse un sorriso molto
dolce, “Perché proprio
stamattina ho inserito il suo nome tra quelli dei collaboratori che
vorrei al
mio fianco per il nuovo poliambulatorio dell’ospedale. Da
oggi, credo che dovrò
iniziare a fidarmi di Ross quando mi dirà di aver trovato
una persona speciale
che vorrebbe presentarmi!”