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Autore: nattini1    10/12/2018    5 recensioni
Ispirato alla 9x06. Cosa succede durante la notte tra il momento in cui Dean va a prendere Cas a casa della sua datrice di lavoro e il momento in cui lo riporta al supermercato al mattino? L’unica cosa che si vede cambiata è la mano ferita dell’ex angelo che è stata fasciata, ma io credo che sia mutato qualcosa di più profondo in Cas. Leggera destiel.
Scritta per l’Advent Calendar del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.




 

«Dove vai, Cas?» chiede Dean, ben consapevole che, adesso che è umano, l’amico ha bisogno di un passaggio in macchina per spostarsi.
L’ex angelo, dopo un momento di incertezza, lo sguardo a cercare invano un qualcosa a cui aggrapparsi, apre la portiera e sale senza rispondere; non se la sente di confessargli che non ha nessun posto dove andare, che dorme in un sacco a pelo sul pavimento del magazzino degli attrezzi del supermercato in attesa di aprire alle 8 di mattina e cominciare il suo lavoro di addetto alle vendite. «È ancora presto per me per rientrare…» mormora soltanto.
Dean sembra capire e mette in moto. Stanno viaggiando senza meta da più di un’ora senza il familiare sottofondo della musica rock, senza che nessuno di loro si sia deciso a iniziare una conversazione, con lo sguardo fisso sulla strada davanti, quando con la cosa dell’occhio Dean nota che nel pugno di Cas è ancora stretto un fazzoletto completamente intriso di sangue. Accosta al lato della strada, gli prende con delicatezza la mano: «Fammi dare un’occhiata».
Con gentilezza toglie la benda improvvisata, solleva la mano dell’amico e la esamina sotto la debole luce del cruscotto. Sul palmo dei sottili graffi irregolari più o meno profondi disegnano un intricato arabesco di pelle lacerata e sangue.
«Che cazzo hai combinato, Cas?» chiede Dean osservando quel macello.
«L’angelo mietitore era lì per uccidermi, ha detto di aver seguito il suono assordante del mio dolore e ho pensato di disegnare un sigillo con il mio sangue per scacciarlo. Tutto quello che avevo a disposizione per tagliarmi era il gambo di una rosa e l’ho fatto passare nella mano…» spiega Cas con semplicità fissando gli occhi nei suoi. Nella penombra il blu non sembra quello brillante dei cieli sconfinati, ma quello cupo degli abissi marini.
Dean si trattiene dal prendersi a sberle da solo: il senso di colpa per non averlo accolto nel bunker è come un pugno allo stomaco e gli ricorda dolorosamente lo sfogo di Cas di quella stessa mattina: «Nessuno mi ha spiegato nulla, sono stato catapultato in questa vita umana senza avere la benché minima idea del perché provi queste sensazioni, sempre a un passo dal terrore. Non ho perso solo i miei poteri… io non avevo niente!». Caccia indietro il rimorso e, facendo appello a tutto il suo autocontrollo, spiega: «Bisogna dare una ripulita alle ferite! Adesso che sei umano potrebbe venire un’infezione». Scende della macchina ed estrae dal baule la cassetta del pronto soccorso e una torcia. Torna da Cas e, per la foga, gli prende senza tanti complimenti la mano. A quel tocco l’altro sussulta; sente un po’ di dolore, ma anche una sensazione che lo riscalda a cui non sa dare nome.
Una volta lavato via il sangue, sotto il fascio di luce potente la mano si rivela messa anche peggio del previsto: ci sono delle piccole schegge lasciate dalle spine che si sono rotte e sono rimaste all’interno di alcuni tagli. Dean prende un ago e brucia la punta con l’accendino per sterilizzarla, poi cerca di estrarre le schegge.
Durante tutta l’operazione Cas non stacca gli occhi dal suo viso, con un’espressione che non tradisce nessuna emozione. Percepisce il fastidio e il dolore provocati dalla punta di metallo dell’ago che fruga nella sua carne, ma quel calore intimo non se ne va. Non ha nulla a che vedere con l’amore che provava per suo Padre, quello che sente è qualcosa che non è scontato e più viscerale. Se una parte di lui non fosse ancora delusa dal fatto che Dean lo ha cacciato dal bunker, penserebbe che sia gratitudine e forse qualcosa di più.
Una volta tolte tutte le spine che è riuscito a vedere, Dean prende dei cerotti strip; le ferite sono di media profondità e quelli faranno sicuramente meno male dei punti e saranno facili da togliere. Una volta applicati, fascia con cura la mano con una garza pulita. «Questa la dovrai cambiare ogni due o tre giorni o anche ogni giorno se si sporca, mentre i cerotti li potrai togliere tra una settimana» si raccomanda.
Senza che se ne fossero resi conto, si è fatto giorno e Dean lo riaccompagna al supermercato dove lavora. Vorrebbe dirgli che aveva consapevolmente mentito a Sam, o meglio a Zeke, quando aveva dichiarato che, finché Cas fosse stato una calamita per angeli incazzati, avrebbe mantenuto le distanze da lui; vorrebbe assicuragli che venire lì non era una scusa per mollare le noiose ricerche. Ma non può, può solo dirgli: «Ascolta Cas quella volta al bunker... io… mi dispiace averti detto di andartene, so che deve essere stato difficile per te stare da solo. In qualche modo ti stai adattando, sono orgoglioso di te».
Cas sfiora la mano fasciata e lo guarda, stavolta con un’ombra dell’antica fierezza: «Grazie, Dean». Poi esce dalla macchina, si appoggia al finestrino; una parte di lui spera che Dean gli dica di risalire, che affronteranno insieme i giorni che verranno, ma il cacciatore alza solo la mano in segno di saluto e Castiel risponde con un gesto speculare.
Castiel va verso il supermercato, infila la chiave nella serratura in un gesto diventato ormai tristemente abituale, la gira e apre la porta. Prepara il caffè, controlla la cassa, accende la scritta «aperto» e aspetta, guardando fuori dalla vetrina nella direzione in cui Dean se ne è andato.

E in quel momento è la sua lacerazione esistenziale a dirgli: non sei al posto giusto. Questa non è la tua vita. Questo non sei tu. Sta vivendo una vita che non è la sua, una vita estranea, nella quale è precipitato per il capriccio di uno scrittore con manie di grandezza. Si chiede dove sia finito il soldato che ha combattuto grandi battaglie, che ha mietuto vite come una falce fa con le spighe di un campo. È agonizzante sul pavimento di un supermercato, con la propria esistenza a pezzi. Poi si guarda la mano bendata e capisce: eccolo lì il soldato che davanti a un nemico più forte ha ideato una strategia. Vuole combattere e vivere. Gli angeli hanno bisogno di aiuto e lui non può stare senza far nulla, deve trovare un modo per riportarli a casa, in Paradiso. Forse non è vero che è stato solo un fallimento, che ogni tentativo che abbia fatto è finito male, dopotutto Dean ha detto che è fiero di lui. E questo lo fa sentire di nuovo se stesso.



 

NdA

Ciao a tutti! Castiel è diventato umano e Dean lo ha cacciato dal bunker, lasciandolo a se stesso, anche se fatica a adattarsi alla vita umana, perché è stata la condizione impostagli da Gadreel. Sappiate che non gliel’ho perdonata!
C’è un salto temporale durante una notte in cui Dean va a prendere Cas su cui credo tutti abbiamo fantasticato e questa è la mia personale versione dei fatti.
«Rientro» l’ho interpretato sia in senso fisico che come rientrare in se stessi.
Vi lascio il link del gruppo: https://www.facebook.com/groups/534054389951425/
Spero vi piaccia!

   
 
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