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Autore: Flos Ignis    11/12/2018    1 recensioni
In questo mondo ogni persona ha un'anima gemella. Si può incontrarla, come vivere per tutta la vita senza conoscerla mai.
Ma c'è qualcosa che si sa di quella persona: il colore dei suoi occhi, l'unico che si può vedere fino al momento in cui non si incontra la propria Soulmate.
Aizawa Shota può vedere il cielo, il mare e tutte le sfumature dell'azzurro esistenti in natura. Le iridi celesti della persona a lui destinata lo salvano ancora prima che sappia chi essa sia, lo portano a diventare un eroe, lo rendono abbastanza coraggioso da prendere in mano la sua vita e renderla ciò che è.
Perché è questo il compito di un'Anima Gemella: sostenersi, proteggersi... amarsi.
Combattere per amore è la più alta forma di coraggio che ci sia ed è proprio questo che Aizawa e All Might impareranno in questa storia.
L'intera raccolta partecipa al contest "Un fiume di soulmate!AU " indetto da rhys89 sul forum di EFP.
Piccolissimo spoiler nell'ultimo capitolo per chi segue solo l'anime.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: All Might, Shōta Aizawa
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Die





Aizawa sentiva dolore ad ogni respiro ormai, i suoi movimenti erano drasticamente rallentati dall'inizio dei combattimenti e gli occhi bruciavano tanto da farlo impazzire, ma non poteva permettersi di fermarsi.

Non aveva la minima intenzione di cedere di un solo passo nemmeno in quel momento, mentre si trovava ad affrontare da solo un gran numero di villain che, nella loro infinita arroganza, avevano invaso la Yuuei e attaccato gli studenti.

La sua scuola, i suoi allievi.

Perciò no, non poteva importargliene di meno della fatica che avanzava implacabile, sempre più opprimente ogni volta che i suoi occhi assumevano l'inquietante sfumatura rosso cremisi che era segno tangibile dell'attivazione della sua Unicità.

Non intendeva farsi sopraffare né dai ripetuti attacchi congiunti dei suoi nemici, né dalla stanchezza che sentiva pesargli sempre più sulle palpebre per via del prolungato utilizzo del suo quirk

Doveva proteggere i suoi alunni, erano sotto la sua responsabilità ed era davvero troppo presto perché venissero a contatto con la crudeltà del mondo.

Il dovere di un eroe è difendere gli innocenti, non poteva far preoccupare i suoi ragazzi per lui, doveva essere il loro punto di riferimento. Se il mondo andava in rovina era perché gli adulti non sapevano più fare il loro lavoro e lasciavano in eredità ai giovani un mondo pieno di oscurità e disgrazie, ma lui era diventato un eroe anche per quel motivo: per nutrirsi di tale oscurità e in essa agire, lasciando la luce a chi ne avrebbe giovato più di lui.

Dunque è questa, la tua gentilezza.




Le parole che il suo compagno aveva pronunciato appena pochi giorni prima gli apparvero nella mente, riecheggiando con lo stesso tono di voce che aveva utilizzato All Might, tra il lievemente canzonatorio e l'infinitamente affettuoso.

Aveva assistito dall'ombra al suo "test" del primo giorno di scuola, quello che riproponeva ogni anno per decidere se le nuove leve avessero la stoffa per sopravvivere a quel mestiere così rischioso o se fosse meglio rimandarle subito a casa, risparmiando tempo e sofferenze ad entrambe le parti. Decidendo di continuare a insegnare a tutta la classe che gli era capitata tra le mani quell'anno si era assunto un impegno non da poco, caricandosi sulle spalle le giovani vite di venti anime tra ragazzi e ragazze che non sapevano ancora nulla del mondo, ma che su quel nulla volevano indagare per costruirci la loro intera vita e diventare i pilastri della società di domani. Ma se le colonne portanti sono troppo fragili, tutto quello che viene costruito su di esse è destinato a crollare su se stesso...

Quella stessa sera, abbracciandolo con una delicatezza insospettabile, il suo biondissimo compagno gli aveva sussurrato che era fiero di avere un fidanzato così speciale, dotato di un'infinita gentilezza dietro l'apparenza scorbutica da gatto selvatico.

Aizawa l'aveva guardato male per quel paragone, ma non l'aveva scacciato dal suo fianco. La luce che brillava negli occhi azzurri del suo uomo era una calamita irresistibile per lui, un giorno ci sarebbe affogato e non avrebbe avuto rimpianti. 

Trovava sempre incredibilmente tranquillizzante la sua presenza, non importava che lui fosse un tipo taciturno e solitario per natura, la calda e amorevole presenza del suo compagno di vita era più che sufficiente per farlo sentire in pace, per ricaricare le forze dopo una giornata difficile. Il genuino piacere di vederlo sorridere era una ragione sufficiente per affrontare anche i giorni più difficili, perché quando erano soli lo faceva in modo più contenuto rispetto a come si mostrava in pubblico, ma proprio per quello Aizawa credeva che quel piccolo accenno sul suo volto fosse ancora più speciale. 

Era lo stesso che gli aveva mostrato quasi dieci anni prima, quando era venuto a trovarlo in ospedale dopo averlo salvato, portandolo in tempi record da un medico che gli aveva chiuso la brutta ferita che gli era stata inflitta mentre svolgeva il proprio dovere. All'inizio, l'eroe numero uno si era nascosto dietro un ridicolo mazzo di fiori, quindi Aizawa non l'aveva riconosciuto subito come suo salvatore e Soulmate; ci era riuscito solo quando quell'imponente figura aveva sollevato di poco lo sguardo, rivelando quegli occhi così unici al mondo da non lasciare spazio più ad alcun dubbio. Poi il moro gli aveva fatto notare di essere un uomo e che quei fiori erano di un terribile rosa, allora egli si era scusato con un colpo di tosse e un piccolissimo sorriso.

Era stato in quel momento che Shota Aizawa aveva capito qualcosa che sarebbe stato fondamentale, in futuro.

Forse la sua anima gemella era stata decisa senza che lui avesse voce in capitolo, ma se poteva avere quei pezzi di cielo posati con delicatezza su di lui ammetteva di non essere poi così contrariato dalla scelta che il Fato aveva operato per lui.




Contro gentaglia come quella che gli avevano mandato contro come sacrificabile fanteria non avrebbe avuto alcun tipo di problema, sarebbe stato perfettamente in grado di gestirli tutti quanti fino all'arrivo dei rinforzi in qualsiasi altra situazione e quando questi fossero finalmente giunti sarebbe andato a farsi una sana dormita lunga almeno una settimana. E al diavolo anche All Might, se il suo uomo voleva approfittare della loro improvvisa vicinanza quotidiana in quanto colleghi poteva anche trovarsi d'accordo, ma voleva i suoi spazi e dopo simili sforzi tutto quello che desiderava era sprofondare sotto almeno tre strati di caldi e confortevoli piumoni, circondato da morbidi cuscini e senza scocciatori a svegliarlo di continuo con il loro incessante muoversi nel sonno.

Toshinori, ti amo e tutto quanto, ma alcune notti avrei davvero voglia di mandarti a dormire sul divano a pedate.

La vera difficoltà, in quel momento di crisi in cui non era assolutamente consigliabile distrarsi pensando al suo compagno che lo cercava di notte tra le coperte del loro letto, era rappresentata da quell'uomo con il cervello esposto e la pelle nera che era tanto corazzata da sembrare impenetrabile. 

Quando lo affrontò, nel giro di pochi istanti tutto divenne un caotico vortice di confusione e dolore.

Devastante, annichilente, soverchiante e puro dolore.

Il suo istinto di sopravvivenza, durante la semi incoscienza in cui era stato catapultato dalle terribili ferite, lo aveva aiutato a percepire un pericolo nelle vicinanze, ma quando aveva visto che i suoi allievi erano a un passo dal venire uccisi si era fatto forza e aveva attinto a risorse di energia che non sapeva neppure di possedere e li aveva salvati.

Subito dopo era caduto in uno stato di semplice tormento, a metà tra lo svenimento e il vigile sonno di un soldato. Fu risvegliato solo in parte da un paio di possenti braccia che il suo corpo riconobbe istantaneamente, con la sicurezza mista a fiducia data solo dal tempo trascorso con l'uomo della sua vita.

Non riuscì ad aprire gli occhi, ma anche se in quel momento non poté specchiarsi nel meraviglioso azzurro che l'aveva accompagnato per tutta la vita e che ora amava con tutto se stesso, fu comunque in grado di percepirlo.

Esso vegliava su di lui nella forma di due occhi unici al mondo, caldi nonostante il colore freddo che li tingeva, amorevoli come la persona che lo aveva salvato ancora una volta, per l'ennesima volta.




Passò molte ore incosciente, ma quando si svegliò il suo primo pensiero fu per i suoi studenti.

Erano feriti? Era riuscito a proteggerli? Oppure...

-Stanno tutti bene, Shota. Non devi agitarti, hai bisogno di tempo per guarire.-

-Toshi...nori...- la sua voce era sempre stata tanto roca e graffiante?

-Sono qui. Non me ne vado, ma tu ora devi dormire per poterti rimettere in sesto.-

Sentì la lieve stretta della sua mano nella propria e questo lo calmò abbastanza da riportarlo a uno stato quanto meno ragionevole.

Avrebbe dovuto capire prima di trovarsi in un ospedale, l'odore di medicinali e disinfettante era alquanto rivelatore, ma lo stordimento dell'anestesia e la preoccupazione per i suoi allievi l'avevano accecato.

A proposito di occhi...

-Non ci vedo...-

-Sei bendato, è normale. Hai sfruttato fin troppo la tua Unicità, probabilmente il tuo tempo di utilizzo si è accorciato. In compenso, la vista non dovrebbe averne risentito.-

Non era quello che Aizawa aveva avuto intenzione di dire, ma erano comunque informazioni utili. Ora che gli era stato fatto notare, percepiva il fruscio delle bende e l'oscurità fittizia che producevano davanti ai suoi occhi. Ma, appunto, non era quello che gli interessava in quel momento.

-Toglimi le bende.-

Voleva vedere i suoi occhi. Desiderava più di ogni altra cosa immergersi in quell'azzurro incredibile, capace di donargli una pace infinita fin dalla sua più tenera età.

-Ma, Shota...-

-Subito!-

Il moro fu molto felice di notare che aveva riacquistato abbastanza padronanza della propria voce per darle quella particolare sfumatura imperativa che faceva di lui un insegnante rispettato anche dagli adolescenti più indisciplinati.

Fu accontentato, pur con una certa riluttanza.

-Solo per pochi minuti, o potrebbe farti male.-

Riabituò gli occhi alla luce e fu felice di trovare i capelli biondi e gli occhi neri e azzurri di All Might così vicini a lui, tanto che la lieve agitazione che ancora lo animava sparì all'istante vedendo i frammenti di cielo tranquillo che erano posati su di lui.

-Ti ho portato qualcosa per augurarti una pronta guarigione.-

Gli indicò con un cenno del capo alla sua destra, puntando al comodino su cui svettava un mazzo di fiori con un profumo tanto lieve da essere quasi del tutto coperto dall'odore tipico delle stanze d'ospedale.

-Sono rosa. Di nuovo.-

E di nuovo, lo stesso sorriso impacciato di così tanto tempo prima.

E di nuovo, lo stesso batticuore, la stessa felicità, la stessa sensazione di fatalità che l'aveva assalito nel comprendere l'identità della propria anima gemella.

Per i suoi studenti, innocenti anime che lui e All Might stavano allevando e proteggendo insieme, e per l'uomo della sua vita sarebbe stato disposto persino a morire.





  
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