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Autore: Nazuhi    09/12/2018    1 recensioni
Questa OS partecipa alla challenge "Deus Sol Invictus". Il tema scelto è Mawu.
Nonostante le note, i sentimenti non saranno descritti in maniera esplicita.
***
Astral era un mistero per lui, e nonostante tutto era forse l’amico più caro che avesse. Un amico di cui non sapeva quasi nulla, un compagno che non si era mai aperto davvero con lui. O forse era lui a non essersi mai interessato… Quando era l’ultima volta che gli aveva chiesto qualcosa di personale? Forse ieri, o forse mai. Non lo ricordava.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Asutoraru /Astral, Yuma/Yuma
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mawu – La forma dei sentimenti

 

Yuma si pulì le mani nere di terra ai pantaloni e si tirò su in piedi. Fece un largo sorriso, mentre sollevava gli occhi verso Astral.
«Ecco fatto! Adesso non ci resta che aspettare.»
L’amico lo guardò per un lungo secondo e abbassò la testa sulla montagnetta di terra davanti a loro. Era appena visibile in mezzo al piccolo giardino di casa.
«Quanto?» gli chiese.
Yuma si strinse nelle spalle. «Un po’, credo. Non me ne intendo, ma la nonna dice che ci vuole molta pazienza.»
«E tu non ne hai.»
Sbuffò, era incredibile come Astral continuasse a non avere la minima fiducia in lui. Ormai erano mesi che si conoscevano, avrebbe dovuto mostrare un po’ più di comprensione. O evitare di sottolineare ogni volta quanto fosse a corto di pazienza.
«Ti assicuro che posso essere molto paziente se lo voglio» disse, ad alta voce. «E te lo dimostrerò!»
Astral scosse la testa, lasciandosi sfuggire un tenue sorriso.
«Non ce n’è bisogno, ti credo.»
Yuma storse la bocca e gli lanciò un’occhiata sospettosa. Davvero? Non è che, per caso, l’aveva detto solo per farlo contento? Non sarebbe stato da lui, però; era sempre stato diretto, uno che non ci pensava mai due volte prima di dire le cose come stavano. Era anche per questo che si era affezionato a lui, su quell’aspetto si assomigliavano molto. Era forse una delle poche cose che avessero in comune: l’essere diretti e quella piccola cosa che avevano appena sotterrato.
Abbassò di nuovo lo sguardo sulla montagnetta di terra nera che si stagliava sul verde brillante del prato. Ci sarebbe voluto molto tempo, lo sapeva, ma non aveva alcuna intenzione di dimenticarsene. Voleva prendersene cura, almeno finché avesse potuto farlo. O finché quello non fosse diventato grande e robusto.
Yuma sollevò di nuovo gli occhi sull’amico. Stava guardando il cielo, lo sguardo perso nei suoi pensieri; le iridi bicromatiche sembravano offuscate per qualche strano motivo. Che stesse pensando? Si era sempre chiesto cosa frullasse nella mente dell’astrale, quali pensieri affollassero la sua testa e a cosa pensasse con così tanta intensità, ma non era mai stato in grado di trovare una risposta. Forse pensava ai suoi ricordi perduti, o forse al suo mondo. Uno di quei giorni avrebbe dovuto chiederglielo. E avrebbe dovuto chiedergli anche della sua infanzia, della sua terra natia, di ciò che gli piace e di ciò che gli odia. C’erano così tante domande che avrebbe voluto porgli, domande e dubbi di cui non conosceva risposta. Astral era un mistero per lui, e nonostante tutto era forse l’amico più caro che avesse. Un amico di cui non sapeva quasi nulla, un compagno che non si era mai aperto davvero con lui. O forse era lui a non essersi mai interessato… Quando era l’ultima volta che gli aveva chiesto qualcosa di personale? Forse ieri, o forse mai. Non lo ricordava.
La voce di Astral lo strappò dalle sue riflessioni, scaraventandolo di nuovo alla realtà, a quel piccolo giardino in un quartiere tranquillo di Heartland City. Sgranò gli occhi.
«Cosa? Hai detto qualcosa?»
«Ti ringrazio» ripeté Astral. Gli fece anche un largo sorriso e Yuma avvertì il cuore accelerare per un breve attimo. Tossicchiò leggermente e distolse lo sguardo dall’amico, cercando di nascondere l’imbarazzo che era appena affiorato sul suo volto.
«E di cosa?»
«Tutto.»
«Ma dai, non ho fatto nulla.»
«Mi sei rimasto accanto per tutto questo tempo. Hai deciso di farti carico di una missione che non ti riguardava. Hai deciso di accettarmi per quello che sono e mi sei stato amico. Non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto questo.»
Il volto gli andò a fuoco, il cuore gli batteva nel petto come un tamburo. Perché gli stava dicendo una cosa simile? Perché doveva sempre essere così sentimentale? Per cosa, poi? Era normale aiutare chi era in difficoltà, l’aveva sempre fatto anche prima di conoscere Astral. Lo faceva con tutti, era il suo modo di essere, eppure… Eppure, essere ringraziati in quel modo dall’astrale lo aveva fatto sentire diverso. Più realizzato, forse. Più… felice? Era gioia, quella che stava provando?
«Ricorderò ciò che hai fatto per me» mormorò Astral, incrociando le braccia al petto e sollevando la testa al cielo. «Anche quando non sarò più qui con te. Per sempre.»
Yuma annuì, la gola troppo secca per poter rispondere a parole. Ma non ne aveva bisogno, era certo che l’amico avesse compreso il significato nascosto dietro il suo silenzio. In fondo, Astral lo conosceva fin troppo bene. 

***

Alzò un braccio in direzione di Kotori, in piedi di fronte al portone di casa, mentre con l’altra mano si infilava in bocca una fetta di pane.
«Muoviti, Yuma! Siamo in ritardo!» lo rimproverò lei. Yuma sbuffò: non aveva ancora capito perché Kotori si agitasse sempre in quel modo. Quando si trattava di scuola sapeva essere davvero troppo rigida per i suoi gusti. Lanciò un’occhiata all’orologio che aveva al polso: mancava più di mezz’ora all’inizio delle lezioni, sarebbero arrivati in perfetto orario, come ogni mattina.
«Sai, dovresti rilassarti ogni tanto» le disse, mentre terminava di masticare la mollica tostata del pane. «O ti verranno le rughe.»
«Mi rilasserei molto volentieri se tu non fossi sempre in ritardo. E il professore di storia non ammette ritardi. Lo sai che ci tengo alla media scolastica!»
«Dovresti avere un po’ più di pazienza.»
La ragazza gli fece un sorriso sardonico. «Ne ho più di quanto credi, visto che ti sopporto da ben dieci anni.»
Yuma ghignò. «Allora non devo essere così male come amico, ti pare?»
Kotori sbuffò e si gettò una ciocca di capelli dietro le spalle.
«Come vuoi, ma sbrigati. Gli altri ci stanno aspettando per parlare della festa a sorpresa di Shark. Domani compie diciotto anni, non te lo sarai mica dimenticato, vero?»
Scosse la testa e terminò di allacciarsi le scarpe. Non se l’era dimenticato, no, ricordava bene che il giorno dopo sarebbe stato il compleanno dell’amico. Quattro anni… Il tempo sembrava essere volato via da quando Astral era ritornato nel suo mondo. Prima i giorni, poi i mesi, le stagioni e infine gli anni, uno dopo l’altro in un rincorrersi continuo ed eterno. Un serpente che si mangia la coda. Infinito, eterno. Lo scorrere del tempo per lui era solo malinconia, un susseguirsi di momenti in cui mancava l’elemento fondamentale per dargli un vero senso, per renderli pieni e completi.
Scosse la testa, come a voler allontanare i pensieri, e si tirò in piedi. Raccolse la cartella di scuola dal pavimento, salutò sua madre con un cenno della mano e uscì insieme all’amica. Il sole caldo di giugno gli illuminò il volto, riscaldandogli la pelle e dissipando del tutto le ombre che si erano addensate intorno al suo cuore. Un calore pregno di vita lo avvolse e Yuma avvertì di nuovo l’ottimismo farsi strada nel suo corpo, nelle fibre dei suoi muscoli e nei neuroni che affollavano la sua testa. Prese un profondo respiro e, come ogni mattina, voltò lo sguardo verso il giardino. Un gesto ormai automatico, che compiva da quattro anni a questa parte, una semplice, rapida occhiata per assicurarsi che stesse crescendo davvero, che fosse forte e in salute. La camelia oscillò alla brezza mattutina come a volerlo salutare. Tra qualche anno avrebbe dato i suoi primi frutti. Nuovi semi, simili a quello che coltivò insieme ad Astral quattro anni prima. Gusci che racchiudevano la speranza.
Fece un largo sorriso e sollevò lo sguardo al cielo. Sapeva che prima o poi si sarebbero rivisti. Quando sarebbe accaduto, gli avrebbe mostrato con orgoglio quell’alberello, il risultato delle sue cure e della sua pazienza. Astral ne sarebbe stato felice, ne era certo. Gli avrebbe fatto vedere che non aveva mai dimenticato quel giorno di quattro anni prima, quando avevano deciso di piantare un seme rinsecchito e aiutare una nuova vita a sbocciare. Non aveva dimenticato nulla, né Astral, né il loro legame. Non aveva dimenticato nemmeno lei, quella piccola creatura che li univa più di qualsiasi altra cosa.

La loro piccola camelia.
La forma dei suoi veri sentimenti.

 

 

 

***
Nda: La camelia, in Giappone, significa sia “attesa”, sia “amore eterno”, ed è il motivo per cui l’ho scelta per questa storia. Per quanto riguarda il titolo, il termine “forma” fa riferimento al concetto di “kata” che in giapponese non è relativo solo alle arti, ma può essere inteso in senso più generico. E’ la forma dentro la quale si sviluppa un’idea, un concetto, ma può essere intesa anche come “la forma della pazienza”, perché i kata sono gesti codificati nel tempo, che devono essere eseguiti in certi contesti e con certi ritmi. In questo caso la pianta di camelia che Yuma ha curato e fatto crescere per quattro anni rappresenta la forma che i suoi sentimenti per Astral hanno assunto. Sentimenti che ha coltivato appunto con pazienza.

  
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