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Autore: Old Fashioned    15/12/2018    18 recensioni
Berlino, fine anni '20. Una bella ma (forse) ingenua ragazza, Cordula Kerschbaumer, arriva nella Capitale con l'intenzione di diventare una famosa artista di varietà. Una volta giunta in città, la fanciulla trova un impiego come ballerina al celebre night club Schatztruhe, anche detto Truhe (= scrigno). Peccato che una volta lì si scontri con Regine, una vecchia gloria del cabaret, ormai quasi in disarmo ma molto decisa a non lasciarsi mettere i piedi in testa dall'ultima arrivata.
Prima classificata al contest Villains against Heroes indetto da missredlights sul forum di EFP, a pari merito con "Ha i capelli d'oro degli Æsir", di Shilyss. Premio "Miglior Villain".
Genere: Commedia, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve gente, ecco un altro capitolo delle vicende del nostro cabaret berlinese. Un grande ringraziamento a chi è passato per di qui a dare un’occhiata e un ringraziamento speciale a chi mi ha lasciato un parere^^





Capitolo 2

Florian entrò nello studio del padre e annunciò: “Papà, mi è venuta un’idea magnifica per uno spettacolo!”
Il signor König, che stava controllando alcune fatture, sollevò la testa e in tono risentito disse: “Ah, Florian. Ti si rivede, finalmente.”
Il giovanotto ignorò serenamente l’osservazione, quindi raggiunse la scrivania e si sedette su un angolo di essa. “Ho un’idea fantastica per uno spettacolo,” ripeté.
Il padre emise un sospiro. “Sentiamo,” disse, tornando ad abbassare lo sguardo sui suoi conti.
Hai deciso che lo Schatztruhe deve diventare un ospizio per anziani?” chiese Florian senza preamboli.
König aggrottò le sopracciglia. “Che intendi dire?”
L’altro sfogliò con fare svagato una rivista che si trovava sul piano del mobile e la lasciò significativamente aperta sull’immagine di una bella ragazza in abiti succinti. “Le vecchie cariatidi non interessano a nessuno,” spiegò con l’aria di chi la sa lunga. “Il pubblico vuole gente giovane, avvenente, che faccia sognare.”
L’uomo si decise ad abbandonare le fatture. Si girò verso di lui e fissandolo serio gli disse: “Vieni al punto.”
Via, papà, sai benissimo dove voglio arrivare,” rispose questi, col tono che avrebbe usato per dire che il cielo è blu e l’erba è verde. “Regine è sicuramente un’artista di grande esperienza, ma per quanto tempo potrà ancora esibirsi?” Tacque per qualche secondo, forse in attesa di una replica che però non giunse, quindi imperterrito proseguì: “Per quanto tempo riuscirà a nascondere la sua età?” Aggrottò le sopracciglia e chiese: “A proposito, quanti anni ha, papà?”
Il signor König scosse la testa. “Non lo so.”
Spiegel lo sa?”
L’uomo alzò le spalle. “Neppure lui, credo. Regine non l’ha mai voluto dire a nessuno.”
Florian incrociò le braccia sul petto. “Segno di coscienza sporca: per me ne ha almeno quaranta.” Scosse la testa come di fronte a un comportamento particolarmente disonesto e aggiunse: “Facci caso, papà: non vedi quanto cerone si dà in faccia prima di entrare in scena?” Assunse un’espressione desolata e soggiunse: “Ma tra un po’ non basterà più nemmeno quello.”
E quindi cos’avresti in mente?”
Florian rievocò l’abitino di scena di Cordula, da lì il pensiero corse a quello che c’era sotto l’indumento ed egli assunse un’aria vagamente sognante. “Ci vuole una cantante giovane,” rivelò. “Carina, alla mano, senza quell’aria da istitutrice di collegio femminile che ha Regine.”
Regine ha un’estensione vocale di cinque ottave,” gli fece notare il genitore.
Florian scosse la testa. “La gente non vuole lezioni di canto, vuole svagarsi. Vuole spettacoli piacevoli e divertenti, che facciano sorridere e dimenticare le preoccupazioni. Perché verrebbe al Truhe, se no?”
Per ascoltare una brava cantante?”
Anche se Regine fosse la cantante più brava di tutta la Germania,” concesse imperterrito il ragazzo, “per quanto tempo ancora potrà esibirsi?”
Il signor König diede uno sguardo ai libri mastri che ancora gli rimanevano da controllare, emise uno sbuffo infastidito e ripeté: “Vieni al punto, Florian.”
Abbiamo la ragazza giusta,” rispose lui prontamente, “Cordula Kerschbaumer.”
Il padre aggrottò le sopracciglia. “Chi?”
Cora,” replicò il ragazzo, con l’aria di ribadire l’ovvio.
Cora, chi?”
Oh, insomma, papà! Non sai neanche chi fa parte del tuo corpo di ballo?”
A queste cose pensa Spiegel, è lui che assume le ragazze. Cos'avrebbe di speciale questa tua Cora?”
È bella, tanto per cominciare. È giovane, sa cantare e sa ballare. Non ha esperienza, ma sono certo che sia molto promettente.”
L’uomo emise un sospiro. “E cosa ti dà questa certezza, Florian?”
Il ragazzo si puntò un indice alla tempia e con fare misterioso rivelò: “L’istinto.”
L’istinto?” ripeté scettico König. “Non sarà per caso un altro tipo di istinto, magari più animale, che ti fa parlare?”
Florian assunse un’espressione sdegnata e rispose: “Io faccio del mio meglio per far andare bene il Truhe e tu mi parli di istinti animali? Chiama Spiegel, fatti dire da lui se la ragazza è valida o no, visto che non ti fidi di me.”

Spiegel arrivò poco dopo. Entrò nello studio e chiese: “Volevi vedermi, König?”
L’uomo indicò Florian. “Mio figlio, qui, vorrebbe parlarti di una sua idea per uno spettacolo.”
Il nuovo arrivato aggrottò appena le sopracciglia: non era la prima volta che il giovanotto saltava su con qualche idea brillante su come organizzare i numeri del Truhe, di solito accadeva il giorno successivo a qualche serata particolarmente movimentata con una delle ragazze. Il padre, ovviamente, faceva qualche blanda protesta per salvare le apparenze, ma di solito gli dava corda in qualche progetto assurdo e poi toccava a lui sistemare le cose. “Sentiamo,” si limitò a dire.
Il ragazzo ripeté l’esposizione.
Alla fine Spiegel, contrariamente a quanto aveva previsto, si trovò ad ammettere: “In effetti, Regine comincia ad avere i suoi anni.”
Florian colse la palla al balzo: “Cordula è giovane, ma ha molta volontà di applicarsi.”
L’impresario abbandonò la scrivania e si avvicinò al finestrino che dava sulla sala del Truhe. Guardò giù: il posto era vuoto e silenzioso, i lampadari di cristallo che di notte lo facevano somigliare a uno scrigno scintillante erano spenti, il sipario di velluto nero era chiuso.
Potrebbe diventare una stella,” disse la voce di Florian alle sue spalle.
Abbiamo già una stella,” gli rispose il signor König.
Sì, ma per quanto?” insisté il figlio. “Vuoi che il Truhe diventi famoso per avere come stella un vecchio travestito sfiatato? Vuoi trasformarlo in un cabaret dove si fanno numeri comici?”
Spiegel continuò a guardare la sala prestando un orecchio distratto allo scambio tra padre e figlio. Il discorso era certamente scaturito dalla conversazione post-coitale del secondo con qualche ragazzetta vogliosa di fare carriera, ma non era del tutto campato in aria. Per quanto Regine si affannasse a nasconderle, le rughe cominciavano a farsi vedere e non era una cattiva idea pensare a come procurarsi un numero alternativo.
Il pubblico del resto era una creatura volubile, facile agli entusiasmi come agli sdegni, assetata di novità e per nulla disposta, in una città come Berlino, che letteralmente straripava di locali uno più estremo dell’altro, a tollerare le ubbie malinconiche di una vecchia gloria a fine carriera.
Chi sarebbe questa ragazza?” chiese Spiegel.
Cordula… Cora,” rispose Florian.
Che cosa avrebbe in più rispetto a Lotte, Ilse o le altre?”
Il ragazzo scese dall’angolo della scrivania e gli si affiancò. “Ha stoffa,” gli rispose, ostentando un’aria da esperto. “Farà strada, farà carriera, ne sono sicuro.”
Sì, ma in pratica?” chiese Spiegel, nell’ambiente da troppo tempo per lasciarsi incantare da simili raccomandazioni.
Lei fa la tirolese,” spiegò Florian. “Indossa il Dirndl e canta. Sa fare lo Jodel.”
Lo Jodel?” fece eco Spiegel, indeciso se prendere la risposta sul serio o considerarla una specie di scherzo.
Imperterrito, Florian rispose: “Canta una canzone che si intitola ‘L’odio non è altro che amore non corrisposto.’ Vuoi sentire come fa?”
Vuoi metterti a cantare uno Jodel?” gli chiese Spiegel dubbioso.
Il ragazzo scosse la testa. “No, lei è qui fuori. La faccio entrare?” Senza attendere la risposta aprì la porta e chiamò: “Cora!”
Sulla soglia comparve la ragazza: capelli corvini, occhi di un blu profondo, volto liscio, guance appena rosate. Una splendente immagine di grazia e giovinezza.

Congedata la ragazza, i tre si guardarono in faccia per qualche secondo, poi Florian pose la fatidica domanda: “Chi glielo dice?”
In fondo non si tratta di chissà cosa,” considerò il signor König, “si tratta solo di spostare il suo numero all’apertura della serata.”
Non la licenziamo mica,” convenne il figlio.
No di certo. Abbiamo tutti molta stima di Regine, le vogliamo bene come se fosse una di famiglia. Ci pensi tu, Spiegel?”
L’uomo ebbe l’impulso di fare un passo indietro. “Io? Perché io?”
Perché sei l’impresario.”
Che discorsi, allora tu sei il padrone. Tocca a te.”
Ma sei tu che gestisci queste cose.”
Sì, ma tu sei il padrone,” insisté Spiegel, poi vigliaccamente aggiunse: “E comunque, l’idea è stata di Florian.”
Il ragazzo sbarrò gli occhi. “Cosa? Dovrei dirglielo io?”
L’uomo si strinse nelle spalle. “Beh...”
Facciamo a chi estrae la carta più bassa?” propose König.
Spiegel gli rivolse un’occhiata di traverso. “Va bene, ma usiamo il mio mazzo.”

§

Spiegel masticò a mezza voce un’imprecazione, quindi si fermò davanti a una porta ornata da una grande stella dorata e bussò un paio di volte. Una sensuale voce di contralto disse: “Avanti!”
L’uomo spinse l’anta ed entrò. Seduta al tavolino da trucco, Regine era circondata dagli omaggi dei suoi ammiratori come accadeva alla fine di ogni serata. Spiegel ebbe però l’impressione che i mazzi di fiori e gli astucci di gioielli fossero un po’ meno del solito.
Buona sera, mia cara,” la salutò.
Impegnata a togliersi il trucco di scena, Regine lo fissò attraverso lo specchio. “Un successo anche stavolta,” proclamò fiera.
Spiegel si mosse a disagio. “Sono orchidee, queste?” chiese indicando un mazzo di fiori violacei.
Un regalo,” fu la risposta.
Sono molto belle. E anche quelle rose, naturalmente.”
Regine abbandonò il batuffolo imbevuto di tonico con cui si stava struccando e si voltò a fissarlo direttamente. “Che c’è?” gli chiese aggrottando le sopracciglia.
Ecco… niente. Cosa dovrebbe esserci?”
Mi sembri strano.” Di nuovo si voltò verso lo specchio e si protese a osservare il proprio viso sotto la luce intensa. Si girò di tre quarti e si passò le dita su una guancia, come per saggiarne la compattezza. “Sono sempre la più bella, vero?” chiese con un mezzo sorriso.
Spiegel rimase muto.
Regine si voltò a fissarlo con sguardo di fuoco. “Chi è la più bella del Truhe?” ripeté. La voce vibrava di rabbia, ma vi si coglieva anche una lieve nota di angoscia.
L’uomo prese un gran respiro. “È il motivo per cui sono qui, Regine,” si decise a rispondere.
Sarebbe?” ringhiò lei.
È necessario spostare il tuo numero. Andrai in apertura.”
La cantante alzò le sopracciglia con fare sdegnato. “Davvero? All'improvviso sono tornata una ragazzetta a inizio carriera? E chi è la stella che si prenderà il numero centrale? Chi è la grande artista?”
Si tratta solo di una piccola variazione,” replicò Spiegel, ma l’altra imperterrita insisté: “Sul serio, dimmi chi è la stella di fronte a cui la grande Regine deve inchinarsi, sono curiosa.”
È proprio necessario metterla in questi termini?”
Mi rispondi, Spiegel? Se no vado a chiederlo direttamente al signor König.”
Cordula Kerschbaumer.”
Nel camerino calò un silenzio glaciale, rotto solo dalla vaga eco del chiacchiericcio esterno. Spiegel si mosse a disagio, facendo tintinnare i cristalli di un'abat-jour.
Quindi ora è lei la più bella?” chiese infine Regine.
Di nuovo calò il silenzio.
È lei?”
Non puoi negare...”
Regine non lo lasciò finire. “Molto bene, Spiegel,” replicò altera. “Io non sono abituata a farmi trattare così.” Si alzò in piedi e cominciò a raccogliere le sue cose. “Dà pure il camerino alla nuova stella,” ringhiò, “io non penso di averne più bisogno.”
Ma Regine...”
La cantante gli rivolse uno sguardo di degnazione e rispose: “Non preoccuparti per me, io me la caverò come ho sempre fatto.” Si fece scivolare sulle spalle un’ampia stola di seta ricamata, si accese una sigaretta infilata in un lungo bocchino tempestato di strass, quindi con degnazione aggiunse: “Quanto a voi, divertitevi con la vostra nuova bambolina. Sono certa che diventerà una stella di prima grandezza.”
Se ne andò sbattendo la porta.

§

Verso le dieci del giorno dopo, quindi di buon mattino secondo i suoi criteri, Regine salì sul sedile posteriore della sua Horch color crema e si fece portare al Pharaon, un locale in stile egizio. Mentre l’auto percorreva i viali della città, ella sfogliava i due album che aveva avuto cura di portare con sé, uno con le sue fotografie e l’altro con i posti in cui aveva lavorato e i riconoscimenti che aveva ricevuto.
Cominciò a ragionare su come organizzare un numero in abito da Cleopatra, con la parrucca nera e gli occhi bistrati: per il Pharaon sarebbe stato perfetto.
L’auto si fermò, l’autista scese ad aprire la portiera e Regine si diresse altera verso l’entrata del locale.
È chiuso,” la avvisò un tale con un secchio e uno spazzolone.
La cantante lo fissò con degnazione. “Devo parlare con il signor Lehnke,” lo informò.
Il direttore non c’è.”
Regine non lo degnò di ulteriori attenzioni. Procedette con sussiego lungo il marciapiede fino alla porta di un’abitazione privata, poi suonò un campanello.
Dopo un po’ si udì un’assonnata voce maschile che chiedeva: “Chi è?”
Sono Regine.”
Chi?”
La cantante abbassò la voce. “Mathias Bierkant.”
La voce al citofono assunse un’intonazione sorpresa. “E che ci fai qui?”
Diciamo che è il tuo giorno fortunato.”
In che senso?”
Fammi salire.
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi la chiusura del portone scattò.

E così, cerchi un ingaggio,” disse Horst Lehnke quando Regine gli ebbe raccontato la faccenda.
La cantante trasse una sigaretta d’importazione da un astuccio d’argento, la accese, aspirò una lenta boccata di fumo ed esalandolo rispose: “Non è esatto. Ti sto offrendo la possibilità di avere la grande Regine nel tuo locale. Ho già pensato all’abito di scena in stile egizio, credo che le tue costumiste saranno in grado di prepararmelo anche per la settimana prossima, se ricamano abbastanza in fretta.”
Lehnke annuì come per dimostrare di aver compreso la situazione. “Sarebbe certamente un privilegio,” le disse, “ma vedi, attualmente stiamo affrontando parecchie spese, non so se potremmo permetterci il tuo ingaggio.”
Regine sollevò sdegnosa un sopracciglio. “Hai idea di quanto ti farei guadagnare con la mia sola presenza?”
Parecchio, immagino. Ma vedi, dovrei chiedere anche agli altri soci, e la prossima riunione sarà solo giovedì.”
Vorrà dire che ti telefonerò venerdì, allora, così mi dirai quando posso cominciare.”
Ti farò sapere io, Regine. Non posso prometterti altro al momento.”

La cantante scese in strada piuttosto contrariata. “Pavido,” disse fra sé e sé. “Non è più capace di fare un investimento, preferisce prendersi una sciacquetta qualsiasi per risparmiare qualche misero marco.” Si accomodò in macchina e ordinò: “Al Plaza, Reiner.”
Sì, signora.”
La macchina raggiunse l’enorme locale, strutturato su tre piani. Poiché dabbasso aveva un caffè, era praticamente sempre aperto, il giorno e la maggior parte della notte. La cantante entrò con sussiego, aspettandosi che baristi e camerieri le corressero incontro per rendere omaggio alla sua fama, ma non accadde nulla di tutto ciò.
L’unica attenzione che ottenne fu da parte di un ragazzotto in giacca bianca, che le si avvicinò e chiese: “Desidera, signora?”
Devo vedere il signor Möller.”
Il giovanotto rimase interdetto per qualche secondo, quindi si voltò verso un collega più anziano. Questi si avvicinò e compito ripeté la domanda: “Desidera, signora?”
Il signor Möller, per favore.”
Ha un appuntamento, signora?”
Io e il signor Möller siamo amici da lungo tempo. Ora lo vada a chiamare, per favore. Non vorrei trovarmi nella necessità di riferirgli che i suoi dipendenti sono scortesi con le sue amicizie.”
Il cameriere non parve particolarmente impressionato da quella minaccia. Si limitò a dire: “Sì, signora,” poi scomparve attraverso una porta.
Passarono non meno di dieci minuti.
Regine, che nel frattempo si era accesa un’altra sigaretta, tamburellava nervosa col piede.
Infine comparve Möller. “Regine cara,” la salutò andandole incontro, “come mai da queste parti?”
Ti ho portato le mie cinque ottave, caro,” fu la risposta.
Möller abbassò le braccia che aveva teso verso di lei. “Sarebbe a dire?” le chiese interdetto.
Penso che romperò il contratto con lo Schatztruhe. Sono a tua disposizione, se vuoi.”
Il sorriso scomparve dal volto dell’uomo. “Ecco, Regine, è un brutto momento,” le rispose. “Ho appena assunto due ragazze nuove, sai. Contratti firmati, che non possono essere rotti.”
Ma caro, io sono Regine. Sono famosa.”
Proprio perché sei così famosa, tesoro, non posso certo sminuirti in numeri di secondo ordine. Al momento non ho niente di adatto a te.” Fece una significativa pausa. “Niente che possa mettere in risalto le tue doti.”
Regine lo scrutò attenta per qualche secondo, quindi abbassò la voce e gli chiese: “Stai parlando delle mie doti canore o di altre doti?” Si passò la lingua sulle labbra.
Möller fece un sorriso tirato. “Via, cara, siamo un po’ grandicelli per certe cose ormai, non ti pare?”

Al Garten,” ringhiò Regine dal sedile posteriore della Horch.
Sì, signora.”
La macchina si mise in moto.
Specie di villano. Ma sai che ti dico, Reiner? Chi non mi vuole non mi merita.”
Sì, signora.”
In fondo, il Plaza è un locale troppo volgare.”
Come dice lei, signora.”
La cantante si accese una sigaretta e rimase a fumare assorta sfogliando i suoi album mentre la vettura procedeva attraverso la città.
Infine giunsero a destinazione. Regine scese dalla macchina senza nemmeno attendere che l’autista le aprisse la portiera, quindi si diresse a passo di carica verso una porta alla quale suonò con decisione.
Comparve sulla soglia una cameriera, che la fissò perplessa e chiese: “la signora desidera?”
Vorrei vedere il signor Senft.”
La donna scosse la testa. “Mi dispiace, non può venire in questo momento.”
La cantante non si mosse. “È molto importante. Io sono Regine, capisce?”
Regine?” si limitò a ripetere la cameriera.
Gli faccia sapere che voglio vederlo. Quando saprà chi sono, verrà subito.”
Anche lì passarono vari minuti. Infine Senft si presentò con un tovagliolo legato al collo. “Stavo mangiando,” la informò serio.
Non preoccuparti, dopo che avrai sentito quello che ho da dirti mangerai con molto più appetito.”
Sarebbe?”
Intendo allontanarmi dallo Schatztruhe, è diventato troppo volgare. Puoi avermi tutta per te. Per il Garten, a tempo pieno.”
La notizia fu accolta da un circospetto silenzio, tanto che dopo un po’ Regine si sentì in dovere di chiedere: “Non sei contento? Tre anni fa avresti fatto carte false per avermi.”
L’altro annuì. “Appunto, tre anni fa. Il tempo passa, si prendono altre decisioni, arrivano altre cantanti.”
Ma non con cinque ottave di estensione vocale, caro mio. Non con la mia classe e la mia esperienza.”
Senft non parve molto impressionato. “Al giorno d’oggi, l’estensione vocale non è la cosa più importante,” la informò.
Davvero? E cosa sarebbe allora?”
L’uomo parve a disagio. “Devo tornare di là,” biascicò, “mi aspettano.” Si gettò un’occhiata alle spalle, come se d’un tratto avesse potuto arrivare qualcuno per richiamarlo all’ordine.
Cosa sarebbe?” ripeté Regine.
Senft cominciò a rinculare, un passo dopo l’altro. “Ti farò sapere, d’accordo? Ti chiamo nei prossimi giorni. Ora non ho proprio tempo, scusami.”

§

Regine sollevò la cornetta del telefono e compose un numero. L’apparecchio squillò un po’ di volte, poi una voce maschile rispose: “Jäger.”
Ti ricordi di me?” gli chiese semplicemente la cantante.
Dall’altra parte ci fu un lungo silenzio, quindi l’uomo chiese: “Cosa vuoi?”
Troviamoci al caffè Kehrer tra un’ora.”
Al Kehrer? Togliti i gioielli, allora. Quella non è una bella zona, soprattutto di notte.”
So badare a me stessa, Jäger.”
Non ne dubito, ma tu togliteli lo stesso. Non vorrei dover intervenire per salvare una signora in difficoltà.”
Vedi di essere puntuale,” gli intimò Regine per tutta risposta, quindi chiuse la comunicazione. Andò a un armadio e ne trasse un elegante completo gessato. Era parecchio tempo che non faceva l’uomo, ma in fin dei conti era nata come tale e certe cose rimangono nel sangue.
Sedette al tavolino da trucco, si applicò un fondotinta di un tono più scuro rispetto al suo incarnato latteo, si incollò sulla fronte sopracciglia dritte, che conferivano al suo volto ambiguo un deciso piglio virile.
Alla fine della metamorfosi si guardò allo specchio: un uomo alto, snello, vestito secondo i più rigidi criteri dell’eleganza maschile. Staccò una gardenia dal vaso che ornava il davanzale e se la infilò all’occhiello, quindi prese da un cassetto una leggera Lignose Einhand, controllò che fosse carica e se la fece scivolare nella tasca della giacca.
A quel punto si spostò nell’ingresso, raccolse cappello e chiavi della macchina, quindi uscì.

Parcheggiò qualche isolato prima del caffè Kehrer: non voleva certo che la sua Ford nera venisse danneggiata o peggio rubata. Dato quello che si accingeva a fare, poi, non voleva neppure che l’auto venisse notata da qualcuno nelle vicinanze del locale.
Procedette a passo svelto, tenendosi nella luce dei lampioni, con la mano sempre pronta ad afferrare la piccola pistola. Entrò infine nel locale, sedette a un tavolino in un angolo, un po’ discosto dagli altri, quindi ordinò un whiskey. Si accese una sigaretta e prese a fumare lentamente, bevendo di tanto in tanto un sorso di liquore.
Jäger arrivò alla fine della seconda sigaretta. Regine valutò che era ancora come lo ricordava: alto, robusto, piglio deciso ma non scevro di una certa eleganza. Interessanti occhi verdi, screziati di grigio. Si erano anche divertiti parecchio insieme, in un passato che ormai si stava facendo sempre più remoto.
L’uomo si sedette e ordinò a sua volta un whiskey, si accese una sigaretta e chiese: “Allora, cosa vuoi?”
Anch’io sono felice di rivederti,” gli rispose Regine imperturbabile. Finì la sigaretta con un unico lungo tiro, esalò lentamente il fumo e schiacciò il mozzicone nel portacenere.
Cosa vuoi?” ripeté Jäger.
Rivedere un vecchio amico, tanto per cominciare. Un amico che se adesso sta bevendo Whiskey al Kehrer e non sta dormendo su un pagliericcio nella prigione di Plötzensee lo deve alla sottoscritta.”
Jäger annuì come se la risposta della cantante avesse già reso chiara ogni cosa. “Sei venuta a riscuotere?” chiese.
I debiti si pagano, mio caro.”
L’uomo annuì di nuovo e bevve un altro sorso, dando fondo al bicchiere. Alzò il braccio per chiamare la cameriera.
Attesero che la ragazza si allontanasse dopo aver raccolto l’ordinazione, quindi Regine gli chiese: “Ti occupi ancora di disinfestazioni?”
Jäger strinse le labbra. Istintivamente abbassò lo sguardo verso il punto in cui fino a un attimo prima si era trovato il suo bicchiere, aggrottò deluso le sopracciglia, poi rialzò gli occhi e li fissò nei suoi. “Disinfestazioni?” ripeté.
Hai capito benissimo. Intendo quelle disinfestazioni.”
L’uomo mantenne il silenzio.
C’è una… gatta che mi dà fastidio,” spiegò allora Regine con glaciale calma. “Una gatta che crede di poter miagolare sotto le mie finestre.”
Jäger annuì serio. “Una gatta, dici?”
Una giovane gattina un po’ sventata, che non ha ancora capito dove si può miagolare e dove invece è molto meglio stare zitte. Tu dovresti occuparti di lei e io poi mi dimenticherò di te per sempre.”
Jäger lasciò passare qualche secondo, quindi chiese: “E se io ti dicessi che ho smesso con certe cose?”
Regine fece un sorrisetto di superiorità. “Andrei dal tuo capo e gli farei avere certi documenti.”
E se io mi occupassi della tua disinfestazione? Adesso, dietro l’angolo?”
La cantante mantenne la faccia da poker. “Mi credi così stupida, Jäger? Ovviamente ho preso le mie precauzioni.”
Ma davvero?”
Tu fa’ quello che ti chiedo e la questione finisce qui.” Regine fece una studiata pausa, sovrappose con gesto elegante le mani sul piano del tavolo, quindi in tono funesto proseguì: “Rifiutati e la prigione di Plötzensee ti sembrerà un sogno, rispetto a quello che ti farà il tuo capo.”
Tra i due calò un silenzio greve. Jäger prese il bicchiere che nel frattempo gli era stato portato e ne tracannò una buona metà con un solo sorso, quindi lo appoggiò di nuovo sul tavolo facendo tintinnare il ghiaccio. Infine chiese: “Ha un nome, questa gatta?”


   
 
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