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Autore: Luna d Inverno    09/12/2018    0 recensioni
"La surreale quiete di quel frammento fluttuante fu interrotta all’improvviso da un tonfo seguito da ciò che immaginò fosse un’imprecazione in una lingua che giunse tanto melodiosa quanto sconosciuta alle sue orecchie.
Un brivido di terrore le scivolò lungo la schiena: un Elisiano.
Era un Elisiano.
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Aerin non aveva perso tempo e si era messo a disegnare quella creatura tanto strana sul suo taccuino delle ricerche, tentando di essere il più accurato possibile.
Gli sembrava incredibile aver avuto una simile fortuna!
Un’Asmodiana disarmata e incapace di recargli qualsiasi danno, condizioni ideali per essere la cavia dei propri studi sulla razza di lei."
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Una piccola oneshot senza pretese, un incontro tra un'Asmodiana terrorizzata e un Elisiano estremamente dedito alla ricerca della conoscenza.
Genere: Generale, Guerra, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il caos infuriava nell’Abisso.

Ali bianche e nere si scontravano tra loro in un turbinio confuso, il rumore di lame contro altro metallo, gli incantesimi urlati con disperazione e furia, i boati dei cannoni ad Etere, le urla di dolore dei caduti, l’odore di sangue, il tanfo di carne bruciata, tutto si mescolava in quella confusione che era la guerra.

Elathy si sentiva completamente spaesata e terrorizzata: era la prima volta che andava in missione nell’Abisso e dentro di sé pregava di non doverci più tornare. La sua migliore amica, una fattucchiera dai capelli lilla raccolti in un elegante chignon, le era morta davanti agli occhi, metà addome portato via da un ben assestato colpo di cannone ad Etere, lasciandola completamente sola nel bel mezzo della battaglia. Per fortuna a salvarla da una fine simile era intervenuto Rye, un arciere suo compagno di legione che, dopo aver abbattuto l’energumeno davanti a lei, la aveva presa per un braccio e portata su una piccola isola rocciosa per farle riprendere fiato, volandosene via subito dopo.

E lì si trovava ancora, troppo terrorizzata per andare in battaglia e troppo stanca per poter compiere qualsiasi azione o volare.

La surreale quiete di quel frammento fluttuante fu interrotta all’improvviso da un tonfo seguito da ciò che immaginò fosse un’imprecazione in una lingua che giunse tanto melodiosa quanto sconosciuta alle sue orecchie.

Un brivido di terrore le scivolò lungo la schiena: un Elisiano.

Era un Elisiano.

Se l’avesse vista avrebbe potuto tranquillamente dire addio alla propria vita.

Doveva andarsene. Subito.

Tentò di alzarsi in piedi, ma trovò il proprio corpo paralizzato.

Il cuore le batteva sempre più furiosamente.

Le si riempirono gli occhi di lacrime: davvero sarebbe morta così? Inerme e impotente?

Il suo respiro affrettato si mozzò non appena sentì dei passi avvicinarsi a lei. Alzò lentamente lo spaurito sguardo violetto, scontrandosi con un paio di iridi celesti e stupite. La piccola barda sgranò gli occhi nel notare i massicci pugnali assicurati alla schiena dell’assassino davanti a sé, ma ancora non riuscì a muovere un solo muscolo. Rimase lì, immobile, a fissare colui che avrebbe posto fine alla sua esistenza.

 

Aerin studiò attentamente chi si era ritrovato davanti: un’Asmodiana.

Non gli era mai capitato di incontrare qualcuno della sua razza così da vicino senza che tentasse immediatamente di ucciderlo.

Si prese il suo tempo per studiarla: la pelle era bianchissima, quasi opalescente, le dita delle mani affusolate erano dotate di affilati artigli, i capelli blu notte le arrivavano appena sotto le spalle ed erano tenuti lontani dal volto da delle forcine, dietro di lei, sparpagliata scompostamente sul suolo, spiccava la folta coda del medesimo colore; gli occhi erano lilla e lucidi per le lacrime, pronte a solcarle il viso decorato da un tatuaggio floreale da un momento all’altro.

Cautamente le si avvicinò, raggiungendo l’arma posta al suo fianco, un’arpa munita di archetto, e gettandola lontana da loro con un calcio rapido e preciso. Rimase a fissarla qualche altro minuto, per poi sfiorare con la propria mano la sua, sentendola gelida ma morbida al tatto.

 

Elathy si sottrasse bruscamente al contatto, come scottata dal calore irradiato dalla pelle olivastra dell’Elisiano e lo guardò confusa e quasi oltraggiata: cosa diavolo pensava di fare quello? Per quale ragione non l’aveva ancora uccisa? Voleva forse giocare con lei, torturandola? Divertendosi nell’umiliare un avversario già sconfitto? Lanciò uno sguardo alla propria arpa: era troppo lontana perché potesse prenderla e anche tentando uno scatto il nemico davanti a lei l’avrebbe intercettata.

Maledì nuovamente sé stessa per non essere riuscita ad impedirgli di portarle via la sua unica difesa.

Spostò nuovamente la propria attenzione sull’Elisiano, che nel frattempo si era seduto e aveva tirato fuori un quadernetto di pelle beige e una penna, iniziando ad annotare chissà cosa, lo sguardo celeste ancora puntato sulla propria figura.

 

Aerin non aveva perso tempo e si era messo a disegnare quella creatura tanto strana sul suo taccuino delle ricerche, tentando di essere il più accurato possibile.

Gli sembrava incredibile aver avuto una simile fortuna!

Un’Asmodiana disarmata e incapace di recargli qualsiasi danno, condizioni ideali per essere la cavia dei propri studi sulla razza di lei.

Un ghigno compiaciuto gli arricciò gli angoli della bocca mentre terminava il ritratto della ragazza e voltava pagina iniziando a scrivere la prima di molte note: ‘la temperatura corporea degli Asmodiani è estremamente bassa rispetto alla nostra, tuttavia paiono non risentirne.

Abbassò il quaderno per rivolgere la propria totale attenzione alla bluette, avvicinandosele di più, ignorando i tentativi di lei di ritrarsi.

«Azphelumbra» sillabò, facendo uso di quel poco di Asmodiano che aveva appreso negli anni dai mercanti Shugo, attirando su di sé lo sguardo stupito dell’altra: evidentemente non pensava che un Elisiano conoscesse la sua lingua «Io Aerin. Tu?»

Aspettò trepidante una risposta, ma con il passare del tempo temette che non ne avrebbe mai ricevuta una e fu proprio quando stava perdendo le speranze che arrivò alle sue orecchie un sussurro incerto

«Elathy»

Sgranò gli occhi incredulo di poter davvero intrattenere una conversazione con un esponente della razza delle creature della notte.

Il suo primo pensiero fu quanto fosse stato fortunato.

Il secondo fu quanto gli sembrava incredibile che un essere dalle fattezze ferine e quasi demoniache potesse possedere una voce così melodiosa, non intaccata minimamente dai suoni aspri della sua lingua.

«Perchè non mi uccidi?»

Fu estremamente stupito di sentirla proferire nuovamente parola vista l’espressione terrorizzata che non accennava a distendere i lineamenti del suo viso, ma si riscosse e fece mente locale per trovare le parole adatte per risponderle.

«Tu interessante. Io voglio studiare te»

A quelle parole la ragazza si accigliò incuriosita, ma distese i muscoli, evidentemente tranquillizzata dalle intenzioni apparentemente pacifiche dell’altro.

«Come hai imparato la mia lingua?» mormorò nuovamente lei, attenta a scandire bene le parole

«Shugo» rispose semplicemente, prima di riportare davanti a sé il proprio taccuino, avvicinando la punta della penna alla pagina, pronto ad annotare qualsiasi cosa quella straniera gli avrebbe rivelato e domandare «Perchè tuoi occhi no rossi?»

«Lo sono solo quando combattiamo o ci arrabbiamo»

Aerin annuì, affascinato da quel fatto e stava per porle un altro quesito quando un dolore lancinante gli trafisse il petto. Fece appena in tempo ad alzare lo sguardo celeste e incontrare quello carminio di un arciere Asmodiano, prima di crollare morto al suolo, le sue ali candide a proteggerlo per il tempo che avrebbe impiegato l’Obelisco di Sanctum a resuscitarlo.

 

Elathy si voltò di scatto quando vide la freccia nera come ossidiana trafiggere il cuore del ragazzo dinnanzi a lei, trovandosi a fissare Rye, l’arco ancora teso e la corda vibrante per il dardo appena scoccato.

Il corvino le si avvicinò a passo celere, accucciandosi al suo fianco e ispezionandola con attenzione, alla ricerca di eventuali ferite: non ne trovò alcuna e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo

«Va tutto bene?» le chiese, con il suo tono secco ma al contempo dolce

La bluette annuì, senza tuttavia proferire parola.

«Coraggio, per sta sera abbiamo finito, torniamo a Pandemonium.»

Senza opporre alcuna resistenza raccattò la propria arma e lasciò che il suo compagno di Legione la prendesse tra le braccia, spiegasse le imponenti ali verde smeraldo e la conducesse in salvo a casa.

Cullata dal suono del vento che le sfiorava il viso e dal tepore sprigionato dal corpo stretto al proprio lasciò che lo stress e la paura di quella giornata prendessero il sopravvento, crollando in un sonno profondo, non prima che il volto di quell’Elisiano che aveva avuto pietà di lei le si imprimesse, per la prima di infinite volte, sotto le palpebre.

   
 
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