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Autore: Joy    12/12/2018    1 recensioni
Adesso che le parti sono invertite, mi rendo conto che era più facile quando ero io quello in pericolo e lui il ragazzo in grado di cavarsela sempre.
Steve/Bucky
Genere: Drammatico, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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MUTAMENTI IN GUERRA

 

 

“Sei stato nell'infermeria negli ultimi due giorni?” s'informa Dugan, scrollandosi di dosso la pioggia, mentre mi consegna le mappe territoriali che avevo richiesto.

Alle mie spalle il generale scalpita impaziente: deve fare rapporto ai suoi superiori delle nostre prossime missioni. Delle mie nello specifico.

Mi affretto a togliergli i rotoli dalle mani mimando un no come risposta.

“Dovresti.” sibila lui lanciandomi uno sguardo eloquente.

E sono i suoi occhi, più delle parole, a mandarmi in allarme.

 

Avevo accompagnato Bucky nell'ospedale del campo appena tre giorni prima; la marcia di rientro dalla base del Hydra era stata lunga ed estenuante e lui si era prodigato nel sostenere un atteggiamento forzatamente allegro, noncurante dei propri limiti e con la sua aria spavalda aveva sviato le attenzioni degli altri.

Non aveva ingannato me, però.

Conoscevo troppo bene i sintomi, il respiro corto e vischioso, la fronte pallida perennemente madida di sudore, la difficoltà nel compiere i più comuni movimenti.

Polmonite e qualche costola rotta.

Le mani gli tremavano.

Forse aveva la febbre.

… E forse c'era anche altro.

 

Concludo la riunione, pianificando le prossime mosse senza troppi giri di parole, e quando il mio superiore assottiglia lo sguardo e incrocia le braccia al petto, mi rendo di aver usato un tono fin troppo arrogante.

“Chiedo scusa.” mi affretto a chiarire “Non era mia inten-”

“Vai, ragazzo.” m'interrompe lui sospirando, poi la sua voce torna dura. “Tra un'ora esatta ti voglio qui.”

E so già che la prossima volta non me la farà passare liscia.

“Sì, signore.” obbedisco mettendomi in riga, e appena arriva il suo cenno d'assenso mi precipito fuori dalla tenda; gli scarponi che affondano nel fango ad ogni passo, sotto quella che è diventata a tutti gli effetti una pioggia battente.

 

Un tempo mi piaceva la pioggia.

Le risate senza senso di quando tornavamo a casa fradici, i vestiti stesi sulla stufa e la coperta ruvida sulla pelle. La casa si riempiva dell'odore inteso del caffè, mia madre ce ne metteva tra le mani una tazza bollente a testa; a Bucky piaceva più che a me, quel caffè.

Io stringevo le ginocchia al petto e infilavo i piedi nudi sotto i lembi della coperta che avevo sulle spalle.

 

Sono contento di chi sono ora, ma alcune cose avrei voluto che non fossero cambiate.

Che la guerra non ce le avesse portate via.

 

Disinfettante e sudore.

L'odore che permea l'aria è talmente intenso che sembra piovermi addosso.

Non m'importa in realtà, solo l'urgenza è reale.

Voglio sapere e raggiungere il mio migliore amico che sospetto non se la stia passando bene; e mi chiedo se lui non provasse esattamente la stessa cosa ogni volta che attraversava correndo l'intero isolato solo per tirarmi fuori da uno dei tanti guai in cui mi ero cacciato.

Adesso che le parti sono invertite, mi rendo conto che era più facile quando ero io quello in pericolo e lui il ragazzo in grado di cavarsela sempre.

La pioggia scroscia sulle pareti di questa tenda ancora per poco impermeabile, se continua così entro un'ora saremo tutti fradici fino al midollo, e cielo, non abbiamo bisogno anche di questo.

“Il sergente Barnes.” rispondo allo sguardo interrogativo dell'infermiera che mi è venuta incontro.

“Da questa parte.” interviene una voce maschile.

Un medico dall'aria seccata mi indica con gesto stizzito il corridoio di sinistra.

Sento le mie labbra serrarsi, Dio solo sa se sono abituato ai malumori della gente; a sua difesa ripeto a me stesso che essere l'ultimo medico rimasto nel 107° reggimento non debba essere propriamente una passeggiata: qui la vita ti sfugge tra le mani neanche fosse sabbia.

Di gemiti non se ne sente, lo scrosciare incessante dell'acqua li copre completamente.

Mi lascio scivolare addosso gli sguardi incuriositi dei pochi che sono svegli, non ho niente da dire e comunque la maggior parte di loro non se la sente di parlare.

In realtà quasi tutti, mi rendo conto solo ora, hanno gli occhi chiusi; non che si riesca a distinguere granché qui dentro: è buio come immagino che sia l'inferno.

Poi vedo lui.

Lui gli occhi li tiene aperti.

Il medico si scosta per farmi spazio di fianco alla sua branda e il sangue mi si gela nelle vene, prima d'iniziare a ribollire di rabbia.

Cinghie di cuoio, dottore?”sibilo, fissandolo negli occhi. Sarò anche abituato ai malumori della gente, ma non sono disposto a trovare scusanti per questo.

“Era incontrollabile.” risponde quello, indietreggiando di fronte alla mia rabbia mal repressa.“Un pericolo persino per se stesso.”

Trattengo il respiro mentre soppeso le sue parole e osservo il medico andarsene più in fretta del necessario e devo riconoscere che avere una stazza di quasi due metri mi da un vantaggio a cui non ero abituato. Alcune cose cambiano in meglio.

Poi lo sguardo si sposta su Bucky.

… Altre no.

Ha gli occhi aperti, ma non mi vede.

Slaccio le cinghie che lo tengono fermo e lui si rannicchia su un fianco senza emettere un suono.

Il Bucky che ricordo dormiva con le braccia allargate, la canottiera bianca e un ghigno soddisfatto stampato sulla faccia, e sembrava che per lui lo spazio non fosse mai abbastanza; le brande dell'esercito sono troppo piccole anche per un uomo di stazza normale, ma lui con i ginocchi stretti al petto riesce ad occuparne a stento la metà.

Gli siedo accanto senza dire una parola, ha il respiro ancora un po' affannato, ma sembra migliorato dalla marcia. E' il suo sguardo invece a scalfire in un istante quel muro di rassicuranti certezze che avevo eretto appena tre giorni prima; quando avevo consegnato alle infermiere un Bucky malconcio, ma sano e salvo, almeno così credevo.

Invece, adesso che c'è una breccia, sento la paura entrare.

Ha gli occhi ancora spalancati e persi nel vuoto, li chiude soltanto quando un lampo rischiara l'intero corridoio; non li chiude soltanto, li serra con forza e anche i suoi pugni si stringono.

Poso una mano sulla sua spalla mentre l'eco del tuono rimbomba in lontananza.

“Mi hai trovato.” sussurra subito “Pensavo...”

S'interrompe e finalmente apre gli occhi; si guarda intorno con aria spaesata e alla fine incrocia il mio sguardo.

“Steve...” ritenta.

Abbozzo un sorriso che spero possa sembrare incoraggiante e lui per tutta risposta si solleva sedendosi sulla branda e mentre lo fa, si distrae alla vista dei propri polsi, dove le cinghie hanno lasciato nuovi segni rossi accanto ai vecchi ormai bluastri.

“Per un attimo ho pensato di essere ancora prigioniero nella base del Hydra.” commenta con semplicità, passandosi una mano tremante tra i capelli.

Non riesco ad evitare d'irrigidirmi di nuovo, perché quelle abrasioni rosse non sono certo il risultato di un attimo, più probabilmente di ore, se non giorni.

Soffoco un'imprecazione fin troppo colorita e lui se ne accorge, e potrei giurare di aver intravisto persino un guizzo divertito nello sguardo che mi rivolge.

“Dai, lascia stare.” aggiunge poi con più lucidità di quanto sia lecito sperare.

E forse sarà quel suo sorriso appena accennato, o quello sguardo complice che non vedevo da troppo tempo, ma non ho più così tanta voglia di suonarle al medico del reggimento.

E comunque non riesco a vederlo nel buio pesto di questa tenda.

Ormai è quasi sera e il tessuto è talmente pregno d'acqua che inizia a gocciolare e persino il pavimento ne è invaso. Sembra di galleggiare su una palude.

Bucky mi appoggia una mano sul braccio.

Non fa così freddo, però.

“Certo sei cambiato.” commenta appena.

Sollevo le spalle, non ho molto da dire in proposito.

Alcune cose cambiano.

“Pensi che riusciresti a procurarti una tazza di caffè bollente?” mi domanda allegro.

Sorrido.

Altre non cambieranno mai.

“Farò del mio meglio, sergente.”

Lo osservo mentre si sdraia di nuovo, la testa sul cuscino e le braccia rilassate.

“Come ti senti?” azzardo a chiedergli adesso che non sembra più così malridotto.

Lui scuote la testa, ha gli occhi di nuovo chiusi.

“La mia mente a volte..”

Ma non finisce la frase, mi afferra una mano e la stringe appena.

“Voglio combattere al tuo fianco.” dichiara con forza dopo un istante.

“Non chiedo di meglio.” gli rispondo io.

 

 

“Fammi uscire di qui.” esordì non appena mi vide il giorno seguente.

“Non è in mio potere.”

“Puoi garantire per me.”

“Un paio di giorni in più non ti faranno male, Bucky.”

Sospira, e si lascia ricadere sulla branda. Sono sempre stato io il più testardo tra i due.

“Puoi almeno fare in modo che non m'imbottiscano di tranquillanti?”

“Adesso stai decisamente sopravvalutando il mio grado.”

“Sei Capitan America.” mi ricorda con aria saputa il mio migliore amico.

“Sono anche Steve” ribadisco “e sono preoccupato per te. Il medico mi ha parlato dei tuoi momenti di rabbia.”

“Ok, hai vinto. Vattene da solo in missione e vedi di non farti ammazzare.” blatera con rassegnazione. “Al tuo ritorno mi troverai sempre legato qui.”

“Non temere, non ti legheranno più, ho suggerito un colpo in testa, all'occorrenza.”

Scoppia a ridere. “Sei un vero idiota.” mi dice.

“Sono anche quello, sì.” sorrido. “Vieni qui.” gli afferro le spalle e lo stringo contro di me e Dio se mi è mancato.

Lui ricambia l'abbraccio, ed è dolce come quando ero un ragazzino scheletrico e d'improvviso mi rendo conto che è lui a rassicurare me, lui così calmo e umano.

“Hai paura?” sussurra appena contro il mio orecchio.

Io annuisco impercettibilmente.

“Te la caverai alla grande, Steve.”

E mi rendo conto che vorrebbe davvero partire con me domattina, ed essere al mio fianco per guardarmi le spalle.

Lo vorrei anch'io.

“Per la prossima missione partiremo insieme.” decido all'istante.

“È così che deve essere.” conclude lui soddisfatto, senza accennare minimamente a sciogliersi dal mio abbraccio.

 

FINE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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