“I
am leaving, this is starting to feel like | It’s right before
my eyes | And
I can taste it, it’s my sweet beginning”
Two
Door Cinema Club. What You Know
St.
Petersburgh Pl, Londra, 8 settembre
Ore
8:03 PM
Ewan fu puntualissimo quella sera. Quando Amelia
arrivò sul marciapiede davanti a casa, il ragazzo era già lì, fermo in piedi
con lo zaino su una spalla, una borsa di carta in una mano e la
bicicletta nell’alta. Non sembrava essere arrivato in tutta fretta per recuperare
il tempo. Era Amelia a essere in ritardo.
Raggiunse il
cantante e lo salutò. Dopo i convenevoli il ragazzo andò a legare il mezzo allo
stesso palo del cartello stradale in cui l’aveva lasciato la volta precedente,
chiaro segnale che anche quella sera sarebbero rientrati insieme. Mentre
Ewan chiudeva il lucchetto intorno al telaio della bicicletta, la ragazza ne
approfittò per accennare un’occhiata in direzione della borsa di carta,
provando a intuirne il contenuto. «Che c’è lì?» chiese poi.
«La nostra cena»
rispose subito lui. «O, meglio, la mia se tu vuoi qualcosa di più sostanzioso.
O salutare» concluse, stringendosi nelle spalle.
Amelia aprì la
borsa, ormai troppo incuriosita. C’erano patatine, birra e dell’acqua. Ne
osservò il contenuto per un po’ chiedendosi cosa avesse in mente di fare il
cantante. «Beh, in effetti» disse dopo un po’ di silenzio, «temo ci sia troppa
acqua per me. Dovremo fermarci a prendere della birra per strada.»
La sua
affermazione strappò una risata sincera a Ewan. Gli piaceva il senso dell’umorismo
di Amelia, ogni giorno più del precedente.
«Che cosa
vorresti fare, Hill?» continuò lei, con fare circospetto.
«È una sorpresa»
replicò lui con tono ovvio. «Se te la senti di provare.»
Aveva quasi la
parvenza di una provocazione, ma molto più velata, uno stuzzicarla per la
precisione, e Amelia si lasciò coinvolgere del tutto nella cosa. «Va bene,
allora. E da dove si comincia?»
«Dalla Tube.»
Ewan afferrò
zaino e borsa e si incamminò insieme alla ragazza, la quale non era affatto
sicura di ciò che si sarebbe dovuta aspettare, sebbene ne fosse parecchio incuriosita.
Amelia lo seguì fino alla metropolitana, poi sul mezzo, fuori dalla Tube una
volta arrivati, e continuò a seguirlo lungo le vie, fino a che raggiunsero il
Tamigi. Per tutto quel tempo i due avevano continuato a parlare, di musica per
lo più, dalle band che ispiravano il lavoro del cantante a quelle che Amelia
ascoltava quando nei suoi auricolari non c’erano gli Shards.
«Siamo quasi
arrivati» annunciò Ewan a un certo punto. Camminarono per qualche altro metro,
finché lui, d’improvviso, non si fermò. La ragazza se ne accorse diversi passi
dopo, per via del fatto che aveva smesso di sentire il piacevole suono della sua
voce. Si voltò, trovandolo fermo davanti a una pizzeria al taglio.
«Credo di aver
trovato qualcosa di meglio delle patatine» annunciò lui, un sorriso contagioso
in volto.
Anche lei
sorrise. «Stai davvero aspettando che io sia favorevole alla tua idea?» domandò
retorica, sollevando un sopracciglio.
Il cantante
rise. Entrarono nella piccola pizzeria, dove What You Know dei Two
Door Cinema Club suonava a volumi abbastanza alti alla radio, e ordinarono una
margherita da portare via. Mentre aspettavano che fosse pronta la loro
conversazione finì inevitabilmente sul cibo, nello specifico proprio sulla
pizza.
«Penso che sia l’unica
cosa che mangerei a qualsiasi ora del giorno» esordì Ewan, tenendo gli occhi
fissi sul pizzaiolo.
Amelia
acconsentì con un cenno del capo, per poi chiedere: «L’hai provata in Italia?»
Il cantante la
guardò con fare ovvio. «Che domande. Mai mangiato niente di tanto buono.»
«Oh, Dio,
grazie. Qualcuno che sa cosa significa» esclamò lei. «I miei amici non ci
credono.»
«Beh, c’è solo
un modo, allora: Italia e pizza italiana» concluse con ovvietà il ragazzo,
divertito da quella strana e improvvisata conversazione. Il discorso andò
avanti ancora, almeno finché il pizzaiolo non avvisò i due che la margherita
era pronta. Più di dieci minuti a parlare della pizza italiana, ad Amelia venne
spontaneo chiedersi se sarebbe riuscita a fare una cosa del genere anche con
altre persone. Le riusciva così semplice parlare con Ewan. Non giudicava i
pareri altrui e ascoltava veramente, dimostrando di prestare attenzione. E
quando parlava lui, poi, Amelia lo avrebbe ascoltato per ore. La sua voce gli
piaceva moltissimo, calda, piena, eppure leggera e vitale al tempo stesso.
Perfetta per un cantante, ma anche per un ragazzo con cui si voleva trascorrere
del tempo insieme.
Ad Amelia spettò
il compito di condurre la pizza fino al punto in cui Ewan si stava dirigendo –
ancora sconosciuto per lei.
«Ti dispiace se
me ne prendo una fetta? Quando è ancora bollente mi fa impazzire.» Il cantante
alludeva alla pizza, chiaro, ma la ragazza impiegò qualche istante di
smarrimento per capire con esattezza a cosa si riferiva.
«Oh, certo. L’hai
pagata tu» rispose, aprendo il cartone perché lui potesse servirsi.
Il ragazzo ne
afferrò una fetta, osservando la mozzarella filare. «Ne vuoi?»
«Con il
formaggio a temperatura lavica? No grazie» rise lei.
Ewan, invece,
diede un morso alla punta della fetta, divertito.
«Si può sapere
dove stiamo andando?» chiese poi Amelia, ormai troppo incuriosita per riuscire
a trattenersi.
Il cantante finì
di masticare prima di rispondere. «Ci siamo quasi, credimi.»
Ed era vero.
Prima che lui potesse finire la sua fetta di pizza annunciò che erano arrivati.
Scese un paio di gradini in muratura, per poi posare i piedi su una larga
distesa di sabbia. Erano arrivati su uno degli argini del Tamigi, uno di quelli
su cui le persone potevano scendere per osservare da vicino il fiume che fendeva
in due Londra. L’acqua scorreva nera per via della sera, impetuosa e, oltre
essa, si stagliava uno dei molti profili della città. Da lì si poteva
vedere un pezzo del London Eye, le mille luci della
metropoli a brillare come lucciole nella notte. Era una prospettiva diversa,
insolita, e toglieva il fiato. Amelia si sentì piccola davanti a quello
spettacolo, con i piedi sulla sabbia e la brezza che le sfiorava le spalle
scoperte, scoprendosi più affascinata che mai da quella città. Trovò che Ewan
avesse la capacità di scovare sempre qualcosa di nuovo, di offrire una
prospettiva diversa anche su cose abituali, come ascoltare la musica o
osservare la città.
Mentre lei era
impegnata a sciogliere lo sguardo nella città colorata e maestosa, non si accorse
che il ragazzo aveva tirato fuori dallo zaino un grosso telo e lo stava posando
in terra, in un punto in cui la sabbia non era troppo umida. «Ehi, qui» la
chiamò.
Amelia si
ridestò; osservò il cantante, poi il telo, infine sorrise, capendo la sua idea.
Lo raggiunse, si sistemò accanto a lui e mise la pizza da condividere al
centro. Le sembrava tutto perfetto, al punto da desiderare che quel momento non
finisse mai; lei, che era sempre stata spaventata dall’eternità per via del
bagaglio che costringeva a portarsi appresso.
«Tu non ci vai
mai nei ristoranti?» domandò poi Amelia, afferrando una fetta di pizza, che
aveva raggiunto la temperatura giusta.
Ewan stava
stappando una birra quando gli venne posto il quesito. Bloccò per un momento la
sua azione, ma poi riprese a fare leva sul tappo di alluminio. «Non è andando
nei ristoranti che si conosce bene una città» sentenziò con un’alzata di
spalle. Allungò la birra alla ragazza. «Anche a Glasgow, dopotutto, eravamo
andati in quel pub perché te lo avevo chiesto io, ma poi mi hai portato in giro»
proseguì. Prese anche lui una fetta di margherita. «Però se vuoi la prossima
volta ti porto in un bel ristorante» concluse, con fare amichevole.
Di tutto quel
discorso le parole che rimasero più impresse ad Amelia furono le ultime: ci
sarebbe stata una “prossima volta”. Cercò di non farsi distrarre da quel pensiero, perché era abbastanza
sicura che altrimenti si sarebbe tradita in qualche modo. Rigirò la bottiglia
di birra in mano, pensando che nessuna cena in un ristorante, anche in
compagnia di Ewan, avrebbe mai potuto eguagliare quella sera. I posti inusuali,
i tagli più insoliti e intimi, era quello il modo in cui lei amava trascorrere
il suo tempo, parlando davanti a una birra e una pizza, senza dover per forza
dimostrare qualcosa a qualcuno. Su quello il cantante degli Shards sembrava
essere sulla sua stessa lunghezza d’onda e la cosa avrebbe potuto arrivare a rappresentare un problema. Amelia provava già qualcosa
per il cantante, da prima ancora di conoscerlo, ma quelli non erano reali
sentimenti, solo sensazioni. Ora che aveva avuto modo di scoprire la sua
personalità, invece, sentiva dentro di sé che qualcosa stava nascendo e
cominciava a esserne preoccupata. Cercò di ignorare quel pensiero.
«Non
sono una da ristoranti» disse infine, in risposta alla precedente osservazione
di Ewan.
Lui
le sorrise. «Lo avevo immaginato. In questo ci assomigliamo.»
Per
poco lo stomaco di Amelia non si chiuse con un tonfo secco. Anche il
cantante pensava che sotto certi punti di vista si assomigliassero e questo l’agitava
dall’interno. Avrebbe voluto chiedergli cosa intendesse con quelle parole,
chiedergli chiarimenti su ciò che era successo fra loro ormai due sere
prima, ma le mancavano le forze. Temeva di sapere la verità, perché aveva
paura di rimanerne ferita. Valeva la pena passare quei minuti in compagnia di
Ewan parlando d’altro, sulla riva del Tamigi, davanti a una Londra notturna che
sembrava uscita da una scenografia. Forse quella conversazione sarebbe
arrivata da sé, prima o poi, in qualche modo sarebbe stata tirata in ballo. Si
concesse un nuovo morso di pizza, ritrovando l’appetito, decidendo di fare il
possibile per ignorare la sua mente e ogni possibile pensiero in grado di
distrarla da quel momento. Alzò gli occhi sulla città, senza accorgersi del
ragazzo, intento a osservare il suo profilo. Lui trovava che la notte donasse
ad Amelia, come se, insieme al rossetto e all’eyeliner, facesse risaltare
i tratti del suo viso. Ewan ne aveva conosciute molte di ragazze con la
mente artistica e aperta, ma dovette ammettere a se stesso che verso Amelia
provava un’attrazione unica. Pensò che fosse in gran parte dovuto al modo in
cui si erano conosciuti, a come lei gli fosse entrata nella testa solo
lasciando che trovasse un piccolo disegno che avrebbe voluto farsi
autografare. Dopo aver fatto amicizia con lei lì, nella sua Londra, il
cantante si era convinto che qualcosa lo legasse ad Amelia.
«Vengo
spesso qui. Dopo che ho scovato questo posto non sono più riuscito ad
abbandonarlo» esordì poi, così da avviare una conversazione.
Amelia
si voltò a guardarlo e per un momento, nella sua testa, balenò il pensiero di
quanto fosse bello trovarsi davanti gli occhi blu del ragazzo, ora così scuri
per colpa della sera. «Ah sì?» chiese, capendo che la frase di
Ewan doveva essere più un pretesto che altro.
Lui
annuì con la testa.
«E
come lo avresti trovato?» proseguì lei.
«Ragazzo
della pizza» disse semplicemente il cantante, afferrando la terza fetta di
margherita. Lì per lì Amelia non capì cosa intendesse dire con quelle parole,
ma proprio quando si convinse di esserci arrivata, lui riprese a
parlare: «C’era un tipo che ordinava sempre la stessa pizza; con i
carciofi, non lo dimenticherò mai.» Fece una smorfia nel nominare il
condimento – i carciofi non erano di suo gradimento. «Lui era un tipo abbastanza
simpatico e dava anche delle buone mance. Una sera, però, non era in casa
e, beh, ti ho detto cosa facevo quando il destinatario della pizza non si
faceva trovare» ammiccò, ricevendo un cenno affermativo da parte della
ragazza. «E sono venuto qui. Ho tolto tutti i carciofi dalla pizza, mi
sono seduto e poi è venuto a piovere e addio cena tranquilla» concluse,
con un’alzata di spalle.
Amelia
si mise a ridere. Gli aneddoti di Ewan erano un’altra delle cose che gli
piaceva di lui. Era un ragazzo che sperimentava, domandava, viveva. Sapeva che
non avrebbe mai potuto stancarsi della sua compagnia perché aveva sempre
qualcosa di nuovo di sé da svelare. Trovava davvero triste il fatto che a
giorni sarebbe dovuta rientrare a Glasgow, ma, come si era imposta poco prima,
scacciò quel pensiero dicendosi di concentrarsi solo su quello che stava
avvenendo. Iniziarono a parlare. Amelia chiese a Ewan di raccontarle di più di
Londra, di com’era viverci e di cosa potesse offrire al resto dell’umanità. Da
quando era arrivata la capitale l’aveva conquistata, al punto che, un paio di
volte, l’idea di trasferircisi l’aveva sfiorata. Tuttavia sentiva anche la
mancanza di Glasgow e sapeva che se non fosse stato per gli Shards, lei sarebbe
di certo tornata nella sua Scozia. Dopotutto era scozzese da generazioni e
sentiva un legame viscerale con la sua terra natia. Dopo Londra parlarono
di viaggi, dei posti che avevano visto e di quelli che avrebbero voluto
visitare – e qui la lista di Amelia era drasticamente più lunga di quella di
Ewan, che per via della musica viaggiava di continuo. La ragazza non poté
fare a meno di invidiare le possibilità che la sua professione di cantante gli
offriva a riguardo, ma trovava bellissimo poterlo ascoltare mentre parlava di
quei luoghi, descrivendo le persone, gli ambienti e i colori con un tale
trasporto da permettere ad Amelia di vederli alla perfezione davanti a sé. Ewan
aveva il dono della parola, che, unita alla sua fantasia e alla sua visione del
mondo, gli consentivano di scrivere alcune delle canzoni più belle che lei
avesse sentito.
Erano
già passate almeno un paio di ore quando la brezza che saliva dal Tamigi,
divenne più fresca e intensa. L’odore dell’acqua si mescolava a quello
della città, che continuava a brillare nella notte come una fiamma. Amelia
strinse le braccia al petto e iniziò a sfregarsi le mani sulle spalle, nella
speranza di scaldarsi un po’. Cominciava ad avere freddo; abituata al clima
scozzese, quella sera non aveva pensato a portarsi un golfino o la sua giacca di
pelle leggera e se ne stava pentendo, soprattutto perché era in
canottiera.
Ewan
si accorse del suo gesto. Afferrò lo zaino e lo svuotò dal resto del suo
contenuto: una delle sue felpe. Era una delle sue preferite, oltretutto, la letterman nera e bianca. La tese ad Amelia. «Se hai
freddo metti questa.»
Lei
guardò prima la felpa, poi il ragazzo. «No, beh, non preoccuparti. L’hai
portata per te.»
«Sì
ma io sto bene. Se la vuoi mettere, tieni.»
Di
nuovo la ragazza fece scorrere lo sguardo dall’indumento al viso del
cantante. La metteva un po’ in imbarazzo quella situazione, ma non poteva
negare che coprirsi le spalle con qualcosa di caldo le avrebbe procurato non
poco sollievo. Accettò l’offerta del cantante, aprì la morbida felpa, fece
scorrere la cerniera fino in fondo e la infilò, divertita dal fatto che le stesse
larga come aveva immaginato. Sembrava di essere avvolti in un caldo abbraccio. La stoffa aveva lo stesso
profumo di Ewan, fresco, che le ricordò vagamente quello dell’erba appena
tagliata in primavera.
Il ragazzo si
puntellò sul braccio sinistro, avvicinandosi di conseguenza ad Amelia. «Ti sta
bene» le disse.
Lei sorrise.
Sollevò il colletto con un gesto in perfetto stile Arthur Fonzarelli,
per poi arricciare le labbra, fingendosi sovrappensiero. Al ragazzo piaceva
quando compiva quel gesto. Trovava avesse labbra troppo belle per non scatenare
in lui qualcosa.
«Potrei
tenermela, sai?» chiese retorica Amelia, alludendo alla felpa che indossava.
Ewan sorrise, senza aggiungere altro. Nessuno dei due parlò e, mentre si
guardavano, il silenzio scese tutto intorno a loro. La ragazza avrebbe voluto
distogliere lo sguardo per impedire all’imbarazzo di prendere il sopravvento,
ma non riusciva a staccarsi dalle iridi del cantante. E, piano, il suo viso si
fece sempre più vicino.
Ewan la baciò
per la seconda volta proprio lì, sulla sponda del Tamigi e Amelia non poté fare
a meno di sentirsi alle prese con un sogno. Quel bacio fu più intenso del primo
ed era chiaro fosse desiderato da entrambi. Amelia avrebbe voluto stringersi a
Ewan, ma per via della loro posizione le fu impossibile. Rimase ferma come si
trovava, intenzionata a vivere fino in fondo quel momento. Il cantante fece lo
stesso; si concentrò sulle sue labbra, morbide come le ricordava, il cui sapore
era lievemente alterato da quello della birra. I capelli della ragazza
continuavano e venire smossi dal vento e lui glieli scostò con la mano libera,
sfiorandole la guancia e provocando in lei un fremito interiore che la percosse
da capo a piedi.
Quando si
separarono nessuno dei due seppe cosa dire. La ragazza abbassò lo sguardo sulle
sue mani, pensando. Si morse appena il labbro inferiore, il sapore di Ewan
ancora presente. Si fece forza, decidendo di chiedergli ciò che la perseguitava
da giorni. «Sai volevo...volevo giusto chiederti se l’altra volta mi avessi
baciata con intenzione o se lo avessi fatto solo...»
Prese fiato,
gesto che diede tempo a Ewan di completare la frase al suo posto: «Solo perché
avevo bevuto?»
Amelia sussultò
al suono di quelle parole; non si aspettava di sentirle pronunciare proprio da
lui. «Non lo avrei detto in modo così diretto» disse, quasi a giustificarsi.
«Oh, non lo
metto in dubbio. Avresti usato un elegante giro di parole, ne sono certo»
replicò lui con fare amichevole. Non era turbato dalla cosa, né sorpreso. Era
solo questione di tempo prima che quell’argomento venisse tirato in ballo. E
dopo quello che aveva appena fatto si sarebbe sorpreso se il loro primo bacio
non fosse stato nominato. «La tua è una curiosità più che legittima»
proseguì. Prese fiato. «Non...non pensare che lo abbia fatto perché avevo
bevuto. L’ho fatto perché volevo farlo.
«C’è qualcosa in
te, Amelia...che mi piace. Che mi è sempre piaciuto, ancora prima di
conoscerti.»
Al suono di
quelle parole alla ragazza morì il respiro in gola. Si voltò di scatto per
vedere il cantante in volto e lo trovò lì, tranquillo, quasi avesse detto una
cosa da tutti i giorni. Aveva il cuore che le batteva a ritmi sfrenati e cercò
nella testa qualcosa di sensato da pronunciare per non rimanere ferma
imbambolata davanti a lui. Distolse di nuovo lo sguardo, le era difficile
mantenere il contatto visivo con tutte quelle emozioni che l’assalivano.
«Non so che
dire» mormorò infine.
«Beh, non devi
per forza dire qualcosa» la rassicurò lui, con dolcezza. «Ci tenevo solo a
fartelo sapere, perché l’altra volta non ho avuto modo di dirtelo.»
«Se penso che è
iniziato tutto con quello scarabocchio di Claire» si lasciò sfuggire Amelia,
insieme a una risata sommessa.
«Non si può mai sapere,
vedi?» Ewan ridacchiò al pensiero di come tutto era cominciato. Avrebbe voluto
raccontate ad Amelia il fatto che, in un certo senso, aveva forzato un po’ il
destino cercandola sul web, perché era per quel suo volere se lei ora era lì.
Tuttavia, sì, tutto era iniziato da quel piccolo disegno, quello “scarabocchio”
come la ragazza lo aveva definito, che si era trasformato quasi in un’ossessione
per lui, qualcosa di cui voleva assolutamente scoprire l’origine. Ora sentiva
di avere fatto bene. Amelia era come l’aveva immaginata prima ancora di
incontrarla, anzi, era perfino meglio. Era la sua Penelope, proprio come
recitavano i versi della canzone che aveva scritto ispirato dal piccolo disegno
di Claire e da quanto successo quella prima volta a Glasgow. Avrebbe voluto dire
tutto ciò alla ragazza, ma non lo fece. Quando si voltò verso di lei, Amelia
teneva gli occhi fissi su Londra, lo sguardo che rifletteva il baluginare delle
luci degli edifici.
«È bellissima,
no?» le chiese, accorgendosi con un fremito che non si riferiva solo alla
città. Lei annuì, sorridendogli.
Parlarono
ancora, mentre i minuti scivolavano via. Quando passarono le due di notte,
però, capirono entrambi che era ora di rientrare. Raccolsero le cose, buttarono
via le bottiglie vuote e il cartone di pizza, dopodiché chiamarono un taxi
perché li riaccompagnasse a casa. Una volta arrivati all’appartamento di
Amelia, Ewan l’accompagnò fino all’ingresso, come la volta precedente. Lì
davanti la ragazza fece per togliersi la felpa del cantante, ma quest’ultimo la
fermò. «No, tienila. Me la ridai un’altra volta. Non è la mia unica felpa.»
«Non lo metto in
dubbio, ma–» Si interruppe al gesto del ragazzo. «Ok, allora. Beh, grazie» balbettò.
«Domani
pomeriggio, se ti va, potremmo trovarci allo Starbucks davanti alla sala prove
con i ragazzi. Ti portiamo in un posto, se può incuriosirti la cosa» propose.
Amelia sollevò
un sopracciglio. «Immagino che non riceverò più informazioni di così» disse.
Aveva ormai capito che con gli Shards si sarebbe dovuta aspettare di tutto e,
soprattutto, che ogni uscita sarebbe stata una sorpresa. Ewan, infatti, non la
deluse. «Lo scoprirai domani» sorrise, eccitato.
Sorrise anche
lei davanti a quel gesto e accettò la misteriosa uscita. «Allora a domani»
disse poi, augurando la buonanotte al cantante. Lui fece lo stesso, dopodiché
si avvicinò, lasciandole un bacio sulla fronte. Amelia si sentì scaldata da
quel gesto delicato, che riuscì a chiuderle del tutto lo stomaco. Si salutarono
un’ultima volta e quando la ragazza rientrò e si chiuse la porta alle spalle si
portò una mano sul cuore, sconvolta da quanto si sentisse leggera. Accarezzò la
stoffa della felpa di Ewan; non voleva sfilarsi quell’indumento, le sembrava di
avere il cantante ancora lì, accanto a sé.