Crossover
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Autore: evil 65    11/12/2018    16 recensioni
Il Multiverso, così come lo conosciamo… non esiste più. In seguito ad un fenomeno distruttivo noto come Lo Scisma, un uomo misterioso che si fa chiamare il Maestro è riuscito creare una realtà completamente separata dalle altre, dov’è adorato come un dio onnipotente.
Apparentemente inarrestabile, il Maestro comanda col pugno di ferro questa nuova terra, chiamata "Battleground", nella quale vivono numerosi personaggi provenienti dai vari universi, tutti immemori delle loro vite precedenti.
Ogni storia ha il suo principio. E questa è la loro epopea...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Anime/Manga, Film, Fumetti, Telefilm, Videogiochi
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve! Lo so, è passato un po' di tempo, ma abbiamo avuto alcuni problemi nel gruppo, che ora sono stati risolti.
Cercheremo di tornare ad aggiornare regolarmente questa storia, il cui percorso ora sembra più vivo che mai.
Vi auguro una buona lettura e spero che continueremo a ricevere il vostro supporto!
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Capitolo 12 - Run, little rabbit 


Terra (Centro Imperiale) - Hong Kong 

Impeccabile. Se serviva una parola per descrivere la persona a capo della milizia di Hong Kong e dei corpi investigativi della città stessa, era questa. Impeccabile nel suo modo di vestirsi, con stivali in pelle, tirati a lucido con olio di gomito, soprabito sempre pulito di fresco, le medaglie brillanti appuntate sul petto e la divisa stirata e profumata sopra un corpo tonico, piacevole alla vista.
Sì, Hans Landa era decisamente una persona impeccabile.
Seduto dietro la sua scrivania tirata, con l’aroma mai invasivo di incenso, la pipa in corno dagli intarsi dorati e il beccuccio avvolto in platina argentata, stretta dalle sottili labbra, piegate in un sorriso amabile che rendeva i freddi occhi caldi come l’abbraccio di un fratello.
<< Prima di tutto, signorina, voglio mettere in chiaro una cosa >> disse chinando il capo e allungando la mano sinistra verso la sua ospite, facendole cenno di rilassarsi << Questo interrogatorio non mi vede coinvolto in maniera alcuna in intenzioni che possano rivelarsi nocive nei suoi confronti. Non deve aver paura, voglio solo farle qualche domanda sui fatti verificatesi la scorsa notte fra i campi di riso. Quindi, la prego, si asciughi le lacrime, non si confanno di certo al vostro grazioso viso baciato dal sole. >>
Com’era suo solito, parlò con voce lenta e pacata, le mani volte ad accentuare le sue parole, senza tuttavia sfociare in una gestualità tipica della milizia, fatta di gesti affrettati talvolta volgari e bruschi. No, la gestualità di Hans era volta unicamente a far entrare la propria ospite nella sua sfera privata, in una sorta di intimità amichevole, resa tale anche grazie al caldo fuoco che ardeva allegro nel camino dell’abitazione e dal delizioso arredamento privo di qualsivoglia effige o strumento militare.
Dopotutto, aveva detto una volta Landa, chi entra nel suo ufficio deve fidarsi di chi vi trova, non voleva esercitare pressioni su nessuno, la gente doveva arrivare ad aprirsi di sua spontanea volontà.
<< Appurato ciò, sappia che non intendo neanche rubarle molto tempo. Io provo ammirazione per la fatica fisica, per il sacrificio personale volto a glorificare qualcosa di più grande. In questo caso, il vostro lavoro nella risaia non fa che accentuare il prestigio del governatore Shen, ed esso si riflette sulla mia persona, alla quale è stata affidata la vostra sicurezza. Ora, mi dica… cosa è avvenuto in quella notte? >>
 
Fu solo il primo di una lunga serie di interrogatori. Hans stette tutta la mattina dietro la sua scrivania, con la pipa in bocca, a consolare, a far ridere e porre educate domande; alle volte fece rientrare mondine che aveva già parlato, per mettere a confronto le versioni raccolte, ascoltare due pareri discordanti o semplicemente far sentire vicino alle donne una figura con la quale si sarebbero sentite maggiormente a proprio agio.
Alle volte, se sentiva qualche informazione particolarmente dettagliata o che magari, per un qualche motivo, stuzzicava la sua curiosità, la trascriveva, e per fare ciò, usava un registro rilegato in pelle. Muovendo con grazia la penna di pavone sulla pergamena bianca, faceva scorrere i fogli fra le dita foderate nel morbido e pregiato tessuto dei suoi guanti, rivestiti di pelle cotta dai riflessi scarlatti, che rilucevano quando i raggi del sole filtravano dalla finestra alle sue spalle.
Erano le due passate quando l’ultima contadina uscì dal suo ufficio, e solo quando questa si chiuse la porta alle spalle, Hans Landa si permise di emettere un leggero sospiro, grattandosi appena la fronte con il pollice e l’indice, il volto tornato una maschera gelida e gli occhi vigili, calcolatori, profondi come gli abissi insondabili dell’oceano.
Aveva raccolto oltre cinquanta deposizioni, molte delle quali trascritte da lui stesso sul registro aperto sul ripiano della scrivania, accanto alla boccetta di inchiostro ormai praticamente vuota. Anche se in maniera diversa, tutte le interrogate avevano fornito la stessa versione dei fatti dei soldati che aveva interrogato la notte prima: un boato, un bagliore, un cratere al centro dei campi e una figura diabolica e deforme che si era levata in cielo con uno stridio tale da rompere i vetri delle case più vicine.
Pensando a queste e ad altre cose, si portò alle labbra il calice quasi dimenticato alla sua sinistra, bevendo deliziato il rosso vino a piccoli sorsi, e si alzò in piedi, uscendo dalla stanza. 
Aveva fame, certo, tuttavia, prima di dedicarsi al piacere del mangiare, voleva fare un sopralluogo ove si era formato il cratere e bussare a qualche porta. Dopotutto, erano decine, se non centinaia, le donne e le persone che lavoravano nelle sconfinate distese erbose ai piedi delle mura, e sarebbe stato un grossolano errore da parte sua non attingere ad altre fonti che non fossero contadinotte bigotte che ancora “blateravano al cielo in cerca di aiuto".
No, lui non sopportava quella linea di condotta, non avrebbe mai chiesto a qualcuno di garantire per lui, a meno che questo non avvenisse per sue azioni e gesta compiute per tale, singolo scopo. Non chiedeva mai una promozione o un riconoscimento, metteva gli altri nella posizione di implorarlo ad accettare o di lavorare per loro o di prendere delle gratificazioni più o meno sostanziose. Dopotutto, per lui, ciò che più valeva al mondo era il prestigio personale e non si faceva scrupoli a liberare la sua strada dagli ostacoli che minacciavano ciò che aveva guadagnato.
Gli tornò alla mente un aneddoto piuttosto divertente. Solo qualche mese prima, infatti, un grosso mercante della città aveva avuto un tremendo incidente. I suoi cavalli si erano imbizzarriti mentre conducevano la sua carrozza attraverso un tortuoso sentiero di montagna, e il mercante, povero lui, era precipitato nel vuoto. Non fu mai ritrovato da anima viva se non dalla fauna selvatica che aveva quasi sicuramente divorato il corpo.
Purtroppo, la vita era così: ti porta alla vetta solo per farti cadere rovinosamente.
Un ghigno si dipinse sul suo elegante volto. Chi inseguiva a tutti i costi il comando che non gli spettava, chi insisteva col voler forzare le tappe… finiva per farsi male. E questo era anche il secondo motivo per cui lui non chiedeva mai, non forzava nessuno ad accettare le sue richieste… tuttavia, chi era lui per rifiutare, se i meriti gli venivano attribuiti senza che lui li rivendicasse?
Una volta arrivato nei pressi del punto d’impatto, cominciò ad analizzarlo.
<< In effetti è ampio e profondo. Le pareti sono lisce e la terra è stata vetrificata. Il punto d’impatto non presenta orme o segni… è come se un gigante avesse scavato un solco per versarvi dentro della sabbia liquida >> borbottò.
La punta degli stivali sporgeva lievemente dal bordo della discesa e lui teneva la mano sinistra dietro la schiena, il pollice infilato nella lucente cintura delle braghe, mentre la mano destra teneva la pipa fra il pollice, il medio e l’indice, piegati verso l’interno a sostenere il fornelletto del prezioso strumento.
Facendo ondeggiare il polso, si abbassò sulle ginocchia, svuotò la pipa, riponendola in una tasca interna del soprabito, e, portando il guanto alle labbra, ne strinse delicatamente un’estremità con gli incisivi. Fatto questo, lo sfilò dalla mano che, ora nuda, andò a sfiorare la superfice del cratere, trovandola piacevolmente tiepida e priva di imperfezioni.
“Ciò coincide con quanto mi è stato riferito. Un bagliore e uno schianto… un meteorite avvolto dalle fiamme. Ma c’è ancora qualcosa che non quadra, per non parlare della fantomatica creatura. A meno che… io non sia l’unico  a…"
E, con questo pensiero, si tirò su e si spazzolò le braghe dal poco di polvere che aveva addosso e si guardò attorno, portandosi una mano all’arcata sopraccigliare per proteggersi dalla luce del sole.
Una creatura deforme non poteva causare una distruzione così perfetta e impeccabile, non vi erano state vittime, neanche fra i soldati accorsi sul posto, quindi l’essere, se era (e non nutriva grandi dubbi a tal proposito) senziente e intelligente, aveva agito in un determinato modo.
Sorrise ancora nel riaccendersi la pipa. Qualcuno era arrivato in volo, vista la mancanza di impronte, aveva raccolto qualunque cosa vi fosse nel cratere e si era levato sempre in volo, portando via l’oggetto, se di questo si trattava, prima dell’arrivo della milizia.
A giudicare dalle dimensioni del solco in fondo al cratere, era un qualcosa o qualcuno di grandi dimensioni. Ergo, doveva pesare e non poco, e chiunque l’avesse portato via non poteva essersi spostato di molto dal luogo. 
<< Voglio 50 uomini, dividetevi in 10 gruppi da 5 e setacciate le case. NON usate la violenza, siate gentili, chiunque abbia fatto questo non è da prendere alla leggera. Se notate qualcosa di strano, uno di voi si congedi con un pretesto plausibile e mi contatti immediatamente. Muovetevi, potrebbe essere già lontano o forse no, non ammetto incidenti >> intimò gelido ai soldati alle sue spalle e, senza aspettare risposta, calcò nuovamente il guanto sulla mano, muovendosi verso la casa più vicina al cratere.

                                                                                                                                                                     * * *


Renmant - Pianeta sotto controllo imperiale

Weiss Schnee non stava passando una bella giornata. Dopo aver incontrato un suo vecchio amico, Kirby Earth, il suddetto ragazzo aveva finito col trascinare lei e la sua squadra in una vera e propria battaglia all’ultimo sangue nelle banchine di Vale, dove, attualmente, lei e il resto dei team RWBY e JEKP erano impegnati ad affrontare una banda di pericolosi criminali.
L’avversaria contro cui stava combattendo era veloce, sadica, e spietata; teneva testa facilmente persino alle lame di Penny. Adesso capiva perché sua sorella Winter le ripeteva in continuazione che, anche se i Cacciatori erano abbastanza in alto nella catena alimentare di Battleground, non erano certo in cima.
Decisa a risolvere la situazione, inserì alcuni cristalli di Polvere di tuono nel manico del suo spadino e si lanciò contro Harley Quinn. La donna bloccò il fendente con la sua resistentissima mazza, il volto adornato da un sorriso folle.
La sua forza, temprata dall’allenamento e dal potere dell’Haki dell’armatura, appreso durante i suoi anni al servizio del Joker, riuscì a contrastare l’impatto con facilità disarmante. Rise di gusto e  mollò un calcio nello stomaco della giovane cacciatrice, facendola indietreggiare di alcuni metri.
<< Miss Schnee! >> urlò Penny, notando che l’Aura della ragazza aveva subito numerosi danni.
Sapendo di non avere molte possibilità in un corpo a corpo, l’androide lanciò due delle sue spade contro una gru posta lì vicino e si issò sopra di essa. Poi, con rapida efficienza, prese la mira verso Harley e sparò contro di lei un perpetuo raggio laser, come quello che aveva usato durante l’iniziazione. La donna vestita da clown evitò l’attacco per un soffio, ma venne coinvolta dall’onda d’urto risultate.
Roman, nel mentre, intaccò un colpo di lama ad opera di Blake, compiendo una giravolta su se stesso ed evitando un affondo da parte di Sun.
<< Sul serio, non possiamo parlarne? >> domandò in tono canzonatorio, schivando un secondo fendente << Credo di no. Cavoli, non sentivo un'aria così ostile da quando rimasi bloccato in uno stallo alla messicana tra mafia russa e americana. >>
Parò un successivo attacco del fauno scimmia, utilizzando il bastone come contraccolpo.
<< Credetemi, mai fare affari sulla Terra. Quel posto è pieno di gente incivile! >> esclamò con un sorriso disarmante.
Al contempo, Sun schioccò la lingua, visibilmente infastidito. Roman era senza dubbio un avversario esperto e pericoloso, quindi il cacciatore non poteva che usare la sua classica tecnica: contrattaccare infliggendo il massimo risultato col minimo sforzo, utilizzando rapidi colpi alla “mordi e fuggi”.
Fece cenno a Blake di spostarsi, per poi coinvolgere il boss del crimine con un velocissimo colpo di palmo infuso di aura, spedendolo contro un container. Afferrò i suoi nunchaku e lo raggiunse con un paio di balzi, tirandogli un calcio allo sterno e bloccandogli un braccio con il manico delle armi.
<< Blake, vai! >> urlò a squarciagola, ricevendo un cenno ad opera della cacciatrice.
Roman dilatò le pupille, visibilmente sorpreso dall'azione della coppia di fauni. Imprecando, fece pressione col bastone, liberandosi dalla presa del biondo, ma non riuscì ad evitare un calcio roteante dritto alla tempia, sferratogli della stessa Blake. Sbalzò a terra per diversi metri, per poi risollevarsi sulle braccia e le ginocchia, sputando un rivolo di sangue.
<< Be’, questo ha fatto male >> borbottò a denti stretti.
<< E non hai ancora visto niente! >> ribatté Sun, le labbra arricciate in un ghigno.
Affianco a lui, Blake attivò la sua Semblance. Il corpo della mora, intriso di Aura, vibrò, generando una copia traslucida della ragazza. Sembrava un clone perfetto dell’originale, uguale in ogni suo più piccolo aspetto. Perché questa era l’abilità della fauna: lo sdoppiamento.
In uno scatto, sia lei che la sua copia affondarono un poderoso colpo alla mascella del criminale, rendendolo subito inconscio. Nel mente, a circa una decina di metri da quello scontro ormai finito, Kirby era ancora impegnato a combattere Killer Croc.
<< Vieni più vicino, ragazzina, così ti mastico per bene! >> esclamò quest'ultimo, spalancando le sue enormi fauci con l’intenzione di divorare l’adolescente.
<< Ragazzina?! >> esclamò il rosato, arrossendo per la furia.  
Non perse tempo e assorbì un cristallo di vento all’interno dei propri vortici. Il successivo attacco colpì il gangster in pieno, facendolo indietreggiare.
Al contempo, quella che pareva una piccola meteora si schiantò sul petto di Killer Croc, spedendolo contro un container. Il mostro, tuttavia, rimase in piedi e si limitò a ruggire verso il nuovo arrivato.
<< Scusa il ritardo >> disse James Heller, atterrando vicino al compagno << ho fatto più in fretta che ho potuto. >>
In tutta risposta, Kirby si limitò a roteare gli occhi e borbottò: << Esibizionista. >>
Nel mentre, il coccodrillo mutato strinse i denti e volse la propria attenzione nei confronti di Harley.
 << Ehi, troia del capo! Vieni a darmi una mano, qui sono in inferiorità numerica! >>
<< Vedi di non chiamarmi in quel modo, bestia senza cervello! >> rispose di rimando la donna vestita da clown, atterrando al fianco del mostro.
Croc rilasciò un sonoro sbuffò e riprese a fissare la coppia di studenti.
<< Vi strapperò la carne pezzo per pezzo >> ringhiò, lanciandosi verso James. Harley lo seguì a ruota, attaccando Kirby.
Tuttavia, poco prima che l’abominio potesse entrare in contatto con il corpo dell’atlesiano, una sfocatura gialla si schiantò addosso a lui, interrompendo la sua avanzata. Al contempo, un proiettile azzurrò entrò in collisione con la figura di Harley, congelando parte dei suoi vestiti.
Yang aveva appena fatto la sua entrata in scena, accompagnata da una Weiss ormai ripresa.
Con il volto chiuso in un leggero cipiglio, la donna vestita da clown esclamò: << Ehi, così non vale, siamo quattro contro due! >>
<< Facciamo cinque >> ribatté freddamente Penny, unendosi ai suoi compagni.
<< Io dico sette >> aggiunse Blake, affiancandola assieme a Sun.
Killer Croc osservò il gruppo con uno sguardo critico, passando la testa da parte a parte del pontile. Tutti i sottoposti giacevano a terra, compreso Roman. Erano rimasti solo loro due.
<< Tsk… questo non faceva parte dei piani. Dovremmo ritirarci >> bobottò a bassa voce, ricevendo un’occhiata laterale ad opera di Harley.
<< Sai che il mio budino non sarà felice >> disse con un lieve pizzico di paura.
Croc sapeva bene che il capo non sarebbe stato affatto contento: non era un uomo che prendeva il fallimento alla leggera. Ma, del resto, meglio tentare la sorte con lui… piuttosto che affrontare la galera. Poteva già sentire le sirene della polizia che si stavano avvicinando. Entro pochi minuti, l’intero porto sarebbe stato invaso dalle autorità.
Con quella consapevolezza in mente, Killer Croc afferrò il proprio comunicatore e se lo portò alla bocca.
<< L’operazione è saltata, tiraci fuori di qui >> ordinò con tono brusco.
Per un attimo non accadde nulla, e i vari membri dei team RWBY e JEKP si preparano ad attaccare. Poi, appena un paio di secondi dopo, una figura ben distinta si materializzò dal nulla di fronte alla coppia di criminali, sorprendendo i neo-cacciatori.
Era una giovane donna di corporatura piuttosto minuta, alta circa un metro emmezzo. Aveva un aspetto piuttosto esotico e fuori dal comune, con lunghi capelli a metà tra il rosa e il castano, adornati da un ciuffo bianco, pelle candida come il latte e un paio di occhi abbinati che incorniciavano un volto dai lineamenti sottili e fanciulleschi.
Vestiva con un abito bianco e aderente alla sua snella figura, e portava un ombrello rosa, molto simile ad un prendisole cinese. Le labbra, in concomitanza con il suo giovane aspetto, erano arricciate in un sorriso malizioso.
<< Puntuale come al solito, Neo. Capisco perché Roman ti tiene in così alta considerazione >> disse Killer Croc, afferrando il suddetto ladro inconscio e posandoselo sulla spalla.
Al sentire tali parole, gli occhi di Kirby si illuminarono con un improvviso senso di consapevolezza.
<< Dobbiamo fermarli! >> esclamò il rosato, lanciandosi in avanti nonostante le proteste di James.
La rinomata Neo si limitò ad agitare la mano destra con aria beffarda, accompagnata da una sorridente Harley Quinn. Poi, il quartetto di criminali sparì nel nulla, mentre le loro figure si frantumavano come pezzi di uno specchio, dissolvendosi una volta a contatto con il terreno.
Kirby atterrò nel punto esatto in cui il gruppo di gangster era stato fino a pochi secondi prima e cominciò a guardarsi attorno. Capendo di aver perso la propria opportunità, strinse i denti e fissò il cemento del pontile.
<< Odio il teletrasporto. >>
 
                                                                                                                                                                         * * *


Terra (Centro Imperiale) - Tokyo

La grande limousine nera, recante il simbolo della Bloodbless, procedeva regolarmente. Nessun ostacolo le si parava davanti.
Come si poteva anche solo pensare di ostacolare uno dei maggiori collaboratori del Maestro? Nessuno era mai stato così folle. Solo i ribelli sarebbero stati capaci di incappare in una simile idea. Ma, anche in quel caso, di loro non sarebbe rimasto nulla se non le ceneri fumanti.
Vorkye guardò annoiato fuori dal finestrino. Viaggiare in auto fino all’aeroporto privato era noioso. Se non avesse dovuto mantenere le apparenze, avrebbe spalancato le sue ali e raggiunto la Scozia nel giro di pochi minuti.
Ma in fondo, era questa la parte noiosa del suo lavoro. Se avesse guidato si sarebbe divertito maggiormente.
<< Quanto ci vuole ancora? >> chiese con uno sbuffo.
<< Solo altri venti minuti, signore >> gli rispose la sua segretaria, Ellen, seduta vicino a lui.
<< Tsk… maledizione >> borbottò il biondo, con tanto di sbadiglio. 
Per lui, quelle strade erano noiose e prive di qualsiasi attrazione. Si segnò mentalmente di farle abbattere e poi di ricostruirle meglio… magari con qualcosa che lo intrattenesse. Forse un luna park… sarebbe stato divertente.
Mentre pensava a questo, un movimento rapido attirò la sua attenzione. Due ragazzini stavano scappando da un gruppo di quelli che avevano tutta l’aria di essere dei malviventi. Avevano tutti un aspetto piuttosto ordinario, spesso riscontrato nelle varie gang che imperversavano per i centri abitati di tutta Battleground, ed erano armati di oggetti che andavano dalle più comuni mazze da baseball ai più minacciosi coltelli.
Vorkye vide chiaramente i volti dei due fuggitivi. Erano terrorizzati, eppure si aggrappavano l’uno all’altro per sopravvivere. Quella scena gli riportò alla mente un ricordo a lungo celato.
<< Ferma >> ordinò.
Il guidatore non se lo fece ripetere due volte.
 << Faccio in un attimo >> disse ad una Ellen visibilmente preoccupata.
Lui, invece… aveva gli occhi di un predatore pronto a ghermire le sue prede.
 
I due fuggitivi erano finiti in un vicolo cieco, dopo aver tentato di seminare i loro inseguitori. Si abbracciarono l’un l’altro, i volti rigati da copiose lacrime.
Erano giovani, forse sui 10 o 12 anni. I capelli castani, sporchi di terra e macchiati dal sudore, li facevano sembrare quasi gemelli. Tuttavia, uno di loro era visibilmente più grande rispetto all’altro, almeno di un paio di anni.
Nel mentre, i loro aguzzini erano riusciti a metterli in trappola, accerchiandoli. Già pregustavano il momento in cui li avrebbero sentiti urlare e contorcersi per il dolore, fino a quando non sarebbero stati soddisfatti.
<< Questo vi insegnerà a non rubare dai Dollars >> dichiarò un tipo massiccio al seguito della banda, probabilmente il capo. Aveva le labbra arricciate in un ghignò canzonatorio e un paio di occhiali da sole gli coprivano gli occhi.
Il più grande della coppia deglutì a fatica e mormorò: << Per favore, eravamo solo affamati. Non sapevamo che quel deposito fosse vo-…>>
<< Silenzio! >> ringhiò l’uomo, sbattendo il palmo della mano contro la parete del vicolo e zittendo il giovane all’istante.
<< F-Fratellone >> squittì il più piccolo, stringendosi maggiormente al parente.
<< V-Va tutto bene. Ci sono io con te >> cercò di consolarlo l’altro, chiudendosi intorno a lui a mo’ di scudo. Forse, così facendo, sarebbe stato in grado di ricevere il maggior numero di danni.
Il branco scoppiò a ridere. Scene come queste le avevano viste chissà quante volte. La massima soddisfazione sarebbe stata il vedere la faccia sconvolta del più piccolo, una volta che il maggiore sarebbe crollato ai suoi piedi.
<< Cosa vedo? Un gruppo di inutili rifiuti che si credono al di sopra della catena alimentare >> disse una voce improvvisa, facendo girare di scatto il gruppo di delinquenti << Il vostro starnazzare è così fastidioso. Si vede proprio che chi vi ha messo al mondo non vi ha insegnato nulla su come funzionano le cose. Ma non temete…ci penserò io a farlo, e il pagamento sarà molto salato. >>
Vorky uscì dall’ombra del vicolo, e i componenti del branco lo fissarono rabbiosi. Chi diavolo era questo tizio?
Nel mentre, il soleano non tenne conto di simile feccia. Ciò che fece fu camminare tranquillamente in avanti, fino a piazzarsi al centro della banda. Erano una decina, armati di mazze di ferro, tubi e coltelli. In poche parole, non erano niente di speciale per uno come lui.
<< Ragazzino… stringiti al tuo fratellino e tenete ben chiusi gli occhi fino a quando non ve lo dico io >> ordinò freddamente.
Il bambino annuì rapidamente e fece come gli era stato detto. E poi… accadde.
Uno dei membri della gang sollevò la sua mazza con l’intenzione di colpire Vorkye, ma non riuscì mai a completare l’azione. La sua testa fu strappata dal resto del tronco con un semplice colpo di nocche. Il suo corpo cadde a terra, mentre una fontana di sangue zampillò alta nel cielo.
Gli altri osservarono lo spettacolo con occhi sgranati, colmi d’incredulità.
<< Valete meno di un sacco di allenamento >> commentò il soleano, con tono impassibile.
Non concesse loro nemmeno un istante. Gli bastò girare un paio di volte su se stesso con la gamba sollevata, e altri sei delinquenti furono fatti a pezzi come miseri fogli di carta bruciati al fuoco.
I tre sopravvissuti fissarono la scena con fare attonito, mentre il sangue dei loro compagni scivolava nei tombini del cunicolo. Senza pensarci due volte, si voltarono e scapparono, abbandonando i corpi.
Il soleano li fissò con disprezzo. Si limitò ad alzare la mano sinistra e due di loro esplosero dall’interno, mentre il terzo, il capo, si ritrovò privo degli arti, seppur ancora vivo. Il suo stesso sangue si trasformò in uncini che, come se fossero tirati da una forza invisibile, lo trascinarono davanti allo stesso Vorkye. A nulla servirono le suppliche dell’uomo: il suo corpo fu dilaniato da lance cremisi nate dal plasma dei suoi defunti compagni, ma i punti vitali non furono sfiorati. Invece, fu il tacco del soleano che gli fracassò il cranio a porre fine alle sue sofferenze terrene.
In tutto questo, Vorkye aveva mantenuto la sua espressione annoiata. Non ve n'era una più appropriata per simili sacchi di letame.
Completamente illeso e senza nemmeno una macchia di sangue addosso, il biondo si voltò verso i due fratelli, che erano rimasti stretti l’uno all’altro durante tutta la durata di quella carneficina.
<< È tutto finito, piccoli. Potete aprire gli occhi >> li rassicurò l’uomo.
Si avvicinò a loro con passo lento, mentre la coppia osservò il tutto con paura. Vorkye si fermò a nemmeno un metro di distanza dal duo e tese una mano verso di loro. Questi chiusero gli occhi, terrorizzati, aspettando l’inevitabile. Tuttavia, il soleano si limitò ad accarezzare la testa del più piccolo.
Titubanti, i bambini guardarono il biondo negli occhi: la sua espressione era cambiata. Trasmetteva calma e sicurezza. Persino quelle pupille color cremisi sembravano più umane.
<< Il desiderio di proteggere il tuo fratellino è stato ammirevole. Tuttavia, senza la forza necessaria, non puoi pretendere di difenderlo dalle insidie del mondo. >>
Detto questo, Vorkye tirò fuori un biglietto dalla tasca destra della giacca.
 << Se non vuoi continuare ad essere debole e incapace di difenderlo, allora vieni a questo indirizzo. Sarò ben lieto di mostrarti che cosa vuol dire essere forte >> continuò, mettendolo tra le tremanti mani del piccolo.
Fatto questo, si volto e cominciò a incamminarsi al di fuori del vicolo, non prima di volgere un'ultima frase nei confronti del bambino.
<< Non mi ringraziare. Non è ancora il momento >> mormorò, con tono quasi nostalgico.
Una volta tornato alla macchina, notò la figura di Ellen che lo aspettava al di fuori del veicolo.
<< È stato molto gentile da parte sua, signore >> commentò la donna, con un piccolo sorriso.
<< Non sono un filantropo >> gli rispose lui, senza degnarla di uno sguardo << Però, se ci sono pedine degne di nota, soprattutto se legate a me da gratitudine, allora un certo interesse per gli umani posso averlo. >>
Era vero. Salvo per poche eccezioni, non considerava gli umani se non come meri strumenti. I suoi colleghi umani erano tra questi.
Rispettava la forza e il valore di Vader ma, su stesso ordine del Maestro, non poteva sfidarlo. Per lui, Shen era solo un inutile politico, ma sapeva bene che non era saggio prenderlo sottogamba. Mal tollerava Loki e la sua arroganza e superbia. Salem… aveva un che di ipnotico e intrigante. Una magnifica creatura pregna di oscurità, dal fascino incredibile, ma anche una di quelle a cui si poteva applicare il detto "Guardare ma non toccare”. Non che la temesse, sia chiaro, ma ai suoi occhi erano un oscuro tesoro impossibile da raggiungere.
Megatron era il più difficile da avvicinare. Poteva comprendere il suo modo di pensare anche se, a parer suo, era fin troppo rigido.
Vorkye tornò in macchina senza battere ciglio.
<< Spero non accennerai mai alla cosa >> disse, fissando Ellen con la coda dell’occhio.
<< Non è successo nulla, signore >> rispose la donna, tenendosi gli occhiali.
Al biondo bastò come risposta e dette ordine di ripartire. Tornò a osservare la strada e vide i due piccoli e anonimi fratelli uscire dal vicolo.
Il più grande lo salutò con un inchino, mentre il più giovane sollevò la mano. Quel gesto così innocente fece sorridere di gusto Bloodbless, che ricambiò.
Ora lo ringraziavano, ma chissà per quanto ancora. 

                                                                                                                                                                          * * *

Il Dottore si addentrò per i vicoli della città, seguito a ruota dalla figura di Angel. Il ragazzo non era abituato a correre in quel modo, ma ora come ora non poteva certo fermarsi.
Nel mentre, il capitano degli stormtroopers era alle loro calcagna. Lui e i suoi uomini avevano ormai i blasters fuori uso, e potevano solo inseguirli.
Il Signore del Tempo svoltò l’angolo, e nel farlo fece cadere un bidone dell’immondizia. La sua idea era rallentare gli inseguitori il tempo necessario per riuscire a nascondersi in qualche anfratto.
L’agitazione del rosso era esponenzialmente aumentata. Sapeva di stare violando la legge e che, anche se avesse provato a spiegarsi, sarebbe stato dichiarato un ribelle e giustiziato. Ma, dopo aver sentito il discorso del Dottore, questo era l’ultimo dei suoi pensieri.
<< Li stiamo distanziando. Ancora un piccolo sforzo e li seminiamo >> lo avvertì l’uomo, voltatosi di sfuggita per controllare la situazione.
Angel annuì, ma poi… una voce rimbombò nella sua testa.
“Sono nostri. L’altra squadra li ha anticipati”. Era quella del capitano degli stormtroopers.
Angel afferrò il Dottore per la spalla, costringendolo a fermarsi.
 << Ci hanno accerchiati >> mormorò, il volto adornato da un’espressione seria.  
L’uomo lo scrutò con un’occhiata perplessa e sospettosa, ma non disse nulla. Il suo istinto gli suggerì di fidarsi, e comunque non c’era tempo per le spiegazioni.
Si guardò intorno, e fu allora che notò una finestra aperta a pochi metri di altezza dalla strada. Non perse tempo e fece da trampolino per il rosso, riuscendo a farlo entrare. Questi gli tese le mani e lo aiutò a salire.
Camminarono a quattro zampe, e si infilarono dietro la prima porta che trovarono: un ampio ufficio con al centro diverse scrivanie munite computer, adornata da numerosi armadietti e schedari.
<< Dentro >> ordinò il Dottore, ricevendo un rapido cenno ad opera di Angel.
Il  Signore del Tempo si infilò di forza in uno stretto armadietto pieno di carte e scatole, e Angel lo seguì a ruota, usando uno schedario come nascondiglio. Dovette raggomitolarsi su se stesso in maniera piuttosto dolorosa, ma riuscì ad entrare e a chiudere con fatica lo sportello.
Pochi minuti dopo, la porta della stanza fu spalancata da un calcio e un gruppo di soldati vi entrò.
<< Libero >> fu quello che disse il primo stormtrooper, mentre puntava il blaster verso un punto imprecisato. Essendo apparentemente funzionante, doveva trattarsi dell’altra squadra.
Dopo circa un minuto di perlustrazione, arrivò una seconda voce.
<< Locale vuoto. Passiamo al prossimo >> dichiarò un altro soldato, suscitando mormorii di assenso ad opera dei compagni.
Una volta che i militari furono usciti, il silenziò calò nuovamente all’interno della stanza. Passarono altri minuti, mentre la quiete dell’edificio veniva interrotta solo dai rumori occasionali causati dagli stormtroopers che continuavano ininterrottamente la loro ricerca.
Quando, infine, non si sentì più niente, il Dottore strisciò fuori dal suo nascondiglio, facendo attenzione a non produrre alcun suono.
<< Giovanotto, dove sei? >> sussurrò a bassa voce, facendo scorrere lo sguardo attorno alla sala.
<< Sono qui dentro. Mi aiuti, per favore, non riesco a uscire >> gli rispose Angel, da dentro lo schedario.
Il Signore del Tempo lo raggiunse e dovette fare non poca fatica per aprire la porta di metallo. Quando infine ci riuscì, il suo giovane aiutante imprecò per il dolore.
<< Sei tutto intero? >> domandò l’uomo, aiutandolo ad uscire.
<< Credo di essermi lussato una spalla>> gemette il rosso, tenendosi il braccio destro, penzolante verso il basso.
<< Fammi dare un’occhiata. >>
Il Dottore non perse tempo e, con un colpo secco, lo rimise apposto. Angel dovette trattenere un grido e mosse lentamente l’arto appena sistemato. Sentiva ancora qualche fitta di dolore, ma poteva sopportarlo.
<< Siediti un po’. Meglio non muoversi fino a quando non cala la notte >> affermò il Signore del Tempo.
<< Non dovremmo nasconderci in un posto più riparato? >> chiese Angel, mentre si sedeva.
L’uomo scosse prontamente la testa. << Gli stormtroopers danno sempre per scontato che un posto già perquisito non possa più essere utilizzato. >>
<< Complimenti a chi li addestra >> borbottò sarcasticamente il rosso.
<< Vero. Per questo i capitani faticano il triplo del normale. Ed è un vantaggio per noi >> commentò il Dottore, con un sorriso ironico.
Dalla tasca del giubbotto tirò fuori un paio di bottigliette di latte e ne dette una al rosso.
<< Tieni, ti farà recuperare le forza. E poi, è piuttosto buono! >> esclamò con tono gioviale.
<< Già.… >> borbottò Angel, buttando giù un sorso << E così siete parte della Ribellione. Dev’essere un lavoro a tempo pieno. >>
<< Una volta ero anche il preside di una scuola. Peccato che nessuno se ne ricordi più >> ribattè l’altro, stringendosi nelle spalle << Ne ho fatte di cose, durante la mia lunga vita. E ogni volta mi sono ritrovato a dover risolvere qualche grattacapo. Una vita piuttosto inusuale, dico bene? >>
<< A me sembra più la vita di qualcuno che ha capito quale strada intraprendere >> commentò il ragazzo, abbozzando a sua volta un sorriso << Anche se siete un po’ troppo spericolato, secondo me. >>
<< Spericolato? Forse un po’ lo sono >> ammise l’anziano. Non erano in pochi ad averlo definito tale, dopotutto.
Improvvisamente, l’espressione sul volto dell’uomo si fece cupa. << Mi dispiace, figliolo. Per colpa della mia leggerezza non potrai più tornare a casa tua. >>
<< Non deve scusarsi. Usando le parole della signorina
Yūko, era inevitabile >> disse Angel, bevendo un altro sorso di latte come un condannato a cui era stata appena diagnosticata la pena di morte.
Dopotutto, la rivelazione su ciò che era realmente Battleground aveva fatto crollare ogni sua convinzione come un castello di carte. Ripensando a chi aveva conosciuto in questi anni e che non avrebbe più rivisto, il rosso non poté fare a meno di abbassare lo sguardo.
Al contempo, il Dottore lo fissò in silenzio.
<< Hai una famiglia? >> domandò di punto in bianco, attirando l’attenzione dell’adolescente.
<< Sono orfano e per di più non ricordo nulla dei miei primi dodici anni di vita. Tutto ciò che so dei miei genitori è solo grazie ai sogni che faccio >> gli rispose il ragazzo << Mi ero fatto qualche amico… in particolare una ragazza di nome Najimi.… ma ora non la potrò più rivedere. Ed è la stessa cosa per il negozio della signorina
Yūko. >>
<< Capisco… be', guarda il lato positivo: potrai incontrare gente del tutto nuova >> offrì il Dottore, nel tentativo di appianare la gravità della situazione.
Inconsciamente, Angel si ritrovò a ridacchiare.
<< Quindi diventerò un ribelle? Viaggerò tra i mondi e cercherò di sovvertire l’impero del Maestro per riportare Battleground a come era prima… chissà perché mi torna in mente la favola che ho letto questa mattina >> commentò il rosso, ricevendo l’attenzione dell’alieno.
<< Era bella? >>
<< Parecchio. Parlava anche dei Signori del Tempo. >>
Il Dottore fissò il giovane con occhi interrogativi. Avrebbe voluto chiedergli di più su questa favola. Ma prima…
 << C’è una cosa che vorrei chiederti.... come facevi a sapere che ci avevano circondato? >>
Angel dilatò le pupille, sorpreso dalla domanda improvvisa dell’uomo. Fece un respiro profondo e cominciò a spiegare.
<< Ho sentito la voce di quello che doveva essere il capitano. Non so come, ma l’ho sentita. >>
Il Dottore fissò il giovane con un cipiglio dubbioso. << Hai sentito la voce del capitano degli stormtroopers? Sei per caso un esper? >>
Angel scosse il capo. << Ho fatto il test ed è risultato negativo. È da quando mi sono risvegliato in quel letto d’ospedale che sento le voci delle persone. Quando, poi mi trovo in luogo affollato, sento le voci di tutti e…. mi sento come se la testa stesse per scoppiare. Ma… è quando raggiungo il limite che iniziano i problemi >> borbottò con un sussurro.
Era insicuro se continuare o meno. Lo conosceva appena, dopotutto. Sarebbe stato saggio dirgli dell’enorme bestia che continuava a vedere?
Nel mentre, l’alieno prese a fissarlo con sguardo serio. Poi, lentamente, mise la mano sul mento e si voltò.
“È proprio vero che assurdo per assurdo da sempre assurdo” mormorò a se stesso.
Angel lo fissò stranito. Era questa la sua risposta?
<< Non credo di essere assurdo >> ribatté  stizzito.
Il Dottore si girò di nuovo verso di lui, fissandolo con occhi che brillavano.
 << Io non ho detto niente. >>
<< Non è vero. Vi ho sentito chiaramente dire tre volte la parola assurdo. >>
<< L’ho pensata ma non l’ho detta >> disse l’uomo, lasciando il suo interlocutore dubbioso.
Con il volto chiuso in un sorriso consapevole, il Signore del Tempo indicò Angel e dichiarò: << Ragazzo... tu usi l’Haki. >>
Per un attimo, il rosso credette di aver sentito male e sgranò gli occhi. << Haki? Volete dire…. >>
<< Sai che cos’è? >> gli chiese l’anziano.
<< S-Sì. Ne ho sentito parlare durante una lezione, ma… so che non è qualcosa che appare così dal nulla. >>
<< A meno che… non ci sia portati per natura >> ribattè l’alieno << E tu, probabilmente, disponi di un Haki incredibilmente potente. >>
Si avvicinò a lui, toccandogli la spalla.
<< A livello inconscio, per un paio di istanti, sei riuscito a penetrare nella mia mente e sentire il mio pensiero. Non è una cosa da tutti >> rivelò, fissandolo intensamente << Tu hai un talento naturale. Fidati, so riconoscerne uno, quando me lo trovo davanti. >>
Angel non seppe che dire. Quell’uomo, nell’arco di poche ore, era riuscito a capire così tante cose che lui non era riuscito a comprendere in anni di ricerche. E lo stesso valeva per 
Yūko. Anche lei aveva capito così tanto in una sola settimana. Si chiese perché lui stesso non ci avesse mai pensato. Perché non era arrivato lui stesso a quella soluzione?
<< Mi sento davvero un inetto >> mormorò alla fine, con un sorriso amaro.
<< Fidati, ce ne sono di peggiori >> lo consolò il Dottore << Hai solo bisogno di ragionarci su con calma. Senti cosa faremo: troviamo un modo per andarcene di qui e, una volta trovato un rifugio sicuro, sbloccherò la tua memoria. Vedrai che dopo andrà tutto bene. >>
<< Sembra un buon piano. Allora vediamo di metterlo in atto >> gli rispose il rosso, con rinnovata determinazione << Però… come facciamo ad andarcene da qui? I soldati saranno ancora qui intorno. >>
<< Serve un modo per passargli davanti senza che se ne accorgano >> commentò il Signore del Tempo.
Fatto ciò, si avvicinò lentamente all’entrata dell’ufficio e lanciò una rapida occhiata al corridoio esterno. Silenzio. Non si sentiva nulla.
<< Per il momento non c’è anima viva. Meglio approfittarne. >>
Angel annuì d’accordo. Fece per seguirlo, quando una voce familiare gli risuonò nella sua mente: “Ricontrollate il pian terreno.”
Si fermò di colpo, richiamando l’attenzione dell’alieno.
<< Qualche problema? >>
<< Ho sentito la voce del capitano. Stanno tornando qui >> gli rispose il rosso, visibilmente preoccupato.
Chiuse gli occhi cercando di sentire nuovamente la voce del soldato. Però non sapeva come fare. Strinse i denti, nel tentativo di concentrarsi… ma non accadde nulla.
E poi…
“Quando usi l’Haki Kenboshoku, adopera questo trucco: rilassa la mente e pensa a un cerchio perfetto. Quando sarà diventato tale, dagli spessore. Rendilo una sfera e immaginala posta sulla tua fronte e concentrati su ciò che vuoi sentire, ignorando ciò che non ti interessa.”
Nella sua mente riaffiorò un ricordo del suo passato dimenticato. La voce che lo aveva consigliato era la stessa che aveva sentito quando gli era caduto in testa quel buffo cappello di paglia.
Perché gli era venuto proprio in quel momento? Per di più, gli aveva suggerito una cosa all’apparenza semplice ma difficile da applicare.
Eppure… perché per lui sembrava così facile? Non aveva il tempo per porsi quelle domande. Non in quel momento.
Chiuse gli occhi. Il processo gli venne in modo completamente naturale… quasi come se lo avesse già fatto in numerose occasioni.
Le voci si fecero largo nella sua testa. Sembravano un flusso impetuoso, pronto a travolgerlo. Quella sensazione la conosceva fin troppo bene. L’aveva provata così tante volte, ma ora non poteva permettere che succedesse di nuovo.
<< State zitti >> disse stringendo i denti.
Alcune voci si fecero più lontane. Poi, il flusso si ridusse ulteriormente.
 << Non basta… ancora! >>
Altre voci si ammutolirono. Ora erano in dieci, ma solo una gli interessava veramente: quella del capitano.
“I rinforzi stanno arrivando. Entro pochi minuti avremo droidi attorno all’intero edificio.”
Il ragazzo riaprì gli occhi, facendo lunghi e profondi respiri. Il Dottore lo guardò con sospetto.
<< Che cosa… >>
Prima che potesse completare la frase, fu rapidamente interrotto da un gesto del rosso.
<< Hanno chiamato i rinforzi e stanno arrivando anche dei droidi. Quelle scatole di metallo dalla forma umanoide sono dotati di sensori termici. Non riusciremo a nasconderci come prima >> disse tutto d’un fiato.
Il Signore del Tempo guardò il giovane con un cipiglio di stupore. Aveva appena saputo di essere un utilizzatore di Haki e lo aveva padroneggiato in poco tempo. Sbalorditivo! Forse nella sua precedente vita era un combattente…
<< Sono esterrefatto, ragazzo. Hai imparato a controllare questo potere in pochi minuti. Sei in gamba. >>
<< No, non lo sono. Almeno credo >> gli rispose il rosso. Nemmeno lui sapeva come aveva fatto, ma ora non aveva il tempo per chiederselo.
 << Allora? Come ci spostiamo? >> chiese insicuro, guardandosi attorno.
Il Dottore tacque per alcuni secondi. Poi, alzò lo sguardo, avvicinandosi al muro di destra.
 << Useremo l’impianto di areazione >> disse salendo su una sedia, e iniziando ad armeggiare con i bulloni di una grata di metallo posta lungo il soffitto.
Ad Angel non servì chiedere quale ruolo gli spettava in questa operazione. Lui doveva fare nuovamente il palo. Magari… usando ancora l’Haki.
Iniziò a scandagliare l’edificio ancora una volta. Sentiva le voci dei soldati che continuavano a controllare, ma non sentiva fastidio, anzi… trovava quasi divertente spiarli senza che se ne rendessero conto. Per un momento, si chiese che come sarebbero stati questi ultimi anni, se lui avesse imparato prima a padroneggiare un simile potere.
<< Di sicuro saresti stato reclutato nell’esercito >> disse il Dottore, mentre fece estraeva l’ultima vite << e quindi un problema per la Ribellione. Per fortuna che qui sulla Terra non sono in molti quelli che sviluppano l’Haki >> continuò, estraendo la grata e poggiandola a terra senza fare rumore.
Angel lo fissò basito. << Anche lei può leggere nel pensiero? >> domandò, con aria incredula.
<< Un po’, ma solo quando sono vicino a persone dotate di capacità psichiche più evolute. Posso captare le loro onde celebrali, in quanto sono molto più forti e chiare >> gli rispose il Signore del Tempo, entrando nel condotto.
Angel lo seguì a ruota inoltrandosi nello stretto cunicolo. << Dove si va? >>
<< Saliremo in cima all’edificio e useremo i tetti per passare da un palazzo all’altro, fino a quando non siamo abbastanza lontani. Ci vorrà un po’ ma, se tutto va bene, entro sera dovremmo essere al sicuro >> gli rispose l’anziano, iniziando a strisciare e inoltrandosi nell’intrico di metallo.

                                                                                                                                                                 * * *


Terra (Centro Imperiale) - Hong Kong 

<< Mi aspettavo la sua venuta, signor Landa. Dopo quanto successo la scorsa notte, una visita da parte del capo della sicurezza della città era la cosa più ovvia, specie sulla soglia della mia casa, che si trova nei pressi del cratere. Mi vergogno ad ammettere che… ho avuto davvero paura, tanto che sono fuggita per il timore che la casa mi cadesse sulla testa. Mi scusi, quindi, se il benvenuto offertogli non è all’altezza della sua persona >> disse la voce calda e femminile di Marie Von Dracula, senza scomporsi.
In realtà, la donna non si scomponeva mai. La sua posizione non poteva certo permetterglielo. Non voleva far trapelare nulla all’uomo seduto sulle ginocchia davanti a lei, con la tazza di caldo tè fumante fra le mani e il sorriso gentile sul bel volto dagli affilati tratti, eleganti e severi al contempo.
Non si era scomposta poiché quella era la sua casa, lei avrebbe diretto il gioco fra quelle quattro mura di legno e anche se era costretta ad ammettere che Landa fosse un avversario quanto meno temibile, non lasciò trapelare alcunché di quel reverenziale timore che le impediva di sottovalutarlo solo perché era un umano. Non aveva, dopotutto, imparato sulla propria bianca pelle di quanto gli umani sapessero essere assai più pericolosi dei così detto "mostri"?
E per tutta questa serie di motivi, quella mattina aveva lavorato sulle proprie speculazioni, sul come giocarsi la partita con lui: se si fosse presentata vestita a modo e truccata come voleva la tradizione, non avrebbe certo potuto sostenere che la notte era fuggita e di conseguenza avrebbe dovuto affrontare i velenosi e infidi interrogatori di quell’uomo, vantante della fama di riuscire sempre, alla fine, ad ascoltare le parole esatte che voleva sentirsi dire. Aveva di conseguenza optato per una scusa che le consentisse di non dover subire troppe domande, in modo magari da tessere una tela.
Non che volesse ingabbiare la lingua di Landa, quella era un’impresa fuori dalla sua portata, ma se se la fosse giocata nel modo migliore, avrebbe potuto insinuare un piccolo dubbio, una sorta di tarlo. Quella era la sua arma, il dubbio: lei sapeva davvero qualcosa? O no? Era certa di quanto avrebbe detto o era solo confusa dalla paura provata? 
Non poteva affermare che Hans non avrebbe dubitato delle sue parole, vedendoci magari la trappola che stava preparando. Tuttavia, la confusione in quel momento era il massimo a cui avrebbe potuto aspirare. Confondere e far dubitare l’uomo seduto davanti a lei: ecco quel’era il suo obbiettivo.
Ed era brava in questo. Maledettamente brava. 





Com'era? Spero bello!
I nuovi personaggi comparsi sono Hans Landa, villain principale del film Bastardi Senza Gloria (di Quentin Tarantino)  http://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.15752-0/p480x480/47452631_261278897901018_2263712631330177024_n.jpg?_nc_cat=107&ccb=2&_nc_sid=ae9488&_nc_ohc=AnZVSgAsUWgAX99flIC&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&tp=6&oh=597934c237fabd3dedd702d69fe84bb4&oe=5FDA6521 e Neopolitan, alias Neo, villain della serie RWBY http://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.15752-0/p480x480/48314232_263359447642874_4459165635187834880_n.jpg?_nc_cat=103&ccb=2&_nc_sid=ae9488&_nc_ohc=-llBdfyBDxUAX_PhhWR&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&tp=6&oh=361dc0dbd2c2a7859f5aa8174689f7e5&oe=5FDD7F29 
                                                                                                                                                         
  
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