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Autore: Dida77    09/12/2018    6 recensioni
Dopo aver combattuto in Siberia contro Tony Stark, Steve non può permettere che Bucky si faccia ibernare di nuovo.
Non può permettersi di perderlo un'altra volta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Con gli occhi di Steve

Steve si fermò sul pianerottolo davanti alla porta di casa. Le chiavi già in mano, pronte per essere inserite nella serratura.

Bucky era silenzioso dietro di lui. Non aveva detto una parola da quando erano scesi dall'aereo con cui erano tornati dal Regno di Wakanda.

Non che Bucky avesse parlato molto da quando Steve lo aveva convinto a non farsi ibernare di nuovo.

"Tutto ok?" aveva chiesto più volte Steve durante il viaggio. Bucky si era sempre limitato ad annuire con la testa, senza dire una parola. E un attimo dopo aveva già abbassato di nuovo lo sguardo a terra, ogni volta rigido e immobile come una statua. Come se non avesse il diritto di occupare lo spazio dove si trovava e di consumare l’aria che respirava.

Steve lo aveva lasciato fare. Aveva deciso che per il momento l'unica cosa importante fosse riportare Bucky a casa con sé.
Al resto avrebbe pensato dopo. Avrebbe trovato il modo di sistemare le cose. O meglio, lo  avrebbero trovato insieme.

Ma adesso, davanti alla porta di casa, con le chiavi a mezz'aria, non era più così convinto di riuscire nell'impresa di salvare Bucky dal suo inferno e regalare di nuovo a entrambi una vita normale.
In quel momento la normalità sembrava solo un miraggio lontano, un miracolo per cui pregare.

Steve era un tipo testardo. Lo era sempre stato.
E lì, davanti alla porta di casa, con le chiavi a mezz'aria, decise che avrebbe fatto di tutto per rendere reale quel miraggio. Giorno dopo giorno. Ora dopo ora. Metro dopo metro.

Ma ogni progetto ha bisogno delle sue fondamenta e ogni impresa ha bisogno di un punto fermo da cui partire. E questo caso non faceva eccezione.
Come a tutto il resto del mondo, anche a Steve serviva una certezza da cui partire. Una certezza piccola, ma solida e stabile, su cui basare il suo futuro.

Steve era un tipo testardo. Lo era sempre stato.
E decise che quella certezza doveva trovarla subito. Prima di varcare la soglia di casa. Altrimenti avrebbe dovuto rinunciare subito al suo miracolo.
Doveva affrontare subito il problema, perché dopo non avrebbe trovato il coraggio per farlo.
Doveva agire subito, perché se Bucky avesse varcato la soglia di casa, Steve non avrebbe più avuto la forza necessaria per affrontarlo, ne era assolutamente certo.

Steve era un tipo testardo. Lo era sempre stato.
E invece di inserire chiavi nella serratura e aprire la porta, appoggiò a terra il borsone che aveva ancora a tracolla e si voltò lentamente verso Bucky.

"Sarà difficile" disse con voce incerta.
Tanto valeva ammetterlo subito, sia con Bucky che, soprattutto, con se stesso.

"Sarà difficile e non sono nemmeno sicuro che riusciremo ad avere di nuovo una vita normale. Quello che so, però, è che possiamo provarci. Insieme." disse con voce sempre più sicura, cercando con lo sguardo gli occhi che Bucky si ostinava a tenere ancorati a terra.

"Malgrado ciò che è stato, possiamo provare ad avere di nuovo una vita normale."
Steve parlava piegando la testa per cercare con lo sguardo gli occhi di Bucky, ma questi rimanevano ancora fissi sul pavimento.
Steve decise allora di raccogliere tutto il coraggio che ancora gli rimaneva e continuare.

"Ma solo ad una condizione" Steve si fermò giusto un attimo. Giusto il tempo di gestire la paura folle che gli stava attanagliando il petto e la gola. Perché si stava giocando il tutto per tutto e ne era ben consapevole. Perché, o Bucky avrebbe acconsentito a ciò che Steve stava per chiedergli, o Steve non lo avrebbe nemmeno fatto entrare in casa e allora Bucky se ne sarebbe dovuto andare via per la sua strada. Via per la sua strada senza tornare mai più.

Improvvisamente Bucky alzò lo sguardo e lo guardò, in qualche modo incuriosito dalla piega inaspettata che aveva assunto la conversazione. Come se per la prima volta fosse davvero interessato a ciò che Steve stava dicendo.

Appena Steve se ne accorse incatenò lo sguardo a quello dell’amico e continuò.

"A condizione che tu mi prometta che non te ne andrai. Che non scapperai via, anche se le cose si faranno difficili. Mai. Per nessuna ragione. Perché sappiamo che le cose si faranno difficili. Io sono sicuro di poter affrontare le difficoltà, ma devo sapere con certezza che non te ne andrai.
Altrimenti voltati, vai via e non tornare più. Torna pure in Wakanda a farti ibernare, se è questo che vuoi. Non mi interessa. Ma non varcherai questa porta."
 
Riprese fiato e continuò: "Perché posso sopportare tutto, ma non credo che sarei capace di sopportare di perderti di nuovo. Questo no.”

Steve continuava a guardare Bucky negli occhi. Le guance ormai bagnate da lacrime silenziose. Libere di scendere senza vergogna.
 
Steve guardava Bucky negli occhi e aspettava.
Aspettava immobile una reazione da parte dell’amico, una reazione da cui sarebbe dipeso tutto.

Ma Bucky non reagì e rimase fermo a guardare Steve negli occhi. Come se stesse prendendo la sua decisione proprio in quel momento. Senza fornire alcun indizio su ciò che stesse realmente pensando.

E più Bucky restava immobile, più Steve sentiva il suo miracolo allontanarsi e il suo mondo andare in frantumi. Un freddo glaciale si stava impadronendo di lui. Riusciva a vedere davanti a sé solo un mondo che non era più il suo e sentiva svanire la speranza.

Fino a che, improvvisamente, vide Bucky prendere una decisione.

Lo vide raddrizzare le spalle e alzare il mento, ricordando un po' il Bucky sicuro di sé che conosceva un tempo. Vide una certezza illuminare di nuovo i suoi occhi. E per la prima volta da quando lo aveva ritrovato, vi vide la speranza.

E alla fine, quando ormai non ci sperava nemmeno più, lo vide annuire, convinto. Lo vide accettare quella sola condizione, sorridendo.

Fu un sorriso piccolo ma bellissimo, che fornì loro tutto ciò che serviva per iniziare a ricostruire un futuro insieme. Il loro futuro.

Steve sorrise di rimando. Non serviva altro. Non servivano parole. Tra loro non erano mai servite.

"Ok." disse allora Steve.
"Entriamo in casa."
Si voltò, inserí le chiavi nella serratura e aprì la porta.

***

Con gli occhi di Bucky

I ricordi tornavano a frotte. Tutti insieme. Simili ad un gruppo di persone in fila che sgomitano per cercare di passare prima degli altri.

I ricordi più brutti e traumatici erano i più forti e finivano sempre per vincere sugli altri. La conseguenza era che, per il momento, riaffioravano solo i ricordi associati all'Hydra, con il risultato che Bucky si sentiva sempre più un mostro e sempre più lontano all’essere umano che era andato in guerra settant’anni prima.

Fin dai primi giorni in Wakanda, dopo aver combattuto in Siberia contro Tony Stark, aveva deciso che farsi ibernare era l'unica soluzione possibile. Aveva detto a tutti che lo faceva per esser sicuro di non far più male a nessuno. Vero. Ma la verità era che lo faceva anche, e soprattutto, per far smettere quel tormento continuo nella sua testa.

Lo aveva già detto ai dottori. Avevano già fissato anche la data. Ma non aveva fatto i conti con Steve e con la sua testardaggine.

Perché Steve era testardo. Lo era sempre stato.
E lo aveva guardato con quegli immensi occhi tristi che avevano fatto riaffiorare nella mente di Bucky ricordi buoni. Non i ricordi dell'Hydra, ma i ricordi di quando il mondo era più semplice e il problema più grave era trovare i soldi per pagare l'affitto.

In quegli occhi, più che nel fiume di parole che Steve aveva usato per convincerlo, Bucky aveva visto un barlume di speranza. Aveva pensato, per una frazione di secondo, che potesse esserci un'alternativa. E in quella singola frazione di secondo tutta la sua convinzione si era sciolta come neve al sole.

"Quali alternative ho, se non mi faccio ibernare?" aveva chiesto a Steve a mezza voce, abbassando lo sguardo.
 "Potrei essere ancora pericoloso, nessuno lo sa con certezza."

"Potresti venire a stare da me, almeno per un po'. Come prima della guerra. Poi potremmo cercare una soluzione insieme." aveva proposto Steve.

E Bucky aveva annuito. Anche se si sentiva un mostro e non si sentiva più la persona che era partita per la guerra. Anche se pensava che sarebbe stato meglio morire in quella caduta di settant'anni prima. Anche se non capiva perché Steve si ostinasse a volerlo aiutare. 
Bucky aveva annuito ed era montato sull’aereo con lui, invece di rimanere in una teca in Wakanda.

Ma i ricordi erano ancora un tormento. Tenerli a bada, in qualche modo, era uno sforzo sovrumano. E quando la sua mente non era ricolma del ricordo di ciò che aveva fatto, allora era la vergogna a prendere il sopravvento. Una vergogna assoluta, che non gli permetteva di alzare gli occhi da terra. Anche il solo respirare lo faceva sentire in colpa.

Dopo avergli fatto cambiare idea, Steve non gli aveva praticamente più parlato, tutto preso dai preparativi per il ritorno a casa. Gli chiedeva spesso se andasse tutto bene e lui non aveva la forza che di annuire in silenzio.

Ma era comunque bello sentire la voce di Steve. Come se la sua voce fosse l'unica cosa che lo tenesse ancorato alla realtà. L'unica cosa che gli ricordava che provare a combattere i mostri nella sua testa era possibile.

Aveva paura. Soprattutto in aereo. Paura di perdere il controllo, di far male a qualcuno. Aveva paura di far male a Steve. O, peggio, aveva paura che Steve vedesse di cosa era veramente capace e decidesse che ormai il suo vecchio amico era una causa persa.

Ma avrebbe potuto sempre andarsene. Se le cose si fossero messe male, se i mostri nella sua testa fossero diventati troppo forti, se si fosse reso conto di essere un peso troppo grande per Steve, avrebbe potuto sempre andarsene.

Tanti anni nell'Hydra gli avevano insegnato qualcosa. Se ne sarebbe potuto andare nella notte, mentre Steve dormiva, magari lasciando una lettera di scuse.

Steve era buono, lo era sempre stato.
Ed era circondato da amici. Li aveva visti. Loro lo avrebbero aiutato a superare la sua partenza, ne era sicuro.

Questo pensiero lo aveva aiutato a combattere i suoi timori, che aumentavano di ora in ora. Una via di fuga. Come quando era in missione.

Così aveva seguito Steve a testa bassa, prima in aereo, poi in macchina e infine su per l'ascensore, fin davanti alla porta di casa.

E adesso Steve stava lì, fermo, con le chiavi a mezz'aria.

Ma Steve, invece di inserirle nella serratura, si voltò e disse con voce incerta:
"Sarà difficile e non sono nemmeno sicuro che riusciremo ad avere di nuovo una vita normale. Quello che so, però, è che possiamo provarci. Insieme. Malgrado ciò che è stato, possiamo provare ad avere di nuovo una vita normale "
 
Steve si fermò un attimo e poi continuò
“Ma solo ad una condizione."

Bucky non si aspettava quell'ultima frase, che fece breccia nella nebbia dei suoi tormenti e lo colse di sorpresa.
Allora alzò gli occhi e lo vide. Steve alto e immobile come una statua. Con un atteggiamento di sfida che gli riportò alla mente lo Steve malaticcio di prima della guerra, lo Steve che sfidava i bulli con la sola forza della sua testardaggine.

Poi Steve riprese a parlare, riportandolo alla realtà.
"A condizione che tu mi prometta che non te ne andrai. Che non scapperai via, anche se le cose si faranno difficili. Mai. Per nessuna ragione. Perché sappiamo che le cose si faranno difficili. Io sono sicuro di poter affrontare le difficoltà, ma devo sapere con certezza che non te ne andrai.
Altrimenti voltati, vai via e non tornare più. Torna pure in Wakanda a farti ibernare, se è questo che vuoi. Non mi interessa. Ma non varcherai questa porta."
 
Riprese fiato e continuò: "Perché posso sopportare tutto, ma non credo che sarei capace di sopportare di perderti di nuovo. Questo no.” concluse Steve. Il volto ormai bagnato dalle lacrime
 
Fu come uno schiaffo in pieno volto. Come una doccia gelata.
Non solo per ciò che Steve aveva detto, ma per il modo in cui lo aveva detto. Come se avesse dovuto cercare fin sotto le pietre il coraggio necessario per tirare fuori quelle parole. Lasciando che le lacrime gli bagnassero le guance. Senza vergogna.

Una tenerezza infinita scaldò il petto di Bucky e, improvvisamente, la possibilità di andarsene non era più da prendere in considerazione.
La possibilità di perdere il controllo e far del male a Steve lo terrorizzava, ma capì che la possibilità di passare il resto dei suoi giorni lontano da lui, lo terrorizzava ancora di più.

Per un attimo si sentí di nuovo James Buchanan Barnes, il ragazzo scanzonato che era partito per la guerra. Si sentì come se accanto a Steve tutto fosse davvero possibile.

Allora raddrizzò le spalle e alzò il mento. Come a sfidare tutti i mostri del suo passato che abitavano nella sua mente. Fece cenno di sì con il capo, e mentre lo faceva un sorriso spuntò sulle sue labbra. Un sorriso timido proveniente dalla parte più profonda della sua anima.
 
Steve lo guardò per un istante, quasi incredulo e sorrise di rimando.
Poi si voltò, inserì la chiave nella serratura e aprì finalmente la porta di casa.
   
 
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